Girolamo Pignatelli

generale italiano

Girolamo Pignatelli, principe di Moliterno (Napoli, 22 aprile 1773Napoli, 14 ottobre 1848), è stato un generale italiano.

Girolamo Pignatelli
NascitaNapoli, 22 aprile 1773
MorteNapoli, 14 ottobre 1848
Dati militari
Paese servito Regno di Sardegna
Republica Napoletana
Forza armata Regia Armata Sarda
Esercito Repubblica Napoletana
ArmaEsercito
Corpocavalleria
Gradocapitano
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Firma del Principe Girolamo Pignatelli di Moliterno[1]

Biografia modifica

Secondogenito del Principe di Moliterno e Marsiconuovo, studiò a Torino, dove suo padre era ambasciatore di re Ferdinando IV di Napoli; la madre, Giulia Pescara, era sorella di Vittoria Pescara, a sua volta madre di Francesco Caracciolo[2]. Dopo che l'esercito francese aggredì il Regno di Sardegna (1792) Girolamo Pignatelli si arruolò nell'esercito sabaudo e aveva combattuto contro i francesi col grado di capitano di cavalleria. Fu fatto prigioniero dei francesi nella battaglia della Giletta (18 ottobre 1793) e fu scambiato con il generale francese Casablanca[3]. Fu ferito a Fombio (8 maggio 1796) e perse l'occhio destro; più tardi, nel gennaio 1799, la plebe napoletana lo insulterà chiamandolo "cecato fauzo"[4] (finto cieco). Quando le truppe guidate da Championnet invasero il Regno di Napoli (1798), Girolamo Pignatelli cercò di opporvisi arruolando a sue spese a Gaeta due reggimenti di cavalleria[3].

Conosciute le clausole del gravoso armistizio di Sparanise sottoscritto l'11 gennaio 1799 con lo Championnet dal Vicario generale[5], il popolo napoletano decise di difendersi da solo e nominò suoi comandanti Girolamo Pignatelli e il duca di Roccaromana Lucio Caracciolo[6]. I due non riuscirono tuttavia a controllare la reazione popolare, e mentre la città era in preda all'anarchia, Pignatelli si rifugiò nel forte di Sant'Elmo che i patrioti avevano conquistato nella notte tra il 19 e il 20 gennaio[7] con l'aiuto di Pignatelli e di Caracciolo[8]. Pignatelli trattò con lo Championnet; il 15 febbraio 1799, divenuto ex-nobile, entrò nel governo repubblicano[9] e, pochi giorni dopo fu inviato dal Governo provvisorio della Repubblica Napoletana a Parigi per ottenere il riconoscimento dell'indipendenza della stessa Repubblica[9]; ma il Direttorio si rifiutò ripetutamente di ricevere la deputazione napoletana e non ratificò il trattato. Moliterno, di cui in Francia si diffidò sempre, fu sottoposto al confino e a stretta sorveglianza[3].

A Parigi difese l'onore dell'esercito napoletano contro il generale Mack. Mack sfidò dapprima Pignatelli a duello; ma poi si ritirò "per viltà", a giudizio del Cuoco[10]. Sebbene Pignatelli fosse partigiano dei Borboni, fu escluso dall'amnistia che seguì la Pace di Firenze (28 marzo 1801). Restò a Parigi, dove fu coinvolto in una congiura; dopo un periodo trascorso a Berlino (1805), nel settembre 1806 raggiunse in Sicilia e si pose al servizio dei Borboni. Nel 1808 organizzò delle bande armate antifrancesi in Calabria e nel 1813 organizzò tentativi di reazione armata contro Gioacchino Murat nelle Marche e negli Abruzzi. Rientrò a Napoli solo nel 1820 e da allora visse in ristrettezze economiche[3].

Ascendenza modifica

Genitori Nonni Bisnonni Trisnonni
Giovanni Battista Pignatelli, II principe di Marsico Nuovo Girolamo Maria Pignatelli, I principe di Marsico Nuovo  
 
Giulia Cecilia Conti  
Girolamo Pignatelli, III principe di Marsico Nuovo  
Emanuela Pignatelli, IV principessa di Montecorvino Ferdinando Pignatelli, III principe di Montecorvino  
 
Juana Petronila de Silva Fernández de Hijar, VI duchessa di Hijar  
Giovanni Battista Pignatelli, IV principe di Marsico Nuovo  
Diego Pignatelli d'Aragona Cortès, VII principe di Noja Niccolò Pignatelli, VIII duca di Monteleone  
 
Giovanna Pignatelli Pimentel Benavides, IX duchessa di Monteleone  
Francesca Pignatelli Tagliavia d'Aragona  
Margherita Pignatelli, V duchessa di Bellosguardo Giacomo Pignatelli, III duca di Bellosguardo  
 
Anna Maria di Capua  
Girolamo Pignatelli, principe di Moliterno  
Niccolò d'Avalos d'Aquino d'Aragona, IV principe di Montesarchio Giovanni d'Avalos d'Aquino d'Aragona, II principe di Troia  
 
Giulia d'Avalos d'Aquino d'Aragona, IV principessa di Montesarchio  
Diego II d'Avalos d'Aquino d'Aragona, XVI marchese di Pescara  
Giovanna Caracciolo Pignatelli Francesco Marino I Caracciolo, IV principe di Avellino  
 
Geronima Pignatelli Tagliavia  
Luisa d'Avalos d'Aquino d'Aragona  
Giulio Antonio Acquaviva d'Aragona, VII duca di Noci Giulio Antonio Acquaviva d'Aragona, VI duca di Noci  
 
Dorotea Acquaviva d'Aragona  
Eleonora Acquaviva d'Aragona  
Maria Teresa Spinelli Carlo Francesco Spinelli, VI principe di Tarsia  
 
Giulia Spinelli  
 

Note modifica

  1. ^ Benedetto Croce, Giuseppe Ceci, Michelangelo d'Ayala e Salvatore Di Giacomo (a cura di), La rivoluzione napoletana del 1799: illustrata con ritratti, vedute, autografi ed altri documenti figurativi e grafici del tempo: Albo pubblicato nella ricorrenza del I centenario della Repubblica napoletana, Napoli: A. Morano & f., 1899, Tavola XIV, n. 32, p. 57
  2. ^ Rassegna storica del Risorgimento, anno XXV (1938), p. 498
  3. ^ a b c d Enciclopedia Italiana di scienze, lettere ed arti, cit.
  4. ^ Benedetto Croce et al., Albo pubblicato nella ricorrenza del I centenario della Repubblica napoletana, op. cit., p. 32
  5. ^ Mario Battaglini (a cura di), Atti, leggi, proclami ed altre carte della Repubblica Napoletana: 1798-1799, Salerno: Società Editrice Meridionale, Vol. I, pp. 244-45
  6. ^ Anna Maria Rao, La Repubblica napoletana del 1799, Roma: Newton & Compton editori, II ediz. febbraio 1999, p. 16, ISBN 88-8183-608-4
  7. ^ Vincenzo Cuoco, Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799; con introduzione, note e appendici di N. Cortese, Firenze: Vallecchi, 1926, pp. 109 e 106
  8. ^ Harold Acton, I Borboni di Napoli: 1734-1825, Firenze: Giunti, 1997, pp. 363-65, ISBN 88-09-21079-4 (Google libri)
  9. ^ a b Anna Maria Rao, La Repubblica napoletana del 1799, cit,, pp. 29-30
  10. ^ «Il disfidare non è, a creder mio, un'azione di valore: forse sarà un'azione d'imprudenza: ma il disfidare e poi ricusar di battersi è un'azione che riunisce l'imprudenza alla viltà. Traspariva l'uomo, che, prigioniero e libero sulla sua parola di onore, sarebbe fuggito.» (Vincenzo Cuoco, Saggio storico sulla rivoluzione di Napoli, Napoli: Lombardi, 1861, p. 71 n. 2 (Google libri)

Bibliografia modifica

Collegamenti esterni modifica

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