Incidente di Tokaimura

Con incidente di Tokaimura si intendono due diversi incidenti nucleari verificatisi rispettivamente l'11 marzo 1997, in un impianto di Donen, e il 30 settembre 1999, in un impianto della JCO, di cui solo il secondo è stato catalogato come incidente nucleare, avendo raggiunto il livello 4 della scala INES.

Incidente di Tokaimura
Incidente nucleare livello 4 (INES)
TipoIncidente nucleare
Data11 marzo 1997
30 settembre 1999
LuogoTokaimura
StatoGiappone Giappone
Coordinate36°28′47″N 140°33′13″E / 36.479722°N 140.553611°E36.479722; 140.553611
Conseguenze
Morti2 morti (1999)
Feriti40 esposti a radiazioni (1997)

Nel 1997Modifica

L'incidente di Tokaimura nel 1997, accaduto l'11 marzo 1997, una piccola esplosione è avvenuta in un impianto di Donen di Tokaimura. Questo incidente è noto come l'incidente di Donen (動燃事故). In questo incidente, circa 40 lavoratori sono stati esposti alla radioattività.

Nel 1999Modifica

L'incidente di Tokaimura nel 1999, o incidente critico di Tokaimura (東海村臨界事故)[1], è accaduto il 30 settembre 1999, alle ore 10:30. L'incidente è stato considerato di grado denominato severo in gergo tecnico, dalla storia del nucleare civile.

Il sito della JCO a Tokaimura non aveva un reattore nucleare ma era una piccola fabbrica di combustibile nucleare. Per questo motivo erano presenti poche misure di sicurezza o di evacuazione. Questo incidente è stato il peggior incidente nucleare in Giappone prima di Fukushima.

L'incidente fu generato dalla miscelazione accidentale di uranio e acido nitrico al di fuori delle regole che il ministero aveva imposto. Gli operai introdussero 16 kg di uranio esaurito anziché i 3 kg massimi consentiti. In seguito un lampo blu, dovuto ai neutroni emessi dall'innesco della reazione nucleare a catena che si autoalimenta e una forte emissione di raggi gamma, costrinsero gli operatori ad evacuare lo stabilimento.

Sono state evacuate 161 persone nella zona circostante e a trecentomila residenti fu richiesto di non uscire di casa per sicurezza fino al giorno successivo.

ConseguenzeModifica

I tre operai ricevettero dosi di radioattività ben superiori ai limiti di sicurezza. Hisashi Ouchi, 35 anni, assorbì radiazioni fra i 10 e i 20 sievert (Sv) rispetto alla soglia di sicurezza di 50 mSv (millisievert, millesimi di sievert), prevista dalle leggi giapponesi e, nonostante fosse sottoposto a cure mediche intensive, morì dopo 83 giorni di agonia[2]. Masato Shinohara, 40 anni, assorbì radiazioni fra 6 e 10 Sv e subì la stessa sorte del collega, morendo il 27 aprile 2000[3]. Il terzo tecnico, Yutaka Yokokawa, di 54 anni, fu invece esposto a un livello fra 1 e 5 Sv e sopravvisse, venendo dimesso dopo molti mesi di cure ospedaliere.

Non ci fu un grosso rilascio di sostanze radioattive all'esterno, ma 119 persone furono contaminate da basse dosi di radiazioni di circa 1 mSv (il sievert è l'unità di misura della dose equivalente nel SI di unità di misura), non superiori ai limiti consentiti dalla legislazione internazionale. Va rilevato che il fondo naturale medio da radiazioni ionizzanti in Italia varia da 1 a 3 mSv in un anno.

Responsabilità penale e civileModifica

Processo penaleModifica

Nel processo che iniziò in aprile del 2001, sei responsabili dell'azienda, fra cui Kenzo Koshijima, 56 anni, capo dell'impianto, sono stati giudicati colpevoli[4]. Si è svolta un'inchiesta nei confronti di Tomoyuki Inami, presidente della JCO come rappresentante dell'intera azienda. Koshijima è stato condannato a 3 anni di prigione e al pagamento di 500.000 yen di multa. Anche altri 5 imputati della JCO sono stati condannati a pene tra i due e i tre anni, poi sospese; l'azienda, ad una penale di 1 milione di Yen.

Durante il processo è emersa anche una certa responsabilità da parte degli organi governativi preposti ai controlli, incolpati di non aver praticato la giusta pressione sulla JCO. La colpa piena è stata attribuita al non rispetto delle procedure di sicurezza, quindi è andata a carico di coloro che non hanno addestrato a dovere i loro dipendenti[4].

Procedimento civileModifica

Successivamente[non chiaro], il governo giapponese ha revocato alla ditta JCO la licenza per procedere nella attività di raffinazione dell'uranio.

Risarcimento danniModifica

Una società di prodotti agricoli locali e 400 famiglie hanno chiesto al rappresentante dell'azienda di risarcire un importo di circa 650 milioni di yen, circa 6,5 milioni di dollari[5][4]. Gli agricoltori non hanno potuto vendere i propri prodotti[6] e sono state calcolate perdite nel futuro. Sono stati colpiti prodotti alimentari ittici e la prefettura di Ibaraki ha chiesto al rappresentante dell'azienda di risarcire circa 600 milioni di yen alle cooperative di prodotti marini per le perdite subite dopo l'incidente[7].

NoteModifica

  1. ^ Un lampo blu: incubo nucleare in Giappone. Corriere della sera. Archivio storico. 1º ottobre 1999.
  2. ^ Un morto in Giappone per la fuga nucleare. Corriere della sera. Archivio storico. 22 dicembre 1999.
  3. ^ (EN) Second nuclear worker dies in Japan. WSWS. 4 May 2000.
  4. ^ a b c L'incidente di criticità avvenuto a Tokaimura. Erio Piana. Museo Energia.
  5. ^ (EN) Kyodo News Service, october 19, 1999.
  6. ^ Tokaimura, ora fa paura anche la lattuga. Corriere della sera. Archivio storico. 3 ottobre 1999.
  7. ^ (EN) Daily Yomiuri, october 22, 1999

Voci correlateModifica

Collegamenti esterniModifica