Álftafjörður (Austurland)

Álftafjörður è un fiordo situato nel settore orientale dell'Islanda.

Álftafjörður
StatoBandiera dell'Islanda Islanda
RegioneAusturland
ConteaSuður-Múlasýsla
Coordinate64°33′57.95″N 14°30′04.84″W / 64.566096°N 14.501344°W64.566096; -14.501344
Dimensioni
Lunghezzakm
Larghezzakm
Idrografia
Immissari principaliHofsá, Geithellnaá
Mappa di localizzazione: Islanda
Álftafjörður
Álftafjörður

Descrizione modifica

L' Álftafjörður è un fiordo poco profondo situato nella regione dell'Austurland, nei fiordi orientali.[1] È posizionato a sud del Hamarsfjörður.

Ha una larghezza di 5 km e penetra per 8 km nell'entroterra.[2]

Il fiordo è poco profondo e nella parte terminale con la bassa marea il fondo sabbioso rimane scoperto. All'imboccatura del fiordo c'è un lungo e stretto cordone di sabbia chiamato Starmýrartangi o Starmýrarfjörður, che ostacola l'uscita e rende difficoltoso l'accesso via mare. L'uscita dal fiordo avviene attraverso l'adiacente fiordo di Hamarsfjörður dopo aver doppiato la penisola Melrakkaness.[3]

Álftafjörður è il fiordo più meridionale della contea di Suður-Múlasýsla.

Aspetti geografici modifica

Il fiordo è chiuso su tre lati da piccoli rilievi montuose: a sud Krossanesfjall, a ovest Breiðafjall, a nord Flötufjöll e Einidals.

Nel fiordo vanno a sfociare i fiumi Geithellaá, che si origina dal ghiacciaio Traundarjökull, e Hofsá, che ha origine dal piccolo ghiacciaio Hovsjökull a est di Flötüfjöll.[2][3]

Nell' Álftafjörður ci sono diverse piccole isole, le più grandi delle quali sono Nesbjörg e Brimilsnes.

Aspetti geologici modifica

L' Álftafjörður è la caldera dell'antico vulcano omonimo, che era attivo qui circa 7 milioni di anni fa. Dopo la cessazione dell'attività del vulcano, la caldera è crollata e si è riempita di acqua di mare. Le montagne che circondano il fiordo sono per lo più composte di ignimbrite e riolite, rocce che denotano l'origine vulcanica.[4]

Denominazione modifica

La denominazione di Álftafjörður (fiordo del cigno) è abbastanza comune in Islanda ed è collegata alla presenza di colonie di cigni selvatici, attratte dall'abbondanza delle alghe del genere Zostera marina di cui si nutrono.[5]

Esistono altri fiordi chiamati Álftafjörður, come l'Álftafjörður nella penisola di Snæfellsnes, e l'Álftafjörður, un fiordo laterale dell'ampio Ísafjarðardjúp nella regione dei Vestfirðir.

Storia modifica

Nella Saga di Nyala si dice che la nave vichinga Þangbrand, fu inviata in Islanda dal re Olaf I di Norvegia per predicare il cristianesimo. Il luogo dove il missionario Þangbrandur battezzò Síðu-Hall è stato chiamato Þvottá[6] e vi è stato eretto un monumento alla conversione al cristianesimo.[7] Circa 2 km a nord si trova Þangbrandsbryggja, dove si dice che Þangbrandur abbia ormeggiato la sua nave.

L'insediamento di Geithellar (chiamato anche Geithellnar) è noto dalle saghe islandesi perché Ingólfur Arnarson, considerato il primo colono in Islanda, e Hjörleifur Hróðmarsson, suo fratellastro, svernarono qui quando arrivarono per la prima volta in Islanda.[7]

Note modifica

  1. ^ (EN) Map Viewer, su kortasja.lmi.is, National Land Survey of Iceland. URL consultato il 12 aprile 2021.
  2. ^ a b Þorsteinn Jósepsson, Steindór Steindórsson, Álftafjörður, Landið þitt Ísland, A-G , í 6 bindum, bindi. 1, 3. útg. — Reykjavík : Örn og Örlygur, 1984, p. 47, (Saga og sérkenni þúsunda staða, bæja, kauptúna, héraða og landshluta ásamt hundruðum litmynda).
  3. ^ a b Hans H. Hansen, Íslandsatlas 1:100 000, Rits. og framl. Örn Sigurðsson. — 5. útg. — Reykjavík: Mál og menning, 2015, p. 167— 215, ISBN ISBN 978-9979-3-3494-1.
  4. ^ Stefán Einarsson, Þættir úr jarðfræði Austfjarða, Austfirðir norðan Gerpis, Hjalti Kristgeirsson, Reykjavík: Ferðafélag Íslands, 1957, p. 102-111.
  5. ^ Pyttirnir í Álftarfirði,, su vulkan.blog.is. Blog del geologo Haraldur Sigurðsson.
  6. ^ Einar Ól. Sveinsson, Á Njáls búð, bók urn mikið listaverk, Reykjavík: Bókmenntafélagið, 1943, p. 180.
  7. ^ a b Hjörleif Guttormsson, Austfirðir, Austfirðir frá Reyðarfirði til Seyðisfjarðar, Hjalti Kristgeirsson, Reykjavík, Ferðafélag Íslands, 2005, 304 p.

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