Etelköz
Etelköz o Atelkuzu è il nome che gli Ungari diedero alla regione dell'Europa orientale in cui si insediarono nel IX secolo, approssimativamente tra l'830 e l'895. Giunti in loco dalla regione chiamata Levédia dopo essersi distaccati dall'impero cazaro sotto la guida del loro capo Álmos, i Magiari abbandonarono la regione presumibilmente sotto la spinta dei Peceneghi, dei guerrieri inviati come mercenari da Simeone I di Bulgaria, in quanto desiderava alleggerire la pressione sui propri confini. Gli Ungari, guidati da Árpád, occuparono dunque la Pannonia, dove posero le basi per la successiva conquista del bacino dei Carpazi.
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Proto-ugrofinnici
Proto-Ungari
Etelköz
L'esatta posizione dell'Etelköz resta oggetto di controversia tra gli studiosi. Benché per la tradizione ungherese si trovasse tra il Volga e il basso Danubio, la storiografia moderna ha tuttavia proposto una serie di interpretazioni alternative, tra cui quella di Ármin Vámbéry (1895, tra il Volga e il Dnepr), di Bálint Hóman (1908, tra il Dnepr e il Danubio), Antal Bartha (1968, tra il Danubio e il Dnepr), György Győrffy (1996, a cavallo del Dnepr) e András Róna-Tas (1996, tra il Danubio e il Dnepr).
Storia
modificaCostantino VII Porfirogenito, imperatore bizantino e autore della preziosa opera intitolata De administrando imperio, identificò l'Etelköz con le terre dove scorrevano i fiumi «Barouch», «Koubou», «Troullos», "Brutos" e «Seretos».[1][2] L'identificazione degli ultimi tre corsi d'acqua con il Dnestr, il Prut e il Siret è unanimemente accettata dalla storiografia, ma la tradizionale identificazione del Barouch con il Dnepr e del Koubou con il Bug Orientale viene confutata da Spinei.[2][3] Il visir persiano dell'impero samanide Al-Jayhani, al potere dal 914 al 922 e autore di un prezioso scritto che però non è sopravvissuto e di cui si conoscono solo alcuni stralci riportati da altri autori musulmani, scrisse che, negli anni '70 dell'800, il territorio dei Magiari si trovava tra due fiumi chiamati «tl» e «dwb».[4] Secondo gli studiosi moderni, tl può riferirsi al Volga, al Don o al Dnepr, mentre dwb potrebbe corrisponde al Danubio.[4][5][6] Stando alle Gesta Hungarorum, una cronaca basso-medievale, i Magiari vivevano in «Scizia» o nel «Dentumoger», un'espressione non utilizzata in nessun altro scritto; quest'ultimo nome, che secondo Spinei si riferisce al fiume Don, lascia intendere che gli Ungari abitassero le regioni orientali delle steppe del Ponto.[7][8]
Secondo Porfirogenito, il khagan cazaro spedì i suoi ambasciatori all'attenzione dei Magiari poco dopo che questi fuggirono dalla Levedia e si stabilirono a Etelköz. Il khagan invitò Levedi a un incontro, proponendogli di elevarlo a capo supremo della confederazione delle tribù magiare in cambio dell'accettazione della sua sovranità.[9][10] Anziché accettare l'offerta, Levedi affermò di non essere abbastanza influente per poter rivestire quel ruolo e propose che, al suo posto, subentrasse un altro voivoda, Álmos, oppure il figlio di quest'ultimo, Árpád.[10] Il khagan accettò la proposta di Levedi e, su sua richiesta, i capi magiari proclamarono Árpád quale loro capo.[10][11] Secondo Kristó e Spinei, la versione di Porfirogenito ha avuto il pregio di conservare la memoria del processo di centralizzazione avviato all'interno della federazione delle tribù magiare nel IX secolo.[11][12] Róna-Tas è più cauto nell'analizzare la questione e sottolinea come il resoconto testimoni semplicemente un «cambio di dinastie al potere», ovvero la caduta della famiglia di Levedi e la salita alla massima carica degli Arpadi.[13] Contrariamente a quanto riferisce Porfirogenito, le Gesta Hungarorum sostengono che non fu Árpád ad essere eletto come principe supremo dei Magiari, ma suo padre.[14]
Secondo gli studiosi musulmani, gli Ungari avevano due capi supremi, il kende (una figura dal forte peso religioso) e il gyula (sostanzialmente un importantissimo comandante militare), con quest'ultimo che agiva da autorità centrale negli anni 870.[15] Quest'informazione implica che il khagan abbia concesso un titolo cazaro al capo della federazione delle tribù magiare; si pensi infatti al passaggio del viaggiatore Ibn Fadlan in cui afferma che il terzo dignitario cazaro veniva chiamato kündür negli anni '20.[16] La versione dello studioso musulmano implica inoltre che i Magiari avessero adottato il sistema cazaro della «diarchia», vedendo al potere due distinti personaggi.[11][17][18]
«Tra la loro terra [dei Peceneghi] e quella degli Iskili,[nota 1] che appartiene ai Bulgari del Volga, si trova la prima delle frontiere magiare. [...] Il loro capo cavalca alla testa di 20.000 cavalieri. Si chiama kundah, ma colui che li governa effettivamente è detto jilah. Tutti i Magiari obbediscono senza eccezione a questo sovrano nelle guerre difensive e offensive. [...] Il loro territorio è vasto, si estende fino al Mar Nero ed è attraversato da due fiumi, uno più grande dell'Oxus. I loro accampamenti si trovano tra questi due fiumi.»
Porfirogenito prosegue la sua narrazione sostenendo che i Cabari, un gruppo di Cazari ribellatisi al khagan, si unì ai Magiari nell'Etelköz in un momento storico non meglio precisato.[20][21] Ciò lascerebbe intendere che gli Ungari si fossero già distaccati della sovranità del khagan e che si amministrassero autonomamente.[22] I Cabari si suddividevano in tre tribù, pur essendo sottoposti al comando di un unico capo.[22][23] Porfirogenito scrive anche che i Cabari «furono particolarmente apprezzati» perché si mostravano «i più forti e valorosi» tra le tribù attive all'epoca.[24][25] Per questa ragione, i Cabari agirono nei combattimenti da avanguardia per i Magiari, poiché le comunità nomadi ponevano sempre le tribù associate nella posizione più vulnerabile.[22][25]
Stando a Ibn Rusta, i Magiari sottomisero i vicini popoli slavi, imponendo loro il pagamento di «un pesante tributo» e trattandoli alla stregua di prigionieri.[19][26] I Magiari «effettuarono brutali razzie ai danni degli slavi» e vendettero i catturati durante queste incursioni ai bizantini a Kerč', nella penisola di Crimea.[19][26][27] Secondo la leggenda dedicata all'uomo di chiesa, una banda di guerrieri ungari attaccò il futuro San Cirillo «ululando come lupi e con l'intenzione di ucciderlo» nelle steppe vicine alla Crimea.[28][29] Tuttavia, grazie alle sue abilità diplomatiche, Cirillo li convinse a «far rilasciare lui e tutto il suo seguito senza combattimenti».[28][29] Gli abitanti delle regioni lungo la sponda sinistra del Dnestr, identificati dalla Cronaca degli anni passati realizzata dal monaco Nestore di Pečers'k come «Tiverzi», fortificarono i propri insediamenti nella seconda metà del IX secolo, apparentemente per via della pericolosa vicinanza dei Magiari.[30]
Le diverse interpretazioni sulla posizione di Etelköz, la pongono lungo il tratto compreso tra 3 e 4
Il saccheggio compiuto nel regno dei Franchi orientali nell'862 fu la prima spedizione militare di cui si ha notizia eseguita da combattenti ungari nell'Europa centrale.[31][32] Secondo Róna-Tas e Spinei, quest'incursione potrebbe essere stata scatenata su iniziativa di Rastislav di Moravia, impegnato al tempo in guerra con Ludovico il Germanico.[33][34] La versione estesa degli Annali di Salisburgo riferisce che i razziatori di ritorno dalla terra dei Franchi orientali imperversarono nella regione di Vienna nell'881.[32][33] La stessa fonte menziona in un altro punto dei Cowari o Cabari, intenti a devastare nello stesso anno la regione di Kulmberg o Kollmitz (odierna sezione orientale del confine tra l'Austria e la Germania), lasciando intendere che gli aggressori avessero agito per conto proprio e in maniera autonoma.[35][36] All'inizio degli anni 880, stando alla leggenda di Metodio, un «re» dei Magiari tenne un incontro in toni cordiali con Metodio, arcivescovo della Grande Moravia, intento a fare ritorno da Costantinopoli verso la moderna Repubblica Ceca.[37][38][39][40][41]
«Quando il re d'Ungheria arrivò nelle terre del Danubio, Metodio fece la scelta di incontrarlo. Sebbene alcuni mugugnassero e sussurrassero a denti stretti: "Andrà incontro al suo destino", Metodio vi si recò comunque [dal monarca]. Come si conviene a un sovrano, questi lo ricevette con onore, cordialità e gaudio. Dopo aver opportunamente conversato [con Metodio] come bisogna fare in simili occasioni, [il re] lo congedò [Metodio] con un abbraccio e gli elargì molti doni. Al momento del bacio, [il re] disse: "O venerabile Padre, ricordati sempre di me nelle tue sante preghiere!".»
Note
modificaEsplicative
modifica- ^ Un popolo affiliato ai Bulgari del Volga che verosimilmente non preservò una distinta e fu da loro assorbito.
Bibliografiche
modifica- ^ De administrando imperio, cap. 38, p. 175.
- ^ a b Spinei (2003), p. 44.
- ^ Kristó (1996), p. 156.
- ^ a b Kristó (1996), p. 157.
- ^ Fodor (1975), p. 248.
- ^ Róna-Tas (1999), p. 328.
- ^ Spinei (2003), pp. 52-53.
- ^ Gesta Hungarorum, cap. 1, p. 5.
- ^ Róna-Tas (1999), p. 416.
- ^ a b c Kristó (1996), p. 159.
- ^ a b c Spinei (2003), p. 33.
- ^ Kristó (1996), pp. 164-165.
- ^ Róna-Tas (1999), p. 417.
- ^ Fodor (1975), p. 250.
- ^ Fodor (1975), p. 236.
- ^ Kristó (1996), p. 136.
- ^ Engel (2001), p. 18.
- ^ Cartledge (2011), p. 55.
- ^ a b c Ibn Rusta sui Magiari, p. 122.
- ^ Engel (2001), p. 22.
- ^ Kristó (1996), p. 148.
- ^ a b c Spinei (2003), p. 51.
- ^ Kristó (1996), pp. 152-153.
- ^ De administrando imperio, cap. 39, p. 175.
- ^ a b Kristó (1996), p. 153.
- ^ a b Fodor (1975), p. 251.
- ^ Spinei (2003), p. 43.
- ^ a b Vita di Costantino, cap. 8, p. 45.
- ^ a b Curta (2006), p. 123.
- ^ Curta (2006), pp. 124, 185.
- ^ Molnár (2001), p. 11.
- ^ a b Engel (2001), p. 10.
- ^ a b Spinei (2003), p. 50.
- ^ Róna-Tas (1999), p. 331.
- ^ Kristó (1996), p. 150.
- ^ Brook (2006), p. 143.
- ^ Curta (2006), p. 123.
- ^ László (1996), p. 43.
- ^ Kristó (1996), pp. 175, 219.
- ^ Spinei (2003), p. 36.
- ^ Fodor (1975), p. 261.
- ^ Vita di Metodio, cap. 16, p. 125.
Bibliografia
modificaFonti primarie
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- (EN) Costantino Porfirogenito, De administrando imperio, a cura di Gyula Moravcsik, traduzione di Romillyi J. H. Jenkins, Dumbarton Oaks Center for Byzantine Studies, 1967, ISBN 0-88402-021-5.
- (EN) Ibn Rusta on the Magyars 903–913, in Ibn Fadlān on the Land of Darkness: Arab Travellers in the Far North, traduzione di Paul Lunde e Caroline Stoned, Penguin Books, 2012, ISBN 978-0-140-45507-6.
- (EN) Vita di Costantino, in Medieval Slavic Lives of Saints and Princes (Marvin Kantor), University of Michigan, 1983, pp. 23–96, ISBN 0-930042-44-1.
- Vita di Metodio, traduzione di Lino Bernardini, Éditeur inconnu, 1970.
Fonti secondarie
modifica- (EN) Kevin Alan Brook, The Jews of Khazaria, Rowman & Littlefield, 2006, ISBN 978-0-7425-4982-1.
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- (EN) Florin Curta, Southeastern Europe in the Middle Ages, 500-1250, Cambridge, Cambridge University Press, 2006, ISBN 978-0-511-81563-8.
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- (EN) Victor Spinei, The Great Migrations in the East and South East of Europe from the Ninth to the Thirteenth Century, 2003, ISBN 978-973-85894-5-2.