Dissertazioni filosofiche
1ª ed. originale1983
Generetrattato
Lingua originaleitaliano

Le Dissertazioni filosofiche sono ampie esposizioni di filosofia, storia, morale, fisica, logica e metafisica, scritte da Giacomo Leopardi all'età di tredici e quattordici anni, probabilmente in vista dei saggi di cultura[1] del 1811-1812, tradizionalmente tenuti dal conte Monaldo per provare le capacità dei figli Giacomo, Carlo, Paolina e Luigi, sulle nozioni apprese durante l'anno scolastico dai precettori gesuiti. Sono lavori di compendio scolastici e accademici contenuti in cinque quinterni manoscritti divisi, tranne l’ultimo, in altrettante parti. Rappresentano anche il primo contatto di Giacomo con le teorie illuministe, assorbite indirettamente attraverso testi e manuali di tradizione ecclesiastica e prima prova di assorbimento e riutilizzo della cultura classica su un progetto organico di vasta erudizione[2].

Storia del manoscritto modifica

Le Dissertazioni filosofiche erano note agli studiosi fin dagli inizi del Novecento, segnalate da Giuseppe Piergili in Nuovi documenti intorno agli scritti e alla vita di Giacomo Leopardi[4], ma divennero di pubblico dominio solo a metà degli anni Ottanta, dopo che Sebastiano Timpanaro, sulla rivista "Il Ponte", aveva denunciato l'esistenza di testi inediti leopardiani. Il progetto editoriale originale prevedeva la pubblicazione della Dissertazioni insieme al Dialogo sopra un libro intitolato "Analisi delle idee ad uso della gioventù"[9], nel secondo volume della collana Scritti di Giacomo Leopardi inediti o rari a cura del CNSL, ma dell'opera videro la luce solo tre volumi sui lavori filologici del Recanatese[10], mentre quattro testi delle Dissertazioni furono pubblicati occasionalmente su riviste e giornali[11].

La prima edizione del testo uscì solo nel 1983 a cura di Marco De Poli e Roberto Gagliardi ma si rilevò molto infedele sotto il profilo della correttezza filologica: aggiunte o modifiche di forme lessicali, assenza di parti del discorso, nessun tipo di commento ai testi o indici degni di nota. La necessità di una revisione critica completa di questi lavori giovanili, rimasti inediti troppo a lungo, portò a una seconda edizione nel 1995 a cura di Tatiana Crivelli che, oltre a restituirci per la prima volta in forma corretta i manoscritti, fornì il primo commento integrale ai testi, uno studio certosino, indispensabile per ricostruire l'ambito culturale della prima formazione leopardiana, e il banco di prova utile al giovane studioso per sviluppare un suo senso critico, che gli avrebbe permesso in futuro di confrontarsi con l'educazione di stampo ecclesiastica ricevuta dalla famiglia.


Modelli e fonti modifica

Scritte in un ambiente conservatore di stampo ecclesiastico, le Dissertazioni dimostrano chiaramente un coinvolgimento e una certa partecipazione del giovane studioso alla materia trattata e non si configurano come un semplice lavoro di compilazione o di compendio accademico. È il primo contatto con le tesi dell'Illuminismo settecentesco, che il giovane Leopardi assorbiva mentre cercava di confutarle attraverso opere e manuali di apologisti. Le letture della biblioteca paterne e i suoi precettori gesuiti[12] fecero indirettamente da tramite per le idee illuministe, dando modo allo studioso di maturare un senso critico attraverso cui poi giudicare gli stessi valori cattolici della sua educazione.

«[...] il passaggio in Leopardi da un lavoro di appropriazione di temi culturali a una loro ricomposizione in un terreno di autonoma riflessione. L'iniziale [...] volontà opologetica della religione si andava così lentamente stemperando

Apparentemente cospicue, le fonti da cui avrebbe attinto Leopardi in realtà sono più modeste e limitate anche per numero e tipologia. Il lavoro si basa principalmente su manuali scolastici della seconda metà del Settecento, adottati anche nelle scuole, come le Institutiones philosophicae di padre Jacquier; sulla Fisica, al contrario, la materia permette di arrivare anche alle ultime novità, con testi illuministici di Nollet[13], Brisson[14], Paulian[15]. Si tratta in gran parte di testi destinati alla formazione dei futuri ecclesiastici, in latino o in italiano, di cui il giovane Leopardi apprezza anche la pratica consultazione e maneggevolezza, dovuta, in molti casi ai formati in sedicesimo e agli indici tematici molto dettagliati.

Lingua e stile modifica

Leopardi procede nella composizione partendo da un autore e integrandolo con altri esempi presa da altri testi in modo esplicito ma più spesso implicito, restando sul generico (un moderno autore, un filosofo ha detto, ecc.). I riferimenti principali sono:

  • Valsecchi, padre domenicano scelto per la chiarezza espositiva e per la precisione nelle citazioni di auctoritas;
  • Del Giudice, per lo stile rigoroso e formale dell'esposizione, sapientemente divisa in capitoli e paragrafi brevi e chiari;[16]
  • Jacquier, padre francescano scelto per l'ampiezza e l'attenzione a specifici temi filosofici;
  • Pace, per lo stile arguto e pungente;
  • Zanotti, filosofo bolognese, sicuro riferimento per le teorie aristoteliche e l'introduzione all'Etica Nicomachea.

Il giovane Leopardi cerca costantemente di appoggiarsi alla citazione dotta per dare autorevolezza ai suoi scritti: occultando il più possibile i riferimenti, raramente nomina i suoi modelli nel luogo o nel momento in cui sono utilizzati, ma più spesso li riprende in un testo successivo, qualche volta li anticipa.

«Quando la citazione di un classico è mediata, non si trova nel nostro testo il rimando preciso; quando è diretta, e cioè l'auctoritas è aggiunta dal ragazzo, allora egli cita in modo più preciso, con il rimando al libro, al numero dell'ode ecc.»

I testi sfruttano tecniche specifiche dell'epitome, che vanno dalla parafrasi riassuntiva da lavoro di compendio, o la variatio dei contenuti, anticipando/posticipando argomenti o approfondendo singoli aspetti ecc., alla sostituzione dell'exemplum, occultando le proprie fonti cambiando astutamente nomi luoghi situazioni del modello di riferimento, o la partecipazione critica in dissenso, argomentando in modo esplicito per affermare l'ortodossia appresa dall'ambiente familiare, oppure omettendo le tesi nei casi in cui il nostro nutre dei dubbi su alcuni aspetti specifici del modello scelto.

Eredità culturale modifica

Esiste un forte legame tra le fonti delle Dissertazioni e la produzione del Leopardi maturo, segni indelebili di un memoria di esperienze passate che hanno contribuito ad avanzare le sue cognizioni, in futuro criticate, avversate, ma non dimenticate.

«[...] la memoria la più indebolita dimentica l'istante passato, e ricorda le cose della fanciullezza.»

Autori e temi già trattati nella prima formazione tornano in opere successive, come il professor Zanotti o lo stesso Jacquier citati nella Storia dell'Astronomia, insieme agli illuministi Paulin e Brisson e poi nello Zibaldone, con l' Algarotti o il Segneri, ecc.[17]. Il concetto filosofico di asseità[18] o la questione dell’attribuzione del pensiero alla materia[19] torneranno in un diversa prospettiva in molte pagine dello Zibaldone[20]; il tema morale dell’Amicizia, già affrontato in alcune prose giovanili [21] si svilupperà per circa venti anni, fino al 21 luglio 1829, data dell'ultimo pensiero registrato da Leopardi. Questioni tecniche come il problema della nomenclatura scientifica è già affrontato da Giacomo nel 1812 con una fine riflessione sull'arbitrarietà del segno linguistico, modellata sull'opera di Del Giudice, sorprendentemente moderna nell'analisi e vicina a tante pagine dello Zibaldone sui problemi linguistici.[22].

Note modifica

  1. ^ Nota
  2. ^ La materia delle Disertazioni si presenta divisa secondo uno schema tipico del tempo, che riflette il modello enciclopedico-illuminista dello scibile umano: Metafisica (scienza di Dio), Logica e Morale (scienze umane), Fisica (scienza della natura); e si deve considerare un lavoro organico, fortemente coeso in tutte le sue parti erudite.
  3. ^ Ci riserviamo solo il diritto di opzione per l'editoria. [...] È nostro interesse che questi scritti vengano pubblicati bene, e che li curi uno studioso di valore, contessa Anna Leopardi, in Panorama, 15 agosto 1983, p. 63.
  4. ^ a b Cfr. Piergili, Nuovi documenti, 1892
  5. ^ Cfr. De Poli - GagliardiDissertazioni, 1983
  6. ^ Durante il dibattito pubblico sulla sorte degli inediti, in virtù del fatto che non esisteva più una proprietà letteraria della famiglia Leopardi che impedisse la pubblicazione degli scritti, il Timpanaro fu accusato di speculare sulla vicenda per secondi fini, quando in realtà un veto, che impediva da anni a uno dei più importanti studiosi di Leopardi di pubblicare le Dissertazioni nel progetto del CNLS, aveva al contrario una solida base reale e che, secondo le sottigliezze della giustizia italiana, si poteva ravvisare nella risposata sul caso arrivata dall'A.I.E. (Associazione Italiana Editori): «Bisogna però tener presente che il manoscritto appartiene agli eredi del Leopardi, i quali possono disporne a loro piacimento, e quindi impedirne di fatto, qualora non vengano accolte le loro condizioni, la pubblicazione, salva la possibilità di espropriazione per ragioni di interesse dello Stato. Non si può escludere che gli eredi di Giacomo Leopardi [...] abbiano affidato il manoscritto in questione allo studioso esclusivamente ai fini della pubblicazione nella collana di "Opere inedite o rare di G. L." edita dal centro stesso. Riteniamo quindi che, prima di intraprendere la pubblicazione dell'opera sulla base delle fotocopie, sia prudente assicurarsi che lo studioso stesso non abbia ricevuto il manoscritto sulla base di un rapporto fiduciario, con l'impegno di utilizzarlo solo per l'edizione a cura del Centro Nazionale di Studi leopardiani e di non metterlo a disposizione di terzi. È infatti evidente che, se ricorresse tale ipotesi, egli non potrebbe cedere le fotocopie ad alcun editore ai fini della pubblicazione e, qualora lo facesse, commetterebbe un atto illecito, del quale potrebbe essere chiamato a rispondere, a meno che riesca a provare la sua buona fede, anche l'editore». Il Timpanaro, da sempre rispettato studioso per il CNSL e in cordiali rapporti con la famiglia Leopardi, proverà per oltre dieci anni a pubblicare le Dissertazioni nella collana originaria, ma senza successo.
  7. ^ Il 14 ottobre e il 2 dicembre 1971 la Stampa di Torino ospitò una campagna pubblicitaria promozionale in grande stile, con anticipazioni di brani commentati dalla Corti e da Guido Piovene
  8. ^ Le scarse vendite del primo volume portarono probabilmente alla rinuncia di Bompiani, e anche al disinteresse di altri possibili editori, a proseguire il progetto sulle opere giovanili di Leopardi. Il Timpanaro provò per anni a chiedere di pubblicare nella collana prevista dal CNSL le Dissertazioni, ed evitare che il progetto editoriale, già privo del volume I, risultasse ancora più povero di contenuti, ma ottenne solo frustranti rinvii a tempo indeterminato da parte del Direttore del centro (lo stesso Umberto Bosco), preoccupato a mantenere buoni rapporti con la famiglia Leopardi. Nell'aprile del 1983, con un articolo dal titolo "Come nel 1983 si può impedire la pubblicazione di importanti inediti leopardiani", denunciò un caso Leopardi, invitando gli studiosi, nell'interesse esclusivo degli studi sul Recanatese, ad esprimersi sul grave problema degli inediti di proprietà privata, sottratti praticamente a ogni controllo. Nei mesi successivi prenderà vita un dibattito pubblico sui principali giornali italiani incentrati sul tema con opposti schieramenti, che si concluderà con la pubblicazione, nel dicembre del 1983 per le "Edizioni del Grifo" di Mauro Paganelli, un editore di Montepulciano, delle "Dissertazioni filosofiche" a cura di Marco De Poli e Roberto Gagliardi.
  9. ^ Composto nel 1812 e conservato ancora a Recanati presso la famiglia Leopardi. Prima edizione nel 1924, secondo l'apografo con correzioni autografe, cfr. Donati. Scritto a conclusione degli studi filosofici propedeutici a quelli teologici cui la famiglia lo aveva destinato, Leopardi sperimenta una forma di dialogo realizzato tutto con il discorso indiretto (la forma del dialogo permette di esprimere meglio concetti difficili e rendere gli argomenti chiari e diretti al lettore), dimostrando una maggiore disinvoltura nello stile rispetto alle Dissertazioni, una migliore acquisizione dell’ambiente culturale illuministico, pur rimanendo salda l’impostazione ideologica della tradizione apologetica cattolica e gli empi libertini i nemici da confutare. A conferma della scelta cita altri grandi che hanno sfruttato questa forma di componimento come Platone, Cicerone, Gregorio Magno, Giustino fino ai moderni Algarotti e Muzzarelli. L'autore da combattere era il pensatore barnabita, Mariano Gigli, già autore di molti scritti letterari e filosofici, e sulla filosofia del linguaggio. L'autore vuole confutare quegli autori rei di credere l'anima materiale e mortale (anche se il Gigli sosteneva che l’anima era spirituale perché il pensiero non può convenire alla materia perché la materia non può pensare) e, concentrandosi in particolare sulle parti del saggio del Gigli che riguardano libertà e ragionevolezza nei bruti, estende la critica a Spinoza, Helvetius, Hobbes, Bayle ec. Emergono qui le prime riflessioni sulle disposizioni dell'animo umano al vizio e alla voluttà, che tanto spazio avranno nello Zibaldone: l’uomo non può essere virtuoso per natura (Zib. ). cfr. Marcon
  10. ^ Rispettivamente il volume VIII, Giacomo Leopardi, Scritti filologici 1817 - 1832 a cura di Giuseppe Pacella e Sebastiano Timpanaro, Le Monnier, Firenze 1969; il volume V, Giacomo Leopardi, Fragmenta Patrum Graecorum e Auctorum historiae ecclesiasticae fragmenta: 1814-1815, a cura di Claudio Moreschini, Firenze, Le Monnier, 1976; e il volume III, Giacomo Leopardi, Porphyrii de vita plotini et ordine librorum eius, a cura di Claudio Moreschini, Firenze, L. S. Olschki, 1982
  11. ^ Una dissertazione giovanile di Giacomo Leopardi «Sopra l'anima delle bestie», a. c. di M. A. Morelli Timpanaro, in «La ricerca storica», 1967, VI, pp. 532-544; Sopra la felicità e Sopra i sogni, a. c. A. Andreoli, «L'Unità» 29 luglio 1983; Sopra l'astronomia a. c. di G. M. Pace, «L'Espresso», 25 settembre 1983
  12. ^ La sacra falange del passato, così A. D'Ancona per riferirsi ai genitori e ai precettori di Leopardi in La famiglia di Giacomo Leopardi, su «Nuova Antologia» 18 ottobre 1878, pp. 561-609
  13. ^ Cfr. Nollet
  14. ^ Cfr. Brisson
  15. ^ Cfr. Paulian
  16. ^ La Dissertazione sopra la Percezione, il Giudizio e il Raziocinio e fedele riassunto dell quattro parti in cui si divide il suo manuale. Cfr. Del Giudice
  17. ^ E ancora i venti Poli e Dandolo, Magalotti e Genovesi
  18. ^ Cfr. Dissertazione sopra l'esistenza di un Ente Supremo
  19. ^ Cfr. Dissertazione sopra le doti dell'anima umana
  20. ^ Cfr. Zibaldone, 950, 952, 2369-2371, 2405-2409.
  21. ^ Corti,  Entro dipinta gabbia, pp. 17-18, 23-24 e pp. 169-170, 173-174.
  22. ^ Cfr. Zibaldone 769.

Bibliografia modifica

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