Discussione:Europa 7/Archivio1

Ultimo commento: 13 anni fa, lasciato da SandorKrasna in merito all'argomento Commento al testo “Europa7”

Sezione introduttiva modifica

Le informazioni inserite non sono del tutto corrette e alcune di esse sono comunque già riportate con tanto di fonte ufficiale nelle sottosezioni, quindi non sono da ritenersi utili alla chiarificazione del testo.20:51, 25 dic 2009 (CET)

La tv che non c'è ha deciso che non partirà modifica

Qui una news interessante e piuttosto obiettiva http://www.newslinet.it/notizie/tv-mancato-avvio-delle-trasmissioni-di-europa-7-che-succedera-alla-tv-che-non-c-e#

19.8.09

Multa retroattiva?? modifica

Che fine ha fatto? A parte la faziosità di alcuni famosi Blog che hanno solo alzato polvere e creato confusione ( fanno ancora riferimento a "Topo Gigio" ndr), sembrerebbe che in realtà questa multa non sia mai partita: anzi,a seguito dell'assegnazione del canale 8, sembra che sia stata rimossa la procedura di infrazione. Confermate?

Frequenze R4/E7 modifica

Nell'articolo il giornalista (di Repubblica ndr) fa confusione tra E7 e R4. In realtà è una deduzione. Il problema di fondo era che 1) E7 ottenesse una rete inoltre: 2) R4,T+ Nero terminassero le trasmissioni (quest'ultima emittente è stata sostituita da Sportitalia e Dfree) 3) RaiTre eliminasse la pubblicità

Come ho già sottolineato molte volte, E7 non doveva affatto prendere per forza le frequenze di R4. Questa è stata una forzatura politica e giornalistica, e probabilmente una speranza del patron di E7 per avere un vantaggio, già acquisito da un operatore consolidato: in realtà E7 doveva solo ottenere delle frequenze assegnate dallo Stato. Stop. Peraltro non è stato mai chiarito come possa aver ottenuto la concessione senza le frequenze, e di questo non si parla nel testo. Nell'articolo di Repubblica inoltre i riferimenti tra E7 e R4 non sono mai virgolettati, tant'è che le sentenze parlano di assegnazione discriminatoria, non di illegalità di R4, sempre autorizzata a trasmettere dalle varie leggi. Al più la "forzatura" E7->R4 poteva essere vera (dico "poteva" perché sarebbe stato vero SOLO se fosse stata l'unica rete a dover emigrare), ma a patto di applicare il piano frequenze del 1999, ormai obsoleto. Altrimenti parlare di 11 reti nazionali senza pianificazione non ha senso (e la realtà attuale lo conferma, poiché abbiamo 9 reti nazionali più altrettanti multiplex, e con copertura anche sotto l'80% della legge).

Le frequenze della discordia modifica

Leggo da parte di un utente poco informato che secondo lui le frequenze utilizzabili sono PER MOTIVI TECNICI 11. In realtà Yoggysot farebbe meglio ad informarsi prima di scrivere baggianate. Le frequenze disponibili sono una sessantina, per motivi tecnici non si hanno più di 30 canali, mentre per motivi legali parte di queste frequenze deve essere riservata alle tv locali, parte alle tv nazionali (ed è a queste ultime che l'11 di Yoggisot si riferisce). Il problema italiano (non di Europa 7) è che non c'è mai stato un piano per le frequenze, non c'è mai stata assegnazione delle frequenze, lo Stato nemmeno ha mai saputo chi ha quali frequenze (tant'è che Gentiloni ha appena terminato un censimento delle frequenze proprio per sapere chi usa cosa). Quindi deve essere chiaro: lo Stato Italiano NON ha assegnato frequenze. Le tv si cercavano frequenze libere e le utilizzavano. Per mettere un po' d'ordine (e per sentenze passate, riportate anche qui in voce) nel 1999 c'è stato il bando per dare le concessioni. Mediaset ne ha vinte due. Non ha vinto la terza perché c'era il limite di 2 tv per emittente (limite arbitrariamente deciso dalla Corte Costituzionale e derivante direttamente dall'articolo 21 della Costituzione, valevole solo per la tecnica di trasmissione in analogico). Europa 7 ha vinto la concessione. Questi i fatti. I non fatti, cioè quel che non è successo, è che il Governo di sinistra di allora (D'Alema prima e Amato poi) non hanno dato le frequenze necessarie per trasmettere ad Europa 7. Così come non le avevano date a Mediaset che già le aveva (in particolare quelle di Retequattro erano state acquistate dalla Mondadori). Per darle il Governo avrebbe come minimo dovuto sapere chi usava quali frequenze, cosa che al tempo nemmeno era nota. Nel frattempo si è lasciato a Retequattro la possibilità di trasmettere in via transitoria, mentre Europa 7 avrebbe potuto acquistare le frequenze necessarie da altre tv. Cosa affatto impossibile, visto che è stata recentemente fatta da H3G per la rete dvb-h che si è costruita, dal Gruppo L'Espresso che ha acquistato Rete A trasformandola in All Music in analogico e in digitale (grazie alla possibilità introdotta dalla Gasparri di acquistare tv se si è editori della carta stampata) e dalla stessa Mediaset con l'acquisto di Home Shopping Europe. Per come sono adesso le cose, Retequattro dovrebbe chiudere in analogico (con tutte le ripercussioni occupazionali del caso), ma le frequenze liberate resterebbero in mano a Mediaset, che potrebbe usarle per ampliare la rete dvb-h o creare altri canali su digitale terrestre. Nessuna legge, nessuna sentenza affermano che quelle frequenze debbano andare ad Europa7. Quindi questa è la frase sbagliata:


Europa 7 , che per le precedenti decisioni rimaneva comunque l'assegnataria delle frequenze che così si fossero liberate


Prima di scriverlo nella voce è necessario fare espresso riferimento, ammesso che Yoggysot riesca a trovare qualcosa che non esiste, a quale sentenza precedente le aveva assegnato le frequenze di Retequattro. Per questo motivo annullo quanto scritto da Yoggysot e continuerò a farlo finché non indicherà una fonte attendibile (= ufficiale) dalla quale sia espressamente detto che le frequenze non più utilizzate da Retequattro devono essere "donate" ad Europa 7. Magari si specifichi anche se Europa 7 dovrebbe pagare qualcosa per ottenerle (visto che Mediaset le ha pagate alla Mondadori) o se dovrebbe semplicemente ricevere un bel regalo.--Veritas 19:21, 31 lug 2007 (CEST)Rispondi



Patetico.

Patetico sarai tu, mr anonimo, questa storia è vera e se tra 1 mese l'europa darà ragione a di Stefano... rivoluzione copernicana!!!--Ranma Saotome 10:30, 28 ott 2006 (CEST)Rispondi

Limite frequenze modifica

ma perché non possono dare delle frequenze in piu'? voglio dire se proprio volevano salvare retequattro, potevano aumentare il numero totale di reti..o c'è un limite tecnico al numero di frequenze possibili?

si il limite è tecnico. bisognerebbe approfondirlo in qualche articolo.--Mauro 13:03, 16 mar 2007 (CET)Rispondi
qui ogni giorno le cose cambiano: in digitale terrestre si userà l'isofrequenza per cui è tutto da ridiscutere. Fino a metà 2011 E7 potrà avviare le trasmissioni su un canale (il numero 8 del VHF).19:15, 19 ago 2009 (CEST)

Sentenza 466/2002 modifica

Alla corte cost non e' stato chiesto di esprimersi sulla leicita' delle vecchie assegnazioni (che a quanto so non sono mai state dichiarate invalide nelle varie modifiche&sentenze degli ultimi anni), ma solo ed esclusivamente sulla costituzioanlita' dei due articolo (3 comma 6 e 7) che permettevano di prorogare le trasmissionia chi non era in regola con il limite delle 2 emittenti, a patto che inziasse gia' a trasmettere anche sul digitale (art 6) in attesa di una data dopo la quale passasse solo sul digitale, che pero' doveva essere fissata dall'autorita' per le comunicazioni (art 7). La corte, sentiti tra gli altri anche Europa 7 che sosteneva di non poter lavorare a causa di queste proroghe, ha detto che le proproghe potevano starci, ma che l'assenza di data certa del termine di questa propoga non andava bene e che in assenza di questa si doveva prendere il 31 dicembre 2003 come limite. --Yoggysot 00:02, 24 lug 2007 (CEST)Rispondi

Le frequenze sono 11, come le concessioni, per motivi tecnici (51 bande disponibili, 3 canali per emittente per evitare le interferenze, 17 emittenti possibili, 6 vanno alle TV locali per la prularita' dell'informazione, 11 rimangono liberi per le nazionali), non esiste il concetto di "trovare frequenze libere" o di comprarne libere, tutte le frequenze (quelle usate dalla radio, dalla TV, dalle trasmissioni di difesa e FO, per i radioamatori, ecc...) sono dello stato che decide a cosa devono essere usate e che eventualmente le da' in concessione a privati (TV, radio), cosi' come puo' poi toglierle agli stessi se decide di ridistribuirle (come e' avvenuto nel 99 e nel 2001 con le nuove concessioni nazionali e locali). Delle 11 concessioni 3 sono andate alla rai (3), 2 a MS (Can5 e Italia1, e siamo a 5), 1 a TMC e 1 a TMC2 (e siamo a 7), 1 a Tele+ (8), 1 a Telemarket-Elefante (9) e una a Europa 7 e una dopo ricorso a 7 plus (11). Come indicato nello stesso documento che hai linkato tu stesso in Lodo Retequattro http://www.dirittiuomo.it/Corti_Italiane/2005/etereceeconsta.pdf la concessione prevedeva che i vincitori avessero 24 mesi di tempo per adeguare i loro trasmettitori al nuovo piano delle frequenze (ovvero per trasmettere sulle frequenze nuove che gli venivano assegnate), lo stesso ministero rassicurava Europa 7 nel dicemnbre 99 che sarebbe stata una cosa breve, ma poi questo piano non e' piu' stato fatto (come spiegato nella voce). Nel frattempo, grazie alle proproghe previste dalla legge del 1997 per le "reti eccedenti" (art 3 comma 6 e 7), Rete4 e Tele+ nero hanno continuato a trasmettere sull'analogico sulle frequenze che gli erano satte assegnate precedentemente al riordino delle frequenze e concessioni del 99 e sul termine ultimo di questa proroga (che l'AGCOM doveva decidere ma non ha fatto) si e' espressa la corte nel 2002, dichiarando incostituzionale il fatto che non si fosse un limite nella legge e fissandolo al 31/12/2003, decisione ignorata dalla Gasparri.--Yoggysot 16:29, 31 lug 2007 (CEST) Aggiungo che e' assurdo sostenere che Europa 7, vincitrice di una delle 11 concesisoni disponibili (perche' 11 erano le frequenze usabili per trasmissioni nazionali) non ha iniziato a trasmettere non perche' il piano frequenze non e' piu' stato fatto, ma perche', al contrario di chi trasmetteva solo grazie alla proroga, doveva rinunciare a quella che ha legittimamente vinto per comprarne un'altra da uno degli altri vincitori di concessioni, ammesso e non concesso che uno degli altri privati gli cedesse la sua. --Yoggysot 17:17, 31 lug 2007 (CEST)Rispondi

Aggiunqo qui una cosa. Tu parli di 11 frequenze come se lo Stato effettivamente avesse dato una frequenza a testa a ciascuna tv vincitrice di una concessione (attenzione: concessione, non frequenza). In realtà lo Stato non ha mai dato frequenze, ma ha lasciato a chi le aveva la possibilità di trasmettere (si parla appunto di concessione per questo). Ogni tv usa frequenze diverse per trasmettere in luoghi diversi (prova a prendere la tua tv e a spostarla da Milano a Roma, poi vedi se a pari frequenza corrisponde lo stesso canale).
È vero che non ci sono frequenze libere, ma è altrettanto vero che in Italia ci sono oltre 600 tv locali (caso, questo sì, unico al mondo), le frequenze per trasmettere a livello nazionale potevano e possono tuttora essere acquistate da queste tv locali. Come è stato ripetuto da me e da altri (e come è verificabile sia su Internet, sia semplicemente prendendo in mando un cellulare dvb-h o un ricevitore dvb per computer) le nuove tv nate dalla Gasparri esistono tutte proprio perché hanno pagato frequenze ad altre tv. Questo è quel che Mediaset ha fatto con la Mondadori, Telecom Italia Media con TMC e cosi via (evito di rifare l'elenco confidando che tu possa capire). --Veritas 19:40, 31 lug 2007 (CEST)Rispondi

Lo stato ha dato 11 concessioni perche' c'erano 11 frequenze massime per l'analogico a copertura nazionale e bisognava regolare la situazione di far west che c'era, decidendo chi erano gli 11 che potevano trasmette in analogico e chi no, indipendentemente dalla sitauzione attuale di allora (concessione= concedere a 11 emittenti di usare le 11 frequenze dedicate alla trasmissione nazionale). Vediamo di spiegarla con l'abc (nel senso di per punti)...

  • Fine anni 90, la TV e la situazione frequenze e' un far west che non ha ancora metabolizzato in toto la creazione delle TV private e che risente di leggi fatte in fretta e furia senza una reale valutazione della situazione. La trasmissione di alcune TV (tra cui Rete4) e' stata dichiarata incostituzionale perche' 3 reti in mano ad un unico soggetto rappresentavano uno sbilanciamento in una situazione in cui le frequenze disponibili erano poche, e anche l'Europa si sta interessando alla cosa, perche' la situazione rischia di essere contraria alle sue direttive.
  • Nel 97 si crea quindi l'AGCOM con la Legge 31 luglio 1997, n. 249 http://www.camera.it/parlam/leggi/97249l02.htm#legge , che entro il 30 aprile 1998 dovrebbe mettere ordine sia sulle emittenti nazionali che locali (nel senso di decidere chi da quel momento in poi puo' trasmettere e chi no) e iniziare a legiferare anche per il passaggio al digitale (allora inteso come sat+cavo). Alle "reti eccedenti" viene data la possibilita' di fare una transizione morbida, se dopo la data del 30 aprile 1998 afficheranno all'analogico anche il digitale (art 3 comma 6, allora si pensava al sat e cavo), per poi passare solo al digitale e rilasciare le frequenze su cui trasmettono entro una data decisa dalla stessa neonata AGCOM (art 3 comma 7). Da questo termine dipendono anche alcuni punti relativi alle pay TV e altro.
  • Nel 98 si fanno due conti http://www.agcom.it/sintesi/del_68_98.htm e si scopre che ci sono 51 bande usabili (45 della gamma UHF e 6 della gamma VHF). Per motivi tecnici (evitare interferenze tra i segnali, ecc..) ad ogni emittente trasmette su 3 bande diverse a seconda della zona, per cui le emittenti nazionali teoriche sarebbero 17. Di queste 17 si decide che la banda usata da 6 (6*3=18 bande) va alle reti locali, per la tutela dell'informaizone locale e della pluralita' dell'informazione, restano quindi 11 possibili emittenti analogiche nazionali, non una di piu', non una di meno. Oltre a questo rimane qualche spazio nello spettro usabile, che ha una minore copertura del territorio, che verra' quindi dedicato sempre alle emittenti locali. Da notare che quetsa "spinta" per avere molte emittenti locali e' presente anche nella Legge 31 luglio 1997.
  • L'anno dopo, 99, si fa la gara (prevista dalla legge del 97) per vedere quali sono gli 11 soggetti televisivi che sono degni di avere una di queste 11 frequenze analogiche nazionali (frequenza->ti concedo di usarla->emittente). Al di la' di queste 11 emittenti nessuno potra' coprire l'intero paese in analogico. Proprio perché le frequenze disponibili sono così rare e poche, tra le altre cose e' richiesto che l'emittente sia in grado sia di soddisfare alcuni requisiti per presentarsi alla gara, sia di dimostrare, in caso di assegnazione della concessione, un'elevata efficienza nelle trasmissioni ("assicurare la copertura di almeno l’ottanta per cento del territorio nazionale e di tutti i capoluoghi di provincia", mentre la vecchia legge Mammi si accontentava del 60% del territorio)in un tempo massimo di 24 mesi da quando viene notificata la concessione, più eventuali 12 mesi in caso di gravi problemi se il ministero e' d'accordo. Se in questi 24 mesi viene fuori che il concessionario non e' stato in grado di mettersi in una condizione che gli permette di usare bene le frequenze che gli sono state date, perde la concessione e questa va ad un altro: questo ovviamente mostra che l'idea iniziale era di dare le frequenze subito dopo la concessione, visto che non si puo' chiedere a qualcuno di dimostrare di saper usare bene entro una data un qualcosa che non gli si e' dato ragionevolemnte prima di quella data (peraltro i mesi sono 24+12 proprio perche' si sapeva che per andare a reggime poteva volerci parecchio tempo una volta avute le frequenze).
    Con D.M. del 28 luglio 1999 (si veda primo paragrafo di http://www.eius.it/giurisprudenza/2005/127.asp ) si comunicano le 11 emittenti a cui viene concesso di trasmettere nelle 11 frequenze: 3 sono andate al servizio pubblico (di cui 2 in banda VHF, che gia' usava e che si impegnava a rilasciare una volta completato il passaggio al digitale di tutte le emittenti, in modo che la gamma VHF possa essere usata per altro), 2 a MS (Can5 e Italia1, e siamo a 5), 1 a TMC e 1 a TMC2 (e siamo a 7), 1 a Tele+ (8), 1 a Telemarket-Elefante (9) e una a Europa 7 e una dopo ricorso a 7 Plus (11). Europa 7 (e 7 Plus) pero', al contrario di altre vincitrici, e' un soggetto "nuovo" e non trasmetteva gia' su frequenze che assicuravano una copertura nazionale, e cosi' il ministero con una nota del 22 dicembre, alcuni mesi dopo la vittoria della concessione, prende atto della situazione e la rassicura dicendo che a breve, con il piano delle assegnazioni fatto dall'AGCOM, gli daranno le frequenze su cui iniziare a trasmettere. Europa 7 riccorrera' contro questa nota, e il Tar, nel 2004 (sentenza n. 9325/04), gli dara' ragione, sostenendo che il Ministero doveva assegnare subito le frequenze una volta deciso di dargli la concessione, e non rimandare la cosa senza una motivazione (si veda http://www.dirittiuomo.it/Corti_Italiane/2005/etereceeconsta.pdf dal punto 19 a pag 4 al punto 25 pag 5).
    Notare che il fatto che i vincitori della concessione che gia' trasmettevano abbiano potuto continuare ad usare le vecchie frequenze non e' dovuto ad una decisione loro o al fatto che il ministero non le ha chieste indietro, ma ad un esplicito articolo del regolamento che diceva che, per semplificare e velocizzare le cose, se un vincitore trasmette gia' in modo compatibile con quanto richiesto poteva continuare a farlo e considerare quelle come le frequenze assegnate, senza aspettare il piano di riordino. Questo vuol dire peraltro che se nei fatti la maggioranza dei canali si e' limitata a trasmettere come faceva prima o con poche varianzioni, da un punto di vista ufficiale il loro diritto di trasmettere precedente alla concessione comunque terminava e da quel momento inziava quello nuovo dovuto alla concessione (facente parte delle 11) che avevano ottenuto.
  • A causa di alcuni ricorsi (tra cui quello per 7 Plus) il piano viene inizialmente ritardato.
  • Nel 2001 si decidono le assegnazioni e il piano delle frequenze per le reti locali, ma non si tocca quello per le nazionali, ne' si decide un limite per le proproghe.
  • Risolto il problema ricorsi il piano continua a non essere fatto, perche' l'AGCOM non si decide a dire fino a quanto dureranno le propoghe per le trasmissioni delle "reti eccedenti" e nel 2002 (dopo la secadenza dei e che 24 mesi in cui Europa 7 doveva gia' dimostrare di saper usare bene le frequenze che (non) gli erano state assegnate) Centro Europa 7 fa ricorso alla corte costituzionale http://www.uonna.it/466-2002-sentenza-corte-costituzionale.htm .
    Alla corte costituzionale dice: senti, io ho vinto la concessione, ma finche' non si liberano le frequenze delle due reti eccedenti che trasmettono non perche' hanno vinto, ma grazie alla proroga (Rete4 e Tele nero), io non posso inziare a lavorare, perdendo soldi e penalizzando la pluralita' dell'informazione... per di piu' ti ricordo che quelle reti non si chiamano "reti eccedenti" perche' uno la mattina si e' svegliato e le ha chiamate cosi', ma perche' causavano un accentramento di informazione che tu stessa avevi definito incostituzionale e da cancellare, per cui guarda un po' se gli art 3 comma 6 e 7 della legge del 97, che regolano queste fastidiose proproghe, non sono incostituzionali impendendo la pluralita' dell'informazione, ecc. ecc..
    La corte gli risponde: si' hai ragione, le reti eccedenti sono incostituzionali, ora e' anche peggio di prima perche' ci sono solo 11 reti disponibili, di cui alcune criptate, rispetto alle 12 in chiaro di quando avevamo fatto la prima valutazione nel 94, quindi l'accentramento e' ancora piu' grave, pero' in fin dei conti non ritengo sbagliato avergli lasciato un po' di tempo in piu' per fare un passaggio morbido al digitale ("regime transitorio" che "non poteva assumere "di fatto carattere definitivo""), quello che sicuramente e' sbagliato e' non aver imposto un limite certo, visto che senza di questo la condizione di incostituzionalita', accettabile se serve per il tempo necessario a trasferirsi sul satellite o cavo, potrebbe durare troppo, per cui decido che non possono trasmettere oltre il 31/12/2003 (data scelta in base ad una valutazione dell'AGCOM con la delibera n. 346 del 2001 che riteneva quella data sufficente perche' le 2 reti eccedenti facessero tutti i passi per trasferirsi in toto sul satellite), sempre che l'AGCOM o il legislatore non si attivino per decidere una data ancora piu' vicina.
  • A questo punto ci sono 11 frequenze contante, 10 di queste sono usate da chi ha il permesso dello stato a farlo, 1 no, ed e' usata in via transitoria dall'aprile 1998 da chi dovrebbe trasferirsi in toto sul digitale, per permettergli di fare un passaggio morbido. Ci sono 11 emittenti ad ogniuna dalle quali lo stato ha concesso di usare una delle 11 frequenze (33 bande) nazionali analogiche, ma una di queste non lo sta facendo perche' non gli e' mai stato dato fisicamente il modo di trasmettere sulle stesse a casua dei ritardi sulla riassegnazione necessaria a cancellare una situazione 2 volte definita incostituzionale. Nel momento che Rete 4, senza l'apposito decreto e poi la Legge Gasparri, avesse smesso di trasmettere alla data decisa dalla corte su valutazioen dell'AGCOM (31/12/2003), l'unica delle 11 frequenza nazionali analogiche non ancora usata, a chi sarebbe andata? A Babbo Natale, alla Befana, o all'unica emittente in tutta Italia, escluse le 10 gia' a posto, a cui lo Stato aveva concesso dopo gara mai invalidata di poter usare tre bande per trasmettere su tutto il terriotrio in analogico? Di fatto non ci sono altre frequenze libere usabili per la trasmissione nazionale da dare ad Europa 7 al posto di quelle, ne' ci sono altre emittenti a cui lo stato concederebbe di usare una frequenza nazionale analogica, visto che le concessioni erano contate sulla reale disponibilita' di frequenze (11).

Queste 11 frequenze, che permettono la trasmissione su tutto il territorio in analogico fino allo switch off completo, non hanno nulla a che vedere con quelle usate dal digitale terrestre e regolamentate (male, visto il recente richiamo dell'UE) dalla Gasparri (tant'e' che i 10 concessionari e Rete4 trasmettono sia sulle frequenze del digitale, sia su queste 11 in analogico).

Chiara ora la situazione? --Yoggysot 01:31, 1 ago 2007 (CEST)Rispondi

  • Fintanto che non si applicava il piano ripeto, non aveva senso parlare di 11 canali.19:17, 19 ago 2009 (CEST)

Commento di 84.220.30.214 inserito nella voce modifica

Sposto qui questo commento di Commento di 84.220.30.214 inserito nella voce [1]


Questa voce secondo me è molto di parte. Innanzitutto il fatto stesso di dedicare un paragrafo alle vicende giudiziare (cosa che si potrebbe fare per Microsoft, Intel, Mediaset, etc...) di per sé mi sembra una scelta fortemente di parte ed al massimo vi si poteva dedicare 3 righe. Inoltre frasi come 'autorizzazione ministeriale (non prevista da nessuna legge)' oppure 'per poter garantire a RETE 4 di continuare a trasmettere', o ancora "il ministero, comunque...' sembrano tutti giudizi di parte e comunque giudizi e non dati. Lascio alla redazione di Wikipedia il compito di controllare se sto dicendo una castroneria.


Troppi POV modifica

Anche secondo me la voce era troppo di parte. Quando si parla delle leggi del Governo Berlusconi, si fanno nomi e cognomi e si esplicita che le leggi erano brutte e cattive. Nulla è invece detto su chi ha fatto l'errore iniziale. Non sono citati i nomi di chi era a capo del governo quando è stata fatta la gara con cui Europa 7 avrebbe vinto la concessione, non si fa cenno a chi stava al ministero delle comunicazioni quando hanno fatto quell'autorizzazione ministeriale. Questa è tutta roba POV. La recente sentenza della Corte Europea dice che il bando di gara - diciamolo: FATTO DA D'ALEMA - attraverso cui europa 7 ha vinto la concessione ERA COMPLETAMENTE SBALLATO. Non erano chiari i criteri di assegnazioni, non era chiaro dove si sarebbero prese le frequenze e, non da ultimo, hanno dato così tante concessioni, anche ad altre tv locali, che era impossibile dare le frequenze a tutti i vincitori. Tutte queste cose sono della massima importanza e nella voce non ne vedo minimamente l'ombra.Questo commento senza la firma utente è stato inserito da 130.192.198.10 (discussioni · contributi).

veramente sia la sentenza, sia le conclusioni dell'avvocato generale, dicono tutt'altro... [2], senza contare che, come spiegato nella voce, il numero di concessioni nazionali era stato deciso proprio in base alle bande delle frequenze utilizzabili per coprire tutto il territorio (17 emittenti massime, da cui ne venivano tolte 6 per dare piu' frequenze all'emittenza locale e 3 per la RAI, rimanendo quindi 8 concessioni massime per le TV private a copertura nazionale). --Yoggysot 01:51, 4 mar 2008 (CET)Rispondi

Dov'è il verbo? modifica

Nella 1^ parte da citare c'è

Nel 1999 Di Stefano decise di avventurarsi nel progetto di creare una televisione nazionale e dovette sia l'emittente di cui era proprietario, la laziale Tvr Voxson, sia il circuito (quest'ultimo poi gestito dal gruppo Media 2001).

22:06, 12 mar 2008 (CET)

Che ha detto il consiglio di stato? modifica

Vedo che c'è una edit war a proposito di quello che avrebbe stabilito il consiglio di stato il 31/5/2008. Mi sembra opportuno a tale scopo linkare il testo originale: http://www.aziendalex.kataweb.it/article_view.jsp?idArt=84255&idCat=457 .--Pokipsy76 (msg) 12:38, 1 giu 2008 (CEST) Questo è il comunicato stampa, che tra l'altro pare poco trasparente anche agli addetti ai lavori; si attende la pubblicazione del testo completo delle sentenze. --Mr. Six (msg) 22:09, 2 giu 2008 (CEST)Rispondi


Il testo è ora disponibile per tutto il gruppo di sentenze sul sito del consiglio di Stato ed ora comincia ad esserlo anche su Wikisource: Un invito a tutti ad aiutare a mettere in linea un testo corretto e verificato.--Mizar (ζ Ursae Maioris) (msg) 13:57, 3 giu 2008 (CEST)Rispondi

Dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa:
http://www.giustizia-amministrativa.it/webcds/frmRicercaSentenza.asp
effettuate la ricerca per data dal 30/05/2008 al 01/06/2008 per avere le sentenze integrali. --Mr. Six (msg) 15:44, 3 giu 2008 (CEST)Rispondi

Frequenze? modifica

Ho fatta rilettura delle varie voci relative; si evidenzia in tutte le discussioni la solita litigiosità che avvelena ormai qualunque discussione nel nostro paese. Ciò spesso impedisce di focalizzare i problemi reali (che non sono essere pro o contro Berlusconi o Fininvest). Il problema è la totale alienità dei politici -tutti- vecchi e nuovi dall'approccio onesto e fattivo alle tematiche reali su ogni soggetto: Al di là di leggi e sentenze il reale problema (falso anche il computo delle frequenze disponibili) è che NON è mai stata fatta la mappatura tecnica del territorio nazionale per delimitare e definire le aree servibili in maniera ottimale con ogni punto di trasmissione. Attualmente vige, nonostante censimenti e inutili pratiche burocratiche esperite, la legge del prima sono arrivato io e quella io sono il più forte. Infatti lo Stato Non ha mai assegnato frequenze ad alcuno, non ha mai tentato di pianificare, s'è solo limitato a congelare l'esistente. Troppi interessi da stravolgere? il politico pensa ai suoi voti! -Tornando ai fatti. La mappatura tecnica del territorio avrebbe permesso di RIDURRE drasticamente i punti di trasmissione, concentrando TUTTE le trasmittenti (con guadagno in termini d'inquinamento elettromagnetico e pulizia del segnale trasmesso) nei siti ottimali montani di trasmissione del territorio nazionale. si sarebbe migliorata la diffuzione del segnale con guadagno in termini anche economici per le singole emittenti che spesso impegnano molte frequenze e molti trasmettitori per diffondere soltanto una singola trasmissione. Ciò avrebbe liberato tante frequenze (Spesso erroneamente scambiate con il numero di concessioni) dato che la Stessa frequenza può essere riutilizzata, a distanza, in altro sito non interferente. Allo stato attuale nessuno è disposto a spostarsi, pur avendo illegalmente comprato le sue frequenze a loro volta accapparrate solo per occupazione e non per assegnazione, perchè ciò rappresenta un'indubbio problema in termini di audience e tecnico. I comuni dovrebbero espropriare e attrezzre i siti di trasmissione individuati ma non sono disposti a farlo. Chi occupa dovrebbe pagare un canone e se è proprietario sel sito attualmente occupato non ne ha l'intenzione. Tutte queste ed altre motivazioni fanno sì che ognuno faccia pressioni forti sui propri politici perchè non alterino lo status quo. Dopo aver seguito personalmente e per tanti anni il settore (ero membro del consiglio nazionale ANTI(Ass.Naz.Radio Tv indipendenti) e dir.resp. per 15 anni di una Radio Educational) dubito che il problema trovi soluzione seria ed onesta consiglierei quindi gli amici contributori a non accapigliarsi pro-contro, tutti hanno responsabilità politica per il caos delle frequenze.--Anthos (msg) 18:49, 25 set 2008 (CEST)Rispondi


Fonte? modifica

Alla fine del paragrafo "oggi" si legge: Il 15 ottobre 2008 Paolo Romani, sottosegretario allo Sviluppo economico, annuncia di aver trovato una soluzione: le frequenze di Europa 7 saranno ottenute grazie alla ricanalizzazione della banda VHF III secondo gli standard previsti nel resto d'Europa. Essa prevede otto canali in VHF III (anziché sette come previsto attualmente in Italia).[senza fonte]; io ho trovato soltanto [3] e [4], ma non so se si possano considerare fonti attendibili: la cosa avrebbe dovuto fare molto più rumore, e poi non citano né autori né date di puibblicazione, né altro. Forse è piuttosto il caso di rimuovere il contributo.--Geminiano onainimeG 23:36, 20 ott 2008 (CEST)Rispondi

Ho trovato un po' di fonti, che pero' spiegano poco della questione tecnica [1][2][3][4][5]
In pratica un consulente dell'AGCOM l'ha proposta come soluzione, l'AGCOM ha detto che potrebbe andare bene e, visto che il governo entro il 15 ottobre doveva proporre una soluzione (per la sentenza del Consiglio di Stato), l'ha fatta sua. Comunque tutto e' in forse (da qui all'estate 2009 possono cambiare nuovamente le cose). Se riesco tra oggi e domani provo a riformulare il pezzo inserendo le info.--Yoggysot (msg) 23:50, 20 ott 2008 (CEST)Rispondi
  1. ^ Europa7, il governo trova le frequenze ma sono della Rai, articolo de "L'Unità", del 15 ottobre 2008
  2. ^ ECO - RaiUno, e non Retequattro, farà spazio a Europa 7, articolo de "Il Velino", del 15 ottobre 2008
  3. ^ Per Europa7 arrivano le frequenze grazie a Raiuno, articolo dell'APCOM, del 15 ottobre 2008, riportato da Alice Notizie
  4. ^ Ok dell’Agcom a frequenze di Raiuno per Europa 7. Si attende adesso il risarcimento dei danni, articolo di "key4biz", del 16 ottobre 2008
  5. ^ Tv, spunta il lodo Fede Per Europa7. paga la Rai. Ipotesi dell'Authority salva Rete4, articolo de " il Manifesto", del 16 ottobre 2008, riportato da megachip


FONTE????? modifica

Scusate,ma io sul sito della Corte Europea ho constatato che non esiste alcuna multa pecuniaria nei confronti dell'Italia per rete4 (la fatidica multa da 300mila euro al giorno).non c'è alcun testo.ci sono solo: un avvertimento che dice che le norme del sistema radiotelevisivo italiano ostano ai principi europei (quello detto dall'avvocato Maduro se non sbaglio) perchè non hanno permesso al soggetto di godere di diritti che ha legalmente acquisito. una minaccia di messa in mora,ma senza tirare cifre e peraltro la cifra và stabilita a fine processo dalla Corte Europea quindi nella fase di messa in mora non potrebbero uscire fuori cifre, per il fatto che rete4 e rai3,con posizioni nell'analogico,sono state messe a sperimentare il digitale,quindi avendo di fatto stravolto la concorrenza.

Inoltre,ho notato che la catena di stant'antonio dei 300 mila euro al giorno fa riferimento ad un articolo di Travaglio,che però incredibilmente non cita alcuna fonte. Quindi per me quello che c'è scritto nella pagina principale su questa voce a proposito dei 300mila euro al giorno è una cosa molto dubbia. priva di fonte. Utente:Enrico Cartmanno msg


aspetterò altri dieci giorni,dopodichè procederò a mettere un bel "senza fonte" alla cosa

Sul sito delle politiche comunitarie,in una zona si può vedere l'elenco delle procedure di infrazione. Ora,se vedi,c'è scritto che per la legge Gasparri c'è la richiesta di un parere motivato. Se si va poi nella definizione di procedura di infrazione sempre su quel sito,c'è scritto che prima di arrivare alla multa bisogna passare per varie fasi. la fase di parere motivato è di precontenzioso.la multa ipotetica invece arriva col contenzioso,e l'entità varia fra 22000 e 700000 euro. Gasparri nel video intende voler evitare una ipotetica sanzione,o meglio,un ipotetico rinvio alla Corte Europea,che poi avrebbe dovuto vedere se sanzionare o meno e in che entità. di fatto,non esiste alcun testo della multa per la legge Gasparri (che fra l'altro non riguarda proprio solo rete4,ma anche rai3 per via che mettendo a sperimentare il digitale a operatori saldi già nell'analogico,si è creata una posizione dominante e uno squilibrio nella concorrenza). io mi ricordo anche una trasmissione di Annozero in cui Travaglio uscì malconcio su questo tema contro Belpietro (incredibile ma vero!!!) perchè gli chiese di fornire le prove della multa e lui rispose che c'era una procedura di infrazione...che non è la stessa cosa. Per me è una bufala bella grossa!una catena di sant'antonio creata ad arte.


Scrivere nel motore di ricerca "Gasparri" http://eurinfra.politichecomunitarie.it/ElencoAreaLibera.aspx guardare la fase a destra

poi andare qui: http://www.politichecomunitarie.it/attivita/15137/cose-una-procedura-dinfrazione noi siamo ancora nella fase regolata dal precontenzioso (parere motivato art.226).non ancora siamo nel contenzioso (che a sua volta ha una fase di precontenzioso e una di giudizio e pena)

Utente:Enrico Cartmanno

Incongruenza modifica

Nel paragrafo "nascita" leggo "al Consiglio di Stato, che ordinò al ministero di dare anche una seconda concessione." A parte il fatto di esere senza fonte, vi è un incongruenza di base. Il Consiglio di stato come giudice amministrativo di II grado, così come il TAR, può soltanto annullare un provvedimento amministrativo. Il fatto che "ordini" di dare una seconda concessione al ministero non è tecnicamente possibile--93.149.140.58 (msg) 17:31, 10 lug 2009 (CEST)Rispondi

Commento al testo “Europa7” modifica

Commento al testo “Europa7” su Wikipedia “it.wikipedia.org/wiki/Europa_7” Il testo pubblicato è composto di otto paragrafi; le critiche qui esposte ne seguono la stesura.


1 - “La nascita”

Le affermazioni di F. Di Stefano “di creare una rete nazionale”, la sua sommaria descrizione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze televisivo e del decreto ministeriale 28.7.1999, con cui ottenne una concessione per Europa7 ed in concomitanza Rete 4 “perse la concessione”, sono incomplete, in parte errate, non vere su Rete 4. Il Di Stefano partecipò, per sua scelta, alla gara del luglio 1999 (prevista dalla L.n.249/1997, “Maccanico”, per il rilascio di concessione nazionale a telediffondere su frequenze terrestri, in base alla delibera 78/1998 (“Regolamento per il rilascio delle concessioni”) dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) ed al decreto 08.03.1999 (“Disciplinare per il rilascio delle concessioni”) del Ministero delle Comunicazioni. Ai vincitori della gara veniva consentito di continuare ad impiegare le frequenze già utilizzate “senza attendere il piano di adeguamento delle frequenze”. Poichè l’art.7 delib.78/1998 non consentiva però allo stesso soggetto di essere titolare di concessione nazionale e locale, la scelta del Di Stefano di chiedere due concessioni nazionali provocò il suo abbandono di TVR Voxon (emittente locale) e del circuito. Inoltre, nè la delibera nè il regolamento citati accennano ad “assegnazione di frequenze”; anzi, all’art.16 p.1 delib.78/1998, è scritto che le concessioni rilasciate dal Ministero “per l’uso delle frequenze” erano sottoposte a “condizione risolutiva”: sarebbero cioè state annullate in caso di mancato rispetto degli impegni per adeguare gli impianti al piano delle frequenze. Quest’ultimo, che doveva essere adottato dall’AGCOM di intesa con il Ministero, non fu attuato nel tempo previsto dalla stessa concessione “tipo” (rilasciate infatti con testo identico per tutti i richiedenti) nè in seguito. Il richiedente sapeva perciò fin dal momento della domanda, che la concessione avrebbe potuto essere revocata con efficacia retroattiva se l’adeguamento degli impianti al piano non fosse stato realizzato (come del resto è avvenuto) e sapeva anche, che coloro che ottenevano la concessione potevano proseguire nell’attività televisiva con gli impianti indicati nella domanda di concessione, essendo inoltre quella possibilità espressamente riportata nel decreto concessorio rilasciato ai vincitori della gara del 1999. L’AGCOM predisponeva (delib.68/1998) il piano di assegnazione analogico televisivo (ovvero quel provvedimento che avrebbe dovuto far coesistere il maggior numero di impianti di trasmissione senza interferenze) e successivamente lo integrava (delib. 105/1999 e 95/2000), aumentando così il numero delle reti nazionali a ben 34, dalle 8 iniziali. Dodici di queste erano destinate alle emittenti locali. Non è perciò corretta l’affermazione del Di Stefano che ulteriori parti libere dello spettro avrebbero dovuto esser destinate “sempre” alle emittenti locali, né la sua sommaria ricostruzione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze televisive che avrebbe previsto un totale teorico di sole 17 emittenti. In base al numero delle reti nazionali veniva quindi calcolato ai fini antitrust il tetto massimo consentito al singolo esercente, previsto nel loro 20%, (art.2 p.6 legge Maccanico). Secondo il Ministero (relazione 19.4.02 per il giudizio n. 347/01 alla Corte Costituzionale conclusosi con sent.466/2002), non è poi stato possibile realizzare il piano a causa delle leggi emanate dopo il 1998 e dei provvedimenti giurisdizionali che permisero a Rete Mia, Rete Capri, Rete A e 7 Plus di rimanere nel sistema. Nella successiva L.n.66/2001 (“Gasparri”), all’art.1 era prevista infatti solo l’attuazione di quello digitale. Europa7 era ben a conoscenza della situazione descritta (stesura iniziale del piano, integrazioni e accantonamento) avendone dato atto nelle sue memorie alla Corte Costituzionale (giudizio n.347/01 poi definito con sent.466/2002). Inoltre, nonostante l’accantonamento del piano, le concessioni date non sono mai state revocate. Non sono stati perciò danneggiati i vincitori della gara del 1999, tra cui Di Stefano. In ultimo, si ricorda che nella graduatoria 28.07.1999 Europa7 risultò ottava (non settima), Rete 4 terza e Tele + nero settima; non risponde perciò al vero che Rete 4 “...perse la concessione...”: la concessione, così come non era stata rilasciata a nessun altro esercente nazionale, non era mai stata rilasciata prima a Rete 4, che non poteva perciò averla persa. Effettivamente, la concessione non venne rilasciata a Rete 4 a seguito della gara del 1999, per la sua situazione di rete “eccedente” (termine usato dalla Legge Maccanico). Tale situazione di “eccedenza” derivava, secondo chi scrive, da un calcolo incompleto ed errato del numero degli esercenti nazionali, necessario per determinare il tetto antitrust (del 20%). Non era infatti stato tenuto conto, in quel calcolo, delle integrazioni teoriche portate dall’AGCOM al primo piano di assegnazione con le delib. 105/1999 e 95/2000, e dell’aumento a trentaquattro reti che quelle integrazioni comportavano (come già osservato), rispetto al numero di diciassette previsto nella prima delibera di piano (delib.68/1998). Nessuno dei soggetti ai quali fu rilasciata la concessione in base alla gara del 1999 ottenne assegnazione di frequenze; nè l’ottennero Rete 4 e Tele+Nero alle quali, pur non essendo stata rilasciata concessione in base a quella gara, fu rilasciata “abilitazione alla prosecuzione delle trasmissioni” con gli impianti che avevano, a condizione di trasmettere contemporaneamente via cavo o via satellite (art.3 legge Maccanico e Consiglio di Stato, sent.2623/2008). Non era stato perciò il disinteressamento dei governi di allora (D’Alema e Amato) a non far ottenere frequenze ad Europa7 ed a far continuare a Rete 4 di trasmettere senza concessione.


2 - “La vicenda giudiziaria”

2.1 – La Gara del 1999

Non risponde al vero l’affermazione secondo la quale “altri concessionari privati” avrebbero ricevuto “frequenze su scala nazionale”; né che per iniziare le trasmissioni Europa7 avrebbe dovuto attendere il piano di assegnazione delle frequenze. Avrebbe potuto invece, chiederne l’assegnazione (come previsto all’art.3 p.8 legge Maccanico), essendo Di Stefano esercente con copertura inferiore al 90% della popolazione residente nel territorio di riferimento e poi in base al bando del Ministero del 16.11.2007 e, soprattutto, avrebbe potuto acquistare impianti di trasmissione, come hanno fatto molte altre emittenti (e come rilevato anche dal Ministero nella relazione 19.4.02 di cui sopra). Inoltre, non risponde al vero che, con sent.9325/2004, il TAR Lazio avrebbe affermato “...che il Ministero avrebbe dovuto assegnare subito le frequenze una volta deciso, in base all’esito della gara, di assegnare la concessione...”. Il TAR ha invece affermato, senza indicare i tempi, che il Ministero avrebbe dovuto o adottare i provvedimenti necessari perché la concessione rilasciata producesse i propri effetti tipici, o negare l’assegnazione delle frequenze con una sostanziale revoca della concessione.


2.2 - pronunciamento della Corte Costituzionale (2002)

La Corte Costituzionale, con sent.466/2002, ha stabilito il termine del 31.12.2003 per la cessazione delle trasmissioni via etere terrestre di Rete 4 e di Tele+Nero, dichiarando l’incostituzionalità dell’art.3 p.7 della legge Maccanico, che non aveva fissato il termine per la verifica dell’effettivo e congruo sviluppo dell’utenza via satellite e via cavo, rimettendone invece l’indicazione all’AGCOM. Come già ricordato, è altrettanto vero (lo dimentica però il Di Stefano) che il tetto antitrust per il singolo esercente individuato dalla Maccanico nel 20% delle reti nazionali risultanti dal piano di assegnazione delle frequenze avrebbe dovuto esser determinato, se il piano stesso non fosse stato accantonato, tenendo conto della previsione complessiva di 34 reti nazionali così come risultante dalle integrazioni portate con le delib. 105/1999 e 95/2000, e non di quella iniziale di diciassette prevista nella prima delibera, n.68/1998. Se invece, visto l’accantonamento del piano, quel limite fosse stato determinato in base al numero delle reti nazionali in esercizio (come aveva ritenuto la Corte Costituzionale nella sent.420/1994, a seguito dell’accantonamento verificatosi anche allora del precedente piano di assegnazione, deliberato con D.P.R. 20.1.1992), il numero da considerare non poteva esser inferiore almeno a quello di quindici (come indicato dal Ministero delle Comunicazioni nella già richiamata relazione 19.4.2002): - 11 reti nazionali (tre reti RAI, otto private), - 3 consorzi di emittenti locali, - 1 ripetitorista di programmi esteri L’Avvocatura di Stato aveva addirittura individuato un numero maggiore di consorzi di emittenti locali (quattro; sent.466/2002, par.26). RTI e Tele+ ne avevano individuati anche di più: il numero era perciò superiore a quindici, e comunque il 20% di 15 fa tre. Si può allora dire che la tesi di eccessività di durata e di indeterminatezza del regime transitorio, sul presupposto di un tetto antitrust del 20% calcolato sul numero di undici reti (otto reti nazionali private e tre Rai), non è corretta, per la mancata considerazione del numero delle reti nazionali previsto nella pianificazione analogica teorica di trentaquattro reti ed essendo il numero reale di quelle operanti uguale o superiore a quindici reti.


2.3 - la legge Gasparri (2003)

Il paragrafo contiene inesattezze ed affermazioni non rispondenti al vero. Il Presidente della Repubblica rinviò alle Camere non il disegno di legge Gasparri, bensì il decreto legislativo n.352/2003, (per il Di Stefano decreto “salva reti”, perchè avrebbe garantito a Rete 4 di continuare a trasmettere via etere) poi convertito nella L.n.43/2004. Quel decreto teneva invece conto del nuovo sistema di trasmissione digitale terrestre, promosso dalla L.n.66/2001 (emanata dal governo Prodi), fermo restando, come prima esposto, che il numero teorico ed effettivo di reti nazionali ne consentiva l’esercizio di tre. In base alla L.n.43/2004, l’AGCOM avrebbe dovuto accertare, entro il 30.4.2004: 1. La quota di popolazione servita dalle nuove reti digitali terresti, che non doveva essere inferiore al 50%; 2. la presenza di decoder sul mercato a prezzi accessibili; 3. l’offerta effettiva di programmi digitali diversi da quelli diffusi dalle reti analogiche. Poiché, grazie alla nuova tecnica, un canale digitale può veicolare almeno cinque programmi al posto di uno, se in quel momento (dicembre 2003) vi fosse già stata una sufficiente digitalizzazione nel paese, non sarebbe stato più necessario che Rete 4 e Tele+Nero, emittenti costituenti anch’esse voci di pluralismo, dovessero andare sul satellite. L’AGCOM, nella relazione 27.5.2004, accertò in effetti che la popolazione servita dalle nuove reti in digitale terrestre era più del 50% e che anche le altre condizioni erano verificate. D’altra parte, la Corte Costituzionale (sent.466/2002) aveva ricordato che la sua decisione concerneva le trasmissioni su frequenze analogiche e non pregiudicava “...il diverso futuro assetto che potrebbe derivare dallo sviluppo della tecnica di trasmissioni digitale terrestre, con aumento delle risorse tecniche disponibili...” Ed oggi le famiglie utenti del sistema digitale terrestre sono oltre 11.330.000, mentre il numero totale di decoder digitale terrestre utilizzati è di oltre 14.000.000 (dati Makno, settembre 2009). E’ perciò stato raggiunto il diverso assetto cui la Corte aveva accennato. Poiché poi a nessun concessionario (né a Rete 4 o Tele+Nero) erano state assegnate frequenze in base alla gara del 1999, né in precedenza, la legge Gasparri non ha certamente bloccato “la riassegnazione delle frequenze delle concessioni analogiche”, come afferma erroneamente Di Stefano. La legge prevedeva invece il rilascio di licenza di “operatore di rete televisiva” agli esercenti che avessero dimostrato di coprire almeno il 50% del bacino di loro pertinenza (art.23) e consentiva la prosecuzione dell’esercizio degli impianti legittimamente in funzione per agevolare la conversione al digitale prevista dalla L.n.66/2001 ed a tutela degli operatori esistenti (in attuazione del principio di affidamento).


2.4 – “Contro la legge Gasparri ricorso al TAR del Lazio e al Consiglio di Stato”

Il Di Stefano accenna sommariamente ad alcuni suoi ricorsi al TAR Lazio ed al Consiglio di Stato. Si osserva però che non risulta dalla sentenza della Corte di Giustizia Europea (investita dal Consiglio di Stato dietro ricorso di Europa7 di quesiti sulla legittimità della normativa nazionale) l’asserita condanna all’Italia ad una “multa astronomica”.


2.5 – Udienza presso la Corte di Giustizia Europea (novembre 2006)

Si accenna a divergenza di opinioni nell’istruttoria del procedimento presso la Corte di Giustizia Europea, tra il Ministro Gentiloni e l’Avvocatura di Stato, che aveva sostenuto che la problematica di Europa7 era riconducibile alla legge Maccanico e non alla legge Gasparri, la quale avrebbe anzi consentito agli esercenti l’acquisto di frequenze (art.23). Come rileva il Consiglio di Stato (sent. 242/09 al p.6.3), Europa7, diversamente da molte emittenti (es. Telemontecarlo, Telemontecarlo 2, Rete A, Elefante Telemarket, Rete Capri), non approfittò di tale possibilità.


2.6 – Sentenza della Corte di Giustizia Europea (gennaio 2008)

Secondo la sentenza 31.1.2008 della Corte di Giustizia Europea, l’art.49 del trattato CE e le nuove direttive del 2002 del Parlamento Europeo e del Consiglio ostano in materia di trasmissioni televisive ad una normativa nazionale che non renda possibile ad un operatore titolare di concessione di trasmettere, in mancanza di criteri di assegnazione delle frequenze obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionali. Contrariamente però a quanto afferma il Di Stefano, nella sentenza della Corte di Giustizia non c’è condanna alcuna dell’Italia al pagamento di “una multa di 350mila euro per ogni giorno di ritardo nell’applicazione della direttiva Europea a partire dal primo gennaio 2009”, con effetto retroattivo fino al 1.1.2006, se Rete 4 non avesse abbandonato la frequenza in favore di Europa7. E’ vero invece che nel luglio 2006 era stata inviata una lettera di messa in mora al governo Italiano con cui i commissari UE alla concorrenza ed alle telecomunicazioni esprimevano perplessità ed auspicavano che venissero recepite al più presto le indicazioni UE sull’assegnazione di frequenze. I Commissari, peraltro, dopo l’emanazione della delibera 109/2007 AGCOM di attuazione dell’obbligo della cessione del 40% della capacità trasmissiva delle reti digitali terrestri (a carico di RAI, RTI e Telecom ) e della successiva delibera della primavera 2009 di suddivisione delle ventuno reti nazionali in tecnica digitale, di cui cinque a gara con tre di quest’ultime riservate ai nuovi entranti, hanno ritenuto di non proporre ulteriori passi formali, avendo tra l’altro preso atto dell’assegnazione di frequenze (il canale 8) ad Europa7 da parte del Ministero (provvedimento 11.12.2008). Va però notato che la Corte di Giustizia ha ritenuto erroneamente (sent.31.1.08, punti 108-115) che in base alle leggi Maccanico e Gasparri fossero state assegnate frequenze alle reti esistenti (anche non concessionarie, come Rete 4) e non fossero state invece assegnate a Europa7 (concessionaria). Tale errore, secondo chi scrive, toglie validità alla censura della Corte di Giustizia a quelle leggi.


2.7 – Ulteriore sentenza del Consiglio di Stato (maggio 2008)

Di Stefano riassume che, con sentenza n.2622/2008, il Consiglio di Stato rigettava l’appello di Europa7 avverso la sentenza n.9315/2004 del TAR Lazio, per inammissibilità della richiesta di assegnazione di frequenze, non potendo il Giudice ordinare all’esecutivo un “facere”; disponeva inoltre istruttoria sulla domanda risarcitoria di Europa7, con richiesta di chiarimenti al Ministero delle Comunicazioni, all’AGCOM ed alla stessa Europa7, che avrebbe dovuto anche illustrare l’attività televisiva svolta. Con altra sentenza, n.2623/2008 (e non 2624) dichiarava inammissibile, perché tardivo, il ricorso di Europa7 contro l’abilitazione rilasciata nel 1999 a Rete 4, che poteva perciò continuare a trasmettere liberamente. Con la sent.2624/2008, invece, il Consiglio di Stato rigettava l’appello di RTI contro la sent.9325/2004 del TAR Lazio, tenendo conto della sentenza della Corte di Giustizia Europea. Il Ministero avrebbe dovuto perciò rideterminarsi sulla richiesta di frequenze di Europa7, alla quale era stata rilasciata la concessione, o rilasciando le frequenze o revocando il titolo.


2.8 - La proposta Sassano sul riordino dei canali VHF III e l’assegnazione delle frequenze (ottobre-dicembre 2008)

L’assegnazione da parte del Ministero (provvedimento 11.12.2008) del canale 8 VHF III, in esecuzione della sent.2624/2008 del Consiglio di Stato, avrebbe lasciato Europa7 insoddisfatta perché, secondo una perizia Irte da lei prodotta, quel canale coprirebbe il 10% del territorio ed il 18% della popolazione, mentre la concessione già ottenuta prevede la copertura dell’80% del territorio e di tutti i capoluoghi. Va però ricordato che il Consiglio di Stato (sent.243/2009) aveva rilevato come l’elaborato IRTE fosse in palese contrasto con la relazione del Prof. A. Sassano prodotta da AgCom, che riconosceva invece al canale 8 la copertura capillare del territorio nazionale.


2.9 – Nuovo atto al Consiglio di Stato

Si dice che con la sentenza n.242/2009 il Consiglio di Stato ha riconosciuto ad Europa7 risarcimento di € 1.041.418,00 (ovvero, meno di un millesimo di quanto richiesto). Va però fatto presente che in quella sentenza viene anche rilevata “...l’erroneità dell’impostazione della richiesta risarcitoria in generale e nelle varie voci di danno emergente...” e la carenza di fondamento della perizia (banca Unipol) prodotta da Europa7. Con sentenza 243/2009, il Consiglio di Stato dichiarava poi cessata la materia del contendere in ordine all’esecuzione della sent.2624/2008 (nella quale aveva affermato il dovere del Ministero di rideterminarsi sulla richiesta di frequenze di Europa7, anche in applicazione della sentenza della Corte di Giustizia). Nel febbraio 2009, Europa7 ha portato nuovo ricorso al TAR Lazio per l’annullamento del decreto di assegnazione del canale 8, perché ritenuto insufficiente ad assicurare la copertura dell’80% del territorio nazionale e dei capoluoghi di provincia prevista dalla legge e per il risarcimento danni per la mancata tempestiva assegnazione. Al di là della già citata relazione AGCOM, di parere opposto, secondo chi scrive la previsione di copertura dell’80% del territorio nazionale e dei capoluoghi (art.3 p.5 legge Maccanico) era comunque collegata al piano di assegnazione analogico del novembre 1998, espressamente richiamato in quell’articolo ed “accantonato” dalla L.n.66/01, come già esposto. Dovrebbe di conseguenza ritenersi accantonata anche quell’ipotesi di copertura. All’udienza 5.3.2009 l’esame della domanda di sospensione è stato rinviato, essendo emerso, secondo Europa7, che il soggetto che ne aveva predisposto un elaborato tecnico aveva svolto consulenza sulla stessa questione anche per il Ministero.


3. “Oggi”

Europa7 denuncia una fase di stallo: il circuito già esistente prima della richiesta di concessione si sarebbe ridimensionato ed è composto di sole sei emittenti; dal gennaio 2006 non sono più trasmesse “...serie animate...” (affermazione quest’ultima non comprensibile: forse non trasmette più??). Vengono indicati alcuni giornalisti, testate e personalità che seguono la vicenda. Si accenna infine ad un’udienza a Milano del 30.9.2008 per presunti danni a RTI ed a Mediaset e ad assoluzione di Antonio Di Pietro, che aveva affermato “che Rete 4 sta violando la legge e le disposizioni italiane ed europee in materia di trasmissioni televisive”. Premesso che l’affermazione del Di Pietro (sulla quale si tornerà) non risponde a verità (tenendo conto della sent.242/2009 del Consiglio di Stato sull’attività televisiva di Europa7), chi scrive osserva che la Corte di Giustizia Europa, nel rilevare il contrasto della normativa europea con quella nazionale in materia di trasmissione televisiva, ha commesso un macroscopico errore di fatto, sia pure in base agli elementi forniti dal giudice del rinvio, proprio nella valutazione delle situazioni di Rete 4 e di Europa7. Ha infatti affermato la Corte (par.109), che: “...in applicazione del regime transitorio istituito dall’art.3 n.7 della legge [Maccanico]...”, le frequenze da un lato “...sono state assegnate di fatto alle reti esistenti ... sebbene a talune di tali reti non fosse stata rilasciata la concessione ai sensi di tale legge...”;

al par.110 che: “...dall’altro lato ad operatori come la Europa7 non sono state attribuite frequenze, sebbene fossero state rilasciate loro concessioni ai sensi della detta legge...”;

Al par.111 che: “...di conseguenza indipendentemente dagli obbiettivi perseguiti … con il regime di assegnazione delle frequenze ad un numero limitato di operatori, si deve considerare che l’art.49 C.E. ostava ad un regime siffatto...”; Ai para. 112 e 113: “...La medesima valutazione si impone per quanto riguarda il regime di assegnazione delle frequenze ad un numero limitato di operatori in applicazione della legge [Gasparri] ... Infatti, in applicazione della legge n.112/2004, le frequenze sono state assegnate alle reti esistenti e queste ultime sono state autorizzate a trasmettere in applicazione del regime transitorio regolato all’art.1 del decreto legge n.352/2003, che si è limitato a prolungare il regime transitorio istituito dalla legge [Maccanico]...” Viceversa, le frequenze non sono state mai assegnate “alle reti esistenti”, salvo che, una prima volta, a Beta Tv, Rete A, TV Internazionale, gratuitamente, con tre decreti del 03.06.1998 del Ministero in attuazione dell’art.3 p.8 L.n.249/1999 (nel numero di 153 frequenze, di cui 49 a Beta Television; 54 a Rete A; 50 a TV Internazionale). Si è poi avuta nuova assegnazione di frequenze in numero assai limitato (bando del Ministero 16.11.07). Non ne ha avute assegnate Rete 4. Europa7 non ne ha fatto neanche richiesta, come accertato dal Consiglio di Stato (sent.242/2009). E poiché il contrasto con l’art.49 Trattato CE con il regime previsto dalle leggi Maccanico e Gasparri deriva esclusivamente dall’asserita assegnazione “ad un numero limitato di operatori”, esso non sussiste se questa non è avvenuta (e comunque non a Rete4 in danno di Europa7).


4. Rete 4 – l’ossessione di Di Stefano

Data quindi l’ostinazione del Di Stefano a non tener conto della sentenza n.2623/2008, con cui il Consiglio di Stato ha dichiarato inammissibile il suo ricorso contro l’abilitazione rilasciata a Rete 4 nel 1999, se ne ricorda brevemente la vicenda. Rete 4 fu ceduta da Mondadori, nei primi anni ottanta, alla Fininvest, che la gestiva assieme a Canale 5 e ad Italia1, legittimamente, sia allora che poi (secondo la legge Mammì, emanata dopo il suo acquisto, che consentiva ad un imprenditore l’esercizio di tre reti). La Corte Costituzionale, con sent.420/1994, decidendo sulla legittimità dell’art.15 legge Mammì nella parte in cui consentiva ad un soggetto l’esercizio fino al 25% del numero di reti nazionali e fino a tre reti, ne affermò l’illegittimità del comma 4. Avrebbero dovuto esser individuati limiti anticoncentrativi più rigidi “...o riducendo il limite numerico delle reti concedibili ad uno stesso soggetto, ovvero ampliando...” il numero delle reti complessivamente assentibili in base alla tecnologia disponibile. Il referendum 11.6.1995 confermò poi l’art.15 legge Mammì, permettendo ad un singolo imprenditore l’esercizio di più di una rete. Come illustrato, la relazione 19.04.02 del Ministero accertò che il numero delle reti nazionali e/o di consorzi di emittenti locali (ritenuti soggetti nazionali) operanti, era di quindici (di sedici per l’Avvocatura di Stato; di oltre venti secondo Fininvest e Tele+). Il calcolo corretto del tetto del 20% delle reti analogiche consente di affermare la piena legittimità di Rete 4, tenuto conto: 1. della delib.68/1998 e successive di pianificazione teorica dell’AGCOM, individuanti complessivamente 36 reti nazionali, 2. dell’autorevole riferimento della Corte Costituzionale (sent.420/1994) alle “reti esistenti” per il calcolo del tetto antitrust, stante anche allora l’avvenuto accantonamento del piano. Poiché il 20% di quindici fa tre, Rete 4 è sempre stata in legittimo esercizio. Non c’era quindi bisogno del decreto salvarete, né della legge Gasparri, per Rete 4 (né per Tele+Nero). Tornando quindi ad Europa7, la tesi del Consiglio di Stato (sent.242/2009) di correttezza del sistema transitorio nazionale e quindi delle leggi Mammì e Maccanico, almeno fino alla decisione della Corte Costituzionale n.466/2002 (e quindi fino a tutto il 2003), potrebbe viceversa portare ad affermare l’illegittimità dell’attività, anzi dell’inattività teleradiodiffusiva di Europa7. Infatti, neppure la disapplicazione del d.l.352/2003 e della legge Gasparri, a seguito delle pronunce della Corte di Giustizia Europea e del Consiglio di Stato, potrebbe derogare agli obblighi di trasmissione tassativi previsti dall’AGCOM per i soggetti richiedenti la concessione (delib.78/1998). Va infatti ricordato, in ordine all’effettuazione dell’attività di imprenditore teleradiodiffusivo e più in genere al possesso dei requisiti necessari ed ai controlli relativi (affidati prima al Garante per l’Editoria e poi all’AGCOM), che la Corte Costituzionale ha affermato sin dal 1993 (sent.112/1993) come nella verifica del possesso dei requisiti non fosse consentita discrezionalità; il potere di controllo consisteva “in attività predeterminata dalla legge” ed era “circoscritto a parametri legislativamente stabiliti”, tenuto conto del valore costituzionale dell’informazione radiotelevisiva. Né il Ministero, né l’AGCOM, né il Consiglio di Stato avrebbero perciò potuto ritenere quali “ostacoli normativi sopravvenuti” (definizione del Consiglio di Stato nella sent.242/09 alle condizioni poste dall’art.25 legge Gasparri agli esercenti nazionali per ottenere il prolungamento del titolo), gli obblighi stabiliti per il richiedente la concessione dalla delibera 78/1998 AGCOM, in attuazione della legge Maccanico, preesistenti alla domanda relativa. Già la Mammì, emanata in attuazione della direttiva CEE 89/552, aveva previsto che l’attività trasmissiva dovesse iniziare regolarmente, entro 180 giorni dal rilascio del titolo, per coloro che non avevano a quel momento impianti di trasmissione (art.16 p.20); che i concessionari nazionali dovessero trasmettere per non meno di 12 ore giornaliere, con trasmissione di telegiornali quotidiani; con sanzione in caso di inosservanza, dopo gli accertamenti del Garante per la radiodiffusione e l’editoria, che potevano consistere nei casi più gravi anche nella revoca del titolo (art.20 p.2 e 6). In base poi all’art.10 delib.78/1998 AGCOM (adottata ai sensi della Maccanico), gli “...obblighi del titolare della concessione...” venivano poi innalzati: i concessionari televisivi in ambito nazionale dovevano trasmettere programmi per non meno di 18 ore giornaliere e per non meno di 130 ore settimanali, con almeno tre edizioni di telegiornale di informazione generale autoprodotto. Si può perciò affermare che condizione presupposto per mantenere la concessione ottenuta e per evitarne la revoca era (ed è) l’effettivo svolgimento di attività teleradiodiffusiva. Appaiono conseguentemente fondati i rilievi critici mossi del Consiglio di Stato (sent.242/2009, p.6.1) nell’esame dei danni lamentati da Europa7, che hanno portato alla determinazione di un risarcimento minimo, ben potendosi addirittura pronunciare la decadenza dal titolo concessorio per assoluta mancata effettuazione di attività radiotelevisiva alla quale si era impegnata al momento di presentazione della domanda di concessione nel 1999. Il Consiglio di Stato ben conosceva - ed aveva infatti censurato (p.6.2 decisione) - il comportamento di Europa7 di “...attesa...” e per la mancata attività (salvo quella di difesa giudiziaria), senza svolgimento di esercizio di impresa alcuno, e ben conosceva la delib.78/1998 AGCOM (citata ai para. 4.3 e 4.4 sent.242/2009). E poichè il Consiglio di Stato più volte ha affermato “...che la mancata liberazione delle frequenze utilizzate dalle reti eccedenti è avvenuta sulla base di una disciplina (transitoria) ritenuta costituzionalmente legittima fino alla data del 31.12.2003...” (sent.242/2009, p.4.3) e che il regime transitorio fino a quella data non poneva “...problemi di compatibilità con il diritto comunitario quanto meno fino al 24 luglio 2003...”, ne deriva che anche gli obblighi posti al concessionario dalla delib.n.78/1998 erano e sono rimasti validi. Il Ministero delle Comunicazioni doveva perciò rispettare quella normativa e non avrebbe potuto invece emanare il decreto 11.12.2008 di assegnazione di frequenze a Europa7. L’affermazione di superamento degli “ostacoli normativi sopravvenuti” (art.11c.25 legge Gasparri) trova infatti ostacolo insormontabile nella perdurante vigenza della legge Maccanico e della delib.78/1998 AGCOM, di sua attuazione. Il Consiglio di Stato, peraltro, avrebbe dovuto tener conto del mancato rispetto da parte di Europa7 degli obblighi per il concessionario, che nei casi di particolare gravità avrebbe dovuto portare alla revoca della concessione. Quindi chi è stato “salvato” è Europa7, cui è stata data una rete nonostante: 1. non abbia mai trasmesso, 2. il suo contributo alla crescita della sua azienda televisiva sia stato limitato (Consiglio di Stato, sent.242/2009), 3. ed inesistente per lo sviluppo della tecnica digitale (lo ammette lo stesso Di Stefano, nel dichiarare, al paragrafo “Nuovo atto al Consiglio di Stato”, che darà il via alle trasmissioni solo in tecnica analogica). Si può affermare allora che l’anomalia nel sistema è che Europa7 ha avuto, gratis, una rete e tutti gli altri esercenti no, avendo questi ultimi affrontato rischi e costi d’impresa per istallare e gestire le loro. 5. Il procedimento per diffamazione nei confronti di Antonio Di Pietro Le osservazioni esposte consentono anche un commento critico all’archiviazione del procedimento 1229/04 (avvenuta il 16.10.2008), disposta dal GIP del Tribunale di Milano, per il reato di cui all’art.595 c.p., “commesso in Milano in data 12.12.2003” da Di Pietro Antonio (a cui il Di Stefano fa riferimento nel paragrafo “Oggi). Il procedimento nasceva da querela per diffamazione presentata dal rappresentante di Mediaset e di RTI a seguito dell’affermazione del Di Pietro, del “...carattere abusivo...” dell’utilizzazione delle frequenze di trasmissione, da parte di Rete 4, “...perchè le stesse frequenze erano state anni prima assegnate ad altra società che mai ne aveva avuto la effettiva disponibilità...”. Secondo quel Giudice l’abusività asserita nelle dichiarazioni incriminate derivava “...dalla patente di illegittimità conferita dalla sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee all’intero sistema normativo italiano e ai provvedimenti attuativi di tale sistema...”. Sarebbe stato “ben difficile” ritenere diffamatoria un’affermazione riproposta successivamente dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee pochi anni dopo. Affermava perciò che la definizione di abusività rientrava nel diritto di critica e comunque nel rispetto del principio della “continenza espositiva”, con riferimento anche a decisione recente della Corte di Cassazione (sent.25138/2007), non costituendo l’uso della parola “abusivamente”, “...linguaggio intrinsecamente offensivo...”. Viceversa, essendo il fatto di diffamazione stato “commesso in Milano in data 12.12.2003”, come risulta dall’imputazione, anche ammettendo che l’affermazione di abusività dell’utilizzazione delle frequenze potesse non costituire reato in quanto espressione di critica, ne doveva comunque esser affermata l’erroneità. Ciò perché, come prima esposto, la Corte Costituzionale, con la sentenza n.466/2002, già depositata al tempo di commissione del fatto contestato al Di Pietro, aveva espressamente riconosciuto la legittimità del regime transitorio, censurando soltanto la mancata previsione del termine entro il quale i programmi delle emittenti eccedenti avrebbero dovuto essere trasmessi esclusivamente via satellite o via cavo. La tesi della Corte Costituzionale è stata fatta propria dal Consiglio di Stato, che ha affermato come la disciplina transitoria dovesse essere “...ritenuta costituzionalmente legittima fino al 31.12.2003...” (sent.242/2009, par.4.3). L’errore del Di Pietro sul punto avrebbe perciò dovuto esser rilevato dal Giudice. E’ inoltre non rispondente al vero la successiva affermazione del Di Pietro, che le “...stesse frequenze erano state anni prima assegnate ad altra società che mai ne aveva avuto l’effettiva disponibilità...”: è pacifico invece che Rete 4 utilizzava gli impianti e le frequenze, ai sensi dell’art.32 legge Mammì, da prima della sua entrata in vigore (agosto 1990), quando Europa7 non esisteva ancora. La stessa Rete 4 aveva poi indicato quegli impianti nella domanda di concessione, inoltrata prima del termine del 31.5.1999 (come richiesto dall’art.7 delib.78/1998 AGCOM). Non aveva potuto indicarli invece Europa7, che non li aveva mai avuti assegnati né li aveva eserciti in precedenza (come peraltro ammesso nell’istruttoria disposta dal Consiglio di Stato con sent.2622/08, di cui si dà atto nella successiva sent.242/09). A conferma, si ricorda che il primo piano di assegnazione delle frequenze (D.P.R. 20.2.1992), contrariamente a quanto la denominazione fa supporre, non ha assegnato frequenza alcuna alle emittenti ed era rimasto inattuato già nel 1993/94 (come rilevato anche dalla Corte Costituzionale, sent.420/1994); anche a quel tempo Europa7 non esisteva ancora. Neppure il piano successivo, elaborato dall’AGCOM nel novembre 1998 (delib.68/1998) aveva assegnato frequenze ad alcun esercente (quindi nemmeno ad Europa7, che a quel momento non aveva neanche presentato la domanda di concessione per telediffondere in ambito nazionale). Infine, nessuna assegnazione di frequenze è mai stata effettuata in favore degli esercenti nazionali o locali (salvo le due di cui si è accennato, di entità minima, come ritenuto, per la più recente dal Consiglio di Stato, sent. 242/2009). Non essendo mai state assegnate frequenze ad Europa7, Rete 4 non poteva aver ottenuto quelle “assegnate ad altre società”, in specie ad Europa7. E’ ed era allora incontrovertibilmente certa, alla data del fatto contestato e quindi della decisione del GIP di Milano depositata il 16.10.2008, la non rispondenza al vero dell’affermazione del Di Pietro, che le frequenze utilizzate da Rete 4 “...erano state anni prima assegnate ad altra società che mai ne aveva avuto l’effettiva disponibilità...”. Nel valutare il comportamento del Di Pietro, il GIP avrebbe dovuto conseguentemente tener conto della carenza del requisito della verità del fatto esposto, costantemente richiesto dal Giudice penale (a partire da Cass.Pen.Sez.Un. 30.6.1984, “Ansaloni”), che non avrebbe consentito di escludere la rilevanza penale del fatto a lui contestato.

Avv. Felice Vaccaro

Riferimenti: - Delibera n.78/1998 AGCOM per le Garanzie nelle Comunicazioni; regolamento rilascio concessioni; - Decreto Ministro delle Comunicazioni 8.3.1999 (disciplinare rilascio concessioni); - Delibere di piano nn.68/1998, 105/1999, 95/2000 AGCOM per le Garanzie nelle Comunicazioni; - L. n.249/1997 (Maccanico), L. n.223/1990 (Mammì); - Sentenza n.466/2002 Corte Costituzionale; - Verbale del 27.7.1999 Commissione per la valutazione e comparazione delle domande di concessione per la radiodiffusione televisiva su frequenze terrestri in ambito nazionale; - Sentenza n.9325/2004 TAR Lazio; - Sentenza n.420/1994 Corte Costituzionale; - L. n.112/2004 (Gasparri); - Messaggio del Presidente della Repubblica di rinvio alla Camera del P.L. n.352/2003; - Relazione AGCOM 27.5.2004; - Relazione Ministero delle Comunicazioni del 19.4.2002 nel giudizio alla Corte Costituzionale n.347/01; - L. n.66/2001; - Sentenza 30.1.2008 Corte Giustizia Europea; - Sentenze nn.2622 – 2623 – 2624/2008; 242 – 243/2009 Consiglio di Stato; - Decreti di assegnazione frequenze 3.6.1998 Ministro delle Comunicazioni; - Bando Ministero Comunicazioni pubblicato il 16.11.2007 per assegnazione frequenze; - Sentenza n.112/1993 Corte Costituzionale; - Sentenza GIP Tribunale Milano 15.10.2008.

Senti, avvocato: se il testo non ti va bene puoi armarti di santa pazienza e correggerlo, citando ovviamente delle fonti adeguate. --SandorKrasna (msg) 15:43, 21 dic 2010 (CET)Rispondi

Manca l'indirizzo.

Non è più inseribile in {{Emittente TV}}. Era inseribile in {{Rete TV}}, ma quest'ultimo template è obsoleto e non deve più essere utilizzato. Ne consegue che, siccome adesso si deve usare {{Emittente TV}}, il parametro "sede principale" non esiste più (giustamente, a mio parere). --15:42, 23 ago 2013 (CEST)
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