Omicidio di Francesco Cecchin

Vittima degli anni di piombo
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L'omicidio di Francesco Cecchin, un militante del Fronte della Gioventù, venne commesso a Roma durante il periodo noto come anni di piombo. Nella notte tra il 28 e il 29 maggio 1979, dopo essere stato inseguito da due persone arrivate in zona a bordo di una Fiat 850[1], fu trovato gravemente ferito[2] in un cortile condominiale del quartiere Trieste di Roma; morì il 16 giugno 1979 dopo diciannove giorni di coma.

Omicidio di Francesco Cecchin
omicidio
Francesco Cecchin (Nusco, 2 novembre 1961 – Roma, 16 giugno 1979)
Data28 maggio 1979 - 29 maggio 1979
23:40 – (UTC+1)
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneLazio
ProvinciaCittà metropolitana di Roma Capitale
ComuneRoma
Conseguenze
Morti1

Storia modifica

L'omicidio modifica

Il 28 maggio, mentre stava affiggendo manifesti del Fronte della Gioventù con altri quattro amici, Cecchin era stato coinvolto in un'accesa discussione con un gruppo di attivisti della sezione del PCI di via Montebuono. Secondo i missini, i comunisti avevano completamente ricoperto i tabelloni elettorali e li avrebbero sorpresi mentre si riprendevano gli spazi;[3] secondo i comunisti invece, i propri manifesti sarebbero stati strappati[4], pertanto si fecero avanti per impedire ai missini di affiggere i propri[5]. Scoppiò così una violenta lite nel corso della quale l'allora segretario della sezione del PCI, Sante Moretti, avrebbe minacciato Cecchin.

«Tu stai attento. Perché seppoi mi incazzo ti potresti fare male. Vi abbiamo fatto chiudere la sezione di via Migiurtinia, vi faremo chiudere anche quella di via Somalia.»

Intervistato numerosi anni dopo, Moretti ammise di aver minacciato i ragazzi del FDG di fargli chiudere tutte le sezioni, ma negò le minacce dirette a Cecchin.[6]

La sera stessa Cecchin uscì con la sorella e un amico per andare a cena fuori. Mentre si trovavano in piazza Vescovio nel quartiere Trieste, fu riconosciuto da un gruppo di persone arrivate a bordo di una Fiat 850[7], due dei passeggeri scesero dalla vettura e cominciarono ad inseguirlo. La sorella e l'amico, rimasti separati da lui, avvertirono subito la polizia del fatto. Rincorso tra le strade della zona si diresse verso un condominio di Via Montebuono che conosceva bene poiché residenza di un amico. Non vi furono testimoni e Cecchin fu ritrovato in fondo a un parapetto alto tre metri privo di conoscenza. Dopo diciannove giorni di coma Cecchin morì il 16 giugno. Venne sepolto nella cappella di famiglia del cimitero di Nusco.

Per molto tempo da più parti si tentò di accreditare la tesi della caduta accidentale dal parapetto del cortile e solo più tardi fu appurato che si trattò invece di omicidio volontario[8] e che il movente dell'aggressione fosse la disputa sui manifesti.

 
Funerale di Francesco Cecchin

Eventi successivi modifica

La sera stessa della morte, due bombe a mano SRCM Mod. 35 furono lanciate dentro una sezione del PCI, ferendo 24 persone; con una telefonata anonima i Nuclei Armati Rivoluzionari rivendicarono l'attentato come vendetta per la morte del giovane[9] e, con un volantino, emisero una sentenza di morte all'indirizzo di Sante Moretti.

I militanti della sezione del MSI del quartiere Trieste-Salario chiesero a Nazzareno De Angelis, leader di Terza Posizione, di disegnare un manifesto commemorativo da stampare con i poveri mezzi della sezione missina[10]. Per intervento di Gianfranco Fini, all'epoca segretario nazionale del FDG furono però messe a disposizione le rotative del Secolo d'Italia per la stampa e così centinaia di manifesti furono affissi a Roma[10].

Indagini e processo modifica

Per la questione dell'automobile fu indagato il militante comunista Stefano Marozza che, per sua stessa ammissione, aveva preso parte alla lite scoppiata in piazza Vescovio per i manifesti[11] e risultava proprietario di una Fiat 850 bianca come quella dalla quale scesero gli aggressori. Il suo alibi crollò quando dichiarò che aveva passato la serata con un amico al cinema Ariel dove era andato a vedere il film Il vizietto, ma l'amico stesso lo smentì e il film in proiezione non risultò quello indicato.[12] Inoltre secondo alcune testimonianze la vettura venne indicata presso il luogo dell'agguato ancora alle 23.40 mentre Marozza sosteneva di essersi allontanato in macchina alle 21.30[13]. Marozza fu arrestato il 1º luglio 1979 con l’accusa di concorso in omicidio. Con un referto del 21 novembre 1979 i periti esclusero che le ferite ritrovate sul corpo di Cecchin potessero provare con certezza che Cecchin fosse stato picchiato prima di precipitare. Sulla serietà della perizia la stessa Corte d'Assise manifestò grandi perplessità, anche se il 24 gennaio 1981 Marozza fu comunque assolto per non aver commesso il fatto.

«Veramente grave e singolare appare pertanto che i periti non abbiano approfondito l'indagine, non si siano recati sul terrazzo dell'abitazione degli Ottaviani, ma semplicemente si siano limitati a dare un'occhiata dall'alto del ballatoio; e abbiano dato una "scorsa" altrettanto superficiale ai rilievi effettuati dalla polizia scientifica, come dichiarato dal professor Umani Ronchi all'udienza del 20 dicembre 1980. Altrettanto singolare che non abbiano tenuto in alcun conto i referti dell'ospedale San Giovanni.[12]»

La sentenza del processo non individuò i colpevoli ma sostenne che Francesco Cecchin fu aggredito e scaraventato giù dal muretto (forse già svenuto) con la chiara intenzione di ucciderlo, come ribadito nella Sentenza della Corte d'Assise di Roma:

«È convinzione della Corte che, nel caso di specie, non si sia trattato di omicidio preterintenzionale, ma di vero e proprio omicidio volontario.»

Il processo assolse l'unico imputato precisando che le responsabilità non potevano essere accertate a causa di una serie di gravi negligenze nelle indagini ed ipotizzando, senza peraltro darne poi seguito, eventuali responsabilità degli inquirenti.

«Appare incomprensibile la mancanza di ogni attività investigativa nell'ambito degli appartenenti alla fazione politica opposta a quella della vittima... La mancanza di prove in ordine al crimine commesso è con tutta probabilità da connettere a una estrema lacunosità delle indagini sotto i profili qualitativo, quantitativo e temporale.»

Commemorazioni modifica

 
Stele a Francesco Cecchin a Roma, Piazza Vescovio, eretta nel 2011
  • A trent'anni dalla morte, il 17 giugno 2009, il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, deponendo una corona di fiori per l'anniversario della morte, ha lanciato la proposta di intitolargli una via di Roma,[14] aggiungendo la richiesta che Cecchin sia inserito, da parte del presidente della Repubblica, nell'elenco delle vittime del terrorismo.[15]
  • Il 16 giugno 2011 il Comune di Roma ha intitolato un giardino pubblico in suo nome a piazza Vescovio a Roma. "Vittima della violenza politica", recita la scritta nel parco, a pochi metri dal parapetto su cui perse la vita.
  • Inoltre, per volere del Comune di Roma, fu eretta anche una stele sempre in piazza Vescovio a Roma in memoria di Cecchin tra le proteste del Partito Democratico[16], scelta invece difesa dal Centro-destra.

Note modifica

  1. ^ Archivio Corriere della Sera, su archiviostorico.corriere.it. URL consultato il 23 novembre 2018.
  2. ^ D. Bianchessi, 2002, p112
  3. ^ Luca Telese, Cuori neri, Sperling & Kupfer Editori, Milano, 2006, pag. 620: Gli uomini del Pci considerano quella zona come territorio loro e hanno coperto anche i tabelloni riservati al partito della Fiamma. Quando vede che gli attacchini rivali stanno ricoprendo i manifesti che loro hanno appena attaccato, uno dei ragazzi del Fronte si mette platealmente davanti al tabellone, per sbarrargli la strada
  4. ^ a b Luca Telese, Cuori neri, Sperling & Kupfer Editori, Milano, 2006, pag. 620
  5. ^ Articolo del Corriere della Sera del 24 giugno 1979 in Luca Telese, Cuori neri, Sperling & Kupfer Editori, Milano, 2006, pag. 623: "Era accaduto che mentre Cecchin e i suoi attaccavano i manifesti elettorali per conto del Msi Marozza e altri cercarono di bloccarli. Ne derivò una rissa piuttosto movimentata."
  6. ^ Luca Telese, Cuori neri, Sperling & Kupfer Editori, Milano, 2006, pag. 635
  7. ^ a b c Filippo Rossi, Dimenticate quell'assassinio, articolo su L'Italia settimanale, N°28 anno II 14 luglio 1993, pag.20
  8. ^ Croci celtiche nel giardino intitolato a Cecchin - Il Messaggero, su ilmessaggero.it. URL consultato il 13 febbraio 2014 (archiviato dall'url originale il 22 febbraio 2014).
  9. ^ stragi.it Archiviato il 21 luglio 2007 in Internet Archive.
  10. ^ a b Francesco Cecchin ricordato a 34 anni dalla morte a piazza Vescovio a Roma. Ma giustizia non è fatta… | Secolo d'Italia
  11. ^ Articolo del Corriere della Sera del 24 giugno 1979 riportato in Luca Telese, Cuori neri, Sperling & Kupfer Editori, Milano, 2006, pag. 623: "Ad aggravare la posizione del giovane c'è poi un episodio avvenuto nella stessa serata del 28 maggio, verso le 21.30, episodio confermato dallo stesso Marozza. Era accaduto che mentre Cecchin e i suoi attaccavano i manifesti elettorali per conto del Msi Marozza e altri cercarono di bloccarli. Ne derivò una rissa piuttosto movimentata".
  12. ^ a b Luca Telese, Cuori neri, Sperling & Kupfer Editori, Milano, 2006, pag. 633
  13. ^ Luca Telese, Cuori neri, Sperling & Kupfer Editori, Milano, 2006, pag. 623
  14. ^ Anni di piombo, Alemanno dice "Intitoliamo una strada a Cecchin"
  15. ^ Roma: Alemanno, sia fatta giustizia per omicidio Cecchin[collegamento interrotto]
  16. ^ La battaglia di piazza Vescovio sul monumento per Cecchin - Roma - Repubblica.it, su roma.repubblica.it. URL consultato il 14 marzo 2013 (archiviato dall'url originale il 18 febbraio 2013).

Bibliografia modifica

  • Daniele Biacchessi, Ombre nere: il terrorismo di destra da piazza Fontana alla bomba al Manifesto, Mursia, 2002 ISBN 884253000X
  • Luca Telese, Cuori neri, Sperling & Kupfer, 2006, ISBN 8820036150

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