Jacopo Salviati, I duca di Giuliano

Disambiguazione – Se stai cercando il nuobiluomo fiorentino, genero di Lorenzo il Magnifico, vedi Jacopo Salviati.

Jacopo Salviati, I duca di Giuliano (Firenze, 1607Roma, 1672), è stato un nobile, mecenate e poeta italiano.

Jacopo Salviati
I Duca di Giuliano
Stemma
Stemma
In carica1627 –
1672
PredecessoreSe stesso come Marchese di Giuliano
SuccessoreFrancesco Maria Salviati, II duca di Giuliano
Marchese di Giuliano
In carica1609 –
1627
PredecessoreLorenzo Salviati, marchese di Giuliano
SuccessoreSe stesso come Duca di Giuliano
TrattamentoSua Grazia
NascitaFirenze, Granducato di Toscana, 1607
MorteRoma, Stato Pontificio, 1672
DinastiaSalviati
PadreLorenzo Salviati, marchese di Giuliano
MadreMaddalena Strozzi
ConsorteVeronica Cybo-Malaspina
ReligioneCattolicesimo

Biografia modifica

Nato a Firenze nel 1607, Jacopo era figlio di Lorenzo Salviati, marchese di Giuliano e di sua moglie, la nobildonna fiorentina Maddalena Strozzi. Gli venne posto il nome di un proprio celebre antenato che fu genero di Lorenzo il Magnifico della casata dei Medici di Firenze con cui gli stessi Salviati si erano più volte imparentati.

Nel 1627, grazie al suo matrimonio con la principessa di Massa e Carrara, Veronica Cybo-Malaspina, ottenne da papa Urbano VIII che il titolo di suo padre gli venisse elevato da marchesato a ducato, divenendo così il primo duca di Giuliano della famiglia Salviati con decreto pontificio del 18 dicembre di quello stesso anno.

Nel 1634 prese la non facile decisione con la sua famiglia di trasferirsi dalla nativa Firenze a Roma, cercando di fuggire dai pettegolezzi della città dopo l'efferato delitto[1] di cui sua moglie veniva ritenuta mandante per gelosia. Qui, per guadagnare posizioni presso l'artistocrazia papalina romana, Jacopo si dedicò essenzialmente al mecenatismo, distinguendosi come patrono di una serie di artisti come Francesco Furini e Simone Pignoni, oltre a vantare nella sua collezione privata anche opere di Baccio Bandinelli e Raffaello, ereditate dalla sua famiglia. Impiegò in particolare il Furini nella decorazione del suo palazzo romano.

Fu egli stesso artista nell'arte della poesia, pubblicando nel 1667 una raccolta di suoi componimenti poetici a tema sacro e bucolico dal titolo Fiori dell'Orto del Getsemani e del Calvario che dedicò a papa Clemente XII. Divenne per i suoi meriti artistici membro dell'Accademia della Crusca.

Fece testamento a Roma il 6 aprile[2] 1672 e morì nello stesso anno.

Matrimonio e figli modifica

Sposò a Massa nel 1627 Veronica Cybo-Malaspina, figlia del principe sovrano di Massa e Carrara Carlo I Cybo-Malaspina e di sua moglie, la marchesa Brigida Spinola. La coppia ebbe tre figli tra cui l'erede:

Albero genealogico modifica

Genitori Nonni Bisnonni Trisnonni
Alemanno Salviati Jacopo Salviati  
 
Lucrezia de' Medici  
Jacopo Salviati, signore di Grotta Marozza  
Costanza Serristori Giovanni Battista Serristori  
 
 
Lorenzo Salviati, marchese di Giuliano  
Filippo Salviati Averardo Salviati  
 
Maria de' Bardi  
Isabella Salviati  
Maria Gualterotti Piero Gualterotti  
 
Francesca Salviati  
Jacopo Salviati, I duca di Giuliano  
Carlo Strozzi Matteo Strozzi  
 
Maddalena Salviati  
Lorenzo Strozzi  
Francesca Strozzi Alfonso Strozzi  
 
Francesca Nasi  
Maddalena Strozzi  
Pierantonio Bandini  
 
 
Dianora Bandini  
Cassandra Cavalcanti Baccio Cavalcanti  
 
Diana Gondi  
 

Note modifica

  1. ^ L'ultimo dell'anno 1633, Caterina Brogi, l'amante en titre di Salviati, era stata trucidata e fatta a pezzi, e la sua testa recapitata all'uomo in un canestro.
  2. ^ Sacra famiglia DIPINTO, Andrea D'agnolo Detto Andrea Del Sarto (attribuito) 1486/ 1531
  3. ^ Christian Gottfried Franckenstein, Istoria degli intrighi galanti della regina Cristina di Svezia e della sua corte durante il di lei soggiorno a Roma, Fratelli Palombi, 1979, p.106.
  4. ^ Francesco Maria Salviati, II. duca di Giuliano, su geni.com. URL consultato l'8 dicembre 2022.

Bibliografia modifica

  • A. Diligenti, Sommario storico delle famiglie celebri toscane, Firenze, 1863, III, pp. 101–102