Sindrome di Sanfilippo

terza manifestazione conosciuta tra le mucopolisaccaridosi
Le informazioni riportate non sono consigli medici e potrebbero non essere accurate. I contenuti hanno solo fine illustrativo e non sostituiscono il parere medico: leggi le avvertenze.

La sindrome di Sanfilippo o MPS III è la terza manifestazione conosciuta tra le mucopolisaccaridosi. Si tratta di una rara malattia genetica facente parte dell'eterogeneo gruppo delle malattie da accumulo lisosomiale, dovuta ad un accumulo di mucopolisaccaridi, caratterizzata da un grave e rapido deterioramento mentale.

Sindrome di Sanfilippo
Malattia rara
Cod. esenz. SSNRCG140
Specialitàgenetica clinica
Classificazione e risorse esterne (EN)
ICD-9-CM277.5
OMIM252900, 252920, 252940 e 252930
MeSHD009084
MedlinePlus001210
eMedicine948540
Sinonimi
MPS III
Eponimi
Sylvester Sanfilippo
Bambina con sindrome di Sanfiippo

Se ne conoscono 4 varianti, determinate ciascuna da un diverso deficit enzimatico, che sono diversamente rappresentate nei vari paesi.[1]

Storia modifica

Prima del 1961 la sindrome di Sanfilippo era considerata una variante della malattia di Hurler.[2]

Fu nel 1961 che su una bambina con epatosplenomegalia Harris constatò l'escrezione urinaria di abnormi quantità di eparan-solfato. Due anni dopo, nel 1963, un gruppo di ricercatori australiani coordinato da Sylvester Sanfilippo[3] descrisse casi di bambini con ritardo mentale e mucopolisaccariduria da eparan-solfato, delineandone per la prima volta la sindrome, che da lui prese il nome. Nel 1974, Autio e coll. utilizzarono per la prima volta il termine di "gargola" per descrivere la facies tipica di un bimbo con aspartilglicosaminuria che mostrava questa manifestazione facciale.[4]

Nel 1964 si comprese che la malattia era dovuta ad un difetto enzimatico, e nel 1966 si comprese che la patologia e i sintomi erano dovuti ad un accumulo patologico di glicosaminoglicani, un tipo di mucopolisaccaridi. Nel 1974 fu descritta la variante di tipo A della malattia di Sanfilippo, mentre nel 1980 fu descritta la variante di tipo D, caratterizzata dalla carenza dell'enzima glucosamina 6-sulfato solfatasi.[2]

Nel 2011 Esko e William C. Lamanna della University of California, San Diego, La Jolla, USA hanno studiato l'attività enzimatica in fibroblasti di pazienti, rilevando che il difetto di attività enzimatica non comporta solo l'accumulo di un particolare glicosaminoglicano, l'eparansolfato, ma anche di una metabolita secondario, il dermatansolfato, che raggiunge livelli da tre a cinque volte il normale.[5]

Epidemiologia modifica

La malattia si presenta nella popolazione con un'incidenza di 1-2 bambini ogni 100.000 nati. Sembra esserci una predisposizione genetica, per cui tra fratelli è più probabile avere più di un malato piuttosto che tra due individui non consanguinei. Essendo la modalità di trasmissione di tipo autosomico recessivo si ha una possibilità su quattro che il fratello di un malato di questa sindrome sia affetto dalla stessa patologia. In linea di massima, si può dire che la malattia compare nei soggetti che hanno un alterato metabolismo dei mucopolisaccaridi presenti nella membrana cellulare dei neuroni; ne consegue un progressivo e irreversibile accumulo di queste molecole nel sistema nervoso. Si distinguono 4 sottotipi o varianti:[1]

  • A prevalente e frequente in Olanda e in Australia,
  • B più frequente in Grecia e Portogallo,
  • C forma rara insieme a
  • D.

Uno studio australiano[6] stima così l'incidenza delle 4 varianti della Sindrome di Sanfilippo:

Tipo di Sindrome di Sanfilippo Incidenza approssimata Percentuale di casi
A 1 su 100.000[6] 60%
B 1 su 200.000[6] 30%
C 1 su 1.500.000[6] 4%
D 1 su 1.000.000[6] 6%

Eziologia modifica

La malattia sembra causata da gravi deficit enzimatici, per i quali gli zuccheri degli eparansolfati (facenti parte del gruppo dei mucopolisaccaridi) non vengono correttamente metabolizzati accumulandosi soprattutto nel tessuto connettivo e nel tessuto nervoso, provocando per questo sintomi tipici. Tutte le MPS III sono trasmesse con modalità autosomica recessiva.

Tutte le varianti della malattia sono dovute al deficit di uno dei quattro enzimi necessari per la degradazione del eparan-solfato (HS).[7] Gli enzimi geneticamente mutati nelle varie forme sono:

I quattro geni codificanti per questi enzimi sono stati mappati sui rispettivi loci:[8]

di questi sono state identificate numerose mutazioni.[9][10][11][12][13]

Diagnosi modifica

 
La sindrome di Sanfilippo ha una trasmissione di tipo autosomico recessivo.

Gli alti livelli di eparan solfato (HS) nelle urine sono il mezzo che permette di fare la diagnosi, mentre la ricerca dello specifico deficit di uno dei quattro enzimi su colture leucocitarie o su culture di fibroblasti permette di distinguere fra i 4 sottotipi di MPS III.

I tipi IIIA e IIID necessitano della misurazione dell'attività comparata di un'altra solfatasi; ciò è necessario per escludere la malattia di Austin, dovuta a deficit multiplo di solfatasi.

Quando la mutazione è stata identificata vanno ricercati gli eventuali altri soggetti eterozigoti presenti nella stessa famiglia.

Sintomatologia modifica

L'epoca di esordio della malattia è intorno ai 2-4 anni di età, con una sintomatologia rappresentata da: disturbi del comportamento (ipercinesia, aggressività) e deterioramento mentale, disturbi del sonno e dismorfismi molto lievi.

Il coinvolgimento neurologico diviene più evidente intorno ai 10 anni, con perdita delle capacità motorie e problemi di comunicazione. Le convulsioni spesso insorgono dopo i 10 anni. La forma più grave è la IIIA, anche se sono stati descritti alcuni pazienti con forme attenuate. Le forme IIIB e IIID sono le più eterogenee come manifestazioni, mentre la forma IIIC è intermedia a queste ultime.

È spesso presente la cosiddetta "facies lunaris", una faccia abnormemente rotondeggiante dai caratteristici accumuli di grasso sulle guance, chiamata anche "gargiola". Sono poi presenti gravi malformazioni scheletriche: si riscontra spesso una particolare atrofia della spina dorsale, e malformazioni muscolari con dolori generici, tremori e gravi atrofie. Sono sempre presenti epatomegalia e splenomegalia, ossia l'ingrossamento del fegato e della milza, e un ritardo delle sviluppo psicomotorio di media-grave entità.

I primi segni della malattia sono dati da un cambiamento nel comportamento del bambino, che diventa iperattivo (corre tutto il tempo) con tendenze all'autolesionismo. Questo periodo è seguito da una diminuzione dell'attività con perdita dell'udito. Il viso si modifica, e i lineamenti appaiono grossolani con ampliamento della base della faccia. I capelli diventano crespi. La perdita progressiva dell'attività porta ad una riduzione dell'autonomia. Si ha una completa perdita del controllo sfinterico e si può anche verificare incontinenza urinaria. Il paziente perde gradualmente il contatto con l'ambiente circostante anche per le frequenti crisi epilettiche.

Terapia modifica

Non sono note terapie specifiche efficaci. È possibile solo la diagnosi prenatale con la ricerca dei deficit enzimatici nel trofoblasto e nell'aminiocita durante la gravidanza.

In questa malattia il trapianto allogenico di midollo osseo non è indicato; nelle varianti IIIA e IIIB sono in corso promettenti ricerche sull'animale.

L'unico approccio terapeutico possibile prevede un sostegno familiare multidisciplinare di tipo sintomatico.

Il trattamento classico dei bambini con sindrome di Sanfilippo consiste nel trattamento delle modificazioni del comportamento con risultati modesti. A tale proposito sembra possibile che episodi intermittenti di pressione intracranica elevata possano essere il meccanismo che causa i cambiamenti nel comportamento osservato in alcuni bambini con la sindrome di Sanfilippo. Alcuni autori, in questi casi, consigliano il posizionamento di uno shunt ventricolo-peritoneale.[14]

La disfagia può essere gestita con la transizione ad un'alimentazione enterale (alimentazione liquida) attraverso una nutrizione con un sondino naso-gastrico. La perdita progressiva della capacità di camminare porta ad una maggiore rigidità articolare; questo fatto può essere evitato con un'opportuna fisioterapia.

Terapie sperimentali modifica

  Le informazioni riportate non sono consigli medici e potrebbero non essere accurate. I contenuti hanno solo fine illustrativo e non sostituiscono il parere medico: leggi le avvertenze.

Un recente lavoro gennaio 2011 chiarisce lo stato dell'arte per il trattamento di questa grave sindrome; le opzioni terapeutiche sperimentali indicate sono:[15]

Anche se l'efficacia clinica non è stato ancora pienamente dimostrata, per nessuna di queste terapie, è probabile che sviluppi futuri porteranno a un trattamento in grado di modificare l'evoluzione della malattia.

Terapia enzimatica sostitutiva o ERT modifica

La terapia enzimatica sostitutiva o ERT secondo Bielicki et al. (1998) potrebbe trovare nella somministrazione dell'enzima: sulfamidasi-recombinante, un possibile sbocco terapeutico.[16] Sono state studiate sulfamidasi-ricombinanti che hanno mostrato su modelli animali una buona risposta.[17]

Terapia genica modifica

La terapia genica è sperimentata sull'animale (cane) con risultati molto promettenti.[18]

Genisteina modifica

Un recente studio polacco condotto presso il Dipartimento di Biologia Molecolare, Università di Danzica, Polonia indicherebbe l'utilità dell'assunzione del flavonoide genisteina in combinazione con altri flavonoidi, come un metodo per migliorare l'efficienza della terapia di riduzione del substrato (RST) nella MPS III.[19] La ricerca è anche supportata da un altro studio di ricerca dell'University of Manchester, UK che suggerirebbe nella geisteina un utile principio attivo capace, potenzialmente, di rallentare l'evoluzione della malattia.[20]

Altri studi hanno esaminato in modelli in vitro e sull'animale il ruolo della geisteina nel trattamento delle MPS.[21][22][23][24]

Ancora ricercatori polacchi del Dipartimento di Biologia Molecolare, Università di Gdanskin, in uno studio del 2010 sottolineano il ruolo della genisteina nel ridurre l'accumulo di glicosaminoglicani, la cui distribuzione è alterata nella malattia di Sanfilippo.[25] Studi in vitro, su animali e studi clinici indicano che l'evoluzione della malattia può essere significativamente rallentata o interrotta, usando una dose adeguata di genisteina.[26] Secondo questi autori la genisteina potrebbe rappresentare una speranza reale per i pazienti affetti da gravi malattie ereditarie con meccanismi patogenetici relativamente complessi, come la quelle che interessano il sistema nervoso centrale.[25][27][28]

Ricerche in corso modifica

Dal sito[29] della The Canadian MPS Society (aggiornato all'ottobre 2010) sono segnalati i centri che nel mondo si occupano di ricerca sulla terapia della sindrome di Sanfilippo. Essi sono:

  • Il Dr. Grzegorz Wegrzyn in Polonia che conduce ricerche sulla riduzione del substrato (SRT) con la genisteina sulla sintesi dei glicosaminoglicani.
  • Uno studio clinico fatto con una frazione agliconata di genisteina ad alte dosi è iniziato presso il gruppo di ricerca coordinato da Simon Jones a Manchester, Mentre Frits Wijburgsta sta conducendo uno studio con la genisteina presso il Medical Centre di Amsterdam.
  • Il Dr. JM Heard dell'Istituto Pasteur di Parigi, sta attualmente reclutando pazienti per uno studio clinico sulla variante MPS IIIB con la terapia genica AAV.
  • La Shire Pharmaceuticals Group, come parte del suo programma di ricerca valuta nuovi approcci al problema della terapia del sistema nervoso centrale nella MPS, con l'obiettivo di sviluppare un suo programma di ricerca sulla MPS IIIA.

Note modifica

  1. ^ a b Orphanet: Mucopolisaccaridosi, tipo 3, su orpha.net.
  2. ^ a b (EN) The Canadian MPS Society - History, su mpssociety.ca (archiviato dall'url originale il 14 marzo 2016).
  3. ^ (EN) Lauren's Hope, su laurenshope.org (archiviato dall'url originale l'8 ottobre 2010).
  4. ^ Autio S, Palo J, Perheentupa J, Aspartylglycosaminuria: a gargoyle-like syndrome with autosomal recessive inheritance, in Birth Defects Orig. Artic. Ser., vol. 10, n. 4, 1974, pp. 193–200, PMID 4220085.
  5. ^ Lamanna WC, Lawrence R, Sarrazin S, Esko JD, Secondary storage of dermatan sulfate in Sanfilippo disease, in J. Biol. Chem., vol. 286, n. 9, marzo 2011, pp. 6955–62, DOI:10.1074/jbc.M110.192062, PMID 21193389.
  6. ^ a b c d e Meikle PJ, Hopwood JJ, Clague AE, Carey WF, Prevalence of lysosomal storage disorders, in JAMA, vol. 281, n. 3, gennaio 1999, pp. 249–54, DOI:10.1001/jama.281.3.249, PMID 9918480.
  7. ^ (EN) www.mpssociety.ca (PDF) [collegamento interrotto], su mpssociety.ca.
  8. ^ (EN) N-SULFOGLUCOSAMINE SULFOHYDROLASE; SGSH - OMIM Result, su ncbi.nlm.nih.gov.
  9. ^ Bhattacharyya R, Gliddon B, Beccari T, Hopwood JJ, Stanley P, A novel missense mutation in lysosomal sulfamidase is the basis of MPS III A in a spontaneous mouse mutant, in Glycobiology, vol. 11, n. 1, gennaio 2001, pp. 99–103, PMID 11181566.
  10. ^ Gabrielli O, Coppa GV, Bruni S, Villani GR, Pontarelli G, Di Natale P, An adult Sanfilippo type A patient with homozygous mutation R206P in the sulfamidase gene, in Am. J. Med. Genet. A, 133A, n. 1, febbraio 2005, pp. 85–9, DOI:10.1002/ajmg.a.30552, PMID 15637719.
  11. ^ Chabás A, Montfort M, Martínez-Campos M, et al., Mutation and haplotype analyses in 26 Spanish Sanfilippo syndrome type A patients: possible single origin for 1091delC mutation, in Am. J. Med. Genet., vol. 100, n. 3, maggio 2001, pp. 223–8, PMID 11343308.
  12. ^ Blanch L, Weber B, Guo XH, Scott HS, Hopwood JJ, Molecular defects in Sanfilippo syndrome type A, in Hum. Mol. Genet., vol. 6, n. 5, maggio 1997, pp. 787–91, PMID 9158154.
  13. ^ Yogalingam G, Hopwood JJ, Molecular genetics of mucopolysaccharidosis type IIIA and IIIB: Diagnostic, clinical, and biological implications, in Hum. Mutat., vol. 18, n. 4, ottobre 2001, pp. 264–81, DOI:10.1002/humu.1189, PMID 11668611.
  14. ^ Robertson SP, Klug GL, Rogers JG, Cerebrospinal fluid shunts in the management of behavioural problems in Sanfilippo syndrome (MPS III), in Eur. J. Pediatr., vol. 157, n. 8, agosto 1998, pp. 653–5, PMID 9727849.
  15. ^ de Ruijter J, Valstar MJ, Wijburg FA, Mucopolysaccharidosis Type III (Sanfilippo Syndrome): Emerging Treatment Strategies, in Curr Pharm Biotechnol, gennaio 2011, PMID 21235449.
  16. ^ Bielicki J, Hopwood JJ, Melville EL, Anson DS, Recombinant human sulphamidase: expression, amplification, purification and characterization, in Biochem. J., 329 ( Pt 1), gennaio 1998, pp. 145–50, PMC 1219025, PMID 9405287.
  17. ^ Gliddon BL, Yogalingam G, Hopwood JJ, Purification and characterization of recombinant murine sulfamidase, in Mol. Genet. Metab., vol. 83, n. 3, novembre 2004, pp. 239–45, DOI:10.1016/j.ymgme.2004.07.016, PMID 15542395.
  18. ^ Ellinwood NM, Ausseil J, Desmaris N, et al., Safe, efficient, and reproducible gene therapy of the brain in the dog models of Sanfilippo and hurler syndromes, in Mol. Ther., vol. 19, n. 2, febbraio 2011, pp. 251–9, DOI:10.1038/mt.2010.265, PMID 21139569.
  19. ^ Kloska A, Jakóbkiewicz-Banecka J, Narajczyk M, Banecka-Majkutewicz Z, Węgrzyn G, Effects of flavonoids on glycosaminoglycan synthesis: implications for substrate reduction therapy in Sanfilippo disease and other mucopolysaccharidoses, in Metab Brain Dis, febbraio 2011, DOI:10.1007/s11011-011-9233-2, PMID 21305347.
  20. ^ Malinowska M, Wilkinson FL, Langford-Smith KJ, et al., Genistein improves neuropathology and corrects behaviour in a mouse model of neurodegenerative metabolic disease, in PLoS ONE, vol. 5, n. 12, 2010, pp. e14192, DOI:10.1371/journal.pone.0014192, PMC 2995736, PMID 21152017.
  21. ^ A. Arfi, M. Richard; C. Gandolphe; D. Scherman, Storage correction in cells of patients suffering from mucopolysaccharidoses types IIIA and VII after treatment with genistein and other isoflavones., in J Inherit Metab Dis, vol. 33, n. 1, febbraio 2010, pp. 61-7, DOI:10.1007/s10545-009-9029-2, PMID 20084460.
  22. ^ M. Malinowska, FL. Wilkinson; W. Bennett; KJ. Langford-Smith; HA. O'Leary; J. Jakobkiewicz-Banecka; R. Wynn; JE. Wraith; G. Wegrzyn; BW. Bigger, Genistein reduces lysosomal storage in peripheral tissues of mucopolysaccharide IIIB mice., in Mol Genet Metab, vol. 98, n. 3, novembre 2009, pp. 235-42, DOI:10.1016/j.ymgme.2009.06.013, PMID 19632871.
  23. ^ J. Jakóbkiewicz-Banecka, E. Piotrowska; M. Narajczyk; S. Barańska; G. Wegrzyn, Genistein-mediated inhibition of glycosaminoglycan synthesis, which corrects storage in cells of patients suffering from mucopolysaccharidoses, acts by influencing an epidermal growth factor-dependent pathway., in J Biomed Sci, vol. 16, 2009, pp. 26, DOI:10.1186/1423-0127-16-26, PMID 19272193.
  24. ^ J. Jakóbkiewicz-Banecka, A. Wegrzyn; G. Wegrzyn, Substrate deprivation therapy: a new hope for patients suffering from neuronopathic forms of inherited lysosomal storage diseases., in J Appl Genet, vol. 48, n. 4, 2007, pp. 383-8, PMID 17998597.
  25. ^ a b Wegrzyn G, Jakóbkiewicz-Banecka J, Gabig-Cimińska M, et al., Genistein: a natural isoflavone with a potential for treatment of genetic diseases, in Biochem. Soc. Trans., vol. 38, n. 2, aprile 2010, pp. 695–701, DOI:10.1042/BST0380695, PMID 20298245.
  26. ^ Piotrowska E, Jakóbkiewicz-Banecka J, Barańska S, et al., Genistein-mediated inhibition of glycosaminoglycan synthesis as a basis for gene expression-targeted isoflavone therapy for mucopolysaccharidoses, in Eur. J. Hum. Genet., vol. 14, n. 7, luglio 2006, pp. 846–52, DOI:10.1038/sj.ejhg.5201623, PMID 16670689.
  27. ^ (PL) Genisteina w leczeniu choroby Sanfilippo , pulsmedycyny.com.pl, su pulsmedycyny.com.pl (archiviato dall'url originale il 18 ottobre 2010).
  28. ^ (PL) Gdy mózg jest "przecukrzony" - nadzieja dla chorych na mukopolisacharydozę | Neuropsychologia.org | Gdy mózg jest "przecukrzony" - nadzieja dla chorych na mukopolisacharydozę | news, su neuropsychologia.org.
  29. ^ The Canadian MPS Society - Therapy & Treatment, su mpssociety.ca (archiviato dall'url originale il 3 settembre 2018).

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