Lodovico Domenichi: differenze tra le versioni

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[[File:Domenico poggini, medaglia di ludovico domenichi.JPG|thumb|250px|[[Domenico Poggini]], medaglia di Ludovico Domenichi]]
{{Bio
|Nome = Lodovico
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=== Gli anni giovanili a Piacenza ===
 
[[File:PietroAretinoTitian.JPG|thumb|140px|rightupright=0.6|[[Pietro Aretino]] ritratto da [[Tiziano]]]]
Lodovico era figlio di Giampietro Domenichi, [[avvocato]] e [[notaio]] di [[Piacenza]], che vantava titolo nobiliare e ricchezza di terre in provincia, lasciate ai figli dopo una vita lunghissima il 30 dicembre [[1556]], come il figlio ricorderà nel suo ''Dialogo della Fortuna'': «tanta entrata delle facultà, e possessioni, che forse bastar poteva a riposare, ed attendere a gli studj».
 
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Si trasferì a [[Venezia]], la capitale dell'editoria italiana e tra le maggiori d'Europa, città che Domenichi salutò con un sonetto:<ref>In ''Rime'', p. 36.</ref>
 
{{quotecitazione|Qui dove il Ciel dispensa eterna pace,<br />di che agli altri paesi è tanto avara,<br />d'Adria nel seno avventuroso, e chiara,<br />in cui la Libertà secura giace [...]}}
 
e dove l'amico Aretino avrebbe potuto introdurlo nei giusti ambienti ove sviluppare le sue capacità di traduttore dal greco e dal latino, cercando nello stesso tempo di poter vedere riconosciuti i propri meriti di autore: il tipografo [[Gabriel Giolito de' Ferrari]], impegnato soprattutto nella pubblicazione di libri in volgare, fece al suo caso, pubblicandogli nel [[1544]] le sue ''Rime''.
 
[[File:Bona Sforza (1491-1558).JPG|thumb|140pxupright=0.6|left|[[Bona Sforza]] in una miniatura cinquecentesca]]
Il libro delle ''Rime'' è diviso in tre parti, ciascuno con una lettera di dedica. La prima, datata 16 aprile [[1544]], è indirizzata alla [[regina di Polonia]] [[Bona Sforza]], la seconda è per [[Isabella Sforza (1503-1563)|Isabella Sforza]], figlia del signore di [[Pesaro]] [[Giovanni Sforza|Giovanni]], e la terza è indirizzata a [[Ippolita Borromeo]], moglie del conte [[Girolamo Anguissola]], «Dama nelle umane Lettere molto erudita»,<ref>C. Poggiali, cit., p. 254.</ref> dove il Domenichi giustifica la dedica con la comune amicizia che la legava al Doni.
 
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=== A Firenze ===
[[File:Domenichi Progne.jpg|thumb|right|170pxupright|''Progne'', tragedia di Domenichi]]
Nel marzo del [[1546]] Domenichi si trasferì a Firenze, recando con sé il ''Terzo libro delle lettere'' di Pietro Aretino, che in cambio si premurava di raccomandarlo agli amici fiorentini. La loro corrispondenza, tuttavia, e si direbbe anche la loro amicizia, s'interruppe subito dopo, forse per essergli giunte alle orecchie certe critiche dell'Aretino sulle qualità delle sue traduzioni, come sembra dedursi dalla difesa che Domenichi fa della sua traduzione di [[Polibio]] nella dedica, del 3 agosto [[1546]], dell'opera al duca [[Cosimo I de' Medici|Cosimo]], e come è espresso apertamente in un passo del suo dialogo ''Dei Rimedj d'Amore'': «Le sei Giornate dell'Aretino, le Cortigiane, e simili altre Opere vituperose, oltre che giudiciosamente sono state proibite da chi ha potuto, quando anche fussero lecite, e concesse, per nessun modo vi capitino inanzi, perché da esse non si può imparare che disonestà et lascivia, e cose tutte contrarie a' buoni costumi».<ref>L. Domenichi, ''Dialoghi'', 1562, pp. 144-145.</ref>