Lingue paleobalcaniche: differenze tra le versioni

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Le lingue paleobalcaniche è un concetto geo-linguistico che viene riferito alle lingue indoeuropee parlate nei Balcani nei tempi antichi. Ad eccezione del greco e la lingua che diede origine all'albanese (vedi sotto), esse sono tutte estinte, a causa dell'ellenizzazione (a sud), romanizzazione (a nord) come pure la slavizzazione portata successivamente dalle migrazioni slave.

A causa dell'attestazione frammentaria delle lingue estinte, particolarmente illiriche, non si conosce quale relazione di parentela, più o meno stretta, ci fosse stata fra queste lingue, vale a dire, se appartenessero a un ramo comune della famiglia linguistica indoeuropea o semplicemente al fenomeno dello Sprachbund. Quando viene supposta una più stretta relazione linguistica, le lingue estinte vengono riferite al tracio-illirico. L'albanese potrebbe essersi evoluto dal tracio-dacico o tracio-illirico, ma nessuna delle ipotesi ha ottenuto un'accettazione accademica generale.

Le parole del substrato di origine paleobalcanica si trovano nel romeno, e in misura minore, nelle lingue slave meridionali.

Nessuna lingua pre-indoeuropea dei Balcani è conosciuta. In associazione a questo ci sono speculazioni sul fatto che i Balcani possano essere stati la Urheimat, o forse una "secondaria Urheimat" dell'indoeuropeo, per es. secondo l'ipotesi anatolica di Renfrew che presume una Urheimat secondaria nei Balcani intorno al 5000 a.C.

Un possibile phylum pre-indoeuropeo nei Balcani potrebbe essere stato correlato alle lingue tirseniche, attestate nella forma di una singola iscrizione nella lingua lemnia.


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