Onicofagia

disturbo compulsivo che porta il soggetto a mangiare le proprie unghie
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L'onicofagia è un disturbo che porta il soggetto, pediatrico o adulto, a mangiare compulsivamente le proprie unghie. Secondo la teoria psicoanalitica è un sintomo di fissazione orale[1].

Onicofagia
Le unghie di un onicofago
Specialitàpsichiatria e psicologia
Classificazione e risorse esterne (EN)
ICD-9-CM307.9
ICD-10F98.8
MeSHD009259

Classificazione modifica

Il DSM-IV-R classifica l'onicofagia come un disturbo del controllo degli impulsi, mentre l'ICD-10 lo classifica tra gli altri disturbi specifici del comportamento e delle emozioni che si presentano classicamente durante l'infanzia e l'adolescenza[2].

Epidemiologia modifica

Il disturbo è rilevabile nel 30% dei bambini di età compresa tra i 7 e i 10 anni e nel 45% degli adolescenti[3]. Le dieci unghie della mano sono solitamente tutte morse allo stesso modo e risultano circa della stessa lunghezza[3]. La diagnosi può essere ritardata perché spesso i pazienti tendono a negare o a ignorare le conseguenze del disturbo[4].

Conseguenze sulla salute modifica

L'onicofagia può portare al danneggiamento dell'iponichio, la porzione di pelle posta alla base e ai lati dell'unghia. Questo può portare a una maggior suscettibilità ad agenti batterici o virali e causare un patereccio. Anche la saliva può avere un ruolo nell'arrossamento e nell'infezione dell'area[3]. L'onicofagia è correlata anche alla patologia dentale e può portare a malocclusione e danno gengivale[5][6] e può facilitare il trasporto di microbi dall'ano alla bocca[7][8]. L'ingestione dei residui ungueali può provocare anche danni gastrici[6]. La persistenza del disturbo negli anni può, in taluni casi, comportare una deviazione e deformazione delle dita[9].

Disturbi correlati modifica

L'onicofagia è correlata ad altri disturbi comportamentali ripetitivi quali la dermatillomania, la dermatofagia, la cheilofagia e la tricotillomania[4]. Risulta inoltre essere più comune in uomini con disturbi del comportamento alimentare[10] e in giovani affetti da disturbo ossessivo-compulsivo[11].

Trattamento modifica

Il trattamento più comune, economico e ampiamente disponibile, è quello di applicare alle unghie uno smalto chiaro e di sapore amaro. Normalmente viene utilizzato il benzoato di denatonio uno dei composti chimici noti più amari e il sapore scoraggia l'abitudine di mangiarsi le unghie[12]. Sono disponibili anche bocchini che aiutano nella prevenzione dell'onicofagia[13].

Terapia comportamentale modifica

La terapia comportamentale è utile quando più semplici misure non sono efficaci. La Habit Reversal Training (HRT), che cerca di far disimparare l'abitudine di mangiarsi le unghie ed eventualmente sostituirlo con un comportamento più costruttivo, ha dimostrato maggiore efficacia rispetto al placebo nei bambini e negli adulti[14][15]. In aggiunta al HRT, è usata anche la terapia del controllo degli stimoli sia per identificare sia per eliminare lo stimolo che fa scattare l'impulso[16]. La cosmesi (trattamento ricostruzione delle unghie) può aiutare a superare gli effetti sociali dell'onicofagia[17], mentre l'utilizzo di pigiami integrali, che coprano anche le unghie dei piedi, possono fornire al bambino l'abitudine a evitare di mordersi le unghie dei piedi[18].

Terapia farmacologica modifica

Nessun farmaco è stato valutato tramite studi clinici in doppio cieco che potessero affermare o negare una significativa differenza di risultati rispetto a quelli dovuti all'effetto placebo[19]. La fluoxetina e la fluvoxamina sono stati utilizzati per disturbi simili, quali la dermatillomania, con risultati contrastanti, tanto che si ritiene che la somministrazione di antidepressivi SSRI possa in realtà esacerbare l'onicofagia nei pazienti affetti da disturbo ossessivo-compulsivo[19]. Infine, uno studio di comparazione tra clomipramina e desipramina, entrambi antidepressivi triciclici, ha indicato una maggiore efficacia del primo farmaco nella terapia dell'onicofagia non associata a DOC[19].

Note modifica

  1. ^ Dennis Coon, Psychology: A Modular Approach To Mind And Behavior, Wadsworth Publishing, 2005, pp. 424, ISBN 0-534-60593-1.
  2. ^ Impulse control disorder, su ic.steadyhealth.com, SteadyHealth, 30 dicembre 2010. URL consultato il 28 aprile 2012.
  3. ^ a b c Leung AK, Robson WL, Nailbiting, in Clin Pediatr (Phila), vol. 29, n. 12, 1990, pp. 690–2, DOI:10.1177/000992289002901201, PMID 2276242.
  4. ^ a b Bohne A, Keuthen N, Wilhelm S, Pathologic hairpulling, skin picking, and nail biting, in Ann Clin Psychiatry, vol. 17, n. 4, 2005, pp. 227–32, DOI:10.1080/10401230500295354, PMID 16402755.
  5. ^ Krejci CB, Self-inflicted gingival injury due to habitual fingernail biting, in J. Periodontol., vol. 71, n. 6, giugno 2000, pp. 1029–31, DOI:10.1902/jop.2000.71.6.1029, PMID 10914808.
  6. ^ a b Tanaka OM, Vitral RW, Tanaka GY, Guerrero AP, Camargo ES, Nailbiting, or onychophagia: a special habit, in Am J Orthod Dentofacial Orthop, vol. 134, n. 2, agosto 2008, pp. 305–8, DOI:10.1016/j.ajodo.2006.06.023, PMID 18675214.
  7. ^ Sung JF, Lin RS, Huang KC, Wang SY, Lu YJ, Pinworm control and risk factors of pinworm infection among primary-school children in Taiwan, in Am. J. Trop. Med. Hyg., vol. 65, n. 5, novembre 2001, pp. 558–62, PMID 11716114.
  8. ^ Baydaş B, Uslu H, Yavuz I, Ceylan I, Dağsuyu IM, Effect of a chronic nail-biting habit on the oral carriage of Enterobacteriaceae, in Oral Microbiol. Immunol., vol. 22, n. 1, 2007, pp. 1–4, DOI:10.1111/j.1399-302X.2007.00291.x, PMID 17241163.
  9. ^ Jabr FI, Severe nail deformity. Nail biting may cause multiple adverse conditions, in Postgrad Med, vol. 118, n. 3, settembre 2005, pp. 37–8, 42, PMID 16201307.
  10. ^ Mangweth-Matzek B, Rupp CI, Hausmann A, Gusmerotti S, Kemmler G, Biebl W, Eating disorders in men: current features and childhood factors, in Eat Weight Disord, vol. 15, 1–2, 2010, pp. e15–22, PMID 20571316.
  11. ^ Grant JE, Mancebo MC, Eisen JL, Rasmussen SA, Impulse-control disorders in children and adolescents with obsessive–compulsive disorder, in Psychiatry Res, vol. 175, 1–2, gennaio 2010, pp. 109–13, DOI:10.1016/j.psychres.2009.04.006, PMC 2815218, PMID 20004481.
  12. ^ Allen KW, Chronic nailbiting: a controlled comparison of competing response and mild aversion treatments, in Behav Res Ther, vol. 34, n. 3, marzo 1996, pp. 269–72, DOI:10.1016/0005-7967(95)00078-X, PMID 8881096.
  13. ^ Arthur Max, Dutchman Offers 'Cure' for Nail Biting, The Washington Post, 8 settembre 2007. URL consultato il 22 marzo 2008.
  14. ^ Twohig MP, Woods DW, Marcks BA, Teng EJ, Evaluating the efficacy of habit reversal: comparison with a placebo control (PDF) [collegamento interrotto], in J Clin Psychiatry, vol. 64, n. 1, gennaio 2003, pp. 40–8, DOI:10.4088/JCP.v64n0109, PMID 12590622.
  15. ^ Woods DW, Murray LK, Fuqua RW, Seif TA, Boyer LJ, Siah A, Comparing the effectiveness of similar and dissimilar competing responses in evaluating the habit reversal treatment for oral-digital habits in children, in J Behav Ther Exp Psychiatry, vol. 30, n. 4, dicembre 1999, pp. 289–300, DOI:10.1016/S0005-7916(99)00031-2, PMID 10759325.
  16. ^ Fred Penzel, Skin picking and nail biting: related habits, su westsuffolkpsych.homestead.com, Western Suffolk Psychological Services. URL consultato il 22 marzo 2008.
  17. ^ Iorizzo M, Piraccini BM, Tosti A, Nail cosmetics in nail disorders, in J Cosmet Dermatol, vol. 6, n. 1, marzo 2007, pp. 53–8, DOI:10.1111/j.1473-2165.2007.00290.x, PMID 17348997.
  18. ^ RM Bakwin, H Bakwin, Psychologic care of the preschool child, The Journal of Pediatrics, 1940, DOI:10.1016/S0022-3476(40)80123-6.
  19. ^ a b c A. Ghanizadeh, Nail biting; etiology, consequences and management., in Iran J Med Sci, vol. 36, n. 2, giugno 2011, pp. 73-9, PMID 23358880.

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