Ponte Cestio

ponte di Roma

Ponte Cestio, noto anche come pons Aurelius, pons Gratiani, ponte di San Bartolomeo o ponte Ferrato, è un ponte di Roma sul fiume Tevere, ricostruzione ottocentesca dell'omonimo ponte romano.

Ponte Cestio
Il ponte nella sua forma moderna.
Il ponte romano nel 1880, prima della sua ricostruzione
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
CittàRoma
AttraversaTevere
Coordinate41°53′23.96″N 12°28′38.1″E / 41.88999°N 12.47725°E41.88999; 12.47725
Dati tecnici
TipoPonte ad arco
Materialetravertino, peperino
Campate3
Lunghezza80,40 m
Realizzazione
Costruzione46 a.C.-44 a.C.
Inaugurazione44 a.C.
Intitolato aLucio Cestio
Mappa di localizzazione
Map
L'isola e le sue mole nella Nvova pianta del Falda, del 1676

Si tratta di uno dei due ponti della Capitale che non collega direttamente le sponde opposte del fiume: come il limitrofo ponte Fabricio, infatti, mette in comunicazione l'Isola Tiberina con una delle due sponde, nella fattispecie quella destra, all'altezza di lungotevere degli Anguillara, in prossimità di piazza in Piscinula, in Trastevere.

Storia modifica

Il ponte fu fatto costruire da Lucio Cestio nel 46 o 44 a.C., simmetricamente al ponte Fabricio. Subì un primo restauro nel 152, sotto Antonino Pio, e un'iscrizione commemorante questo restauro fu posta sulla spalletta del ponte,[1] ma fu completamente ricostruito nel 365 con materiali di reimpiego, provenienti anche dal vicino Teatro di Marcello, dagli imperatori Valentiniano I, Valente e Graziano;[2] quest'ultimo nel 370 lo dedicò a sé inserendo un'iscrizione in marmo proconnesio nella spalletta a monte e dando cosi' al ponte il nuovo nome di Pons Gratiani.[2][3] Il ponte era rivestito da lastre in travertino.[2]

Un altro restauro, documentato da un'epigrafe posta a lato dell'epigrafe di Graziano, si ebbe nel 1191-93 da parte di Benedetto Carushomo, senatore di Roma nel 1191.[4]

Altri interventi si ebbero nel XV secolo sotto Eugenio IV e nel XVII sotto Innocenzo XI.[2] Dal XV secolo prese il nome di «ponte di San Bartolomeo»[5] dalla Basilica di San Bartolomeo all'Isola.

Il ponte venne gravemente danneggiato durante l'assedio di Roma nel 1849: in particolare, andò perduta una seconda epigrafe di Graziano presente sulla spalletta a valle del ponte.[2]

Nei secoli XVIII e XIX ebbe anche il nome di ponte Ferrato, per le numerose catene che ancoravano i mulini sul fiume.

Demolizione e ricostruzione ottocentesca modifica

A causa dell'ampliamento della sponda destra del Tevere in prossimità dell'isola a 70 metri, il ponte venne demolito nel 1885 e ricostruito nel 1889.[2][6] All'inizio si era pensato di salvare l'arcata centrale ampliando le due laterali, passando dai 48 metri del ponte romano ai 76 del nuovo ponte, ma per motivi tecnici si decise la demolizione integrale.[2] Il materiale di rivestimento lapideo venne parzialmente recuperato, ma solo una parte di questo (347 lastre) venne rimontata sull'arco centrale.[2] L'iscrizione presente sul ponte romano relativa al restauro del 370 d.C. a opera degli imperatori Valentiniano I, Valente e Graziano, venne reinserita sulla spalletta destra del ponte moderno.[6] Il nuovo ponte è rivestito da lastre in travertino, a parte i sottarchi che sono rivestiti in peperino di Albano.[2] Ponte Cestio è stato restaurato come il vicino ponte Fabricio in occasione del Giubileo del 2000.[2]

Descrizione modifica

Il ponte è costituito da tre arcate di uguale luce, con una lunghezza complessiva di ottanta metri e quaranta. Il ponte romano misurava quarantotto metri e mezzo, con una sola grande arcata affiancata da due fornici minori.

Le iscrizioni di ponte Cestio modifica

Sulla spalletta a monte dell'arco centrale è visibile la seguente iscrizione latina del 370 d.C., incisa su una lastra di marmo proconnesio:[7]

«DOMINI NOSTRI IMPERATORES CAESARES
FL. VALENTINIANUS PIUS FELIX MAXIMUS VICTOR AC TRIUMF. SEMPER AUG. PONTIF. MAXIMUS
GERMANIC. MAX. ALAMANN. MAX. FRANC. MAX. GOTHIC. MAX. TRIB. POT. VII IMP. VI CONS. II P.P.P. ET
FL. VALENS PIUS FELIX MAX. VICTOR AC TRIUMF. SEMPER AUG. PONTIF. MAXIMUS
GERMANIC. MAX. ALAMANN. MAX. FRANC. MAX. GOTHIC. MAX. TRIB. POT. VII IMP. VI CONS. II P.P.P. ET
FL. GRATIANUS PIUS FELIX MAX. VICTOR AC TRIUMF. SEMPER AUG. PONTIF. MAXIMUS
GERMANIC. MAX. ALAMANN. MAX. FRANC. MAX. GOTHIC. MAX. TRIB. POT. III IMP. II CONS. PRIMUM P.P.P.
PONT]EM FELICIS NOMINIS GRATIANI IN USUM SENATUS AC POPULI ROM. CONSTITUI DEDICARIQ. IUSSERUNT»

Sul pilastro accanto all'iscrizione di Graziano dal lato dell'isola è visibile la seguente iscrizione del 1191-93, commemorante il restauro da parte di Benedictus Carushomo, senatore di Roma:[8]

«B]ENEDICTUS ALME
URBIS SUMM. SENATO
R RESTAURAVIT HUN
C PONTEM FERE DIRU
TUM»

Trasporti modifica

  Sarà raggiungibile, al termine dei lavori, dalla stazione Venezia.

Immagini d'epoca modifica

Note modifica

  1. ^ (EN) Lawrence Richardson, Pons Cestius, in A New Topographical Dictionary of Ancient Rome, Baltimore, MD, Johns Hopkins University Press, 1992, pp. 297–298, ISBN 978-0-8018-4300-6.
  2. ^ a b c d e f g h i j Carmelina Camardo e Paola Ciancio Rossetto, Il restauro dei ponti Cestio e Fabricio (PDF), in L'Acqua, vol. 3, 1999.
  3. ^ Ponte Cestio, su sovraintendenzaroma.it.
  4. ^ Per Benedetto Carushomo si veda la voce in Dizionario biografico Treccani, a cura di Sofia Boesch Gajano.
  5. ^ Vincenzo Forcella, I (TXT), in Iscrizioni delle chiese e d'altri edifici di Roma dal sec. XI fino ai giorni nostri, XIII, Roma, 1869-1884.
  6. ^ a b Filippo Coarelli, Guida archeologica di Roma, Milano, Mondadori, 1974, p. 313.
  7. ^ ILS 771
  8. ^ Vincenzo Forcella, Iscrizioni delle chiese e d'altri edifici di Roma dal sec. XI fino ai giorni nostri (TXT), su archive.org, XIII, Roma, 1869-1884, P-89.

Bibliografia modifica

  • Romolo A. Staccioli, Guida Insolita ai Luoghi, ai Monumenti e alle Curiosità di Roma Antica, Newton & Compton, Roma 2000, pp. 290
  • Willy Pocino, Le Curiosità di Roma, Newton & Compton, Roma 2004, pp. 309-311
  • Carmelo Calci, Roma Archeologica, AdnKronos Libri, Roma 2005, pp. 298
  • Roma. Guida Rossa, Touring Club Italiano, Milano 2004, p. 713
  • Piranesi. Le antichità Romane. Paris, 1835. T. 4. Tav. XXI.

Voci correlate modifica

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