Luigi XVI di Francia
Luigi XVI di Borbone (Versailles, 23 agosto 1754 – Parigi, 21 gennaio 1793) è stato re di Francia dal 1774 al 1792, avendo ereditato il trono dal nonno Luigi XV; dal 1º ottobre 1791 regnò con il titolo di "re dei Francesi" fino al 10 agosto 1792, giorno della sua deposizione, e di fatto ultimo vero sovrano assoluto per diritto divino (monarca costituzionale dal 1791).
Luigi XVI di Francia | |
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Re di Francia e di Navarra | |
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In carica | 10 maggio 1774 – 1º ottobre 1791 |
Incoronazione | Cattedrale di Reims, 11 giugno 1775 |
Predecessore | Luigi XV |
Successore | sé stesso come Re dei Francesi |
Re dei Francesi | |
In carica | 1º ottobre 1791 – 21 settembre 1792 |
Predecessore | sé stesso come Re di Francia e Navarra |
Successore | monarchia abolita |
Nome completo | francese: Louis-Auguste de France italiano: Luigi Augusto di Francia |
Trattamento | Sua Maestà |
Altri titoli | Coprincipe di Andorra (1774-1792) Delfino di Francia (1765-1774) Duca di Berry (1754-1765) |
Nascita | Reggia di Versailles, 23 agosto 1754 |
Morte | Place de la Concorde, Parigi, 21 gennaio 1793 (38 anni) |
Luogo di sepoltura | Necropoli reale della basilica di Saint-Denis |
Casa reale | Borbone di Francia |
Dinastia | Capetingi |
Padre | Luigi di Francia |
Madre | Maria Giuseppina di Sassonia |
Consorte | Maria Antonietta d'Austria |
Figli | Maria Teresa Carlotta Luigi Giuseppe Luigi XVII Sofia Elena Beatrice |
Religione | Cattolicesimo |
Firma | ![]() |
Inizialmente amato dal popolo, sostenne la guerra d'indipendenza americana, ma non fu in grado di comprendere appieno gli eventi successivi in patria. Nei primi anni di regno Luigi fu un sovrano riformista: abolì la servitù della gleba, la corvée e la pena di morte per diserzione, oltre ad altre tasse imposte ai borghesi e al popolo in favore dei nobili, che furono ostili a queste decisioni, e tentò di migliorare le finanze e la situazione della Francia nominando ministri come Jacques Necker, infine convocando gli Stati generali.
Continuò la politica di emancipazione degli ebrei e restituzione dei diritti religiosi dei protestanti, di fatto ripristinando l'editto di Nantes abolito da Luigi XIV: emise l'editto di tolleranza di Versailles del 1787, coadiuvato da Malesherbes, verso tutti i non cattolici[1], e ratificò il provvedimento di piena cittadinanza agli ebrei del 1791 votato dall'Assemblea Nazionale.[2]
Dalla personalità esitante, accettò almeno formalmente la Costituzione, seppur personalmente contrario in quanto fautore convinto dell'assolutismo e del diritto divino dei re, e tentò di lasciare la Francia con la famiglia nel 1791 con la fuga a Varennes, atto che gli valse la riprovazione di una parte del popolo e probabilmente gli costò la vita poiché considerato un tradimento a favore dei controrivoluzionari emigrati e degli stati stranieri in guerra con la Francia.
Durante la Rivoluzione venne chiamato Luigi Capeto, in quanto discendente di Ugo Capeto, fondatore della dinastia, nell'intenzione di dissacrarne lo status di re, e soprannominato derisoriamente Louis le Dernier (Luigi Ultimo; in realtà non sarà l'ultimo re di Francia, distinzione che spetterà a Luigi Filippo, figlio di suo cugino Luigi Filippo II di Borbone-Orléans). Dopo la deposizione, l'arresto e l'instaurazione della Repubblica (1792), fu giudicato colpevole di alto tradimento dalla Convenzione nazionale, venendo condannato a morte e ghigliottinato nel 1793 a Parigi. La sua morte segnò la fine di un'epoca e di un regime. Il giovanissimo figlio Luigi XVII non regnò mai e morì in prigionia nel 1795.
Luigi XVI fu riabilitato legalmente, assieme alla consorte Maria Antonietta, ghigliottinata il 16 ottobre 1793, da suo fratello Luigi XVIII con la Restaurazione (1815) e con l'emanazione della legge contro i regicidi che puniva con l'esilio i membri della Convenzione Nazionale che avevano votato la condanna a morte (1816). La Chiesa cattolica, già dal 1793, ricorda la morte della famiglia reale, celebrando messe di suffragio, principalmente in Francia. La sorella Madame Elisabeth, serva di Dio, e Luigi furono paragonati ai martiri per odio alla fede da papa Pio VI.[3][4]
Biografia Modifica
Infanzia Modifica
Nato a Versailles nella notte del 23 agosto 1754, quarto figlio di Luigi delfino di Francia e di Maria Giuseppina di Sassonia, gli fu imposto il nome di Louis-Auguste e il titolo di duca di Berry. Subito battezzato dal cappellano reale, l'abate di Chabannes - una cerimonia solenne di battesimo, insieme con altri tre fratelli, sarà ripetuta nell'ottobre del 1761 - fu affidato alle cure della governante, la contessa di Marsan. Seguirono i festeggiamenti rituali, con fuochi di artificio e uno spettacolo teatrale a cui assistette tutta la Corte, il balletto La naissance d'Osiris di Jean-Philippe Rameau.
Alla prematura morte del fratello maggiore, il duca di Borgogna Luigi di Borbone-Francia, avvenuta il 22 marzo 1761, Louis-Auguste passò in secondo posto in linea di successione e cominciò la sua istruzione, curata dal precettore, l'ex-vescovo di Limoges Jean-Gilles de Cloëtlosquet, che aveva il compito di insegnargli la lingua e la letteratura latina, al quale si aggiungevano un grammatico, l'abate di Randovilliers, autore del trattatello De la manière d'apprendre les langues, il matematico Jean Antoine Nollet, un insegnante di storia, il conservatore Jacob-Nicolas Moreau, autore della Mémoire pour servir à l'histoire des Cacouacs, nella quale aveva polemizzato ironicamente contro gli illuministi, un insegnante di geografia, materia per la quale mostrò sempre particolare interesse, Philippe Buache, un diplomatico, l'abate Jean-Ignace de La Ville, funzionario del ministero degli Affari Esteri, che aveva il compito di erudirlo sulle complesse vicende della diplomazia internazionale, mentre il gesuita e bibliotecario reale, l'antivoltairriano Guillaume-François Berthier, era incaricato di insegnargli teologia e di educarlo ai principi dell'assolutismo.
Naturalmente, il completamento della sua educazione era assicurato dalle nobili attività sportive della scherma, dell'equitazione e del ballo, oltre che dalle indispensabili pratiche della devozione cattolica. Conosceva molte lingue straniere, tra cui l'inglese, il tedesco e l'italiano.
Erede al trono Modifica
Nel 1765, con la morte del padre, il duca di Berry divenne a soli undici anni il nuovo erede al trono. Mentre il nonno, rimasto vedovo nel giugno del 1768, rifiutava di convolare alle nuove nozze, proposte dalla Corte di Vienna, con l'arciduchessa Elisabetta, sfigurata dal vaiolo, ritenendosi ben più soddisfatto della nuova relazione con la giovane Madame du Barry, per il nipote accettava ufficialmente, il 13 giugno 1769, la candidatura di un'altra figlia di Maria Teresa d'Austria, la quattordicenne arciduchessa Maria Antonietta che, oltre a essere di bell'aspetto - come testimoniava il ritratto di Joseph Ducreux appositamente inviato da Vienna a Versailles - portava nelle casse reali 200.000 fiorini, una rendita di 20.000 scudi e una quantità di gioielli e oggetti preziosi.
Mentre l'ambasciatore francese confidava al cancelliere austriaco che «la natura sembra aver tutto negato a Sua Altezza Reale il Delfino. Nel contegno e nella conversazione il principe rivela una limitatissima attitudine al buon senso, grande mediocrità e una completa mancanza di sensibilità»[5], il 19 aprile 1770 si celebrava a Vienna il matrimonio per procura, celebrato dal nunzio pontificio Antonio Eugenio Visconti. Il corteo dei dignitari austriaci raggiunse Compiègne il 14 maggio, accolto dal re e dall'erede e il matrimonio dei due adolescenti fu celebrato a Versailles due giorni dopo, il 16 maggio 1770.
I giovani sposi, quindicenne lui e quattordicenne lei, iniziarono i rituali festeggiamenti di due settimane; cominciarono male e si conclusero anche peggio: la prima notte di nozze, il giovane Luigi non onorò i suoi doveri coniugali - una mancanza che si sarebbe ripetuta per anni - e il 30 maggio alcuni fuochi d'artificio caddero sulla folla festante e nel panico che ne seguì centinaia di parigini persero la vita calpestati e schiacciati nella ressa. Questo fu uno dei tanti episodi, che i più interpretarono come un cattivo presagio per la futura coppia di sovrani.
Regno (1774-1792) Modifica
Nuovo corso Modifica
Alla morte per vaiolo di Luigi XV, il 10 maggio 1774, il ventenne Louis-Auguste saliva al trono con il nome di Luigi XVI. Abolita, come primo provvedimento, una tassa - il droit de joyeux avènement, da pagare all'insediamento di ogni nuovo sovrano - mandata in convento l'ultima amante del nonno, licenziati alcuni ministri, richiamato a dirigere il Consiglio della corona il Maurepas, fatto esiliare da Madame de Pompadour, furono nominati ministro agli Affari Esteri il conte Charles Gravier de Vergennes, alla Guerra il maresciallo Louis Nicolas du Muy e alle Finanze il fisiocratico Jacques Turgot; il 12 novembre veniva reinsediato il Parlamento, sciolto nel 1771 da Luigi XV.
Nella cattedrale di Reims, l'11 giugno 1775, avvenne la cerimonia dell'incoronazione; l'arcivescovo Charles-Antoine de la Roche-Aymon unse otto volte il capo reale recitando l'antica formula: Ungo te in regem de oleo sanctificato in nomine Patri et Filii et Spiritus Sancti e, come re taumaturgo, Luigi impetrò la guarigione di alcuni malati di scrofola imponendo loro le mani.
Nello stesso anno fu iniziato in Massoneria, assieme ai suoi due fratelli il conte di Provenza e il conte d'Artois, in una Loggia fondata il primo agosto all'Oriente della Corte[6].
Era quello il tempo in cui i coloni inglesi d'America si erano apertamente rivoltati contro la madrepatria: la Francia sperò di sfruttare la situazione per riguadagnare almeno una parte delle colonie canadesi perdute al termine della Guerra dei sette anni. Mentre ufficialmente il governo francese dichiarava la propria neutralità nel conflitto, segretamente allacciava contatti con i rappresentanti del Congresso di Filadelfia, promettendo aiuti militari.
Crisi finanziaria Modifica
Il primo atto del ministero di Turgot fu di sottoporre al re una dichiarazione di principi: nessuna dichiarazione di bancarotta, nessun aumento delle tasse e forti riduzioni delle spese dello Stato, soppressione di alcune sinecure: il gigantesco deficit statale fu ridotto quel tanto che gli permise di negoziare con le banche un prestito al 4%. Pensava di sostituire le imposte indirette con una tassa generale sugli immobili, colpendo i maggiori redditi e favorendo i consumi e propose la liberalizzazione del commercio del grano con il decreto del 13 settembre 1774, incontrando l'opposizione del governo e del re: elogiato dagli illuministi, divenne oggetto della satira degli speculatori, fra i quali si contavano esponenti dell'alta aristocrazia. Il cattivo raccolto del 1774 portò l'anno dopo all'aumento del prezzo della farina e a conseguenti moti popolari che vennero repressi dal governo, nel quale entrò a far parte anche Malesherbes.
Anche la proposta dell'annullamento dell'Editto di Fontainebleau, che discriminava i protestanti, riconoscendo ai soli cattolici il diritto di culto, incontrò l'opposizione del clero che, riunito in assemblea, il 3 luglio 1775, dichiarava «infame» la libertà di pensiero e di stampa. Luigi XVI cedette.
Nel gennaio 1776 Turgot presentò al Consiglio reale i decreti con i quali intendeva sopprimere la corvée reale, le corporazioni - per favorire la libertà d'impresa - e imporre nuove tasse per i tre ordini della borghesia, dell'aristocrazia e del clero - quest'ultimo fu però subito esentato su richiesta del Maurepas. Venne sommerso da un coro di proteste: ebbe l'opposizione violenta della nobiltà e del Parlamento e la regina gli fu ostile, vedendosi negare la concessione di privilegi per i suoi favoriti, come la duchessa de Polignac o la principessa de Lamballe. Luigi XVI, che pure aveva imposto le nuove leggi attraverso un lit de justice, fece marcia indietro e lo licenziò il 12 maggio 1776. Ne ebbe in risposta una lunga lettera, nella quale Turgot scriveva che
«Sua Maestà ha bisogno di una guida più lungimirante per evitare gli errori di Carlo I Stuart, finito decapitato, e del sanguinario Carlo IX. Non dimenticate, Sire, che fu la debolezza a mettere la testa di Carlo I sul ceppo e a rendere crudele Carlo IX.»
Il sostituto Jean-Étienne-Bernard de Clugny-Nuys morì pochi mesi dopo, avendo fatto però in tempo ad aggravare gravemente le casse dello Stato indebitando l'erario di altri 15 milioni di lire. Il successore, il ginevrino Jacques Necker, non si oppose alle nuove spese necessarie a preparare la guerra contro l'Inghilterra e, confidando nella bontà del sistema creditizio, lanciò nuove obbligazioni che indebitarono l'erario di ulteriori 530 milioni di lire. Riuscì a fare delle economie ma evitò di toccare i privilegi dei nobili, guadagnandosi la loro riconoscenza e, il 19 febbraio del 1781, pubblicò - per la prima volta nella storia della Francia - un Rendiconto del bilancio statale, che era tuttavia in gran parte frutto dell'ottimismo della sua fantasia, rappresentando un avanzo di 10 milioni, avendo coscientemente trascurato di indicarvi molte voci passive.
Tuttavia risultarono finalmente pubbliche le ingenti spese di cui lo Stato si faceva carico per garantire prebende, pensioni e distrazioni a favore di chi aveva soltanto la fortuna di una nascita privilegiata. La grande popolarità acquisita dal Necker presso le classi alte si mutò così in ostilità aperta: il primo ministro Maurepas, già geloso del suo successo, prese a pretesto la fede protestante del Necker per rifiutargli l'ingresso nel Consiglio di Stato. Luigi XVI non solo non lo difese ma non volle nemmeno più riceverlo, così che Necker rassegnò le dimissioni nelle mani della regina il 19 maggio 1781.
Intanto il re, dopo sette anni di indugi, nell'agosto del 1777 aveva preso un'iniziativa che rese felice Maria Antonietta, tanto da indurla a scrivere alla madre che «otto giorni fa le nozze sono state pienamente consumate e ancora una volta ieri nel miglior modo possibile. Avrei voluto inviarti un corriere speciale per farti avere subito la lieta notizia, ma sarebbe stato eccessivo». Passeranno ancora molti mesi perché rimanesse incinta ma finalmente, il 19 dicembre 1778, alla presenza, come da etichetta, di un numeroso ed eterogeneo consesso, l'augusta consorte di Luigi dava alla luce - con malcelata delusione degli astanti - una bambina, che fu subito battezzata con il nome di Maria Teresa Carlotta (1778-1851). Per avere il sospirato erede - che tuttavia al trono non salirà mai - occorreranno altri anni: il 22 ottobre 1781 nascerà Luigi-Giuseppe-Saverio-Francesco (1781-1789), il 27 marzo 1785 Luigi-Carlo (1785-1795) e l'anno dopo cadrà l'ultimo lieto evento della nascita di Sofia Beatrice (1786-1787), destinata peraltro a morte prematura.
Politica estera Modifica
Guerra anglo-francese Modifica
L'8 febbraio 1778 la Francia rende pubblica l'alleanza stipulata con gli insorti americani e il 13 marzo rompe le relazioni diplomatiche con la Gran Bretagna, dando inizio alla guerra anglo-francese. La guerra è fortemente voluta da Luigi XVI che accolse a Versailles con tutti gli onori il borghese Benjamin Franklin e riuscì a coinvolgere nell'impresa la Spagna di Carlo III, in realtà timorosa di appoggiare una guerra d'indipendenza che poteva essere imitata dalle sue immense colonie americane, con il miraggio di recuperare la Florida, perduta quindici anni prima, le Baleari e Gibilterra.
Con il Trattato di Parigi, i francesi ottennero poco, se non si conta un'ulteriore aggiunta all'enorme debito nazionale. Necker si dimise nel 1781 per essere sostituito da de Calonne e de Brienne, prima di essere richiamato nel 1788. Venne ricercata un'altra riforma delle tasse, ma la nobiltà oppose resistenza nel corso dell'Assemblea dei Notabili (1787).
Rivoluzione francese e deposizione Modifica
Su consiglio del ministro Necker, il quale propose inizialmente ma invano al re di disconoscere gli elevati debiti accumulatisi nel corso degli anni fra le spese di corte e i finanziamenti per la partecipazione alla Guerra d'indipendenza americana (i cui costi raggiunsero complessivamente i 2.000 milioni di Livre dell'epoca), nonostante la regina fosse contraria, nel 1788 Luigi ordinò l'elezione degli Stati generali (la prima dal 1614), allo scopo di far approvare le riforme monetarie. L'elezione fu uno degli eventi che trasformarono il malessere generale nella rivoluzione francese, che cominciò nel giugno 1789. Il Terzo Stato si era autoproclamato come Assemblea nazionale; i tentativi di Luigi di controllarla, fra cui la chiusura dei cancelli di Versailles il 20 giugno 1789 (ricordato come uno dei più grandi atti di totale negligenza alla nazione), produssero come conseguenza l'uguale riunione dei deputati presso la sala della Pallacorda, in un edificio poco distante dal palazzo del re, ove venne stipulato il Giuramento della Pallacorda, la dichiarazione dell'Assemblea nazionale costituente il 9 luglio e la Presa della Bastiglia il 14 luglio. Maria Antonietta, ferma sostenitrice dell'assolutismo, cercò di convincere il marito a reprimere l'insurrezione, ma Luigi XVI non voleva provocare un conflitto a tutto campo e rifiutò, cedendo effettivamente Parigi ai rivoluzionari. In ottobre la famiglia reale venne costretta a spostarsi nel Palazzo delle Tuileries a Parigi da una folla tumultuante.
Nonostante la sua indecisione per riprendere in mano la situazione, era un conservatore e, in una lettera segreta inviata al re Carlo IV di Spagna il 12 ottobre 1789, si dichiarava contrario a ciò cui invece sembrava consentire: era costretto con la forza a quegli atti. Luigi era perplesso nei confronti delle riforme sociali, politiche ed economiche della rivoluzione, tuttavia puntava sempre a non creare strappi violenti. I principi rivoluzionari della sovranità popolare, benché centrali per i principi democratici dell'epoca successiva, segnarono una rottura decisiva rispetto al principio della monarchia assoluta che vedeva il trono e l'altare come cuore del governo. Ledendo tali principi, radicati profondamente nella concezione tradizionale della monarchia, nonostante le critiche del pensiero illuminista fossero ormai una koiné intellettuale nelle élite di mezza Europa, la Rivoluzione venne avversata da quasi tutta la precedente élite di governo francese e da praticamente tutti i governi europei. Anche alcune figure di spicco dell'iniziale movimento rivoluzionario erano dubbiose sui principi del controllo popolare del governo. Alcune di esse, soprattutto Honoré Gabriel Riqueti de Mirabeau, cercavano di deviare gli eventi verso una forma di monarchia costituzionale all'inglese.
La morte improvvisa di Mirabeau e la depressione di Luigi indebolirono fatalmente questi sviluppi. Il re non condivideva i propositi di restaurazione immediata e radicale fatta propria da alcuni parenti (il Conte d'Artois e il Conte di Provenza) e inviò a essi ripetuti messaggi pubblici e privati che li richiamavano a fermare i tentativi di lanciare una contro-rivoluzione (spesso attraverso il suo reggente nominato segretamente, l'ex ministro de Brienne), ma allo stesso tempo si sentiva a disagio di fronte alla sfida al ruolo tradizionale del monarca e al trattamento riservato a lui e alla sua famiglia. Era in particolare irritato dal fatto di essere tenuto praticamente prigioniero nelle Tuileries, dove la moglie venne costretta in modo umiliante a essere sorvegliata da soldati rivoluzionari nella sua stessa camera da letto, e dal rifiuto del nuovo regime di permettergli di scegliere sacerdoti e confessori cattolici di sua scelta, piuttosto che i "sacerdoti costituzionali" creati dalla Rivoluzione con la Costituzione civile del clero.
Il 21 giugno 1791, Luigi tentò la fuga con la famiglia, nella speranza di costringere la Rivoluzione a una svolta moderata, più di quanto fosse possibile restando nella Parigi radicale, ma pecche nel piano causarono ritardi sufficienti a far sì che venissero riconosciuti e catturati a Varennes. Questo fatto, unito ai documenti dell'armoire de fer, in cui si svelavano le trattative del re con le potenze nemiche, segnò di fatto la sua fine. Luigi venne ricondotto a Parigi dove rimase nominalmente come monarca costituzionale, ma in realtà agli arresti domiciliari, fino al 1792. Detestava privatamente e non accettò mai la Costituzione del 1791, che fu costretto a ratificare: come la moglie, sperava di schiacciare la rivoluzione e restaurare l'assolutismo borbonico.
Il 25 luglio 1792, Carlo Guglielmo Ferdinando, duca di Brunswick-Luneburg, comandante delle forze prussiane, pubblicò il cosiddetto Proclama di Brunswick, nel quale minacciava gli abitanti di Parigi di gravi sanzioni se fosse stato recato danno alla famiglia reale.[7] Il manifesto venne preso come prova definitiva di una collusione tra Luigi e le potenze straniere in una cospirazione contro il suo stesso paese per recuperare i suoi antichi poteri. Luigi venne arrestato ufficialmente il 13 agosto 1792, dopo essere stato deposto due giorni prima nel corso di una feroce battaglia sulle scale dello stesso palazzo. Il 21 settembre 1792, l'Assemblea Nazionale dichiarò che la Francia era una repubblica; il deposto Luigi XVI da allora venne chiamato ufficialmente "cittadino Luigi Capeto".
Condanna a morte ed esecuzione Modifica
Non vi era una unanimità circa la necessità di giudicare o meno il sovrano; alcuni deputati e giuristi sostenevano fosse illegale processare il re, in quanto un'amnistia votata dall'Assemblea nazionale del 30 settembre 1791 copriva eventuali crimini precedenti dal 1788 in poi, e la costituzione da essa promulgata dichiarava inviolabile la persona del re a partire dalla stessa data; tale prerogativa reale decadeva solo in caso di abdicazione forzata automatica per effettivo espatrio definitivo del sovrano o se si fosse messo alla testa di un esercito straniero contro lo Stato francese[8] ma egli non era uscito dai confini nazionali essendo stato intercettato a Varennes il 21 giugno 1791, ed era stato reintegrato nelle funzioni il 16 luglio. La deposizione sarebbe avvenuta quindi solo extra legem, abolendo la Costituzione e proclamando la Repubblica il 21 settembre 1792.[9]
La maggioranza parlamentare era però favorevole al processo, ma alcuni influenti montagnardi, tra i quali Robespierre e Saint-Just, premevano per una condanna senza processo, nel timore che un'eventuale assoluzione del re gettasse discredito sulla Rivoluzione. Il resto della Montagna era però in linea con le idee dei Girondini - anche se questi ultimi avrebbero preferito un rinvio - e della Pianura: il 5 dicembre la Convenzione nazionale decise di processare il sovrano e il 10 venne presentato un Atto enunciativo dei crimini di Luigi, tra i quali l'alto tradimento a causa dei documenti del cosiddetto armadio di ferro, contenenti prove di trattative segrete con potenze straniere.
Contrariamente ai regolari processi svoltisi alla Conciergerie, venne deciso di svolgere il processo a Luigi XVI presso l'aula del parlamento del Palazzo delle Tuileries, dinnanzi ai deputati della Convenzione nazionale, i quali ebbero anche il compito di decidere sulla sorte dell'ex sovrano una volta terminato il processo, che non venne svolto dal regolare Tribunale rivoluzionario. La prima apparizione di Luigi davanti all'Assemblea avvenne il 21 dicembre. Il sovrano decise di affidare l'organizzazione della difesa a Tronchet e Malesherbes (poi ghigliottinato), i quali individuarono nel giovane Raymond de Sèze l'avvocato giusto per l'arringa, pronunciata il 26. Dal 14 gennaio i deputati furono chiamati a esprimersi sulla colpevolezza dell'imputato, sull'opportunità di rivolgersi al giudizio popolare e sull'eventuale pena da infliggere al re.[10]
Il primo punto non fu soggetto a divisioni: la colpevolezza fu votata quasi all'unanimità, non vi furono voti contrari ma solo astensioni o assenze.[11] Sul secondo quesito, il ricorso al popolo, venne subito raggiunta la maggioranza. 423 deputati si opposero, mentre 286 votarono a favore: il timore era che il popolo, in gran parte ancora intimamente monarchico e sconvolto in maniera crescente dalla persecuzione inflitta a chi rimaneva fedele alla Chiesa di Roma (pochi mesi dopo sarebbe scoppiata la consistente rivolta realista e cattolica della Vandea), non emettesse un giudizio unanime contro il sovrano[12].
Il dibattito sulla pena fu più lungo e combattuto, dal momento che il primo scrutinio rivelò un grande equilibrio tra i sostenitori della pena di morte (366) e coloro che espressero parere negativo (355). La Gironda, favorevole alla sentenza capitale, ne chiedeva tuttavia il rinvio. Lanjuinais propose che il verdetto fosse approvato solo con una maggioranza dei due terzi (qualificata), ma Danton fece bocciare la richiesta.[13] Una maggioranza assoluta con un ampio scarto fu decisa vincolante. L'enciclopedista e illuminista Nicolas de Condorcet votò per la colpevolezza ma contro la pena capitale, chiedendo la "massima pena che non fosse la morte" cioè l'ergastolo, e questo lo fece entrare nel novero dei nemici dei montagnardi. Tra i giacobini solo l'abbé Grégoire votò contro la pena di morte per convinzione personale, pur ritenendo Luigi "un tiranno".
Sino all'ultimo, Luigi XVI pensò che nessuno avrebbe avuto la forza di ordinare la sua condanna a morte, che invece ottenne una maggioranza sufficiente il 17 gennaio 1793, in un ulteriore scrutinio, 387 voti favorevoli e 334 contrari, con cui la Convenzione condannò il re alla ghigliottina.[14] Raggiunto l'accordo sulla pena, restava da deciderne l'eventuale rinvio, il quarto quesito, bocciato il 19 gennaio con 383 voti contro 310.[13]
Il giorno della decapitazione, Luigi XVI, dopo essere stato tenuto prigioniero nella Torre del Tempio in una cella diversa da quella dei familiari, venne portato sul luogo delle esecuzioni in carrozza e non sulla carretta dei condannati, questo fu l'unico privilegio che gli venne concesso per evitare le umiliazioni della folla ma anche per ragioni di sicurezza; inoltre, vestì di bianco e teneva in mano il libro dei Salmi. Mostrando un coraggio esemplare, degno d'un re, venne ghigliottinato il 21 gennaio 1793 alle 10:10[15][16] in Piazza della Rivoluzione, l'attuale Place de la Concorde. La condanna fu eseguita dal boia Charles-Henri Sanson. Morì come cittadino Luigi Capeto e le sue ultime parole furono:
«Signori, sono innocente di tutto ciò di cui vengo incolpato. Auguro che il mio sangue possa consolidare la felicità dei francesi.»
Secondo altre testimonianze disse anche:
«Perdono coloro che hanno causato la mia morte e spero che il mio sangue non debba mai ricadere sulla Francia.[17]»
L'esecuzione non risultò perfetta e si trasformò in uno "spettacolo" molto più raccapricciante del solito: il boia Sanson, forse preso dalla fretta, posizionò in modo errato il condannato, e quando la lama cadde non recise completamente il collo e fu quindi necessario ripetere il procedimento, benché il re fosse già morto. Un assistente del boia mise all'asta i capelli e parte dei vestiti del re, e molti ne raccolsero il sangue. A mantenere l'ordine durante l'esecuzione fu un consistente assembramento di soldati rivoluzionari.
Alla sua morte, il figlio di soli otto anni, Luigi Carlo di Francia, divenne automaticamente, per i monarchici e gli stati internazionali, il re de jure Luigi XVII di Francia. Suo zio Luigi, conte di Provenza si autoproclamò reggente all'estero. La moglie, Maria Antonietta, lo seguì sulla ghigliottina il 16 ottobre 1793. Per l'esecuzione fu seguito il medesimo cerimoniale utilizzato per il marito, anche se fu portata in carretta. Alla regina fu vietato di indossare abiti vedovili durante il tragitto dalle prigioni alla ghigliottina, per cui al posto dell'abito nero che portava dal giorno della morte del re, indossò un vestito bianco, l'antico colore del lutto per le regine di Francia.
Sepoltura e posterità Modifica
Il giorno stesso dell'esecuzione, l'abbé Benoit Louis Le Duc, zio del re in quanto figlio illegittimo di Luigi XV, si presentò alla Convenzione chiedendo il corpo di Luigi XVI onde seppellirlo dignitosamente, ma gli fu negato.[18] Il re fu quindi sepolto nel vecchio Cimitero della Madeleine, dove diversi mesi dopo, a fianco, venne sepolta la regina.
I resti dei sovrani, come quelli di altri decapitati, furono cosparsi di calce viva e tumulati nel detto cimitero, ma in due fosse separate anziché in una fossa comune, l'uno al fianco all'altra, ad una profondità maggiore per evitare incursioni di realisti. La sera del 21 gennaio un prete costituzionale officiò un sommario funerale. Ventidue anni dopo, nel gennaio 1815, il fratello, Luigi XVIII, una volta diventato re, fece riesumare i resti di Luigi XVI seppellendoli poi nella Basilica di Saint-Denis, assieme a quelli della moglie Maria Antonietta. I loro corpi furono ritrovati grazie a Pierre-Louis-Olivier Desclozeaux, un anziano avvocato ed ex magistrato realista, che viveva in rue d'Anjou e ricordava dov'erano le sepolture. Egli aveva acquistato il terreno e recintato le sepolture del re e della regina con siepi, piantandovi anche due salici piangenti.
Il 21 gennaio 1815, giorno in cui cadeva il ventiduesimo anniversario dalla morte del re, avvenne una solenne processione sino all'abbazia di Saint-Denis, dove Luigi XVI e Maria Antonietta furono inumati, e dove venne eretto un sepolcro; su parte del cimitero della Madeleine Luigi XVIII fece costruire una cappella espiatoria, accanto alla chiesa della Madeleine. In Francia si sviluppò in seguito un certo culto del "re martire" e della "regina martire".[19]
Sia Luigi XVI, e di riflesso, seppur non ufficialmente, Maria Antonietta, che la sorella del re, Madame Elisabeth, furono considerati "martiri" da Papa Pio VI in due allocuzioni; secondo il pontefice il re fu decapitato, come Maria Stuarda, a causa della volontà di "protestanti anticattolici" (riferimento agli ugonotti: "già da tempo i Calvinisti avevano cercato di abbattere in Francia la Religione Cattolica; ma bisognava prima preparare gli animi") che diffusero secondo il papa il sentimento antimonarchico tramite gli scritti antireligiosi illuministi, in spregio alla religione e non solo per motivi politici: "E chi mai potrebbe mettere in dubbio che quel Re fu messo a morte per odio contro la Fede e oltraggio ai dogmi del Cattolicesimo?"[3]; nel caso del re avvenne a Roma il 17 giugno 1793, con il discorso Quare lacrymae.[4]
A differenza di quanto avvenuto con i Romanov, riabilitati ufficialmente dalla Corte suprema russa[20] e canonizzati dalla Chiesa ortodossa, Maria Antonietta e Luigi XVI non sono mai stati simbolicamente "assolti" dall'accusa di tradimento da parte dei tribunali francesi moderni, sebbene le condanne furono implicitamente annullate già con la restaurazione di Luigi XVIII, che punì con l'esilio (legge contro i regicidi del 1816, sollecitata dagli ultrarealisti del conte d'Artois, il futuro Carlo X) i membri della Convenzione ancora vivi, molti divenuti importanti sotto Napoleone, tra quelli che votarono la decapitazione del sovrano (tra essi Jacques-Louis David, Emmanuel Joseph Sieyès e Joseph Fouché, quest'ultimo inizialmente ministro anche sotto Luigi XVIII).[21]
Luigi continua d'altra parte ad avere molti critici. In Francia il 21 gennaio di ogni anno viene celebrato il tradizionale pranzo del Club de la Tête de Veau, che ricorda la decapitazione del sovrano con la degustazione di piatti a base di testa di vitello.[22] Nel suo romanzo L'educazione sentimentale lo scrittore francese Gustave Flaubert fa dire a un ex delegato del governo provvisorio del 1814 che tale usanza sarebbe stata una parodia delle celebrazioni che si tenevano in Inghilterra il 30 gennaio per celebrare l'anniversario della decapitazione di Carlo I (1649). Lo stesso Flaubert fa concludere al suo personaggio che ciò proverebbe che "l'imbecillità è feconda" ("la bêtise est féconde")[23].
Personalità di Luigi XVI Modifica
Luigi XVI viene descritto come un uomo debole, inadatto al trono o poco capace di prendere decisioni difficili. Sulla psicologia di Luigi XVI sono state fatte diverse osservazioni, per esempio che fosse affetto da una nevrosi ossessiva dato la sua mania di annotare ogni minima cosa (anche gli animali – rondini, cani, ecc. – uccisi per sbaglio durante le sue predilette battute di caccia) o la passione sullo smontare e rimontare orologi. Si è detto anche che soffrisse di criptoforia, una sorta di psicosi tipica di chi nasconde al proprio interno la "personalità fantasma";[24] essa può essere, in un particolare senso psicoanalitico, di un'altra persona, spesso un fratello o una sorella. Nel caso di Luigi, probabilmente, fu quella del fratello maggiore, il duca di Borgogna, morto prima di lui, facendolo divenire erede al trono come Delfino di Francia: infatti era un destino che, da giovane, Luigi pensava forse di non dover mai affrontare e che gli pesò molto, imponendosi appunto di dover sostituire il fratello.[25]
Rapporto con la moglie Maria Antonietta Modifica
Il matrimonio tra Luigi XVI e Maria Antonietta fu relativamente tranquillo e accomodante, nonostante i due fossero estremamente diversi sia per temperamento fisico sia per interessi: infatti, non era possibile che scaturissero tensioni poiché il re e la regina evitavano ogni attrito tra di loro, il primo per apatia, la seconda per noncuranza.[26] L'unico pesante ostacolo alla felicità coniugale dei sovrani di Francia fu rappresentato dalla mancata consumazione delle nozze nei primi sette anni di matrimonio. Per molto tempo si ritenne che Luigi XVI fosse affetto da una dolorosa fimosi, che gli impedì per molto tempo di avere rapporti sessuali.[27] Tuttavia durante una visita a Parigi l'imperatore Giuseppe II, fratello di Maria Antonietta, dopo aver parlato con il re, arrivò alla conclusione che egli soffrisse di problemi eminentemente psicologici, e praticasse il coito interrotto.[28] Ciò che rendeva questa situazione ancora più insopportabile per la giovane coppia era il fatto che, in quanto sovrani, la loro vita era sotto gli occhi di tutta la corte di Versailles, che da dietro le quinte malignava sui loro insuccessi, come era stato per Luigi XIII, considerato a lungo impotente o omosessuale. Luigi XVI era inibito con le donne anche dal fatto di essere cresciuto in un ambiente dove dominavano le amanti di Luigi XV, verso le quali provava repulsione.[29][30]
L'umiliazione derivante da questa peculiare circostanza lasciò una macchia indelebile sulla loro relazione coniugale.[31] Dal momento che non poteva soddisfare fisicamente la moglie né metterla nella circostanza di procreare un erede maschio per la Francia, Luigi XVI permise che la regina si desse a divertimenti costosi e sciocchi per sopperire alle sofferenze del matrimonio e per dimenticare mortificazione e solitudine. Maria Antonietta, tranne che nelle questioni politiche, riusciva a ottenere dal re tutto quello che desiderava, nonostante questi non approvasse i suoi comportamenti, le sue considerevoli spese, né apprezzasse le persone di cui si era circondata. Tuttavia, il re cedeva sempre dinanzi alle richieste di Maria Antonietta, come per scusarsi delle proprie colpe, che segretamente facevano soffrire entrambi.[32]
L'arrendevolezza di Luigi XVI nei confronti della moglie faceva sentire quest'ultima superiore al re. Tuttavia, da un punto di vista prettamente politico, Maria Antonietta non riuscì ad avere particolare presa sul consorte, nonostante sia l'imperatrice Maria Teresa sia l'ambasciatore Mercy l'avessero spesso esortata ad acquistarsi le simpatie di Luigi XVI al fine di influenzare la sua politica estera in favore della Casa d'Austria. Pertanto Maria Antonietta si sentiva autorizzata dall'alto a pensare di essere superiore al re, un uomo che non amava e che l'aveva per anni umiliata come donna, respingendola sentimentalmente e fisicamente.[33] In un'occasione, poco dopo l'incoronazione di Luigi XVI nel 1775, Maria Antonietta si azzardò, con grande scandalo della madre, a definire il marito «quel pover'uomo».[34] Luigi e Maria Antonietta si riavvicinarono solo dopo che ebbero la prima figlia, tanto che ne ebbero altri tre, successivamente.[35] Alla fine, soprattutto durante la prigionia, Luigi XVI e la moglie arrivarono a un profondo affetto, se non amore, l'uno per l'altra, tanto che la regina propose a Luigi di passare l'ultima notte insieme, prima della decapitazione del re. Luigi rifiutò, ma solo perché voleva passarla in preghiera, come era stato alla vigilia dell'incoronazione.[36]
Onorificenze Modifica
Ascendenza Modifica
Genitori | Nonni | Bisnonni | Trisnonni | ||||||||||
Luigi, duca di Borgogna | Luigi, il Gran Delfino | ||||||||||||
Duchessa Maria Anna Vittoria di Baviera | |||||||||||||
Luigi XV di Francia | |||||||||||||
Maria Adelaide di Savoia | Vittorio Amedeo II di Savoia | ||||||||||||
Anna Maria d'Orléans | |||||||||||||
Luigi di Borbone-Francia | |||||||||||||
Stanisalo I di Polonia | Conte Rafal Leszczynski | ||||||||||||
Principessa Anna Jablonowska | |||||||||||||
Maria Leszczyńska | |||||||||||||
Caterina Opalińska | Conte Jan Karol Opalinski | ||||||||||||
Contessa Zofia Czarnkowska | |||||||||||||
Luigi XVI di Francia | |||||||||||||
Augusto II di Polonia | Giovanni Giorgio III di Sassonia | ||||||||||||
Anna Sofia di Danimarca | |||||||||||||
Augusto III di Polonia | |||||||||||||
Cristiana di Brandeburgo-Bayreuth | Cristiano Ernesto di Brandeburgo-Bayreuth | ||||||||||||
Sofia Luisa di Württemberg | |||||||||||||
Maria Giuseppina di Sassonia | |||||||||||||
Giuseppe I d'Asburgo | Leopoldo I d'Asburgo | ||||||||||||
Eleonora del Palatinato-Neuburg | |||||||||||||
Maria Giuseppa d'Austria | |||||||||||||
Guglielmina Amalia di Brunswick-Lüneburg | Giovanni Federico di Brunswick-Lüneburg | ||||||||||||
Benedetta Enrichetta del Palatinato | |||||||||||||
Nella cultura di massa Modifica
Filmografia Modifica
Note Modifica
- ^ Édit de Versailles (7 novembre 1787) - Édit du roi [Louis XVI concernant ceux qui ne font pas profession de la religion catholique dit aussi Édit de Tolérance]
- ^ Graetz Heinrich, Histoire des Juifs, Site Méditerranée antique de François-Dominique Fournier, 1853-1875, III, 4, 14.
- ^ a b Il martirio della Famiglia Reale di Francia - Santi e Beati
- ^ a b ALLOCUZIONE QUARE LACRYMAE DEL SOMMO PONTEFICE PIO VI - su vatican.va
- ^ Mercy-Argenteau, Correspondance secrète du comte de Mercy-Argenteau avec Joseph II et le prince de Kaunitz, 1891
- ^ (FR) " Le roi Louis XVI était franc-maçon. Pour lui et pour ses deux frères, le comte de Provence et le comte d'Artois, avait été fondée le 1er août 1775, "à l'orient de la Cour", une loge dénommée "la Militaire- des-Trois-Frères-unis", Louis Amiable, Une Loge maçonnique d'avant 1789. La R. L. Les Neufs Soeurs, Parigi, 1897, p. 96.
- ^
Ecco che cosa recitava il proclama, pubblicato a Parigi il 1º agosto 1792:«Nel caso in cui venga usata la più piccola violenza o venga recata la minima offesa nei confronti delle loro Maestà, il re, la regina e la famiglia reale; se non si provvede immediatamente alla loro sicurezza, alla loro protezione e alla loro libertà, esse (la Maestà imperiale e reale) si vendicheranno in modo esemplare e memorabile, abbandoneranno cioè la città a una giustizia militare sommaria e i rivoltosi colpevoli di attentati subiranno le pene che si saranno meritati.»
- ^ Costituzione francese del 1791, capitolo II, sezione prima "Della dignità regale e del re", articoli 2, 6, 7, 8
- ^ Louis-François Jauffret, « Chapitre II- Rapport et projet de décret, présentés à la Convention nationale, au nom du Comité de Législation, le 7 novembre 1792, l'an premier de la République, par Jean Mailhe, député du département de la Haute-Garonne », dans Histoire impartiale du procès de Louis XVI, ci-devant Roi des Français, t. 1, Paris, Chez C. F. Perlet, an 1 de la république (lire en ligne), p. 94-125
- ^ F. Furet-D. Richet, La Rivoluzione francese, Bari 1998, tomo primo, pp. 213 e ss.
- ^ Michel Biard, Philippe Bourdin, Silvia Marzagalli, Révolution, Consulat, Empire : 1789-1815, Pairs, Belin, 2014, 715 p., p. 104
- ^ Pierre Gaxotte, La Rivoluzione Francese, Mondadori, Milano 1989, capp. 9-10-11-12.
- ^ a b F. Furet-D. Richet, loc. cit.
- ^ A. Mathiez-G. Lefebvre, La rivoluzione francese, vol. I, p. 325.
- ^ Una precisa descrizione de visu della decapitazione di Luigi XVI, e dei fatti che l'hanno preceduta e seguita, è presente nelle lettere (quelle relative alla decapitazione sono del 21 e del 28 gennaio 1793) che il nobile di Parma Giuseppe De Lama inviò settimanalmente al duca Ferdinando di Borbone da Parigi, dove questi lo aveva mandato con l'incarico di tenerlo informato sulle vicende rivoluzionarie. Queste lettere sono nel Carteggio Borbonico all'Archivio di Stato di Parma: vedi D. Olmo, La rivoluzione francese attraverso i rapporti dei Diplomatici parmensi De Virieu e De Lama, Archivio storico per le Provincie Parmensi, XXX (1930) pp. 163-210, isbn 9780486228983.
- ^ (FR) MÉMOIRE ÉCRIT PAR MARIE-THÉRÈSE-CHARLOTTE DE FRANCE SUR LA CAPTIVITÉ DES PRINCES ET PRINCESSES SES PARENTS DEPUIS LE 10 AOUT 1792 JUSQU'A LA MORT DE SON FRÈRE ARRIVÉE LE 9 JUIN 1795, su penelope.uchicago.edu, p. Première Partie: La mort de Louis XVI.«Il reçut le coup de la mort le 21 Janvier 1793, un lundi, à 10 heures 10 minutes.»
- ^ La morte di Maria Antonietta
- ^ Benoit Louis Le Duc
- ^ Evelyne Lever, Maria Antonietta - L'ultima regina, Milano, BUR Biografie, 2007, p. 409.
- ^ La Russia riabilita lo zar Nicola II. Fu una vittima del bolscevismo, su lastampa.it, La Stampa, 1º ottobre 2008. URL consultato il 12 novembre 2014 (archiviato il 13 novembre 2014).
- ^ Regards sur le(s) régicide(s), 1814-1830, su siecles.revues.org. URL consultato il 26 maggio 2019 (archiviato il 28 ottobre 2017).
- ^ Heads will roll, articolo di Jay Cheshes del 13 gennaio 2013 su www.civilianglobal.com(consultato nel giugno 2013)
- ^ Narration and Description in the French Realist Novel:, James H. Reid; Cambridge University Press, 1993, on-line su http://books.google.it/ (consultato nel giugno 2013)
- ^ Nicholas Abraham, Maria Torok, La scorza e il nocciolo, trad. F. Ortu, a cura di L. Russo, P. Cupelloni, ed. Borla 1993
- ^ 21 gennaio 1793: Luigi XVI sulla ghigliottina, si compie la maledizione dei Templari, su telesanterno.com. URL consultato il 20 luglio 2019 (archiviato dall'url originale il 9 gennaio 2018).
- ^ Stefan Zweig, Maria Antonietta - Una vita involontariamente eroica pp. 95-96.
- ^ Fimosi su Atlante medicina
- ^ Giuseppe II sosteneva che Luigi avesse delle erezioni soddisfacenti ma che, una volta inserito il membro, non restasse abbastanza a lungo da eiaculare, compiendo l'atto sessuale soltanto per dovere e non per piacere, a causa dell'educazione eccessivamente religiosa ricevuta, che l'aveva reso sessuofobico
- ^ Biografia di Maria Antonietta
- ^ Antonio Spinosa con Carmine Mastroianni, Luigi XVI, l'ultimo sole di Versailles, Mondadori 2007.
- ^ Craveri, Amanti & Regine- Il potere delle donne, p. 358.
- ^ Zweig, p. 41.
- ^ Lever, Maria Antonietta. L'ultima regina p. 127.
- ^ Lever, op. cit. p. 106.
- ^ Lever, op. cit.
- ^ Il mistero di Luigi XVII Archiviato il 15 luglio 2013 in Internet Archive.
- ^ Nella versione italiana del cartone, la voce di Luigi XVI è stata doppiata da Marco Guadagno.
Bibliografia Modifica
- Antonio Spinosa, Luigi XVI con Carmine Mastroianni L'ultimo sole di Versailles, Milano, Mondadori, 2008, ISBN 978-88-04-58134-5.
Altri progetti Modifica
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Collegamenti esterni Modifica
- Luigi XVI, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2010.
- (EN) Luigi XVI di Francia, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
- Opere di Luigi XVI di Francia, su openMLOL, Horizons Unlimited srl.
- (EN) Opere di Luigi XVI di Francia, su Open Library, Internet Archive.
- (FR) Pubblicazioni di Luigi XVI di Francia, su Persée, Ministère de l'Enseignement supérieur, de la Recherche et de l'Innovation.
- (EN) Opere riguardanti Luigi XVI di Francia, su Open Library, Internet Archive.
- (EN) Spartiti o libretti di Luigi XVI di Francia, su International Music Score Library Project, Project Petrucci LLC.
- (CA) Luigi XVI di Francia (XML), in Gran Enciclopèdia Catalana on line, Enciclopèdia Catalana.
Controllo di autorità | VIAF (EN) 212882453 · ISNI (EN) 0000 0001 2130 7691 · SBN IEIV021255 · BAV 495/54030 · CERL cnp01260993 · Europeana agent/base/146743 · ULAN (EN) 500122357 · LCCN (EN) n80038425 · GND (DE) 118574949 · BNE (ES) XX953502 (data) · BNF (FR) cb120081657 (data) · J9U (EN, HE) 987007264733505171 · NDL (EN, JA) 00621018 · WorldCat Identities (EN) lccn-n80038425 |
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