Ferruccio Stefenelli

militare e diplomatico italiano

Ferruccio Stefenelli (Trento, 9 luglio 1898Mezzolombardo, 11 maggio 1980) è stato un militare e diplomatico italiano, decorato di Medaglia d'oro, Medaglia d'argento, Medaglia di bronzo al valor militare e della Croce al merito di guerra durante il corso della prima guerra mondiale.

Ferruccio Stefenelli

Podestà di Tientsin
Durata mandato1938 - 10 settembre 1943
PredecessoreFilippo Zappi
Successorecarica abolita

Dati generali
Partito politicoPartito Nazionale Fascista
(fino al 25 luglio 1943)
ProfessioneDiplomatico, militare

Biografia modifica

Nacque a Trento, allora parte dell'Impero austro-ungarico, il 9 luglio 1898, figlio di Giuseppe, irredentista e direttore del quotidiano liberale “Alto Adige” (dal 1906 al 1914), e di Maria Ranzi, cugina di Guglielmo Ranzi, ideatore e promotore del Monumento a Dante a Trento.

Appena iniziato a frequentare la scuola media, per sottrarsi alla persecuzione della polizia austriaca, lasciò con la famiglia la casa natale, riparando in Italia, dove il padre venne assunto come funzionario per gli affari civili, presso il comando del Regio Esercito di Firenze.

Durante la grande guerra si arruolò volontario e, dopo aver frequentato la Scuola ufficiali, venne assegnato al battaglione "Moncenisio" del 3º Reggimento alpini ed impiegato in prima linea con il nome di guerra di Giuseppe Gennari,[1] nonostante il divieto di tale servizio per gli irredenti emanato dal Ministero della Guerra, dopo il sacrificio di Cesare Battisti. Durante l’attacco del 19 giugno 1917 sull'Ortigara, viene ferito e successivamente decorato di una Medaglia d'argento al valor militare. Ricoverato all'ospedale per due mesi, dopo essersi rimesso viene mandato nuovamente in azione sul Monte Tomba, dove il 28 novembre dello stesso anno viene decorato di una Medaglia di bronzo al valor militare. Pochi giorni dopo, il 16 dicembre, durante un combattimento sul Col Caprile rimane nuovamente ferito ed è fatto prigioniero.

Curato negli ospedali militari di Primolano, Pergine Valsugana e Trento, venne trasferito nel campo di prigionia di Nagymegyer, in Ungheria e liberato al termine del conflitto. Per tutta la durata della detenzione riuscì a nascondere la propria identità che, quale irredento, avrebbe significato per lui la condanna a morte per impiccagione riservata a coloro che gli austriaci consideravano dei traditori della patria.

Dopo la fine della guerra fu uno dei quattro soldati (un alpino - lui-, un marinaio, un aviatore e un fante) cui fu concesso l'onore di portare a spalle la bara del Milite Ignoto all'Altare della Patria a Roma. Nel 1920 costituì, e presiedette, a Trento il Comitato per la fondazione della locale sezione dell’Associazione Nazionale Alpini e dopo il 18 luglio dello stesso anno, formata la Sezione, ne fu primo Vicepresidente e segretario. Continuò la carriera militare fino al 1927, quando fruendo della legge che autorizzava l'eccezionale ammissione nel ruolo consolare per gli eroi di guerra, iniziò la carriera diplomatica, che lo porterà a ricoprire importanti incarichi in Africa, Oceania ed Asia come viceconsole, console, console generale e ambasciatore d'Italia.

Fu l’ultimo podestà della concessione italiana di Tientsin in Cina.

Si spense a Mezzolombardo l'11 maggio 1980.

Onorificenze modifica

«Nativo di Trento e volontario di guerra, fu sempre primo in ogni combattimento. Vibrante di entusiasmo e di fede, volle partecipare ad un aspro attacco per la conquista di una posizione particolarmente ardua. Conscio del pericolo cui si esponeva e che per la sua condizione speciale era di estrema gravità, alla testa di un nucleo di arditi, risolutamente si slanciava all'assalto, incurante dell'intenso fuoco nemico, che diradava sensibilmente i suoi uomini e, superati i due ordini di reticolati, con impeto travolgente raggiungeva l'obiettivo. Fatto segno a violente raffiche di fuoco da una vicina posizione avversaria con audacia indomabile si slanciava anche su questa, impegnandovi una lotta a corpo a corpo. Ferito gravemente ed accerchiato, coi pochi suoi uomini superstiti, da soverchianti forze nemiche, continuava a combattere con fulgido valore fino all'estremo, rinunciando ad ogni cura e rimanendo infine sopraffatto dal numero. Col Caprile, 16 dicembre 1917
«Durante l'attacco di posizioni nemiche, con mirabile coraggio e sprezzo del pericolo, trascinava ripetutamente i propri uomini all'assalto alla baionetta. Ferito, continuava ad incitarli nella lotta, dando luminoso esempio di coraggio e tenacia, non allontanandosi che dopo aver assicurato la difesa della posizione conquistata. Monte Ortigara, 10 giugno 1917.»
— [1]
«Offertosi volontario malgrado le forti perdite subite, con pochi uomini e con quelli di altri due plotoni rimasti senza ufficiali, raggiungeva un'importante posizione resistendovi valorosamente fino a che non ebbe l'ordine di ritirarsi. Monte Tomba, 28 novembre 1917

Note modifica

  1. ^ a b Pierluigi Scolè (a cura di), Degni delle glorie dei nostri avi : Alpini e Artiglieri da montagna decorati nella Grande Guerra 1915-1918, vol. 3, Associazione Nazionale Alpini, 2018, p. 144, ISBN 978-88-902153-7-7.

Bibliografia modifica

  • Andrea Bianchi e Mariolina Cattaneo, I quaderni dell'Associazione Nazionale Alpini. Il Labaro, Associazione Nazionale Alpini, 2011, ISBN 978-88-902153-1-5.
  • Luigi Cadorna, La guerra alla fronte italiana. Vol. 1, Milano, Fratelli Treves editori, 1921.
  • Luigi Cadorna, La guerra alla fronte italiana. Vol. 2, Milano, Fratelli Treves editori, 1921.
  • Alberto Cavaciocchi e Andrea Ungari, Gli italiani in guerra, Milano, Ugo Mursia Editore s.r.l., 2014.

Collegamenti esterni modifica

Controllo di autoritàVIAF (EN2882157100619772740000 · GND (DE1196741247 · WorldCat Identities (ENviaf-2882157100619772740000