Feudalesimo

sistema politico e sociale

Il feudalesimo (detto anche "rete vassalla")[1] era un sistema politico, economico, giuridico, sociale che si affermò nell'Europa occidentale con l'Impero carolingio (IX secolo) e con la morte di Carlo Magno,[2] fino all'avvento dell'età moderna. In senso sociale ed economico fu un'evoluzione della società curtense. Il superamento del sistema feudale si ebbe con l'emanazione delle leggi eversive della feudalità nel 1806 da parte di Napoleone Bonaparte, più di tre secoli dopo la fine del Medioevo.

Impropriamente l'aggettivazione "feudale" è stata usata anche per fare richiamo a quelle particolari organizzazioni territoriali in cui era evidente la presenza di rapporti personali reciproci e orizzontali tra i vari signori locali, spesso dotati di un potere in vario grado autonomo e di una rilevante forza militare di carattere vicino al privato - piuttosto che soltanto in riferimento alla classica strutturazione sociale strettamente gerarchica avente al vertice della piramide un solo elemento, il sovrano; un esempio in questo senso lo si avrebbe al di fuori dei confini europei medievali e nello specifico nel Giappone durante il periodo dello Shogunato.

Sinossi storica modifica

 
L'Europa verso il 1328

Le origini del fenomeno modifica

Tra il I e il V secolo, un popolo di guerrieri dell'Asia centrale chiamato Rajput si aprì un varco attraverso i passi all'estremità occidentale dell'Himalaya e si stabilì da dominatore nell'India di nord-ovest. Nel XII secolo essi furono spinti a sud da nuovi invasori, i Musulmani, in una regione selvaggia e asciutta dove fondarono molti piccoli reami rivali. Ogni regno era governato da una dinastia reale, la quale faceva essa stessa parte di un clan reale, e il capo del clan - il più anziano della più antica dinastia - era il re. Egli era il "proprietario" dello Stato, perché il suo diretto ascendente era colui che per primo aveva conquistato il territorio. Il sistema feudale trasse inoltre le sue origini da due tradizioni antiche e simili - quella germanica dei fedeli che contornavano il capo e quella romana dei clienti dell'amministratore delle province - che si erano incontrate nei regni romano-barbarici.[1]

L'uso del capo barbaro di circondarsi di fedeli, già testimoniato da Tacito, aveva avuto un chiaro sviluppo nell'età merovingia, quando intorno alla figura del re s'era formato un gruppo di guerrieri scelti (trustis) che gli prestava il servizio militare e che per questo si collocava su un piano più alto nella scala sociale:[1] chi feriva o uccideva uno di loro pagava un indennizzo, il guidrigildo, triplo rispetto al normale. Gli elementi del rapporto feudale presero forma già quando i guerrieri della trustis cominciarono a ricevere dal re non soltanto protezione ma anche beni in cambio del loro servizio armato. Prima della nascita dei regni romano-barbarici (circa nel VI sec. d.C.) un sistema molto simile a quello feudale fu istituito in Danimarca che era abitata da un popolo vichingo che darà, successivamente, il proprio nome a una regione nel nord-ovest della Francia, i Normanni. A seguito di questa recente scoperta alcuni storici attribuiscono la nascita della "rete vassalla" a questi ultimi.

Feudalesimo medievale modifica

Tra IX e X secolo l'Europa, che aveva conosciuto un momento di prosperità durante la nascita dell'impero carolingio, era presto ripiombata nell'insicurezza e nella difficoltà indotta dalla mancanza di un potere centrale, causata da una vera e propria destrutturazione dell'organizzazione regia carolingia, senza garanzia della salvaguardia dei cittadini, il tutto aggravato dalle nuove incursioni di Normanni, Saraceni e Ungari che istituirono il sistema nei territori conquistati.

In questo contesto nacque "dal basso" la richiesta di nuove strutture di potere che andassero a colmare spontaneamente quei vuoti di potere deferiti dalla lontana monarchia imperiale. Ne nacque così il fenomeno dell'incastellamento,[2] con la costruzione di insediamenti fortificati da cinte murarie, dove era presente la dimora del signore locale ("mastio", "cassero" o torre), i magazzini delle derrate alimentari, degli strumenti di lavoro e delle armi, le abitazioni del personale e, attorno ad esso, le varie unità insediative e produttive. Le persone che gravitavano attorno al castello erano tutte legate da precisi rapporti di dipendenza al signore. La "castellania" era la circoscrizione attorno al castello, che si inquadrava a sua volta in unità giuridiche più vaste. Almeno in via teorica esisteva un sistema gerarchico piramidale che si ricollegava ai pubblici ufficiali che possedevano una signoria (duchi, marchesi e conti), che a loro volta dipendevano dal sovrano. Nella pratica sopravviveva anche la libertà personale e la proprietà privata diretta (" l'allodio "), anche se i liberi proprietari erano spesso portati a rinunciare al loro stato di rischiosa libertà in cambio di protezione.

Nell'847 il capitolare di Meerssen invitava gli uomini liberi a scegliersi un capo tra gli uomini più potenti del territorio e mettersi sotto la sua protezione; e nel X secolo anche una norma del diritto anglosassone sanciva che l'uomo privo di un signore, se la famiglia non lo riconosceva come suo membro, era equiparato ad un fuorilegge. Questo provvedimento va inquadrato anche nel progetto di smilitarizzazione dei ceti più bassi. Nel mondo germanico infatti l'uomo libero era sinonimo di guerriero, per cui il diritto di possedere le armi, anche tra i più semplici contadini, era sinonimo di libertà e di rango. Con l'affinamento delle tecniche militari si procedette alla smilitarizzazione dei liberi di più bassa estrazione, obbligandoli a porsi sotto la protezione (e il controllo) dei seniores.

Feudalesimo giapponese modifica

Nel Medioevo anche in Giappone si diffuse un tipo di organizzazione che possiamo definire feudale. I signori erano chiamati daimyō e i cavalieri samurai. E anche in Giappone si verificò quanto avvenne in Europa con il tentativo dei feudatari di tramandare in eredità il loro feudo limitando così il potere dell’imperatore e scontrandosi tra di loro. In questo clima di guerra perenne fra le famiglie più potenti, nel 1185, prevalse la casata dei Minamoto che nel 1192 pretese il titolo militare di shōgun. Nasceva così in Giappone una nuova autorità pubblica, parallela e alternativa a quella dell’imperatore. Lo shogunato infatti era in origine una carica militare dipendente dall’imperatore e assegnata solo temporaneamente in caso di guerra, ma con uno Yorimoto divenne permanente ed ereditaria e assunse sempre più potere politico fino a sostituirsi a quello imperiale. Lo shogunato divenne dunque l’istituzione più importante dello Stato e durò fino al 1867.

Feudalesimo moderno modifica

Il feudalesimo fu il sistema giuridico-politico dominante tra i secoli X e XII. In seguito, la rinascita delle città e dell'economia monetaria ridimensionò molto questa istituzione, che comunque non scomparve. Anzi, tra XIV e XVI secolo si registrò in Europa un diffuso processo di "rifeudalizzazione". Con l'avvento degli Stati moderni il feudalesimo perse le caratteristiche giurisdizionali, ma mantenne quelle sociali e politiche fino a quasi tutto il XVIII secolo.

Nel Regno di Francia il feudalesimo venne abolito a seguito della rivoluzione francese con decreto dell’11 agosto 1789 dall’Assemblea Costituente, provvedimento che fu poi esteso in diversi parti d’Italia in seguito all’invasione da parte delle truppe francesi. Nel Regno di Napoli, Giuseppe Bonaparte abolì la feudalità con legge 2 agosto 1806, poi attuata con la legge 1º settembre 1806 ed un real decreto del 3 dicembre 1808. Nel Regno di Sicilia la legge abolitiva fu emanata dal Parlamento siciliano il 10 agosto 1812. In Piemonte la feudalità cessò in forza degli editti 7 marzo e 29 luglio 1797 emanati da Carlo Emanuele IV, Che dichiarò allodiali tutti i beni feudali; quantunque nel Regno di Sardegna, specificatamente all’Isola, la feudalità fu abolita con editto del 5 agosto 1848.

Nel Regno Lombardo-Veneto solo con la legge del 5 dicembre 1861 n.º 342 furono soppressi tutti i vincoli feudali. Più recentemente in Scozia, il 28 novembre 2004 l'Abolition of Feudal Tenure etc. (Scotland) Act del 3 maggio 2000 è entrato in pieno vigore, ponendo fine a ciò che era rimasto del sistema feudale scozzese. L’ultimo regime feudale, quello dell’isola di Sark, fu abolito nel dicembre del 2008, quando si sono tenute le prime elezioni democratiche per l'elezione di un parlamento locale e la nomina di un governo. La "rivoluzione" è conseguenza dell'intervento giuridico del Parlamento europeo, che ha dichiarato il sistema costituzionale locale come contrario ai diritti umani, e, a seguito di una serie di battaglie legali, ha imposto la democrazia parlamentare.[3]

Tipi di feudalesimo modifica

Casi del tutto particolari furono quei feudalesimi che Marc Bloch definì "d'importazione", ovverosia quelle forme d'organizzazione sociale che i popoli che si spostavano lontano dai loro paesi d'origine portavano con sé. Questo termine è generalmente riferito ad eventi di qualche secolo successivi al X: a certi rapporti di vassallaggio che i Normanni introdurranno in Inghilterra e nell'Italia meridionale dopo le loro conquiste, oppure a quel feudalesimo che si sviluppò in Terra Santa dopo la prima crociata, dove il beneficio era pagato in denaro piuttosto che in terra, per il semplice motivo che le campagne erano sottoposte alle continue scorrerie dei musulmani.

Questi "benefici" in denaro, tuttavia, si diffusero ben presto anche in altre regioni europee poiché visti dai sovrani come ottimi mezzi per evitare la disgregazione territoriale. I beneficiari erano, in genere, benemeriti di chi rilasciava il feudo. I pagamenti, tuttavia, raramente venivano onorati e questo rapporto feudale si rivelò essere il più instabile, tanto da far preferire sempre ai vassalli la concretezza della terra.

A proposito di "feudalesimi" bisogna ricordare, tra l'altro, la differenza fondamentale che intercorre tra il feudo "franco" e il feudo "longobardo". Il primo è il feudo che si potrebbe definire "puro", perché riscontrabile soprattutto in territorio francese: ha come caratteristiche fondamentali l'indivisibilità, l'inalienabilità e l'impossibilità ad essere trasmesso ereditariamente per via femminile. Un feudo di questo tipo tende a generare una società in cui la geografia del possesso fondiario è molto statica. Diversa è invece la situazione dell'Italia settentrionale, dove vige per lo più il feudo "longobardo": questo è infatti un feudo divisibile, alienabile, trasmissibile per via femminile, tutti aspetti che conferiscono senza dubbio maggiore dinamicità agli assetti della proprietà fondiaria. Si può dire che il feudo "franco" fu in pratica introdotto in Italia solo al momento della discesa nel meridione della casa francese degli Angiò, alla fine del secolo XIII, che favorì l'insediamento in territorio italiano dell'aristocrazia d'oltralpe, che portò con sé i propri istituti e le proprie consuetudini.

Il dibattito storiografico modifica

Il governo feudale acquisì le caratteristiche difettive con cui si è abituati a fare ad esso riferimento a partire dalla metà del XVIII secolo, cioè in piena età illuministica. Alfonso Longo, ad esempio, che nel 1773 succedette a Cesare Beccaria nella cattedra di Istituzioni civili ed economiche a Milano (il cui corso, mai pubblicato, fu poi recuperato in volume),[4] lo definisce una forma di governo "tutta imperfetta nelle sue parti, erronea nei principii e disordinata nei mezzi". Ed, in effetti, fu sempre considerata cardinale dagli Illuministi l'interezza della sovranità, mentre, soprattutto a partire dal Capitolare di Quierzy (877),[5] la sicurezza del possesso del feudo rese più lassi i vassalli e più disposti a seguire il proprio arbitrio, assecondando l'inosservanza delle leggi in favore della forza, svuotando di potere i tribunali, opprimendo il popolo.

Istituzioni economiche e sociali come il pascolo comune o le corporazioni contraddicevano in modo troppo forte lo spirito borghese che largamente informava lo spirito illuminista. Questa sorta di avversione prese corpo nella riforma, avviata da Giuseppe Bonaparte e proseguita da Gioacchino Murat, tramite una serie di leggi emanate tra il 1806 e il 1808, della soppressione della feudalità nel regno di Napoli, lo stato dello stivale in cui più radicata era la forma feudale di governo, istituendo anche una commissione incaricata di risolverne le liti.[6]

Il XIX secolo sembrò cercare un punto di vista più neutro nei confronti del feudalesimo: a quei tempi, avversario della borghesia non è più l'Ordinamento feudale ma il sovrano assoluto. François Guizot distingueva tra un influsso "sullo sviluppo interiore dell'individuo" e quello sulla società, ravvisando nel primo il motore di "sentimenti energici" e "bisogni morali". Il XX secolo, soprattutto con Les Annales, approfondì lo studio della produzione dei beni, dei rapporti di proprietà e delle condizioni di lavoro più di quanto non fosse stato fatto fino ad allora. In ogni caso, almeno nella percezione comune, neppure questi studi fecero uscire il feudalesimo da una considerazione generale fortemente polemica.

Fu Alfons Dopsch il primo a tentare di scardinare lo schema tradizionale, basato sul principio per cui il feudalesimo fosse sempre strettamente legato alla pratica dell'economia naturale. Dopsch fa invece notare che il feudalesimo è sopravvissuto in certi stati anche fino al XVII secolo, mentre in essi lo scambio monetario era ormai del tutto "moderno". Lo studioso, insomma, propone cause politiche e costituzionali per la definizione di questo ordinamento. Però è da considerare che il feudalesimo menzionato da Dopsch (quello dell'Austria e del Meclemburgo) non era ormai più il feudalesimo dei baroni riottosi. Bloch finisce per rinunciare al riferimento all'economia naturale, preferendo parlare di una "carestia monetaria". Henri Pirenne trovò nella disgregazione dello Stato la cifra del feudalesimo, sottolineando come fu impossibile ai conquistatori germanici di continuare la solidità statale che fu dell'Impero romano. Pur riconoscendo la necessità dei principi di delegare la difesa del territorio ai vassalli, resta, secondo Pirenne, che il giuramento feudale riconosce comunque il re come detentore del potere, tanto che furono paesi altamente feudalizzati come l'Inghilterra e la Francia - come nota Lopez - a dare all'Europa i primi Stati unitari. Sempre il Lopez nota come il principio di feudalità rimarcava l'elemento di reciprocità giuridica dell'obbligazione, per quanto questo genere di transazioni di diritti non fosse certo disponibile per l'universalità delle genti ma solo dei potenti.

Maurice Dobb fa corrispondere il feudalesimo all'istituto del servaggio, cioè l'obbligo imposto al produttore di adempiere alle pretese economiche del dominus (spesso genericamente intese come "doni alla dispensa del signore"). Dobb torna quindi, in qualche modo, al giudizio settecentesco, accentuando, però, una nota classista che prima non aveva questo rilievo.

Elementi fondamentali del sistema feudale modifica

A livello teorico erano tre gli elementi fondamentali e caratterizzanti del sistema vassallatico-beneficiario:

  1. Elemento reale: honor o beneficium dato in concessione dal dominus o senior al vassus (parola di origine celtica che significava "giovane"); si trattava di un bene materiale (terre o beni mobili o uffici remunerati a vario titolo)
  2. Elemento personale: la fedeltà personale del vassus era garantita da un rito, l'homagium ("omaggio"), la cui etimologia testimonia la natura. Deriva infatti da homo, ed era una sorta di cerimonia durante la quale il vassus ("giovane") si dichiarava "homo", quindi adulto, e fedele del suo signore.
  3. Elemento giuridico: il vasso acquistava immunità giudiziaria,[7] cioè la giurisdizione (intesa come concessione di esercitare il potere giudiziario) nella zona interessata, con i conseguenti proventi.

Elemento reale: Il feudo modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Feudo.

"Feudo" è entrato nella nostra lingua dal latino "feudum",[1] che riprendeva la radice germanica feh = bestiame,[8] essendo infatti presso le popolazioni nomadi la ricchezza più tipica, con la quale si remuneravano i servigi.[2] Nel medioevo il "benificium" (altro nome del feudo) veniva dato in dono ai vassalli del signore che, prestando servizio a quest'ultimo, ricevevano in cambio protezione e una frazione territoriale da coltivare. Questo "pezzo" di terra è considerato il feudo.[1] Gli storici sono sostanzialmente concordi nell'indicare infatti l'origine del feudo in quei beni materiali (bestiame, armi e oggetti preziosi) con i quali i principi barbarici offrivano al proprio seguito, il comitatus.[9] Quando i Germani divennero sedentari il termine iniziò a significare un "bene" generico, ovvero il suo "possesso" e, più in generale, la "ricchezza".

È importante sottolineare come all'inizio il terreno del quale beneficiavano i sottoposti fosse concesso solo a titolo di "comodato": essi ne erano possessori, ma non godevano della piena proprietà. Per questo alla loro morte il possesso ritornava al signore e non si tramandava agli eredi. Analogamente non poteva essere fatto oggetto di transazione, né venduto né alienato in alcun modo.[5] Ciò lo rendeva precario e presto il ceto feudale, già dalla seconda metà del IX secolo, si mosse per appropriarsi dei feudi in maniera completa. Carlo il Calvo concedette nell'877 con il capitolare di Quierzy la possibilità di trasmettere i feudi in eredità, seppur provvisoriamente, in casi eccezionali, come la partenza del re per una spedizione militare.[10] Soltanto dal 1037 ci fu la vera ereditarietà, quando i feudatari ottennero l'irrevocabilità e trasmissibilità ereditaria dei beneficia con la Constitutio de feudis dell'imperatore Corrado II il Salico.[11] Era nata così la signoria feudale, anche se in seguito essa si trasformò ulteriormente.

Bisogna anche sottolineare che il feudo, inteso come oggetto del beneficio, era un terreno nell'impostazione più tipica del sistema: a volte poteva anche trattarsi di beni mobili o di somme di denaro corrisposte come salario.[1] Ma l'organizzazione "classica" del feudalesimo prevedeva la suddivisione in territori che andavano a formare le grandi o piccole signorie locali feudali, che almeno all'origine dovevano coincidere con marche e contee dell'impero carolingio.

L'omaggio e l'investitura modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Omaggio feudale.

Il vassallaggio è un rapporto di tipo personale che si instaurava nel sistema vassallatico-beneficiario. Si trattava di una sorta di "contratto" privato tra due persone, il vassallo e il signore: il primo si dichiarava homo dell'altro, durante la cerimonia dell'"omaggio", ricevendo, in cambio della propria fedeltà e del servizio, protezione dal signore.

La cerimonia di omaggio formalizzava questo rapporto: il vassus si rimetteva nelle mani del senior ponendo le sue mani giunte in quelle del suo superiore (da qui il gesto di preghiera a mani giunte) e gli giurava fedeltà. La cerimonia di investitura era un caso particolare dell'omaggio, durante la quale veniva concesso un terreno (un feudo) simboleggiato dalla consegna di un oggetto come una zolla di terra o una manciata di paglia o anche una bandiera (quest'ultima sottintendeva la cessione anche di un diritto giurisdizionale).

Natura giuridica modifica

L'elemento giuridico del sistema feudale consisteva innanzitutto nell'immunità, accompagnata, nel caso di feudi più grandi, dalla concessione del diritto di giurisdizione.[7] Per immunità si intendeva il privilegio di non subire, entro i confini della signoria feudale, alcun controllo da parte dell'autorità pubblica.[12] Il diritto di giurisdizione era invece la delega ad amministrare la giustizia pubblica ed a goderne i proventi nel caso di pene pecuniarie.[13]

La giustizia del re divenne giustizia comitale, amministrata cioè dai conti suoi vassalli;[9] e i conti smisero d'organizzare l'esercito in nome del re per esigere invece, sempre più spesso, prestazioni militari a titolo personale. Ancora vivente Carlo Magno, i conti potevano esonerare dalle prestazioni militari dovute al re quegli uomini liberi che avessero fatto loro dono della propria terra in cambio di protezione, e in questo caso usurpavano di fatto un diritto pubblico. Mescolavano il concetto di honor (cioè la concessione del diritto ad esercitare una funzione pubblica) con quello di dominatus (cioè l'esercizio di un potere di fatto su uomini e beni).

Il belga François-Louis Ganshof ha spiegato che nei secoli X e XI certi principi territoriali francesi furono di fatto indipendenti; che riconobbero l'esistenza, al di sopra di loro, del re, ma si trattava di una supremazia puramente teorica; che il solo legame che in qualche misura continuasse a legarli alla corona era il fatto d'esserne vassalli; e che, tuttavia, è al legame vassallatico che la Francia deve il fatto d'aver evitato una dissoluzione completa.

La società feudale modifica

Il feudalesimo, che si richiama al "rapporto personale" tipicamente barbarico, prevedeva che l'inferiore, ad ogni livello, assumesse obblighi ed impegni solamente col suo immediato superiore, cui doveva il beneficio. Il feudalesimo mise però a repentaglio l'autorità imperiale e il prestigio dell'autorità centrale tanto che, dopo la morte di Carlo Magno il quale aveva assicurato una certa stabilità con il proprio prestigio, dal IX secolo i maggiori feudatari riuscirono ad affermare la propria autonomia. In epoca successiva si assiste quindi al fenomeno dell'"immunità": i grandi feudatari tendono a esercitare sul territorio funzioni appartenenti allo Stato trasformando il feudo da istituzione privata in istituzione pubblica: amministrazione della giustizia, riscossione di dazi e gabelle, arruolamento di uomini per le campagne di guerra private.

Nel contesto della società feudale i piccoli proprietari terrieri privati (proprietà allodiale) trovandosi spesso in gravi difficoltà economiche, mirano ad affidare la propria terra privata a un feudatario del quale si dichiarano vassalli.[14]

Il processo di crisi del feudalesimo, che non è da confondersi con una sua immediata scomparsa in quanto durerà ancora per secoli, non è determinato solo dal contrasto tra grande e piccola feudalità, ma anche da altre forze emergenti al margine inferiore della gerarchia sociale. I signori feudali avevano fatto ricorso a servi capaci, i ministeriali, che per i servizi resi si erano poi affrancati e talvolta avevano meritato un titolo o un'investitura. Inoltre i figli cadetti, i milites secundi, in conseguenza dell'indivisibilità del feudo franco, erano costretti alla vita ecclesiastica o militare. Coloro che si armavano cavalieri costituivano una classe di "sradicati" pronti a qualsiasi avventura e soperchieria.[15]

La struttura gerarchica modifica

Molto spesso la storiografia tradizionale ha tramandato il mondo feudale come gerarchico, dominato da una rigida piramide sociale in cui i vertici godono della sudditanza assoluta dei sottoposti.[16] Questa rigida separazione in gradini sociali sarebbe stata indicata dai giuramenti vassallatici che ogni vassallo doveva prestare al proprio signore e, di conseguenza, avrebbe comportato che sulla vetta ci fosse un concessore di benefici (vedi il paragrafo al riguardo) e che a lui facessero capo tutte le altre figure. La tradizionale piramide modello del sistema è la seguente:[16]

  1. sovrano, quasi sempre un re o un nobile di alto rango, ma anche un'alta carica religiosa;
  2. vassalli, grandi feudatari nobili di alto rango;
  3. valvassori, vassalli dei vassalli, feudatari nobili di medio rango;
  4. valvassini, vassalli dei valvassori, feudatari di basso rango;
  5. contadini liberi (artigiani, basso clero, ecc.);
  6. contadini servi o servi della gleba.

Alla base della gerarchia feudale, al di sopra dei contadini liberi e di quei servi, c'erano i milites e i caballari dotati di scarse risorse ma aventi il diritto e le capacità economiche di possedere un cavallo e un'armatura e di partecipare alla vita delle corti.[17]

La gerarchia tra i nobili era la seguente (e formalmente lo è ancora negli stati europei a regime monarchico): imperatore, re, principe, duca, marchese, conte, visconte, barone, signore e cavaliere. Maggiore era il titolo, maggiori erano i possedimenti ed il prestigio sociale, nonché l'influenza a corte e ovviamente il potere.

In realtà il sistema era più elastico e ogni livello era regolato dal medesimo rapporto di vassallaggio: poteva teoricamente avere un vassallo chiunque potesse permetterselo, dai sovrani, ai grandi signori, ai membri della piccola nobiltà fino anche ai modesti proprietari terrieri. Si poteva inoltre essere alternativamente dominus o vassus per benefici diversi.

Una piramide vera e propria si ebbe formalizzata solo nel corso del XII-XIII secolo, come si legge nei libri feudorum, redatti per regolare l'assetto giuridico del regno di Gerusalemme conquistato dopo la Prima crociata.

Nella realtà il sistema dei rapporti feudali era ben più complesso della piramide: si poteva essere sottoposti a più signori, con gravi difficoltà, per esempio, quando due o più di questi signori entravano in conflitto tra loro. Solo in epoca più tarda si diffuse il giuramento "ligio", cioè il riconoscimento di un legame prioritario con un determinato signore. Inoltre ai rapporti feudali andavano a sommarsi quelli di parentela e di eredità, complicando notevolmente la struttura sociale.

Tipologie ed estensioni dei feudi modifica

Ducato modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Ducato (feudo).

I ducati erano territori di vasta estensione, composti da più città e villaggi e da innumerevoli terreni agricoli e di pascolo. Il ducato era governato da un duca (dal greco bizantino doûka, che è dal latino dūx ‘condottiero, guida’), che aveva poteri e privilegi quasi pari a quelli del sovrano stesso, rendendo il titolo di duca inferiore solo a quello dei Re (o in alcuni casi, del principe). Il titolo ducale, di origine longobarda, fu poi incorporato nella gerarchia nobiliare adottata in tutta Europa.

Concesso inizialmente solo ai membri della famiglia reale, poi aperto a terzi, il titolo ducale assunse ben presto diversi aspetti e varianti; numerosi ducati sovrani, per esempio, sorsero prevalentemente nella penisola italiana e nei territori nordici del Sacro Romano Impero, e furono solo formalmente sottoposti al vincolo feudale con l'Imperatore, ma de facto divennero pienamente indipendenti e, molto spesso, di notevole peso nella politica europea.[7] Altri ducati, come quello di Normandia o di Borgogna, arrivarono a rivestire un ruolo più importante dello Stato stesso a cui erano legati da vincoli di vassallaggio (in questo caso il Regno di Francia), mentre altri ancora (come il Ducato di Curlandia e Semigallia) tentarono persino di stabilire colonie nel Nuovo Mondo, pur senza successo. Alcuni dei duchi di questi Stati arrivarono anche a concedere titoli nobiliari di rango inferiore al proprio (barone, conte, marchese) pur non avendone formalmente il potere.

Analoghi al ducato erano il granducato e l'arciducato, nonché il principato; quest'ultimo era governato da un Principe, titolo che solitamente spettava de iure all'erede al trono di un regno, ma era anche concesso a terzi (es. Principato di Monaco). Aveva un rango poco superiore a quello del duca (anche se in alcune regioni europee era un rango poco più basso di quello ducale).

Marchesato modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Marca (circoscrizione).

Le marche erano in origine dei territori di media estensione, più grandi di una contea, posti nelle zone periferiche del regno (o dell'Impero), e ne fungevano da cuscinetti e da confini con gli stati vicini[9] (da qui il termine "marca", di origine germanica, nel significato confine, demarcazione). Era governata da un marchese, che quasi sempre doveva avere notevoli capacità belliche, strategiche e diplomatiche per mantenere territori così delicati e spesso instabili, molte volte rivendicati dagli stati vicini e, in caso di invasione, solitamente devastati a causa della loro posizione.[9]

Il titolo marchionale era quindi gerarchicamente superiore a quello di conte. Analogamente alle contee, anche le marche potevano al loro interno contenere baronati, i quali erano sottoposti sia all'autorità del marchese che a quella del sovrano. Numerose marche, nel corso dei secoli, divennero Stati sovrani e indipendenti e di notevole peso nella politica della regione geografica in cui si trovavano (es. il marchesato di Saluzzo, il marchesato di Verona, il marchesato di Mantova ed il marchesato del Monferrato).

Contado modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Contado.

Le contee erano territori prevalentemente agricoli e di pastorizia, composti da più villaggi e da svariati terreni produttivi. Era una concessione territoriale di medio livello e spesso di una certa importanza, tanto che nei secoli molte contee divennero de facto veri e propri stati sovrani (es. la Contea di Savoia), e a volte erano a loro volta composti da diversi baronati; erano governate da un conte.

Teoricamente, la massima estensione del dominio di un conte corrispondeva di solito con i confini della relativa circoscrizione ecclesiastica (diocesi).

Viscontado modifica

Il viscontado era un feudo intermedio tra il baronato e la contea; era governato da un visconte (letteralmente "il conte in seconda, l'aiutante del conte"), titolo originalmente onorifico e solo dopo integrato nella gerarchia nobiliare, superiore a quello baronale e inferiore a quello di conte. Era una tipologia di feudo (e un titolo) pressoché assente nell'Europa mediterranea, mentre era diffuso nelle monarchie nordiche, specie in Inghilterra e nel Sacro Romano Impero.

Baronia modifica

I baronati erano solitamente territori di piccola estensione, a volte composti semplicemente da alcuni terreni agricoli di modeste dimensioni e un villaggio. Erano le concessioni più semplici e meno importanti nella gerarchia feudale, e ne stavano alla base; erano governate ognuna da un barone.

Il titolo baronale era il livello più basso della scala nobiliare (era inizialmente un titolo di origine germanico-anglosassone, poi integratosi nel sistema feudale in quasi tutta l'Europa Occidentale e nordica) ed era il primo che dava dignità di possedimento territoriale (il grado ancora inferiore era il titolo di cavaliere, che era quasi sempre onorifico).

I baroni erano quasi sempre sottoposti, prima ancora che all'autorità del sovrano, a quella intermedia di un conte.[18]

Il feudalesimo come forma universale di interazione sociale modifica

Seguendo la sociologia formale di Georg Simmel, Vladimir Shlappentokh vede il feudalesimo non solo come una formazione sociale specifica, ma anche come una particolare forma di interazione diffusa in tutte le epoche e in tutte le formazioni sociali e mai completamente scomparsa nemmeno in epoca moderna. Esso deriva dal bisogno umano di protezione e dalla disponibilità delle persone a pagare per questa protezione con la fedeltà, in natura o in denaro. le alleanze medievali, le strutture di dipendenza nell'economia sommersa, il dominio oligarchico con i suoi vassalli, ma anche le bande mafiose possono essere viste come forme di interazione feudale.[19] Il politologo e antropologo Aaron B. Wildavsky sostiene una tesi simile, notando l'esistenza di strutture feudali nell'impero kassita, nel Medio Regno dell'Egitto e in Giappone fino alla fine del XVIII secolo.[20] Shlapentokh e Woods postulano che le strutture sociali contemporanee che si discostano dal tipo ideale di feudalesimo europeo medievale non dovrebbero essere considerate come sue varianti, ma come ibridi di segmenti sociali che includono diverse forme economiche e politiche di governo (liberal-capitalista, oligarchico, tribale, clientelare, autoritario, ecc.), come possono coesistere, ad esempio, negli Stati Uniti e in Russia. Questo approccio der Shlapentokh contraddice i modelli sistemico-olistici e integrativi della società, come quelli di Talcott Parsons o di Niklas Luhmann. D'altra parte, l'ipotesi di società o economie ibride sembra in parte compatibile con il modello marxista (ad esempio, con le teorie della divisione di classe di Erik Olin Wright), a condizione che non presupponga rapporti di produzione uniformi che permeano l'intera società.[21]

Note modifica

  1. ^ a b c d e f Montanari, p. 67.
  2. ^ a b c Montanari, p. 107.
  3. ^ Sark, l'ultimo bastione feudale costretto a scoprire la democrazia - esteri - Repubblica.it, su repubblica.it. URL consultato il 30 dicembre 2021.
  4. ^ Vianello.
  5. ^ a b Montanari, p. 109.
  6. ^ Oltre ai classici contributi di P. Villani, Mezzogiorno tra riforme e rivoluzione, Laterza, Bari 1962 e La feudalità dalla riforme all'eversione, in «Clio», 1965, pp. 600-622, cfr. A. M. Rao, Mezzogiorno e rivoluzione: trent'anni di storiografia, in «Studi storici», 1996, nº 37, pp. 981-1041; A. Mele, La legge sulla feudalità del 1806 nelle carte Marulli, in S. Russo (a cura di), All'ombra di Murat. Studi e ricerche sul Decennio francese, Edipuglia, Bari 2007, pp. 87-109
  7. ^ a b c Montanari, p. 69.
  8. ^ A volte anche indicato fihu o fehu.
  9. ^ a b c d Montanari, p. 68.
  10. ^ Bordone e Sergi, pp. 107-108.
  11. ^ Bordone e Sergi, pp. 108-109.
  12. ^ Montanari, p. 70.
  13. ^ "L'immunità consisteva nel diritto dei detentori di signoria feudale di andare esenti, all'interno dei confini di essa, dai controlli di qualunque autorità pubblica. Oltre a ciò, i feudatari maggiori ricevevano in delega anche la giurisdizione, cioè il diritto di amministrare la giustizia pubblica e di goderne parte dei proventi economici (poiché le pene del tempo erano o fisiche o pecuniarie)." Cardini e Montesano, p. 167.
  14. ^ Camera e Fabietti, pp. 99-102.
  15. ^ Camera e Fabietti, p. 152.
  16. ^ a b Montanari, p. 108.
  17. ^ Camera e Fabietti, p. 101.
  18. ^ What is a Baron?
  19. ^ Vladimir Shlapentokh, Joshua Woods: Feudal America. Pennsylvania State University, 2011, p. 4 s.
  20. ^ Aaron B. Wildavsky: Searching for safety. Transaction Books, New Brunswick 1988.
  21. ^ Vladimir Shlapentokh, Joshua Woods: Feudal America. Pennsylvania State University, 2011, pag. 5 s.

Bibliografia modifica

  • Marc Bloch, La società feudale, Einaudi, Torino, 1984.
  • Renato Bordone e Giuseppe Sergi, Dieci secoli di medioevo, Torino, Einaudi, 2009.
  • A. Camera e R. Fabietti, Elementi di storia - Il Medioevo, volume primo, Bologna, Zanichelli editore, 1977.
  • Franco Cardini e Marina Montesano, Storia medievale, Firenze, Le Monnier Università, 2006.
  • Francois Louis Ganshof, Che cos'è il feudalesimo?, Einaudi, 2003.
  • Aron J. Gurevic, Le origini del feudalesimo, Laterza, 1982.
  • Massimo Montanari, Storia medievale, 7ª ed., Laterza, 2006, ISBN 978-88-420-6540-1.
  • Henri Pirenne, Maometto e Carlo Magno, Roma-Bari, Laterza, 2007.
  • Carlo Antonio Vianello, Istituzioni economico-politiche, in Economisti minori del settecento lombardo, Milano, A. Giuffrè, 1942.

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