Chiesa di Santa Maria Corteorlandini

edificio religioso di Lucca

La chiesa di Santa Maria Corteorlandini, denominata anche di Santa Maria Nera per l'immagine della Madonna di Loreto che vi si conserva, è un luogo di culto cattolico di Lucca che si trova nella piazza omonima.

Chiesa di Santa Maria Corteorlandini
La facciata
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneToscana
LocalitàLucca
IndirizzoVia Santa Maria Corteorlandini
Coordinate43°50′40.5″N 10°30′06.21″E / 43.844583°N 10.501725°E43.844583; 10.501725
Religionecattolica di rito romano
TitolareMaria
OrdineChierici Regolari della Madre di Dio
Arcidiocesi Lucca
Stile architettonicoromanico, barocco e rinascimentale
Inizio costruzione1188
Sito webarchiviodigitalefec.dlci.interno.it/fec//chiese/detail/IT-FEC-OA0001-002504/santa-maria-assunta-corteorlandini.html

Storia e descrizione modifica

Edificata per la prima volta tra il IX ed il X secolo, appartenne alla famiglia dei Rolandinghi.

Venne ricostruita nel 1188; della chiesa medievale restano le due absidi minori e il fianco destro in cui si apre un portale con un archivolto decorato da un fregio vegetale, ai lati del quale aggettano due leoni. L'esecuzione presenta caratteri peculiari, rispetto a quelli della produzione cittadina della fine del XII secolo. Nel 1580 la chiesa venne affidata a quelli che sarebbero divenuti i Chierici Regolari della Madre di Dio, che ne presero possesso il 31 dicembre[1], e iniziò un programma di interventi, in particolare per creare gli ambienti conventuali. La situazione dell'edificio prima dei restauri è riportata nelle Cronache della Congregazione:

«La chiesa, la quale essendo stata per molto tempo trascurata, havea bisogno in molte cose esser accomodata: havea all’hora cinque altari, tre nella parte superiore verso levante, con alcune cappelle di Patroni particolari, e due a basso. Tre erano le sue porte, una maggiore verso ponente e due tra i fianchi. Era la parte del tetto ornata di volte che da pilastri stavano sostentate, i quali poi, come si dirà a suo luogo, furono mutati in altrettante colonne di marmo bianco con la giunta delli due altari a basso. Havea un piccolo ciborio nel destro altare da levante, di pietra, molto antico, il quale fu poi tolto dai nostri e postovi, in suo luogo, nell’altar maggiore un ciborio grande alla moderna indorato. Havea il suo coro al basso, murato all’antica, dividendo la chiesa per la sua larghezza dall’una porta di mezzo all’altra, con li cancelli di noce antichi, il qual coro in breve fu dalli nostri demolito affatto e posto tutto ad un piano il pavimento della chiesa, con aggiunger di nuovo dall’un canto all’altro della medesima larghezza di detta chiesa, avanti agli altari, una balaustrata di noce che sempre ha servito fino ad hora per mensa alla Santissima Comunione et, affinché vi fosse coro da potervi cantar il vespro nei giorni di festa e le Messe secondo le solennità et obblighi della chiesa, nell’istesso tempo se ne fece uno di legname in alto nell’ultima parte della chiesa, sostentato da un grosso trave che sopra li due ultimi pilastri si appoggiasse, nel qual coro s’includeva anco l’organo vecchio, che poi si vendè alla chiesa di Menabbio di Lucca, comprandone in quel cambio un altro assai migliore, che ha durato fino al presente, et accompagnandolo poi con uno simile a questo, che l’anno 1614 si comprò, et ambedue sono hora ne’ due poggioli, che al coro murato si fabbricò, nell’anno stesso che si diede l’aggiunta alla chiesa. Si trovava ancora nel pilastro ultimo a man destra nell’entrar di chiesa un’Immagine della S.ma Vergine col Bambino in braccio, in pittura assai antica, che sempre è stata in molta venerazione; questa, quando si tolsero i pilastri per ponervi le colonne per gratia della B. V. e per buona diligenza delli nostri, si potè levar nella crosta della calcina, se non del tutto intiera, tanta almeno che con poca fatica poi s’accomodò, in maniera che fino al presente si conserva nella medesima chiesa. All’hora si trasferì ad un altare come in deposito, nella qual traslatione, perché si fece in giorno di festa e si portò per la chiesa, vi concorse molto popolo; finalmente l’anno 1614 nel mese di dicembre si portò l’altare ultimo a man sinistra nell’entrare in chiesa, per contra all’altare di S. Carlo. Erano in questa chiesa due confessionari assai vecchi, i quali servivano per le confessioni di una o due volte l’anno, e i nostri ve ne posero subito tre, che tanti all’hora erano i confessori, se ben poi si accrebbero. Si seguitavano i soliti sermoni, due per volta ogni festa, stando sopra un semplice banco un poco alto a sedere; si fabbricò poi anche un pervio, appendendolo al pilastro che era per contra alla sagrestia, e serviva per certe solennità, Avvento e Quadragesima, quando uno solo si pigliava l’impresa di sermoneggiare ogni festa. Alcune volte si predicò la mattina, ma poche volte. Nel levar i pilastri si tolse anco il pulpito, e si ridussero a farne uno movibile, che potesse servire, per le feste ordinarie, senza le sponde davanti e, per le feste solenni, con le sponde, e fino ad hora che siamo nell’anno 1615 si adopra.»

 
Interno

Tra i primi interventi fu la risistemazione del coro nel 1583, demolendo quello antico ligneo e portando così tutto il piano calpestabile della chiesa allo stesso livello. Durante i lavori furono trovati «fondamenti di molto antiche fabbriche»[2]. Il coro fu fatto sopra la porta principale, ove affiancò l'organo, sull'impronta di ciò che S. Giovanni Leonardi aveva visto nelle chiese di Roma. I lavori furono «consigliati» dall'architetto Agostino Lupi lucchese[3].

Insieme al rifacimento del coro, fu deciso anche di affrescare nuovamente la tribuna, «la quale conteneva un Salvatore all’antica, con un libro in mano, con S. Pietro e S. Paolo ai lati di detta tribuna», con una «B. V. Assunta con una ghirlanda d’Angeli sotto una nuvola che in cielo la conduceva, e sopra di lei vi era una nicchia che conteneva la medesima B. V. incoronata dalla SS. Trinità», opera di Agostino Ghirlanda da Fivizzano[2].

Nel 1593, oltre ad aver «accomodate molte cose», si rimossero gli altari maggiori e furono riconsacrati l'8 giugno dal vescovo di allora, Alessandro Guidiccioni il Vecchio; vi furono collocate reliquie di S. Bartolomeo e di S. Andrea e S. Tommaso Apostoli. Il 17 agosto, necessitando di creare nuovi spazi per il convento, furono cominciati i lavori, sotto supervisione del solito architetto Lupi, per costruire i locali che tuttora sono presenti sopra le navate centrale e laterale sinistra della chiesa[4]. Durante il 1597 fu donata da Caterina Bertolani «una bella lampada di argento» per il SS. Sacramento[5].

Tuttavia, i rifacimenti, realizzati con le cognizioni di statica e i materiali del tempo, intaccarono la solidità della fabbrica, tanto che, finita la messa della notte di Natale del 1600 «una colonna di quelle, che sosteneva il maggior peso della chiesa e della casa, era crepata et aperta e cadutene due gran pezzi». La chiesa fu rimessa in condizioni agibili in una sola giornata e per la festa di S. Stefano primo martire fu possibile celebrarvi normalmente. Lo schianto della colonna avviò una serie di lavori di consolidamento alle altre e alla sostituzione di «tutti i pilastri[6] che vi erano in altrettante colonne»[7]. Nel 1602 furono sostituite le prime due colonne, alla base delle quali furono poste «medaglie et altre memorie», e ordinate le sei rimanenti, tutte in marmo di Carrara. In concomitanza coi lavori ricordati, furono poste, ad opera di Orazio Vannucci, le fondamenta per il portico che avrebbe poi sostenuto un coro in muratura, a rimpiazzo del coro ligneo di cui si dubitava la durevolezza[8]. Si terminò di mettere in sede le colonne nel 1604 e per il giorno di S. Lorenzo fu cantato un Te Deum per celebrare la fine dei lavori e la scampata disgrazia di Natale[9]; cinque anni dopo fu compiuto anche il nuovo coro[10].

I lavori di riassetto continuarono per tutto il Seicento e il Settecento e hanno portato la chiesa ad essere oggi uno dei più interessanti esempi di decorazione barocca. Sulle navate laterali sono esposti alcuni dipinti di scuola caravaggesca.

Con l'applicazione delle leggi eversive nel 1866, la chiesa è passata al Fondo per il Culto, che ne è l'attuale proprietario.

Galleria d'immagini modifica

Note modifica

  1. ^ Cesare Franciotti, p. 83.
  2. ^ a b Cesare Franciotti, p. 95.
  3. ^ Cesare Franciotti, 100.
  4. ^ Cesare Franciotti, pp. 136-137.
  5. ^ Cesare Franciotti, p. 148.
  6. ^ Per pilastri la cronaca intende delle strutture dagli spigoli in mattoni riempiti di pietra e materiale di risulta, i quali nella chiesa erano sei.
  7. ^ Cesare Franciotti, pp. 168-169.
  8. ^ Cesare Franciotti, pp. 172-173.
  9. ^ Cesare Franciotti, p. 176.
  10. ^ Cesare Franciotti, p. 183.

Bibliografia modifica

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