Riserva naturale della Pečora e dell'Ilyč

La riserva naturale della Pečora e dell'Ilyč (in russo Печоро-Илычский заповедник, Pečoro-Ilyčskij zapovednik) è una riserva naturale situata nella Repubblica dei Komi, in Russia. Attualmente si estende su 7213 km² e costituisce il nucleo centrale del territorio dichiarato patrimonio dell'umanità della Foresta vergine di Komi.

Riserva naturale della Pečora e dell'Ilyč
Печоро-Илычский заповедник
Tipo di areaRiserva naturale integrale
Codice WDPA1693
Class. internaz.Categoria IUCN Ia: riserva naturale integrale
StatoBandiera della Russia Russia
Circondario federaleNordoccidentale
Soggetto federale  Komi
Superficie a terra7213,22 km²
Provvedimenti istitutivi1930
Mappa di localizzazione
Mappa di localizzazione: Russia europea
Riserva naturale della Pečora e dell'Ilyč
Riserva naturale della Pečora e dell'Ilyč
Sito istituzionale

Geografia modifica

La riserva naturale è situata nell'angolo sud-orientale della Repubblica dei Komi (distretto di Troicko-Pečorsk), sulle pendici occidentali degli Urali e sulla fascia pedemontana e pianura adiacenti. La regione è drenata dal corso superiore della Pečora e dal suo affluente Ilyč, ai quali la riserva deve il nome.

Storia modifica

L'idea di creare una riserva naturale nell'area del corso superiore della Pečora per farne uno zakaznik («santuario») per lo zibellino venne proposta nel 1915 da S. T. Nat, Capo delle guardie forestali del governatorato di Vologda, in un articolo sul Lesnoj Žurnal («Il Giornale della Foresta»). La riserva naturale venne istituita il 4 maggio 1930 e inizialmente si estendeva su 11.350 km². I suoi confini furono poi fissati il 30 luglio 1931.

Inizialmente la sede principale della riserva venne posta nel villaggio di Ust'-Ilyč, situato nel punto in cui l'Ilyč confluisce nella Pečora. Tuttavia, dal momento che accedere a quella località era estremamente difficile, nel 1935 la sede venne trasferita nel villaggio di Jakša, più a monte lungo la Pečora ma più vicino al bacino della Kama, all'epoca la principale via di comunicazione con l'esterno.

Nel 1951 la riserva venne fortemente ridimensionata e ridotta ad appena 930 km²: inoltre la sua superficie non era più contigua, ma una piccola sezione di pianura nei pressi di Jakša si trovò separata dalla sezione di montagna. Nel 1959 l'area della riserva venne aumentata fino a raggiungere le dimensioni attuali (7213 km²), ma tuttora le sue parti non sono contigue. Per garantire migliore protezione alla riserva, nel 1973, al di fuori di essa, venne creata una zona cuscinetto di 324 km² che gode di uno status simile a quello di una foresta nazionale degli Stati Uniti; le dimensioni di quest'area vennero ulteriormente incrementate nel 1984 di altri 330 km².

A partire dal 1986 la riserva è stata classificata dall'UNESCO come riserva della biosfera facente parte della Rete mondiale di riserve della biosfera. Nel 1995 la zona di foresta che comprende la riserva naturale della Pečora e dell'Ilyč e il suo vicino settentrionale, il parco nazionale di Jugyd va, vennero riconosciuti patrimonio dell'umanità dall'UNESCO, con il nome di Foresta vergine di Komi.

Clima modifica

La riserva è situata nell'ecoregione denominata Taiga e tundra dei monti Urali, una regione che ricopre la cresta principale degli Urali su entrambi i versanti estendendosi per 2000 km da nord a sud e 300 km da est ad ovest. La regione è situata lungo la linea di divisione tra ecoregioni europee e asiatiche ed è anche il punto in cui si incontrano i due biomi della tundra e della taiga[1].

Il clima della riserva naturale della Pečora e dell'Ilyč viene classificato come continentale umido con estati fresche (Dfc secondo la classificazione dei climi di Köppen). Questo clima è caratterizzato da estati miti (con solamente 1-3 mesi con temperature superiori ai 10 °C) e da inverni freddi e nevosi (mesi più freddi con temperature inferiori a -3 °C)[2][3].

Flora modifica

 
Il corso superiore della Pečora e, sullo sfondo, il monte Medvežij kamen' («Pietra dell'Orso»).

Il geografo russo A. A. Korčagin ha suddiviso l'area della riserva in cinque distinte regioni naturali:

  • la pianura della Pečora, dove si sviluppano foreste di pini, paludi alberate con pini e sfagneti; le foreste di pecci sono scarse. In questa zona si trova la Gusinoe Bolota («Palude delle Oche»), una torbiera che occupa una superficie di circa 3 km² con depositi di torba profondi più o meno 5-6 metri;
  • la fascia pedemontana, dove prevalgono le foreste di specie ombrofile: peccio siberiano, pino siberiano e abete siberiano. Qui si trovano numerose paludi alberate, ma gli sfagneti sono scarsi;
  • la pianura dell'Ilyč superiore, circondata dalle alture e dalle cime degli Urali e caratterizzata da un clima particolarmente rigido. La foresta che qui si sviluppa, a crescita molto lenta, viene classificata come taiga boreale;
  • i monti Urali, la zona meno studiata ma che presenta la maggiore varietà di paesaggi. In tale area ricade la cintura di foresta pedemontana (abeti e pecci) che si spinge fino a 300-350 metri di quota. Al di sopra di essa, fino a 600 metri, vi è la cintura di foresta subalpina, nella quale abeti e pecci vengono gradualmente rimpiazzati da foreste di betulle e da prati subalpini. La linea degli alberi è situata a 550-650 metri di altitudine, ma alcuni abeti possono crescere anche fino a 800 metri o perfino più in alto. Al di sopra della linea degli alberi si trovano prati alpini e poi la tundra.
  • le valli della Pečora, dell'Ilyč e dei loro affluenti.

Fauna modifica

Nella riserva sono presenti in gran numero l'alce, il castoro europeo, lo scoiattolo comune e la martora. Lo zibellino vive nella fascia di foresta pedemontana. La renna selvatica è invece quasi scomparsa a seguito della diminuzione della superficie della riserva nel 1951 che ha portato alla distruzione della foresta di pini, habitat nel quale la specie era solita vivere.

Tra i grandi predatori figurano l'orso bruno, il lupo e il ghiottone. La riserva offre rifugio a dieci specie diverse di mustelidi, dal più grosso, il ghiottone, alla donnola, oltre all'ermellino, al visone americano ed europeo, alla martora, allo zibellino e alla donnola siberiana.

Programmi di ricerca modifica

Nel corso degli anni all'interno della riserva sono state condotte ricerche scientifiche riguardanti vari aspetti di biologia ed ecologia. L'oggetto delle ricerche varia dalle formiche agli scoiattoli, ai pesci. Protagonista indiscusso degli studi effettuati, tuttavia, è stato l'alce.

Gli esperimenti di addomesticamento dell'alce modifica

L'alce (Alces alces) è stato per lungo tempo l'oggetto principale delle ricerche svolte nell riserva. Alla fine degli anni '40 i gestori della riserva si trovarono a fronteggiare il problema causato dalla crescita insostenibile della popolazione di alci. Già all'inizio degli anni '50 i pascoli della riserva avevano iniziato a scomparire. Per affrontare il problema, nel 1956 venne istituita un'apposita impresa di cacciatori di alci (лосепромысловое хозяйство, losepromyslovoe chosjajstvo). Pur essendo affiliata alla riserva, l'impresa si trovava al di fuori dei suoi confini. Dal punto di vista economico fu un grande successo. Tra il 1956 e il 1968 furono abbattuti e macellati 1000 alci, che fornirono complessivamente 200 tonnellate di carne. Allo stesso tempo, le operazioni di caccia permisero di raccogliere un gran numero di dati statistici riguardanti la biologia della popolazione di alci della Pečora.

 
Tre alci nel recinto (marzo 2012).

Oltre a cacciare gli alci, nel 1949 il personale della riserva creò una struttura, cui diedero il nome di «fattoria degli alci» (лосеферма, loseferma), allo scopo di studiare la possibilità di addomesticare questa specie. Il primo direttore di questo progetto fu Evgenij Knorre. Quando questi si trasferì nella riserva naturale del Volga-Kama nel 1962, venne nominato nuovo direttore il suo allievo M. V. Kožuchov. Obiettivi principali della struttura erano approndere più informazioni sulla biologia dell'alce e utilizzare queste conoscenze per sviluppare razioni di cibo adatte all'animale e tecniche per prendersene cura; studiare la possibilità di allevarne una popolazione in stalla e valutare la possibilità di sfruttare l'alce nell'ambito dell'economia nazionale. Durante i primi 40 e più anni di vita del progetto, nella fattoria sono state allevate sei generazioni di alci, con una popolazione costante di circa 30-35 capi. In una primavera particolarmente favorevole potevano nascere anche 15 piccoli. Si dice che il numero complessivo degli animali allevati nel corso di questo periodo abbia superato le 500 unità.

Gli alci adulti della fattoria trascorrono la maggior parte del tempo brucando nella foresta; tuttavia, le femmine gravide tornano sempre alla fattoria per partorire. In seguito, durante il periodo della lattazione, che dura da tre a cinque mesi, le femmine ritornano alla fattoria più volte al giorno, alla stessa ora, per essere munte. La produzione di latte di un alce è poca cosa se paragonata a quella di una vacca da latte: nell'intera stagione della lattazione da un unico esemplare si ricavano in tutto 300-500 litri di latte. Tuttavia, questo ha un elevato contenuto di grassi (12-14%) ed è ricco di vitamine e di elementi micronutrienti; si dice anche che abbia proprietà mediche.

Un alce della fattoria può vivere fino a 18 anni, ma in realtà sono ben pochi gli esemplari che hanno raggiunto questa età, a causa degli attacchi di lupi, orsi e bracconieri ai danni della popolazione quando questa si aggira libera nella foresta. Tra i possibili impieghi produttivi dell'alce, la produzione di latte si è rivelato il più promettente. Nella fattoria, comunque, si è anche provato a sfruttare questi animali come cavalcature o insegnare loro a trainare una slitta. Nel corso degli anni i biologi della riserva, nonché gli istituti di ricerca di Syktyvkar e di Mosca, hanno pubblicato numerosi articoli scientifici riguardanti la fisiologia, l'etologia e l'ecologia dell'alce[4] [5] [6].

Anche il lavoro di Knorre e dei suoi collaboratori sull'addomesticamento dell'alce nella riserva naturale della Pečora e dell'Ilyč, così come le ricerche simili effettuate dal simile Muskox Domestication Project condotto dall'Institute of Northern Agricultural Research dell'Università dell'Alaska, ha contribuito ad aggiungere ulteriore luce sulla teoria generale dell'addomesticamento degli animali[7][8].

La struttura, situata nella remota taiga degli Urali settentrionali, non ha mai preso in considerazione l'idea di ricavarne un profitto, e si è trovata in difficoltà dopo il taglio dei fondi operato dal governo all'inizio degli anni '90. Secondo un recente reportage di viaggio, le operazioni di allevamento degli alci sono state notevolmente ridotte; gli edifici rimasti sono in cattive condizioni e rimangono solamente pochi animali. Un insegnante di Mosca che ha visitato il luogo nel 2003 ha riferito la presenza di appena cinque esemplari rimasti[9]. Tuttavia, gli esperimenti di addomesticamento dell'alce in Russia proseguono tuttora nella meno remota località di Kostroma.

Fonti modifica

Sul progetto di addomesticamento dell'alce:

Note modifica

  1. ^ Map of Ecoregions 2017, su ecoregions2017.appspot.com, Resolve, using WWF data. URL consultato il 14 settembre 2019.
  2. ^ M. Kottek, J. Grieser, C. Beck, B. Rudolf e F. Rubel, World Map of Koppen-Geiger Climate Classification Updated (PDF), su koeppen-geiger.vu-wien.ac.at, Gebrüder Borntraeger 2006, 2006. URL consultato il 14 settembre 2019.
  3. ^ Dataset - Koppen climate classifications, su datacatalog.worldbank.org, World Bank. URL consultato il 14 settembre 2019.
  4. ^ Aleksandr V. Chalyshev, Nutrient composition of milk from domesticated taiga moose during the lactation period (PDF), in Alces, 1º gennaio 2002. URL consultato il 29 ottobre 2020 (archiviato dall'url originale il 7 novembre 2017).
  5. ^ Nelly A. Moyseenko, Components of red blood in young moose (PDF), in Alces, 2002. URL consultato il 17 maggio 2018 (archiviato dall'url originale il 6 luglio 2011).
  6. ^ T. I. Kočan, Seasonal Adaptation of Metabolism and Energy in the Pechora Taiga Moose Alces alces [collegamento interrotto], in Journal of Evolutionary Biochemistry and Physiology, vol. 37, n. 3, maggio 2001.
  7. ^ Paul F. Wilkinson, Oomingmak: A Model for Man-Animal Relationships in Prehistory, in Current Anthropology, vol. 13, n. 1, febbraio 1972, pp. 23-44.
  8. ^ Charles T. Robbins e Barbara L. Robbins, Fetal and Neonatal Growth Patterns and Maternal Reproductive Effort in Ungulates and Subungulates, in American Naturalist, vol. 114, n. 1, luglio 1979, pp. 101-116.
  9. ^ Vladimir Golovner, Primaeval forest, White nights, Dwarfed birches: Second Inter-Regional Schoolchildren's Expedition to the Northern Urals, su Učitel'skaja Gazeta, 7 ottobre 2003. URL consultato il 22 novembre 2006 (archiviato dall'url originale il 28 settembre 2007).

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