Orario di lavoro
L'orario di lavoro è il periodo di tempo che una persona dedica al lavoro retribuito. Il lavoro non retribuito come le faccende domestiche personali, la cura dei bambini o degli animali domestici non sono considerati parte della settimana lavorativa.

Sinossi generaleModifica
Molti Stati del mondo regolano la settimana lavorativa nel proprio sistema del diritto del lavoro, stabilendo periodi minimi di riposo giornaliero, ferie annuali e un numero massimo di ore lavorative settimanali. L'orario di lavoro può variare da persona a persona, spesso a seconda delle condizioni economiche, dell'ubicazione, della cultura, della scelta dello stile di vita e della redditività dei mezzi di sussistenza dell'individuo. Ad esempio, chi ha bambini e paga un mutuo potrebbe dover lavorare di più per coprire le spese primarie rispetto a qualcuno con la stessa capacità di guadagno e costi di alloggio inferiori. Nei paesi sviluppati come il Regno Unito, alcuni lavoratori scelgono il part-time perché non sono in grado di trovare un lavoro a tempo pieno, ma molti scelgono orari di lavoro ridotti per prendersi cura dei bambini o di altre famiglie; alcuni lo scelgono semplicemente per aumentare il tempo libero.
Norme internazionaliModifica
La Convenzione ILO sull'orario di lavoroModifica
La prima convenzione approvata dall'International Labour Organization riguarda la limitazione dell'orario di lavoro dipendente (Hours of Work (Industry) Convention, 1919 (No. 1)).
Ad eccezione delle sole posizioni manageriali e di supervisione, la Convenzione (art. 2) impone nel settore pubblico e privato un doppio limite massimo alle ore lavorate, tassativo e inderogabile: 8 ore giornaliere e 48 ore settimanali. Solo in presenza di un accordo sindacale, il limite può essere derogato al un massimo di un'ora giornaliera "a recupero", laddove in alcuni giorni si lavori meno di otto ore. In ogni caso, la media di ore, rilevata nell'arco di 3 settimane consecutive, di lavoro deve essere pari a 8 ore al giorno e 48 ore a settimana, con il vincolo di un massimo di 9 ore al giorno.
Altre eccezioni sono: lavoro urgente alle macchine utensili, cause di forza maggiore, lavorazione continue di processo (es. altoforno).
Sottoscritta nel 1921, la Convenzione non è mai stata emendata ed è tuttora vigente. Diversamente da altri protocolli della ILO in materie analoghe, come la Convenzione inerente al lavoro forzato minorile del 2014, il Parlamento Europeo non ha mai recepito la Convenzione in una Direttiva né ha autorizzato gli Stati membri a ratificare la convenzione, rendendola legalmente vincolante.
Vari Paesi europei non hanno più questa Convenzione in forza[1]. Aderiscono soltanto: Belgio, Bulgaria, Grecia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Romania, Slovacchia, Spagna, Portogallo.
Le novità delle Direttive UE n. 93/104/CE, 2000/34/CE e 2003/88/CEModifica
Il decreto n.66/2003, in attuazione delle Direttive citate, ha modificato la precedente normativa del '23 apportando notevoli cambiamenti, abrogando tutti i limiti alle ore di straordinario giornaliero, settimanale, annuale. Ha introdotto il concetto di orario medio, in base al quale il datore deve pagare la maggiorazione per lavoro straordinario, oltre un certo monte ore per periodo, non più per tutte le ore che superano le 8 giornaliere, introducendo per la prima volta il concetto di pausa giornaliera.
Superando la nozione di orario medio, la più recente Direttiva 2003/88/CE dispone che:
- CAPO 2 ART 3: “Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici, nel corso di ogni periodo di 24 ore, di un periodo minimo di riposo di 11 ore consecutive.”
- CAPO 2 ART 5: “Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici, per ogni periodo di 7 giorni, di un periodo minimo di riposo ininterrotto di 24 ore a cui si sommano le 11 ore di riposo giornaliero previste all'articolo 3.” In base all'art. 16, “gli Stati membri possono prevedere per l'applicazione dell'articolo 5 (riposo settimanale), un periodo di riferimento non superiore a 14 giorni”;
- Capo 2 ART 6: ” (…) in funzione degli imperativi di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori: la durata media dell'orario di lavoro per ogni periodo di 7 giorni non deve superare le 48 ore, comprese le ore di lavoro straordinario.”
- CAPO 2 Art.8: “Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché (…) i lavoratori notturni il cui lavoro comporta rischi particolari o rilevanti tensioni fisiche o mentali non lavorino più di 8 ore nel corso di un periodo di 24 ore ”
Disciplina giuridica nel mondoModifica
ItaliaModifica
Per lungo tempo la disciplina sull'orario di lavoro è stata dettata dal regio decreto del 10 settembre 1923, n. 1955 e dal regio decreto legge 15 marzo 1923 n. 692, convertito in legge 17 aprile 1925 n. 473, che fissava in 8 ore giornaliere e 48 ore settimanali il tetto massimo di esigibilità del lavoro.[2] Lo stesso provvedimento si preoccupava di fissare dei limiti anche al lavoro straordinario, rispettivamente in 2 ore giornaliere e 12 ore settimanali.[3]
Il 29 maggio 1937, attraverso il Regio Decreto-Legge n. 1768 (convertito in legge il 13 gennaio 1938), la settimana lavorativa fu ulteriormente ridotta a 40 ore, con una conseguente riduzione del salario[4] (già nel 1934, la settimana ridotta era stata introdotta per alcuni settori lavorativi, ma fu sospesa nel 1936, dovendo far fronte alle sanzioni economiche per la guerra in Etiopia). Nel 1940, per via delle spese belliche che l'Italia avrebbe affrontato, a causa dell'entrata in guerra, fu emanata la legge n. 1109 del 16 Luglio, che provocò il ritorno in vigore del limite settimanale di 48 ore lavorative.[5] L'art. 2107 del codice civile italiano, a sua volta, fa rinvio a leggi speciali e alla contrattazione collettiva la determinazione temporale della giornata e della settimana lavorativa.
Dopo la nascita della Repubblica Italiana la Costituzione non fornì alcuna definizione di orario di lavoro né pone limiti, l'art. 36 comma 2 si limita a rinviare alla legge la fissazione di un tetto massimo di durata giornaliera. La legge 24 giugno 1997, n. 196, seguendo le linee guida tracciate dalla prassi della contrattazione collettiva, ha posto un tetto all'orario settimanale di lavoro di massimo di n. 40 ore settimanali[6] ed in n. 8 giornaliere.
Il decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, emanato in attuazione delle direttive dell'unione europea n. 93/104/CE e 2000/34/CE, ha abrogato parte della legge 196/1997 nonché apportato significative modifiche alla disciplina generale dell'orario di lavoro. Ai sensi della predetta norma, l'orario è definito come:
«qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attività o delle sue funzioni.» |
(d.lgs. 8 aprile 2003 n. 66, art. 1, comma 2, lett. a) |
Il disegno di legge n. 1167-B del 2010 convertito in legge 4 novembre 2010 n. 183[7][8] (cosiddetto collegato lavoro) ha introdotto alcune novità, snellendo tra l'altro notevolmente il regime sanzionatorio per alcune attività lavorative.[9]
Soggetti destinatariModifica
Esso trova applicazione generale per tutti i tipi di contratti lavorativi, compreso il settore pubblico nonché apprendisti maggiorenni, con alcune eccezioni relative al lavoro di:
- gente di mare di cui alla direttiva 1999/63/CE;
- personale di volo d'aviazione civile di cui alla direttiva 2000/79/CE;
- personale scolastico;
- lavoratori minorenni;
- Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco;
- forze armate italiane;
- forze di polizia italiane;
Sono inoltre esclusi i lavoratori il cui orario di lavoro, a causa dell'attività lavorativa svolta, non è predeterminato, o è lasciato alla determinazione del lavoratore:
- dirigenti
- personale direttivo di aziende
- personale avente potere decisionale autonomo
- personale addetto alla manodopera familiare (lavoro domestico)
- lavoratori nel settore liturgico
- lavoro a domicilio
- telelavoro
I lavoratori a bordo di navi da pesca marittime godono di un regime differenziato, come sancito dall'art. 18 del d.lgs. 66/2003.
In questi casi la durata di lavoro media è di 48 ore settimanali calcolate su un periodo di riferimento di un anno. Il numero massimo consentito a bordo è di 14 ore riferito ad una giornata lavorativa o in alternativa di 72 ore settimanali. L'orario di riposo deve essere di non meno 10 ore riferito ad una giornata lavorativa o in alternativa di 77 ore settimanali.
Definizione di settimana lavorativaModifica
Non esiste una nozione rigida di settimana lavorativa, pertanto è da considerare tale ogni periodo di sette giorni. I datori di lavoro hanno la facoltà di far decorrere la settimana stessa a partire da qualsiasi giorno, oppure di considerare settimana lavorativa quella stabilita dal calendario - dal lunedì alla domenica.
Generalmente l'ampiezza della settimana è disciplinata dai CCNL di categoria.
Articolazione dell'orario di lavoro giornalieroModifica
Nella nuova legge non viene definito esplicitamente il limite massimo della durata del lavoro giornaliero, bensì solo di quello settimanale. Viene posto un limite massimo all'orario di lavoro giornaliero, 12 ore complessive, derivanti da un vincolo da rispettare per ogni giorno di lavoro diventano una media riferita a un periodo di 4 mesi.
Il limite giornaliero, comprensivo di straordinari, si deduce solo indirettamente, in base all'art. 7 che stabilisce che «il lavoratore ha diritto a undici ore di riposo consecutivo ogni 24 ore».
Deroghe al limite di 13 ore giornaliereModifica
Nemmeno il limite di 13 ore è tassativo. La contrattazione collettiva o aziendale, il Ministro per decreto possono derogare il limite giornaliero di 13 ore, purché sia compensato da un orario inferiore nelle settimane successive o da riposi compensativi (art. 17).
La previsione di tale deroga configurerebbe secondo alcuni una palese violazione del 2º comma dell'art 36 Costituzione, il quale attribuisce alla legge il compito di stabilire la durata massima della giornata, oltre a non essere previsto nella Direttiva 2003/88/Ce che prevede (art. 16) un periodo di riferimento per il riposo settimanale (14 giorni) e la durata massima settimanale (48 ore medie in 4 mesi), mentre resta tassativo e inderogabile (non sulla base di una media in un periodo di riferimento) il limite delle ore giornaliere.
EccezioniModifica
L'art. 16 del d.lgs. nº 66/2003 prevede espressamente che la disciplina sull'orario settimanale non si applichi nei seguenti casi:
- le fattispecie previste dall'articolo 4 del regio decreto-legge 15 marzo 1923 nº 692 e successive modifiche;
- le fattispecie di cui al regio decreto 10 settembre 1923, nº 1957, e successive modifiche, alle condizioni ivi previste, e le fattispecie di cui agli articoli 8 e 10 del regio decreto 10 settembre 1923, nº 1955;
- le industrie di ricerca e coltivazione di idrocarburi, sia in mare che in terra, di posa di condotte ed installazione in mare;
- le occupazioni che richiedono un lavoro discontinuo o di semplice attesa o custodia elencate nella tabella approvata con regio decreto 6 dicembre 1923, nº 2657, e successive modificazioni ed integrazioni, alle condizioni ivi previste;
- i commessi viaggiatori o piazzisti;
- il personale viaggiante dei servizi pubblici di trasporto per via terrestre;
- gli operai agricoli a tempo determinato;
- i giornalisti professionisti, praticanti e pubblicisti dipendenti da aziende editrici di giornali, periodici e agenzie di stampa, nonché quelli dipendenti da aziende pubbliche e private esercenti servizi radiotelevisivi;
- il personale poligrafico, operai ed impiegati, addetto alle attività di composizione, stampa e spedizione di quotidiani e settimanali, di documenti necessari al funzionamento degli organi legislativi e amministrativi nazionali e locali, nonché alle attività produttive delle agenzie di stampa;
- il personale addetto ai servizi di informazione radiotelevisiva gestiti da aziende pubbliche e private;
- i lavori di cui all'articolo 1 della legge 20 aprile 1978, nº 154, e all'articolo 2 della legge 13 luglio 1966, nº 559;
- le prestazioni rese da personale addetto alle aree operative, per assicurare la continuità del servizio, nei settori appresso indicati:
- personale dipendente da imprese concessionarie di servizi nei settori delle poste, delle autostrade, dei servizi portuali ed aeroportuali, nonché personale dipendente da imprese che gestiscono servizi pubblici di trasporto e da imprese esercenti servizi di telecomunicazione;
- personale dipendente da aziende pubbliche e private di produzione, trasformazione, distribuzione, trattamento ed erogazione di energia elettrica, gas, calore ed acqua;
- personale dipendente da quelle di raccolta, trattamento, smaltimento e trasporto di rifiuti solidi urbani;
- personale addetto ai servizi funebri e cimiteriali limitatamente ai casi in cui il servizio stesso sia richiesto dall'autorità giudiziaria, sanitaria o di pubblica sicurezza;
- personale dipendente da gestori di impianti di distribuzione di carburante non autostradali;
- personale non impiegatizio dipendente da stabilimenti balneari, marini, fluviali, lacuali e piscinali.
Orario normale di lavoroModifica
Il decreto, riprendendo l'approccio di cui alla legge n. 196/1997, definisce orario normale il limite delle 40 ore settimanali sancito da quest'ultimo provvedimento. Il decreto rimette alla contrattazione collettiva la possibilità, sulla scorta della direttiva 93/104/CE e successiva modifica 2000/34/CE, apportare delle variazioni all'orario settimanale di lavoro (cosiddetto orario multiperiodale) rapportandolo a una durata media in relazione a un periodo predeterminato non superiore all'anno.
È inoltre consentito alla contrattazione, in base all'art. 4 del d.lgs. 66/2003, di fissare una durata massima dell'orario di lavoro purché non superiore alle 48 ore settimanali (comprensive di straordinario) in relazione ad un periodo non superiore a 4 mesi (periodo che può essere innalzato fino a 6 mesi o fino a 12 mesi se sussistono ragioni obiettive, tecniche o inerenti all'organizzazione del lavoro). Il superamento della soglia delle 48 ore obbliga il datore di lavoro di unità produttive che occupano più di 10 dipendenti, a informare tempestivamente la direzione provinciale del lavoro.
Pausa giornalieraModifica
Il decreto legislativo n. 66/2003 ha introdotto l'obbligo di pausa sull'orario di lavoro giornaliero, qualora l'orario di lavoro ecceda le sei ore, ai fini del recupero delle energie psicofisiche e della eventuale consumazione del pasto anche al fine di attenuare il lavoro monotono e ripetitivo, lasciando però la durata e le modalità di fruizione alle determinazioni dei contratti collettivi nazionali di lavoro.[10]
Il decreto inoltre dispone che, in difetto di una disciplina da parte dei C.C.N.L., al lavoratore debba comunque essere concessa una pausa, anche sul posto di lavoro, tra l'inizio e la fine di ogni periodo giornaliero di lavoro, di durata non inferiore a dieci minuti, la cui collocazione debba tener conto delle esigenze tecniche del processo lavorativo.[11]
Il testo unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro[12] prevede per tutti i lavoratori che operino a un terminale un intervallo di 15 minuti ogni 120 di "applicazione continua al videoterminale"[13] (la disposizione riguarda quindi i cosiddetti videoterminalisti di cui al d.lgs. 626/1994) da dedicare ad attività non legate al terminale stesso, salvo diversa disposizione della contrattazione collettiva più favorevole per il lavoratore.
Le violazioni in caso di mancata tutela della salute del lavoratore sono punite con un'ammenda e un arresto minimo di tre mesi.[14]
Il lavoro straordinarioModifica
La disciplina originaria in tema è contenuta nell'art. 2108 comma 1 cod. civ., che dispone:
«In caso di prolungamento dell'orario normale, il prestatore di lavoro deve essere compensato per le ore straordinarie con un aumento di retribuzione rispetto a quella dovuta per il lavoro ordinario.» |
A fissare dei limiti temporali del ricorso allo straordinario provvedeva ancora il vecchio r.d.l. 692/1923, che sanciva 2 ore giornaliere o 12 ore settimanali, limite la cui fissazione, la legge 196/1997 delegava alla contrattazione collettiva (applicandosi quella legale solo in caso di inerzia) e il cui superamento era consentito nei casi di forza maggiore, pericolo, danno alla produzione o alle persone.
Sul punto il d.lgs. 66/2003 ha provveduto ad un riordino generale, subordinando ad esso, in ogni caso, l'assenso volontario del lavoratore.
In questo senso, muove anche il Jobs Act:
«Nel caso in cui il contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro non disciplini il lavoro supplementare, il datore di lavoro può richiedere al lavoratore lo svolgimento di prestazioni di lavoro supplementare in misura non superiore al 25 per cento delle ore di lavoro settimanali concordate. In tale ipotesi, il lavoratore può rifiutare lo svolgimento del lavoro supplementare ove giustificato da comprovate esigenze lavorative, di salute, familiari o di formazione professionale» |
(Legge n. 81/2015, art. 6, comma 2) |
«Il rifiuto del lavoratore di concordare variazioni dell'orario di lavoro non costituisce giustificato motivo di licenziamento.» |
(art. 6, comma 8) |
I vari C.C.N.L. - diversi per ogni settore di attività - trattano specificatamente questo argomento, pertanto non esiste una regola unica e spesso sono migliorativi rispetto alla legge, prevedendo ancora la volontarietà del lavoratore al lavoro straordinario ed il monte ore annuo effettuabile.
Per via dell'orario medio di lavoro, lo straordinario è retribuito ogni sei mesi, verificando se le ore superano una media di 40 per settimana. In assenza di una durata normale dell'orario di lavoro in 8 ore e di un limite tassativo allo straordinario (due ore al giorno), non sussiste più a priori una differenza fra orario normale e straordinario, e l'interessato non potrebbe nemmeno esercitare in concreto questo diritto.
Limiti temporaliModifica
Il tetto massimo del lavoro straordinario si riferisce ora alla durata media dell'orario settimanale (che come abbiamo visto prima non può superare le 48 ore settimanali in riferimento ad un periodo di almeno 4 mesi) che in caso di superamento fanno scattare l'obbligo di segnalazione, in capo al datore di lavoro, che abbia impiegato all'uopo più di 10 dipendenti, alla direzione provinciale del lavoro.
La regolamentazione del ricorso viene lasciata direttamente alla contrattazione collettiva, richiamandosi quella legale solo in supplenza:
- preventivo accordo tra datore e lavoratore;
- tetto massimo di 250 ore annuali.
Il ricorso al lavoro straordinario è ammesso, in assenza di specifica individuazione della contrattazione collettiva nelle seguenti ipotesi:
- casi di eccezionali esigenze tecnico-produttive;
- casi di forza maggiore;
- eventi particolari.
Il Jobs Act (Legge n. 81/2015, art. 6) introduce un limite non derogabile al lavoro straordinario, pari al 25% delle ore di lavoro settimanali concordate, dove il rapporto non è già diversamente regolato da un contratto collettivo di lavoro.
Maggiorazioni retributiveModifica
L'art. 2108 cod. civ. prevede che il lavoro straordinario venga retribuito con una maggiorazione rispetto all'orario normale di lavoro. Tale maggiorazione in origine era prevista dal r.d.l. 692/1923 nella misura del 10%, mentre ora l'ammontare viene lasciato alla contrattazione collettiva, la quale può anche prevedere dei riposi supplementari (anche in alternativa all'eventuale maggiorazione retributiva).
Il Jobs Act (Legge n. 81/2015, art. 6, commi 2 e 6) per il lavoro supplementare e straordinario, anche per contratti a tempo parziale, eleva al 15% la percentuale di maggiorazione della retribuzione oraria globale di fatto, comprensiva dell'incidenza della retribuzione sugli istituti retributivi indiretti e differiti.
Un decreto del IV Governo Berlusconi del 21 maggio 2008, ha introdotto una tassazione ferma al 10% per le voci variabili del salario, fino a un massimale di 3.000 euro e 30.000 lordi di reddito annuo. La detassazione a favore delle imprese non vincola il datore di lavoro a una maggiore retribuzione del lavoro straordinario o dei premi, non sempre quindi è restituita in parte ai dipendenti[15].
La presunta incostituzionalitàModifica
Il decreto legislativo 66/2003, come modificato dal d.lgs 19 luglio 2004 n.213, presenterebbe secondo una interpretazione sindacale a cura della CGIL, presunti profili di incostituzionalità:[16]
- rispetto ai principi delle leggi delega italiane (nº 39 del 2002 e art. 76 della Costituzione) perché:
- viola due contenuti della direttiva: la clausola di non-regresso ed eccede gli ambiti della direttiva stessa, che non parla di ridefinizione della durata normale dell'orario di lavoro;
- una legge delega o un decreto attuativo non possono intervenire nella definizione delle competenze dei contratti collettivi di diritto comune, che invece il decreto 66/2003 autorizza a derogare al tetto giornaliero di 13 ore di lavoro;
- nel merito:
- il tetto giornaliero di 13 ore di lavoro medie viola l'art. 36, comma 2 della Costituzione ("La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge") che non specifica se trattasi di durata media o di un limite tassativo, ma che come tale è inteso da una consolidata giurisprudenza;
- la durata media dell'orario di lavoro settimanale viola l'art. 6, nº 1, della dir. nº 104 (ora art. 6, lett. a, dir. 2003/88), che prevede un limite interpretabile come tassativo dal testo della direttiva stessa;
- la garanzia di 24 ore consecutive di riposo settimanale, derogabile in base all'art. 9, contraddice una giurisprudenza quarantennale.
Settimana cortaModifica
Nel 2022 il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del settore bancario è stato il primo a introdurre lo smart working fino a 120 giorni l'anno e la settimana corta, composta da 4 giorni lavorativi da 9 ore ciascuno, su base volontaria e a stipendio invariato. Il precedente CCNL prevedeva 37.5 ore lavorative settimanali.
Nel febbraio 2023 il segretario della CGIL Maurizio Landini ha proposto di introdurre questa modalità anche in Italia.
Dati statisticiModifica
Rapporto con la produttivitàModifica
Le ore annuali di lavoro non sono correlate alla produttività misurata secondo l'indice PPP (Parità di potere d'acquisto) in dollari .
In particolare dal grafico si nota che paesi come Corea, Grecia e Israele nonostante abbiano un numero annuale di ore lavorate molto alto (1900-2000 ore annue), hanno però una scarsa produttività (35-40 dollari).
Paesi come l'Italia,la Spagna, la Polonia, la Nuova Zelanda nonostante lavorino un po' meno (1700-1800 ore annue) hanno una produttività leggermente superiore (40-50 dollari).
Invece paesi come Germania, Danimarca, Norvegia, Olanda, Islanda, Svezia che lavorano molto meno (1400-1500 ore) hanno una produttività molto più alta (70-90 dollari).
Infine il Lussemburgo con 1500 ore lavorative annue ha una produttività di 95 dollari, mentre l'Irlanda con quasi 1800 ore lavorative ha una produttività di 100 dollari.
Settimana cortaModifica
Nel 2022 si è concluso nel Regno Unito lo studio sulla settimana corta (4 giorni e 32 ore lavorative, stipendio invariato) più esteso a livello mondiale. Su un campione di 61 aziende e 2.900 lavoratori, si è registrato un calo del 57% delle uscite di personale, una riduzione dei due terzi delle assenze per malattia, una riduzione dello stress percepito pari al 30% e un generale aumento della produttività. 57 aziende del panel di riferimento hanno deciso di stabilizzare al proprio interno la nuova modalità organizzativa.[17]
NoteModifica
- ^ http://www.ilo.org/dyn/normlex/en/f?p=1000:11300:0::NO:11300:P11300_INSTRUMENT_ID:312146
- ^ Art. 1 comma 1 R.D.L. 15 marzo 1923 n. 692.
- ^ Art. 5 comma 1 R.D.L. 15 marzo 1923 n. 692.
- ^ Normattiva, su normattiva.it. URL consultato il 15 marzo 2021.
- ^ Normattiva, su normattiva.it. URL consultato il 15 marzo 2021.
- ^ Art. 13 comma 1 legge 24 giugno 1997 n. 196
- ^ pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 262 del 9 novembre 2010 - suppl. ord. n. 243)
- ^ XVI legislatura 2008-2011 (dal sito del Senato della Repubblica Italiana
- ^ Art. 7 comma 1 legge 4 novembre 2010 n. 183.
- ^ Art. 8 comma 1 d.lgs. 8 aprile 2003 n. 66.
- ^ Art. 8 comma 2 d.lgs. 8 aprile 2003 n. 66.
- ^ d.lgs. 9 aprile 2008 n. 81, pubblicato nella G.U. n. 101 del 2008
- ^ Art. 175 comma 3 d.lgs. 9 aprile 2008 n. 81
- ^ Artt. 262 comma 2 lett. c), 282 comma 2 let. b) e 300 comma 1 d.lgs. 9 aprile 2008 n. 81.
- ^ Da questa misura sono stati però esclusi i lavoratori con contratti pubblici.
- ^ D.lgs. n. 66 del 2003 (come modificato dal d.lgs. n. 213/04): 1) profili di incompatibilità con la direttiva di riferimento e di illegittimità costituzionale; 2) ferie non godute di Andrea Allamprese (dal sito della CGIL) (PDF), su cgil.it. URL consultato il 9 ottobre 2013 (archiviato dall'url originale il 13 aprile 2014).
- ^ Stesso stipendio, ma con soli 4 giorni a settimana di lavoro. L’esperimento funziona: “Meno stress e fatturato più alto”, su money.it, 21 febbraio 2023.
Voci correlateModifica
Altri progettiModifica
- Wikisource contiene una pagina dedicata a orario di lavoro (normativa italiana)
- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su orario di lavoro (normativa italiana)
Collegamenti esterniModifica
- (IT, DE, FR) Orario di lavoro, su hls-dhs-dss.ch, Dizionario storico della Svizzera.
- Testo del Regio Decreto Legge 15 marzo 1923, n. 692, convertito dalla legge 17 aprile 1925, n. 473., su fiompiemonte.it. URL consultato il 9 ottobre 2013 (archiviato dall'url originale il 24 febbraio 2014).
- Testo della legge 24 giugno 1997 n. 196 "Norme in materia di promozione dell'occupazione".
- Testo del decreto legge 29 settembre 1998 n. 335 convertito in legge 27 novembre 1998, n. 409. (PDF), su fesica.roma.it. URL consultato il 9 ottobre 2013 (archiviato dall'url originale il 16 gennaio 2014).
- Regole europee per il nuovo orario di lavoro di Luciano Rimoldi (PDF), su db.formez.it. URL consultato il 14 gennaio 2014 (archiviato dall'url originale il 17 luglio 2013).
- Testo del decreto 8 aprile 2003 n. 66 "Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro" (aggiornato al 21/08/2008) (PDF), su uiltrasporti.it. URL consultato il 21 giugno 2012 (archiviato dall'url originale il 27 novembre 2013).
- Testo della Direttiva 93/104/CE, su europa.eu. URL consultato il 28 marzo 2008 (archiviato dall'url originale il 28 aprile 2008).
- (EN) The Working Time (Amendment) Regulations 2002 (dal sito del governo britannico), su opsi.gov.uk.
Controllo di autorità | Thesaurus BNCF 3071 · LCCN (EN) sh85062531 · GND (DE) 4130587-5 · BNE (ES) XX527415 (data) · BNF (FR) cb11950215g (data) · J9U (EN, HE) 987007529383005171 · NDL (EN, JA) 00569633 |
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