Louis Malvy (Figeac, 1º dicembre 1875Parigi, 10 giugno 1949) è stato un politico francese.

Louis Malvy

Ministro dell'Interno
Durata mandato17 marzo 1914 –
9 giugno 1914
Capo del governoGaston Doumergue

Durata mandato13 giugno 1914 –
31 agosto 1917
PresidenteRené Viviani
Aristide Briand
Alexandre Ribot

Durata mandato9 marzo 1926 –
10 aprile 1926
Capo del governoAristide Briand

Ministro del commercio, dell'industria, delle poste e dei telegrafi
Durata mandato9 dicembre 1913 –
17 marzo 1914
Capo del governoGaston Doumergue

Sottosegretario di Stato per l'Interno e gli Affari Religiosi
Durata mandato27 giugno 1911 –
14 gennaio 1912
Capo del governoJoseph Caillaux

Sottosegretario di Stato alla Giustizia
Durata mandato2 marzo –
27 giugno 1911
Capo del governoErnest Monis

Deputato
Durata mandato1 giugno 1906 –
7 dicembre 1919
CircoscrizioneLot

Durata mandato25 maggio 1924 –
31 maggio 1942
CircoscrizioneLot

Presidente del Consiglio Generale del Dipartimento di Lot
Durata mandato1916 –
1917

Sindaco di Souillac
Durata mandato1929 –
1940

Dati generali
Partito politicoPartito Repubblicano, Radicale e Radical-Socialista
FirmaFirma di Louis Malvy

Biografia

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Origini e vita privata

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Louis-Jean Malvy nacque e crebbe in una famiglia di Souillac, un comune francese situato nel dipartimento del Lot. Tracce dei suoi antenati si trovano nei registri locali a partire dal 1466: una famiglia legata alla piccola borghesia artigianale e commerciale.[1]

Suo padre, Martin Malvy, direttore di un mulino, nel 1892 fu eletto sindaco di Souillac con la sinistra socialista radicale e nel 1894 consigliere generale del cantone.

Louis-Jean Malvy sposò nel 1901 Louise de Verninac, proveniente da una famiglia borghese della quale avevano fatto parte Raymond de Verninac, primo ministro sotto il regno di Luigi XVI, e Charles de Verninac, vicepresidente del Senato, nonché suocero di Louis-Jean Malvy.

Attività politica

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Membro del Partito Radicale, fu deputato per il collegio di Lot dal 1906 al 1919 e dal 1924 al 1942. Fu sottosegretario di Stato per la Giustizia dal 2 al 23 giugno 1911 e sottosegretario di Stato per l'Interno e la Religione dal 27 giugno 1911 al 14 gennaio 1912. Fu anche ministro del Commercio, dell'Industria, delle Poste e dei Telegrafi dal 9 dicembre 1913 al 16 marzo 1914, ministro dell'Interno dal 17 marzo 1914[2] al 31 agosto 1917 e dal 9 marzo al 15 giugno 1926.[3]

 
Relazione di Pierre Landrodié, prefetto della Charente-inférieure (15 agosto 1914, Archivi nazionali di Francia)

Allo scoppio della prima guerra mondiale, il 1º agosto 1914, Malvy decise di sospendere il Carnet B, il principale strumento di sorveglianza dello spionaggio francese e straniero, nonché degli oppositori alla mobilitazione nazionale. Tale manovra servì a evitare una possibile reazione dei lavoratori alla guerra e a permettere loro di aderire alla Sacra Unione dei partiti politici e dei movimenti religiosi.

Durante la protesta sociale del 1917 e in seguito allo sciopero operaio svoltosi a Parigi nel mese di giugno, Malvy si prodigò affinché gli imprenditori concedessero aumenti ai propri dipendenti in relazione all'alto costo della vita.

Il caso Malvy

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Attaccato dall'estrema destra, che lo presentò come il responsabile del fallimento della seconda battaglia dell'Aisne e come l'amante di Mata Hari, fu preso di mira da Léon Daudet, caporedattore de L'Action Française, il quale indirizzò una lettera al presidente della Repubblica Raymond Poincaré nella quale accusava il ministro di aver fornito informazioni militari alla Germania e di aver fomentato gli ammutinamenti del 1917.[4] Malvy chiese che fosse ascoltato alla Camera dei Deputati dal Presidente del Consiglio Paul Painlevé, cosa che avvenne 4 ottobre.

Nel luglio 1917 si diffuse la notizia dell’arresto del giornalista Émile-Joseph Duval (1864-1918), amministratore del periodico repubblicano Bonnet rouge, colto in flagranza di reato con un assegno di 150.000 franchi della banca Marx di Mannheim. Il ministero dell'Interno aveva sovvenzionato da tempo questo giornale, diretto dal fotografo e giornalista anarchico Miguel Almereyda.[5] Malvy fu accusato da Barrès in Senato e poi da Clemenceau, che concluse in questi termini: «Signor Ministro dell'Interno, la accuso di aver tradito gli interessi della Francia.[6]

Le Pays, quotidiano fondato nell'aprile del 1917 e diretto da Gaston Vidal per difendere le idee di Joseph Caillauxè, finì nel mirino del governo, che lo fece acquistare dall'industriale del tessile Jean Prouvost. Malvy si dimise il 31 agosto, causando la caduta del governo Ribot, e chiese di poter deporre dinanzi all'Alta Corte, all'epoca costituita dal Senato che lo aveva sostenuto durante tre anni di guerra. Antonin Dubost era il presidente del Senato e dell’Alta Corte.

Malvy fu condannato il 6 agosto 1918, dopo una dozzina di udienze, mentre l'Alta Corte modificò all'ultimo momento il capo d’accusa. Prosciolto dal reato di tradimento, fu ritenuto «colpevole di avere - in qualità di Ministro dell'Interno nell'esercizio delle sue funzioni - dal 1914 al 1917 disatteso, violato e tradito i doveri del suo ufficio», a delle condizioni che lo costituirono in stato di colpa grave e che incorsero nelle responsabilità penali previste dall'articolo 12 della legge 16 luglio 1875. Ciò risultava dall'estratto del verbale della cancelleria della corte di giustizia, firmato dall'impiegato e procuratore Mérillon.

Malvy fu condannato a cinque anni di esilio[4], fatto che provocò forti reazioni da parte della stampa di sinistra, la quale stigmatizzò la nascita di "un nuovo affare Dreyfus[7] Tuttavia Malvy rifiutò la proposta di Léon Jouhaux, segretario generale della Confédération générale du travail, che intendeva organizzare uno sciopero generale e andò in esilio a San Sebastián, in Spagna, dove dimorò fino alla fine del suo mandato di deputato di Lot, dato che l'Alta Corte non l’aveva privato dei suoi diritti civili.

Secondo Clemenceau, che lo fece giudicare, Malvy era uno capace di «stringere la mano a chiunque...», come poi fu dimostrato dall'incontro con Mussolini.

Dopo il caso

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Nel 1924 fu rieletto senza difficoltà deputato del dipartimento di Lot. Si rifiutò di dare retta agli amici che lo incalzavano nel chiedere la riabilitazione dai giudici, affermando di averla ricevuta dal popolo. Rimase in carica fino al 1940. Di nuovo Ministro degli Interni nel 1926, presiedette la Commissione Finanze della Camera dei Deputati fino al 1936.

Prima della seconda guerra mondiale, Malvy, che si opponeva al Fronte popolare, difese con il ministro Georges Bonnet il progetto di pace separata con Mussolini, che aveva incontrato personalmente, e inoltre sostenne anche gli accordi di Monaco, conclusi tra Daladier, Chamberlain e Hitler. Il 10 luglio 1940 votò per il conferimento dei pieni poteri a Philippe Pétain, osteggiato solo da ottanta parlamentari, scelta che nel 1945 gli valse l'accusa di indegnità nazionale e la conseguente ineleggibilità per dieci anni.

Morì il 10 giugno 1949 per un attacco di cuore.[8]

Malvy secondo Anatole de Monzie

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Nel suo volume intitolato Ci-devant, edito nel 1942 da Flammarion, Anatole de Monzie, funzionario eletto di Lot, sindaco di Cahors e più volte ministro della Terza Repubblica, dipinge un ritratto interessante e alquanto caustico di Malvy, in occasione dell'ingresso di suo genero Marcel Peyrouton nel governo di Vichy, nel maggio 1940:

(FR)

«Dans le Lot, un nom est accueilli avec une faveur spéciale : celui de Peyrouton, ministre de l'intérieur. Car Peyrouton est le gendre de Malvy et son avènement affirme une continuité de fortune familiale qui enchante nos habitudes de pensée. Malvy est entré comme gendre dans la politique : il continuait M. de Verninac, gentilhomme de gauche, fondateur de la république en Quercy, protecteur d'innombrables dynasties administratives. Longtemps Louis-Jean Malvy fut à gauche notre caution départementale ; on disait de moi : « Ce n'est pas un mauvais homme, dommage qu'il ne ressemble pas davantage à Malvy. » Mon indépendance fit repoussoir à mon collègue, à mon camarade du quartier latin, dont les avancements retardèrent mon utilisation. Et voici que la caution se déporte à droite. Des espoirs fleurissent prématurément à la publication de cette liste ministérielle qui rétablit L.J. Malvy dans ses prérogatives d'autrefois.»

(IT)

«Nel dipartimento di Lot si accoglie con particolare favore un nome: quello di Peyrouton, Ministro dell'Interno. Perché Peyrouton è il genero di Malvy e il suo avvento afferma una continuità di fortuna familiare che incanta le nostre abitudini di pensiero. Malvy entrò in politica come genero: continuò l’opera di M. de Verninac, gentiluomo di sinistra, fondatore della repubblica nel Quercy, protettore di innumerevoli dinastie amministrative. Per molto tempo Louis-Jean Malvy è stato il nostro garante dipartimentale a sinistra; la gente diceva di me: "Non è un uomo cattivo, peccato che non assomigli più a Malvy". La mia indipendenza ha scoraggiato il mio collega, un mio compagno nel quartiere latino, le cui promozioni hanno ritardato il mio utilizzo. Ed ecco che ora il garante si sposta a destra. Le speranze fioriscono prematuramente con la pubblicazione di questo elenco ministeriale che riporta LJ Malvy nelle sue prerogative del passato.»

  1. ^ (ES) Sergio Emiliozzi, Vida pública y ciudadanía en los orígenes de la modernidad: Consideraciones teóricas e históricas, su franciscorobles.com.ar (archiviato dall'url originale il 23 dicembre 2011).
  2. ^ Louis-Jean Malvy, su net.lib.byu.edu, Brigham Young University.
    «Malvy became a deputy in the Chamber of Deputies in 1906 as a Radical-Socialist, and served in several minor ministerial positions before the war. He became Minister of the Interior in Viviani's first ministry, retaining that post in Viviani's second ministry, both Briand's wartime ministries and the short-lived Ribot ministry; that is until the summer of 1917.»
  3. ^ (FR) Jean Jolly, Louis-Jean, Paul, Marc MALVY, in Dictionnaire des parlementaires français de 1889 à 1940, 1977.
  4. ^ a b L'affaire Malvy (1918), senat.fr.
  5. ^ (FR) Almereyda Miguel [Eugène, Bonaventure, Jean-Baptiste Vigo, dit], su maitron-en-ligne.univ-paris1.fr.
  6. ^ René Reouven, L'impossible pendaison d'Almereyda, in Historia, n° 356 bis, 1976, pp. 42-47.
  7. ^ Sabine Bernède, « Louis-Jean Malvy, l'autre Dreyfus », ladepeche.fr, 18 novembre 2007.
  8. ^ Louis Jean Malvy Dies, in Associated Press.

Altri progetti

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Collegamenti esterni

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