Pretatti: differenze tra le versioni
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Versione delle 12:22, 20 mar 2020
I Pretatti, o Preti,[1] furono un'importante e nobile famiglia italiana, protagonista della storia dell'Aquila nel medioevo.
Pretatti | |
---|---|
Stato | Italia |
Titoli | Baroni Signori |
Fondatore | Pretatto |
Data di fondazione | XIII secolo |
Data di estinzione | XVI secolo |
Etnia | Italiana |
Storia
Nonostante la rilevanza nell'ambito delle vicende storiche aquilane, le notizie sui Pretatti sono assai scarne. La famiglia si ritiene essere originaria di Poppleto ed il capostipite è individuato in un Pretatto che visse nel XIII secolo. Sin dalla fondazione dell'Aquila, il casato si evidenzia come uno dei più importanti e ricchi della città.
Alla metà del XVI secolo i Pretatti entrarono in conflitto con i Camponeschi, essendo i primi espressione del ceto agrario tendente al feudalesimo ed i secondi esponenti del rampante ceto borghese a vocazione mercantile.[2] Per la loro natura conservativa, i Pretatti godevano delle simpatie di corte,[2] cosicché, dopo un primo conflitto scoppiato nel 1337, re Roberto d'Angiò convocò Lalle Camponeschi e lo bandì dall'Aquila.[3] Tramite un accordo con l'altra famiglia dei Bonagiunta, Camponeschi riuscì a rientrare in città nel 1338 salvo poi essere nuovamente esiliato da Todino Pretatti. Grazie alla protezione di Roberto d'Angiò, i Pretatti riuscirono ad evitare i successivi tentativi di riconquista della città da parte dei rivali.[3]
Nel 1342 i Pretatti furono sconfitti dai Bonagiunta che conquistarono così il governo. A loro volta, quest'ultimi furono sconfitti dai Camponeschi che riuscirono a rientrare all'Aquila e, alla morte di Roberto d'Angiò (1343), si vendicarono dei Pretatti espropriandone le proprietà e esiliandoli dal Regno di Napoli.[3] La famiglia ebbe poi modo di rientrare in città grazie a Filippo di Taranto ma, alla prova dei fatti, Lalle Camponeschi venne meno agli impegni presi venendo per questo assassinato dallo stesso Filippo.[3]
Un ulteriore conflitto divampò nell'ambito della crisi nota come scisma d'Occidente: i Pretatti — nella persona di Francesco Antonio (detto Ceccantonio) esiliato con la famiglia a Corvaro — si schierarono con papa Urbano VI mentre i Camponeschi appoggiarono la regina Giovanna I di Napoli e si schierarono con l'antipapa Clemente VII.[4] La disputa derivò in sanguinose battaglie e numerose scorrerie e saccheggi tra l'aquilano e il cicolano e si concluse con la battaglia di Torano del 1381 in cui i Camponeschi, con il decisivo appoggio degli Orsini, ebbero definitivamente la meglio sui Pretatti. Il 16 agosto 1381 Ceccantonio fu giustiziato mediante decapitazione; in precedenza, durante il conflitto, alcune porte cittadine furono murate (tra cui Porta di Bagno) e i congiuranti ritenuti vicini ai Pretatti impiccati.[5]
Come segnalato dallo storico Bernardino Cirillo, nel Cinquecento i Pretatti sono segnalati con i Cantelmo a Castiglione della Pescara.[6] In seguito non si hanno più tracce e il casato si ritiene estinto.
Blasonatura
La blasonatura della famiglia Pretatti è la seguente: D'argento al capriolo di rosso caricato delle lettere P. R. E.[1][7]
Note
- ^ a b Elenco delle famiglie nobili d'Abruzzo, su casadalena.it. URL consultato il 20 marzo 2020.
- ^ a b Alessandro Clementi, Elio Piroddi, p. 52.
- ^ a b c d Peter Partner, Camponeschi, Lalle, in Dizionario biografico degli italiani, 1974.
- ^ Alessandro Clementi, Elio Piroddi, p. 58.
- ^ Alessandro Clementi, Elio Piroddi, p. 99.
- ^ Francesca Marmo, Analisi di un palinsesto architettonico: il palazzo baronale di Castiglione a Casauria, in Claudio Varagnoli (a cura di), Ricerche sul patrimonio architettonico in Abruzzo e in Molise: Terre murate, Roma, Gangemi Editore, 2005, p. 74.
- ^ Giovan Battista di Crollalanza, Dizionario storico-blasonico delle famiglie nobili e notabili italiane, I, Pisa, 1888, p. 378.
Bibliografia
- Alessandro Clementi e Elio Piroddi, L'Aquila, Bari, Laterza, 1986.