Il Regno Yamato (in lingua giapponese: ヤマト王権 (Yamato Ōken?) fu un'alleanza tribale situata nel Giappone centrale e occidentale. Le capitali del regno sono state molteplici e nella maggior parte dei casi erano situate nella provincia di Yamato.[1]

Regno Yamato
Dati amministrativi
Nome ufficialeヤマト王権
Yamato Ōken
Lingue parlatelingua giapponese antica
CapitaleAsuka
Altre capitaliSakurai
Tenri
Nagaoka
Politica
Forma di governoUnione tribale (fino al 604 d.C)
Monarchia assoluta (dopo il 604 d.C)
NascitaIII secolo
Fine701 con Jitō
CausaCodice Taihō
Territorio e popolazione
Bacino geograficoArcipelago giapponese
Territorio originaleProvincia di Yamato
Religione e società
Religione di StatoShintoismo
Buddhismo
Il Regno Yamato nel VII secolo
Evoluzione storica
Preceduto daRegno Yamatai
Succeduto daImpero giapponese antico (Periodo Nara)

L'arco temporale di esistenza di questo reame corrisponde a quello dell'epoca che ne porta il nome, il Periodo Yamato. Venne fondato nella pianura di Nara, sita nel Giappone centrale. Era pressappoco la seconda metà del III secolo e attraversò fasi successive sia di espansione che disgregazione. Poiché i suoi regnanti furono sepolti in grandi tumuli detti kofun, quest'epoca è comunemente chiamata anche in tal modo. Fu allora che gli agricoltori immigrati dal continente convertirono vasti tratti di terra vergine in risaie, introducendo tecniche avanzate di coltivazione. I soldati disponevano di possenti cavalli e combattevano con armi di ferro. L'esercito del clan Yamato soggiogò la maggior parte del Giappone ed estese il suo controllo alle vicine regioni della penisola Coreana. I sovrani inviarono missioni diplomatiche presso le corti di Corea e Cina, importando poi le loro conoscenze.[2]

Appare più probabile in realtà che il clan Yamato sia salito al potere non solo tramite la sua supremazia militare, ma anche facendo leva sulla diplomazia e riuscendo a tessere una fitta rete di alleanze tribali. Non si trattò di una sequenza rapida ma piuttosto fu un processo graduale in cui minaccia e coercizione vennero adoperati alternatamente a periodi in cui si preferiva sfoggiare l'arte della negoziazione e della persuasione. I clan rivali non venivano semplicemente sottomessi, ma bensì una volta inglobati sotto il dominio degli Yamato, veniva conferita loro un'importante posizione sociale all'interno di quella rigida gerarchia, tipica di qualsiasi Stato giapponese nel corso della storia. In tal modo potenziali clan ribelli potevano essere invece essere indotti a mantenere la propria fedeltà nei confronti del casato regnante. Da un punto di vista cronologico sembra che il clan Yamato inizialmente rivestisse solo un ruolo di spicco in una coalizione di tribù indipendenti e che soltanto in un secondo momento fu in grado di assoggettare gli alleati e imporsi come stirpe dominante.[3]

Ogni clan (uji) aveva una sua tradizione orale relativa a quali kami fossero suoi antenati. Ciascun capo clan continuava a rivendicare la sua discendenza da determinate divinità, con lo scopo di legittimare la propria nobiltà e autorità politica. L'adozione del buddhismo fu attribuita anche a vari clan, tra cui la famiglia di origine coreana conosciuta come clan Soga. Per incrementare il suo potere, gli Yamato importarono questa nuova religione e altre strutture sociali come il sistema di scrittura cinese, pur rimanendo fedeli allo shintoismo.[4][5]

Il sistema politico Yamato, emerso alla fine del V secolo si distingueva per la sua potenza. Ogni clan era guidato da un patriarca che eseguiva riti sacri ai kami del clan per garantire il benessere a lungo termine. I membri del clan costituivano l'aristocrazia e la linea reale che controllava la corte Yamato era al suo apice. Il periodo Kofun della cultura giapponese è talvolta chiamato anche periodo Yamato da alcuni studiosi occidentali, poiché questo clan locale divenne la dinastia imperiale alla fine del periodo Kofun. La corte Yamato, concentrata nell'omonima provincia, esercitò il potere sui clan delle isole di Kyūshū e Honshū. Il nome Yamato divenne sinonimo di tutto il Giappone, poiché a un certo punto i governanti Yamato soppressero gli altri clan e acquisirono i loro terreni agricoli. Ciò fu possibile grazie agli Editti di riforma di Taika promulgati dall'Imperatrice Jitō, con cui il clan dominante convertì gli stati posseduti dai clan locali in semplici province. Basandosi su modelli cinesi, fu sviluppata un'amministrazione centrale e una corte imperiale frequentata da capi clan subordinati. Non vi era una capitale permanete poiché alla morte di ogni sovrano questa veniva trasferita, ma per gran parte della storia fu la città di Asuka il quartier generale designato dagli Yamato.[6]

Da quel momento non si trattò più di una confederazione di clan tribali, ma divenne uno Stato in prevalenza asservito alla famiglia imperiale emersa dal clan Yamato, il quale nei decenni successivi legittimò definitivamente la sua supremazia con la stesura di due capolavori della letteratura giapponese: il Kojiki e il Nihon Shoki. Nelle due opere si mise in chiaro che la Casa imperiale possiede origine divina in quanto discendente della dea del Sole Amaterasu. Oltretutto cessò l'abitudine di riferirsi ai territori assoggettati come "Regno Yamato" preferendo la dicitura Nippon o Nihon (Sol Levante), ovvero Giappone.[7]

  1. ^ Il clan Yamato, su britannica.com.
  2. ^ Origini degli Yamato, su cambridge.org.
  3. ^ Kenneth henshall, Storia del Giappone, p. 29.
  4. ^ L'origine divina dei clan giapponesi, su human.libretexts.org.
  5. ^ Kenneth Henshall, Storia del Giappone, p. 30.
  6. ^ Il sistema amministrativo del Regno Yamato, su newworldencyclopedia.org.
  7. ^ Kenneth Henshall, Storia del Giappone, p. 36.