Combattimento dei Trenta
Il Combattimento dei trenta (26 marzo 1351[1]) (in lingua bretone Emgann an Tregont) fu un episodio della Guerra di successione bretone combattuta per stabilire chi avrebbe dovuto comandare sul Ducato di Bretagna. Fu un combattimento organizzato tra contendenti scelti da entrambi gli schieramenti del conflitto, combattuto in un sito a metà strada tra i castelli bretoni di Josselin e Ploërmel tra 30 cavalieri e scudieri da entrambe le parti. La sfida venne lanciata da Jean de Beaumanoir, un capitano di Carlo di Blois supportato da re Filippo VI di Francia, a Robert Bemborough, un capitano di Jean de Montfort sostenuto da Edoardo III d'Inghilterra.
Combattimento dei Trenta parte Guerra di successione bretone | |||
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Octave Penguilly L'Haridon: Le Combat des Trente | |||
Data | 26 marzo 1351 | ||
Luogo | Guillac | ||
Esito | Vittoria franco-bretone | ||
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Dopo una dura battaglia, la fazione franco-bretone di Blois ne uscì vittoriosa. Il combattimento fu in seguito celebrato da cronisti e menestrelli medievali come una nobile dimostrazione degli ideali di cavalleria. Nelle parole di Jean Froissart, i guerrieri "si ritenevano valorosi, da entrambe le parti, come se fossero stati tutti Orlando e Oliviero".[2]
Antefatto e cause
modificaLa guerra di successione bretone fu una lotta tra la casata di Montfort e quella di Blois per il controllo del ducato di Bretagna. Venne assorbita dalla più grande Guerra dei cent'anni tra Francia e Inghilterra, con l'Inghilterra che sosteneva i Montforts e la Francia la famiglia Blois. Al momento del torneo, la guerra era in stallo, con entrambe le fazioni che controllavano roccaforti in diverse località della Bretagna, ma occasionalmente facendo sortite nel territorio dell'avversario.
Robert Bemborough, un cavaliere che guidava la fazione dei Montfort che controllava Ploërmel, fu sfidato a singolar tenzone da Jean de Beaumanoir, il capitano della vicina Josselin, controllata dalla fazione di Blois. Secondo il cronista Froissart, questo duello puramente individuale tra i due capi fazione divenne una lotta più ampia quando Bemborough propose un torneo tra venti o trenta cavalieri per parte, una proposta che fu accettata entusiasticamente da de Beaumanoir.[3]
La motivazione per il torneo non è chiara. Le prime fonti scritte lo presentano come un esercizio puramente cavalleresco, creato per onorare le donne per le quali i cavalieri stavano combattendo, riferendosi a Giovanna di Penthièvre (Casa di Blois) e Giovanna di Fiandra (Casa di Montfort). Queste donne stavano conducendo le due fazioni poiché il marito di Giovanna di Penthièvre era stato fatto prigioniero e quello di Giovanna di Fiandra era morto (suo figlio era un bambino all'epoca). Questo è il resoconto dato dai cronisti contemporanei Jean Le Bel e Jean Froissart, entrambi i quali presentano il conflitto come una questione puramente d'onore senza alcuna animosità personale.[4] Le Bel afferma di aver avuto le sue informazioni da uno dei combattenti. Froissart sembra semplicemente copiare la versione di Le Bel.[4]
Tuttavia, le ballate popolari ritraevano la causa in modo diverso. La prima di queste, scritta da un ignoto sostenitore locale della fazione di Blois, raffigura Bemborough e i suoi cavalieri come spietati cacciatori della popolazione locale, che aveva chiesto aiuto a Beaumanoir. Beaumanoir è raffigurato come un eroe che viene in aiuto degli indifesi.[4] Il poeta dipinge Beaumanoir come un modello di pietà cristiana, che mette la sua fede in Dio, in contrasto con Bemborough che si affida alle Prophetia Merlini.[5] Questa versione era standardizzata nella Storia dei Bretoni di Pierre Le Baud, scritta un secolo dopo, in cui la presunta crudeltà di Bemborough è spiegata dal suo desiderio di vendicare la morte di Thomas Dagworth.
Qualunque sia stata la causa, la lotta venne organizzata sotto forma di "un'impresa" - un organizzato pas d'armes - che ebbe luogo in una zona nota come "chêne de Mi-Voie" (rovere a metà strada) tra Ploërmel e Josselin, tra combattenti scelti. Fu organizzata alla maniera di un torneo, con rinfreschi a disposizione e un grande raduno di spettatori. Si suppone che Bemborough abbia detto:
Proviamo a fare un'impresa della quale la gente parlerà in futuro nelle sale, nei palazzi, nei luoghi pubblici e in altre parti del mondo.
Le parole vennero registrate da Froissart:[6] "il detto potrebbe non essere autentico" e Johan Huizinga commentò, "ma ci dice quello che era il pensiero di Froissart".[7]
Beaumanoir comandava trenta bretoni, Bemborough una forza mista di venti inglesi (inclusi Robert Knolles e Hugh Calveley), sei mercenari tedeschi e quattro bretoni partigiani di Montfort. Non è chiaro se lo stesso Bemborough fosse inglese o tedesco. Il suo nome è scritto in molte varianti, ed è dato come "Brandebourch" da Froissart, e appare anche come "Bembro". Il suo primo nome viene talvolta dato come Robert, a volte come Richard. Sia Le Bel che Froissart dicono che era un cavaliere tedesco, ma gli storici ne hanno dubitato.[4] Tutti i cavalieri della fazione di Blois possono essere identificati, sebbene il nome dato di Jean de Beaumanoir sia "Robert" in alcune versioni. I nomi e le identità dei monfortisti sono molto più confusi e incerte.[4]
Battaglia
modificaLa battaglia venne combattuta con spade, pugnali, lance e asce, con cavalieri montati o a piedi, con grande ardimento, nei suoi dettagli molto reminiscente dell'ultimo combattimento dei Burgundi ne "La canzone dei Nibelunghi", specialmente nel celebre consiglio di Geoffroy du Bois al suo capitano ferito, che chiedeva acqua: "Bevi il tuo sangue, Beaumanoir, passerà la tua sete "(Bois ton sang, Beaumanoir, la soif te passera).[8]
Secondo Froissart, la battaglia fu combattuta con grande galanteria da entrambe le parti. Dopo diverse ore di combattimenti c'erano quattro morti sul lato francese e due sul lato inglese. Entrambe le parti erano esauste e accettarono una pausa per il rinfresco e il bendaggio delle ferite. Dopo la ripresa della battaglia, il capo inglese Bemborough fu ferito e poi ucciso, apparentemente dal du Bois. A questo punto la fazione inglese formò un corpo difensivo stretto, che i francesi attaccarono ripetutamente. Si dice che un soldato tedesco di nome Croquart abbia mostrato le più grandi prodezze nel radunare la difesa anglo-bretone.[9]
Alla fine, la vittoria fu decisa da Guillaume de Montauban, uno scudiero che montò a cavallo e cavalcò contro la linea inglese, rompendola. Disarcionò sette dei campioni inglesi, e gli altri furono costretti ad arrendersi. Tutti i combattenti su entrambi i fronti erano morti o gravemente feriti, con nove morti dalla parte inglese. I prigionieri furono ben trattati e rilasciati dietro pagamento di un piccolo riscatto.
Reputazione
modificaAnche se il combattimento non ebbe alcun effetto sul risultato della guerra di successione bretone, venne considerato dai contemporanei come un esempio della più bella cavalleria. Fu cantato da trovatori, raccontato nelle cronache di Froissart e in gran parte ammirato, e onorato nei versi e nelle arti visive. Un cippo commemorativo venne posto nel luogo del combattimento situato tra Josselin e Ploermel e il re Carlo V di Francia commissionò un arazzo raffigurante la battaglia.[10] La fama attribuita a coloro che parteciparono fu tale che vent'anni dopo Jean Froissart notò un sopravvissuto sfregiato, Yves Charruel, al tavolo di Carlo V, dove fu onorato più di tutti gli altri, essendo stato uno dei Trenta.
Secondo lo storico Steven Muhlberger, questa versione cavalleresca si concentra su "come è stato fatto l'atto e non su chi lo vinse. Sulla volontà di tutti gli interessati di accettare le regole e di osservarle realmente, di combattere al meglio e di non fuggire quando feriti o in pericolo di essere catturati fu il punto centrale - ed entrambe le parti si mostrarono altrettanto degne al riguardo."[11]
Successivamente, il combattimento venne visto in termini molto diversi, influenzato dalla più famosa delle ballate popolari contemporanee sull'argomento. In questa versione i cavalieri inglesi erano cattivi, e la fazione di Blois leale e degna. Il poeta elenca ogni combattente su entrambi i fronti (sebbene compaiano diversi nomi inglesi). Egli colloca la fazione franco-bretone di Blois costituita da tutta la nobiltà e l'aristocrazia locale che svolgeva il proprio dovere sociale di proteggere il popolo, giustificando così, scrive Muhlberger, "i privilegi dei nobili considerati coraggiosi difensori dei deboli". I monfortisti erano una miscela di mercenari e briganti stranieri che "tormentavano i poveri".[11] Dopo che la Bretagna venne annessa al regno di Francia, questa versione venne incorporata nei resoconti nazionalisti francesi della guerra dei cent'anni, e descritta come una lotta eroica contro gli invasori stranieri che cercavano di violare la Francia. Poiché la fazione francese aveva perso la stessa guerra di successione, il combattimento fu promosso come una vittoria simbolica e morale. Un grande obelisco monumentale fu commissionato da Napoleone nel 1811 per essere collocato nel luogo della battaglia, ma non fu costruito durante il suo regno. Fu infine eretto nel 1819 dal re borbonico restaurato Luigi XVIII, dopo la caduta di Napoleone, con un'iscrizione che recitava:
«Ici le 27 mars 1351, trente Bretons, dont les noms suivent, combattirent pour la défense du pauvre, du laboureur, de l'artisan et vainquirent des étrangers, que des funestes divisions avaient amenés sur le sol de la patrie. Postérité bretonne imitez vos ancêtres.»
«Qui, il 27 marzo 1351, trenta bretoni, i cui nomi seguono, combatterono per la difesa dei poveri, dei lavoratori, degli artigiani e sconfissero gli stranieri, che avevano portato disastrose divisioni sul suolo della patria. La posterità bretone imiti i suoi antenati.»
Sebbene il combattimento avesse un significato molto minore per gli inglesi, il fatto che fosse stato vinto perché un combattente era montato a cavallo per rompere la linea anglo-bretone fu in seguito interpretato come una prova che i franco-bretoni avevano imbrogliato. Edward Smedley, nella sua History of France (1836) afferma che la manovra "porta qualche parvenza di tradimento".[12] Questa versione venne romanzata da Arthur Conan Doyle nel suo romanzo storico Sir Nigel, in cui Bemborough (chiamato Richard of Bambro nel romanzo) accetta le regole della sfida in uno spirito cavalleresco ma i franco-bretoni vincono solo perché Montauban, indicato come scudiero di Beaumanoir, monta il suo cavallo, quando il conflitto doveva essere a piedi, e cavalca contro gli inglesi, calpestandoli.
Una libera traduzione inglese in versi della ballata fu scritta da Harrison Ainsworth, che diede il nome del capo inglese come "Sir Robert Pembroke" che è ritratto in modo fantasioso come il capo inglese dopo la morte di Thomas Dagworth. Ainsworth sosteneva che "Bembro" era originariamente "Pembroke" per il fatto che la versione del nome in lingua bretone era "Pennbrock". "Penn brock" significa "testa di tasso" in bretone, che era diventato un soprannome dispregiativo per Bemborough nelle ballate bretoni.[13]
Combattenti
modificaQuesti sono i nomi dei cavalieri, come elencati nella traduzione del poema di Ainsworth, anche se ce ne sono in realtà 31 dalla parte inglese.[14]
Forze franco-bretoni
Scudieri
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Forze anglo-bretoni
Scudieri e uomini in armi
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La parte inglese ebbe nove morti in totale e i restanti vennero catturati. La parte franco-bretone perse almeno tre uomini e probabilmente di più. Alcuni di loro furono catturati durante i combattimenti, ma furono rilasciati al termine del conflitto.
Note
modifica- ^ Combat of the Thirty (1351) in: John A. Wagner. Encyclopedia of the Hundred Years War. — Westport: Greenwood Press, 2006, p. 103.
- ^ Jean Froissart's Chronicles Amiens ms. version.
- ^ (EN) ḎḤWTY, The tournament of the Thirty: A Contest of the Finest, su Ancient Origins. URL consultato il 21 marzo 2018.
- ^ a b c d e Henry Raymond Brush, "La Bataille de Trente Anglois et de Trente Bretons", Modern Philology, Vol. 9, No. 4, Apr., 1912, pp. 511–544
- ^ Pierre d'Hozier (ed), Pierre Le Baud, Histoire de Bretagne, avec les chroniques des maisons de Vitré et de Laval, Gervaise Alliot, 1638, p.310.
- ^ Froissart, Chroniques, ed. S. Luce, c. iv. pp. 45 and 110ff, and pp. 338–340.
- ^ Huizinga, The Autumn of the Middle Ages (1919) 1924:59.
- ^ Chisholm, Hugh, ed. (1911). "Beaumanoir". Encyclopædia Britannica (11th ed.). Cambridge University Press.
- ^ Arthur de la Borderie, Historie de Bretagne, Paris, Alphonse Picard, vol. 3, pp. 520–529.
- ^ Jules Guiffrey, Inventaire des tapisseries du roi Charles VI vendues par les Anglais en 1422, Bibliothèque de l'école des chartes 1887, tome 48. p.92.
- ^ a b Muhlberger, Steven, The Combat of the Thirty against Thirty, in L. J. Andrew Villalon, Donald J. Kagay (eds), The Hundred Years War (Part II): Different Vistas , BRILL, 2008 p.289-294.
- ^ Edward Smedley's History of France, Volume One, Baldwin and Craddock, 1836, p.194.
- ^ Tom Taylor, Ballads and Songs of Brittany, Macmillain, 1865, p. 125.
- ^ Steven Muhlberger, Deeds of Arms: Ainsworth's Translation of the Verse Account of the Combat of the Thirty, su nipissingu.ca, Nipissing University. URL consultato il 24 marzo 2018 (archiviato dall'url originale il 5 novembre 2012).
Bibliografia
modifica- A Distant Mirror di Barbara Tuchman (1978)
- Le Poème du combat des Trente, in Panthéon litteraire;
- H.R. Brush, ed., "La Bataille de trente Anglois et de trente Bretons," Modern Philology, 9 (1911–12): 511–44; 10 (1912-3): 82–136.
- Steven Muhlberger (tr. and ed.), The Combat of the Thirty, Deeds of Arms Series, vol. 2 (Wheaton, IL: Freelance Academy Press, 2012).
- Steven Muhlberger, Deeds of Arms: Formal combats in the late fourteenth century, (Highland Village, TX: The Chivalry Bookshelf, 2005), 76–120.
- Sébastien Nadot, Rompez les lances ! Chevaliers et tournois au Moyen Age, Paris, ed. Autrement, 2010. (Couch your lances ! Knights and tournaments in the Middle Ages...)
Altri progetti
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Collegamenti esterni
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