Volksdeutscher Selbstschutz

organizzazione paramilitare tedesca della seconda guerra mondiale

Il Volksdeutscher Selbstschutz era un'organizzazione paramilitare composta da tedeschi etnici (Volksdeutsche) reclutati nella minoranza tedesca in Polonia[1] che vi operò prima e durante le fasi iniziali della seconda guerra mondiale[2]. Insieme alle unità Einsatzgruppen si rese responsabile anche dei massacri dei polacchi. Il Selbstschutz contava circa 100.000 membri, che costituivano la maggior parte della minoranza tedesca "adatta all'azione".[3]

Volksdeutscher Selbstschutz
Leader del Selbstschutz a Bydgoszcz nel periodo dei massacri di Bydgoszcz (da sinistra a destra):

SS-Standartenführer Ludolf Jakob von Alvensleben,
SS-Obersturmbannführer Erich Spaarmann,
SS-Obersturmbannführer Hans Kölzow e
SS-Sturmbannführer Christian Schnug

Descrizione generale
NazionePolonia, Cecoslovacchia, Jugoslavia e Unione Sovietica
ServizioSS
TipoRiserva della polizia paramilitare
Voci su unità militari presenti su Wikipedia
Il sindaco nazista di Bydgoszcz Werner Kampe con Josef Meier e Ludolf von Alvensleben, leader della Selbstschutz in Pomerania, durante l'ispezione del Volksdeutscher Selbstschutz nel 1939.
Ludolf von Alvensleben leader del Volksdeutscher Selbstschutz nella Prussia occidentale, 1939.

Contesto storico modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Sonderfahndungsbuch Polen.

Nel periodo tra le due guerre, tra le organizzazioni delle minoranze tedesche in Polonia esistevano il Jungdeutsche Partei (Partito dei giovani tedeschi), il Deutsche Vereinigung (Unione tedesca), il Deutscher Volksbund (Unione popolare tedesca) e il Deutscher Volksverband (Associazione popolare tedesca).[4] Questi gruppi formarono una sorta di quinta colonna che collaborò attivamente con la Germania nazista nello spionaggio, nel sabotaggio, nelle provocazioni e nell'indottrinamento politico anti-polacco.

Mantennero stretti contatti con NSDAP e furono diretti, oltre che dal partito stesso, dall'Auslandsorganisation (Organizzazione per l'estero), dalla Gestapo, dal Sicherheitsdienst e dall'Abwehr.[5] I tedeschi di etnia polacca furono addestrati alle tattiche di guerriglia e alla messa in pratica di atti di sabotaggio. Prima dell'inizio della guerra gli attivisti del Selbstschutz compilarono gli elenchi dei polacchi da deportare o giustiziare nell'ambito dell'operazione Tannenberg. L'elenco fu distribuito tra gli squadroni della morte nazisti con il titolo di Sonderfahndungsbuch Polen.[6]

La seconda guerra mondiale modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Volksdeutsche e Hauptamt Volksdeutsche Mittelstelle.

Subito dopo l'invasione della Polonia il Volksdeutscher Selbstschutz si impegnò negli attacchi contro la popolazione polacca e contro l'esercito polacco con operazioni di sabotaggio per aiutare l'avanzata tedesca. A metà settembre le attività caotiche e in gran parte spontanee di questa organizzazione iniziarono ad essere coordinate dagli ufficiali delle SS. Gustav Berger, il protetto di Himmler, fu incaricato dell'organizzazione generale; i comandanti distrettuali dell'esercito nelle zone occupate presero in mano la situazione nella Prussia occidentale, nell'Alta Slesia e nel Warthegau.[7]

Mentre i dirigenti delle SS si limitarono a supervisionare le operazioni, le unità locali rimasero sotto il controllo dei tedeschi che avevano dimostrato il loro impegno all'inizio della guerra.[7] Il Selbstschutz organizzò 19 campi di concentramento per i polacchi nei luoghi individuati dalla Wehrmacht e dalla polizia: Bydgoszcz, Brodnica, Chełmno, Dorposz Szlachecki, Kamień Krajeński, Karolewo, Lipno, Łobżenica, Nakło, Nowy Wiec (vicino a Skarszewy), Nowe, Piastoszyn, Płutowo, Sępólno Krajeńskie, Solec Kujawski, Tuchola, Wąbrzeźno, Wolental (vicino a Skórcz), Wyrzysk. La maggior parte dei polacchi imprigionati (uomini, donne e giovani) furono brutalmente assassinati.[7]

Pulizia etnica modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Massacri di Piaśnica e Valle della Morte di Bydgoszcz.
 
Volksdeutsche Selbstschutz di Łobżenica.
 
I tiratori del Selbstschutz scortano i polacchi nella Valle della Morte di Bydgoszcz.
 
Esecuzione dell'intellighenzia polacca durante i massacri di Piaśnica.

Nei massacri dei polacchi il Selbstschutz collaborò con gli Einsatzgruppen. Il 16 ottobre 1939 il comandante del Selbstschutz Ludolf von Alvensleben disse agli uomini:

«Ora sei la razza principale qui. Niente è stato ancora costruito attraverso la morbidezza e la debolezza... Ecco perché mi aspetto, proprio come si aspetta da te il nostro Führer Adolf Hitler, che tu sia disciplinato e duro come l'acciaio di Krupp. Non siate teneri, siate spietati ed eliminate tutto ciò che non è tedesco e che potrebbe ostacolarci nell'opera di costruzione.[8][9]»

Il Selbstschutz prese parte alla prima azione di eliminazione dell'intellighenzia polacca, lo sterminio di massa di Piaśnica, durante il quale furono assassinati tra i 12.000 e i 16.000 civili. L'Intelligenzaktion[10] era il piano per sterminare tutta l'élite intellettuale e la classe dirigente polacca nel paese. Le operazioni si svolsero immediatamente, tra l'autunno del 1939 e la primavera del 1940.[11] 60.000 persone tra proprietari terrieri, insegnanti, imprenditori, assistenti sociali, veterani dell'esercito, membri di organizzazioni nazionali, sacerdoti, giudici e attivisti politici furono assassinati in 10 azioni di livello regionale.[12] Le Intelligenzaktion proseguirono con l'operazione AB-Aktion in Polonia.[10]

Al 5 ottobre 1939, nella sola Prussia occidentale, il Selbstschutz sotto il comando di von Alvensleben contava 17.667 uomini e aveva già giustiziato 4.247 polacchi; eppure von Alvensleben rimproverò gli ufficiali del Selbstschutz per averne fucilati troppo pochi. Gli ufficiali tedeschi comunicarono che era stata eliminata solo una piccola parte dei polacchi della regione (in tutto nella Prussia occidentale durante questa azione furono giustiziate 20.000 vittime). Un comandante del Selbstschutz, Wilhelm Richardt, dichiarò nel campo di Karolewo che non voleva costruire grandi campi per polacchi dove dar loro da mangiare, e che era un onore per i polacchi concimare il suolo tedesco con i loro cadaveri.[13] Ci fu poca opposizione alle attività del Selbstschutz.[13] In un caso un comandante del Selbstschutz fu sollevato dall'incarico dopo che aveva omesso un rendiconto e si scoprì che aveva giustiziato "solo" 300 polacchi.[13]

Dopo la conquista della Polonia modifica

Il 26 novembre 1939 fu ordinato lo scioglimento dell'organizzazione, ma il passaggio di consegne si protrasse fino alla primavera del 1940. Tra le ragioni dello smantellamento ci furono i casi di corruzione, il comportamento disordinato e i conflitti con le altre organizzazioni. Ai membri fu chiesto di unirsi alle Schutzstaffel e alla Gestapo. Nell'estate del 1940 al Selbstschutz subentrarono battaglioni di nuova formazione Sonderdienst, assegnati al capo dell'amministrazione civile nel nuovo Gau.[14]

È difficile stimare la portata e l'impatto delle attività del Volksdeutscher Selbstschutz, poiché le autorità polacche non furono in grado di raccogliere adeguatamente le prove una volta iniziata l'invasione, e gran parte della documentazione tedesca relativa a tali attività non è sopravvissuta alla guerra.[15] L'esistenza di una grande organizzazione paramilitare di etnia tedesca, anche se di cittadinanza polacca, che contribuì all'aggressione tedesca alla Polonia e si impegnò in diffusi massacri di polacchi, fu sfruttata come motivo per l'espulsione dei tedeschi dopo la guerra.[12] Secondo il ricercatore tedesco Dieter Schenk, nel dopoguerra furono identificati circa 1.701 ex membri del Selbstschutz colpevoli delle atrocità di massa. Tuttavia, furono aperte solo 258 indagini giudiziarie e 233 furono annullate; solo dieci membri del Selbstschutz furono condannati dai tribunali tedeschi. Schenk la definì una "vergogna per il sistema giudiziario tedesco".[16]

Note modifica

  1. ^ Richard J. Evans, The Third Reich at War: 1939–1945, Penguin, 2009.
  2. ^ Christian Jansen e Arno Weckbecker, Der "Volksdeutsche Selbstschutz" in Polen 1939/40, München, R. Oldenbourg, 1992, ISBN 3-486-64564-1.
  3. ^ Peter Longerich, Heinrich Himmler: A Life, Oxford University Press, 2012, p. 429.
  4. ^ Winson Chu, The German Minority in Interwar Poland, Cambridge University Press, 2012, p. 18, ISBN 978-1-107-00830-4.
  5. ^ Kazimierz Sobczak, Encyklopedia II wojny światowej, Wydawictwo Ministerstwa Obrony Narodowej, 1975, p. 420.
  6. ^ Reichskriminalpolizeiamt (a cura di), Digital version of "Sonderfahndungsbuch Polen", Berlino, Śląska Biblioteka Cyfrowa, 1939. URL consultato il 27 novembre 2023 (archiviato dall'url originale il 17 dicembre 2013).
  7. ^ a b c (PL) Konrad Ciechanowski, Monografia. KL Stutthof (Auffangslager, Zivilgefangenenlager) (archiviato dall'url originale il 29 ottobre 2007).
  8. ^ Understanding Nazi Ideology: The Genesis and Impact of a Political Faith, McFarland, 2020, p. 212, ISBN 978-1-4766-3762-4.
  9. ^ Ian Kershaw, Hitler 1936-1945: Nemesis, Penguin Books Limited, 2001, pp. 242–43, ISBN 978-0-14-192581-3.
  10. ^ a b Meier, Anna "Die Intelligenzaktion: Die Vernichtung der polnischen Oberschicht im Gau Danzig-Westpreußen" VDM Verlag Dr. Müller, ISBN 3-639-04721-4 ISBN 978-3-639-04721-9
  11. ^ Encyklopedia PWN, su encyklopedia.pwn.pl.
  12. ^ a b Maria Wardzyńska, Był rok 1939 Operacja niemieckiej policji bezpieczeństwa w Polsce. Intelligenzaktion, IPN Instytut Pamięci Narodowej, 2009, ISBN 978-83-7629-063-8.
  13. ^ a b c Christopher R. Browning, The Origins of the Final Solution: The Evolution of Nazi Jewish Policy, September 1939-March 1942, University of Nebraska Press, 2007, p. 33.
  14. ^ Christopher R. Browning, Arrival in Poland (PDF), Penguin Books, 1998 [1992], pp. 51, 98, 109, 124. URL consultato il 1º maggio 2013 (archiviato dall'url originale il 19 ottobre 2013).
  15. ^ Louis De Jong, Panic in Poland, in The German Fifth Column in the Second World War, Taylor & Francis, 2019, ISBN 978-1-00-000809-8.
  16. ^ Paweł Kosiński e Barbara Polak, Nie zamierzam podejmować żadnej polemiki – wywiad z prof. Witoldem Kuleszą, in Biuletyn IPN, 12-1(35-36), 2003-2004, p. 23.

Bibliografia modifica

  • (PL) Barbara Bojarska, Eksterminacja inteligencji polskiej na Pomorzu Gdańskim (wrzesień-grudzień 1939), Poznań, Instytut Zachodni, 1972.
  • (EN) Christopher R. Browning, The Origins of the Final Solution: The Evolution of Nazi Jewish Policy, September 1939 – March 1942, University of Nebraska Press, 2004, ISBN 0-8032-1327-1.
  • (EN) Keith Bullivant e Geoffrey Giles, Germany and Eastern Europe: Cultural Identities and Cultural Differences, Rodopi Bv Editions, 1999, ISBN 978-9042006881.
  • (DE) Christian Jansen e Arno Weckbecker, Der "Volksdeutsche Selbstschutz" in Polen 1939/40, München, R. Oldenbourg, 1992, ISBN 3-486-64564-1.
  • (PL) Włodzimierz Jastrzębski e Jan Sziling, Okupacja hitlerowska na Pomorzu Gdańskim w latach 1939–1945, Gdańsk, Wydawnictwo Morskie, 1979, ISBN 83-215-71840.
  • (PL) Tadeusz Jaszowski e Czesław Sobecki, "Niemy świadek". Zbrodnie hitlerowskie w toruńskim Forcie VII i w lesie Barbarka, Bydgoszcz, Kujawsko-Pomorskie Towarzystwo Kulturalne, 1971.
  • (FR) Georges Jerome, Les milices d'autoprotection de la communauté allemande de Pomérélie, Posnanie et Silésie polonaise 1939 - 1940, in Revue Guerres Mondiales et Conflits contemporains, n. 163, luglio 1991.
  • (PL) Paweł Kosiński e Barbara Polak, Nie zamierzam podejmować żadnej polemiki – wywiad z prof. Witoldem Kuleszą, in Biuletyn IPN, 12-1(35-36), 2003-2004, p. 23.
  • (PL) Roman Kozłowski, Mniszek – miejsce kaźni, Dragacz, Gminny Komitet Ochrony Pomników Walki i Męczeństwa, 1992.
  • (PL) Mirosław Krajewski, W cieniu wojny i okupacji. Ziemia Dobrzyńska w latach 1939–1945, Rypin, Dobrzyński Oddział Włocławskiego Towarzystwa Naukowego w Rypinie, 1995, OCLC 750495343.
  • (PL) Stanisław Nawrocki, Policja hitlerowska w tzw. Kraju Warty 1939–1945, Poznań, Instytut Zachodni, 1970.
  • (PL) Dieter Schenk e Albert Forster, Gdański namiestnik Hitlera, Gdańsk, Wydawnictwo Oskar, 2002, ISBN 83-86181-83-4.
  • (PL) Piotr Semków, Martyrologia Polaków z Pomorza Gdańskiego w latach II wojny światowej, in Biuletyn IPN, 8 – 9 (67 – 68), agosto-settembre 2006.
  • (PL) Irena Sroka, Policja Hitlerowska w rejencji katowickiej w latach 1939–1945, Instytut Śląski, 1997.

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