Battaglia di Mentana: differenze tra le versioni

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|Data= 3 novembre [[1867]]
|Esito= Vittoria franco-pontificia
|Schieramento1= [[File:{{simbolo|Flag of Italy (1861-1946) crowned.svg|23px]]23}} "legione garibaldina"<br/>([[volontari]] [[italiani]])
|Schieramento2= {{PON}}<br />[[File:Flag of France.svg{{bandiera|23px]]FRA|dim=23}} [[Secondo Impero Francese|Francia]]
|Comandante1= [[File:{{simbolo|Flag of Italy (1861-1946) crowned.svg|23px]]23}} [[Giuseppe Garibaldi]]
|Comandante2= [[File:Flag of the Papal States (1808-1870).svg|12px|border]] [[Hermann Kanzler]]<br/>[[File:Flag of France.svg{{bandiera|23px]]FRA|dim=23}} [[Balthazar Alban Gabriel, barone di Polhès|Balthazar Alban Gabriel de Polhes]]
|Effettivi1= Incerti: 4.000<ref name="Dupuy">Dupuy R.E. & Dupuy T.N. (1993) The Collins Encyclopedia of Military History (4th. edition) Harper Collins, NY: 1654 pp.</ref>; 8.100<ref>Rosi, Michele (1929) I Cairoli, L. Capelli Ed., Bologna</ref>; 10.000<ref name="Bruce">Bruce, George (1979) Harbottle's dictionary of Battles (2nd. revised edition) Granada, London: 303 pp. ISBN 0-246-11103-8</ref>
|Effettivi2= Incerti: 5.000<ref name=Dupuy/><ref name=Bruce/>; 5.500<ref>Du Picq A.C.J. (1868) Etudes sur les combats: Combat antique et moderne Translated as Battle Studies by J.N. Greeley & R.C. Cotton, 1902; BiblioBazaar, Charleston SC, 2006: 238 pp. ISBN 1-4264-2276-8</ref>; 22.000<ref>Cronologia: Leonardo.it (Storia - anno 1867)</ref>
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==L'invasione del Lazio==
L'invasione degli Stati Pontifici era imminente. Il 21 settembre 1867 il presidente del consiglio Rattazzi fece pubblicare sulla «[[Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia|Gazzetta Ufficiale]]» un monito con cui si esortavano gli italiani a rispettare l'integrità territoriale pontificia e non violare la frontiera. Ogni tentativo di sconfinamento sarebbe stato impedito. In visita ad [[Arezzo]], Garibaldi reagì chiamando all'appello i volontari per la conquista di Roma. Due giorni dopo, il generale nizzardo programmò di lasciare [[Sinalunga]] e spostarsi verso il confine, ma il prefetto di [[Perugia]] ne ordinò l'arresto. Il tenente Pizzuti, della luogotenenza d'[[Orvieto]], si presentò alle ore 6 del 23 settembre presso l'abitazione di Garibaldi. Il generale, che stava ancora dormendo, non oppose resistenza. Salì sul treno e fu scortato fino ad Alessandria. Alla notizia dell'arresto, si verificarono tumulti in alcune città d'Italia. Garibaldi espresse il desiderio di essere trasferito a Caprera, il governo acconsentì.
 
La detenzione del generale tuttavia non eliminò la minaccia dell'invasione dello Stato Pontificio, infatti il 5 ottobre alcuni volontari raggiunsero [[Bagnoregio|Bagnorea]] barricandosi nel convento di San Francesco. La settimana successiva ci furono ulteriori sconfinamenti a [[Viterbo]] e [[Montelibretti]]. Non riuscendo le truppe italiane ad arginare il fenomeno, [[Napoleone III]] annunciò l'imminente invio di un corpo di spedizione francese. Ma il governo italiano, nell'estremo tentativo di evitare questa eventualità, promise di prodigarsi ulteriormente contro i volontari. La situazione precipitò il 16 ottobre quando Garibaldi evase da Caprera presentandosi qualche giorno dopo a [[Firenze]], in [[piazza Santa Maria Novella]] arringando la folla. La situazione era sfuggita di mano alle autorità italiane<ref >{{cita| A. Battaglia|pp.97-99}}.</ref>.
[[File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, Il garibaldino.jpg|thumb|[[Gerolamo Induno]]: Il garibaldino. Il dipinto raffigura un volontario assieme ad una ragazza della campagna romana.]]
Il 22 ottobre a Roma avvenne un attentato alla [[Palazzo Serristori (Roma)|caserma Serristori]], causando la morte di venticinque [[zuavi pontifici]] che lì avevano quartiere, quasi tutti italiani e francesi<ref>Nella ''Relazione'' pubblicata dalla «[[Civiltà Cattolica]]» e disponibile online (vedi nota relativa) sono elencati 15 zuavi italiani, in gran parte cittadini dello Stato pontificio, 9 francesi e un tirolese, oltre a "due borghesi romani".</ref>
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==I preparativi nell'esercito pontificio==
Dopo la sconfitta di Monterotondo (26 ottobre) il generale Kanzler decise di concentrare l'intero esercito a protezione di Roma e di Civitavecchia. Il 29 ottobre approdò a Civitavecchia il corpo di spedizione francese guidato dal generale [[Pierre Louis Charles de Failly]]. Con l'arrivo dei francesi le forze di Kanzler raggiunsero la superiorità numerica, conferendo al generale concrete speranze di vittoria. Nel consiglio di guerra del 21 ottobre lo stato maggiore aveva deciso di disporre le forze di difesa romane su tre linee: la prima sul fiume [[Aniene]]; la seconda a protezione dei 25 &nbsp;km di mura urbane; la terza a protezione della [[Città leonina]] e di [[Castel Sant'Angelo]]. La prima decisione presa da Kanzler fu di far saltare il ponte Salario sull'Aniene e di minare gli altri ponti<ref>{{cita|A. Caruso|p. 207|Caruso, 2015}}</ref>.
 
A scompaginare i piani di Garibaldi intervenne inaspettatamente [[Vittorio Emanuele II]]. Il re, in numerose occasioni precedenti (vedi lo sbarco dei Mille in Sicilia) aveva fatto da osservatore compiaciuto delle gesta del generale nizzardo. Il 27 ottobre invece, rese noto un proclama alla Nazione<ref>Testo del proclama: {{citazione| Italiani! Schiere di volontari eccitati e sedotti dall'opera di un partito, senza autorizzazione mia né del governo, hanno violato le frontiere dello Stato [italiano]. È stata innalzata nelle terre vicine alle nostre una bandiera, sulla quale è stata scritta la distruzione della suprema autorità spirituale del Capo della religione cattolica: l'Europa sa che quella bandiera non è la mia. L'Italia dev'essere garantita dai pericoli che può correre e l'Europa dev'essere convinta che l'Italia, fedele ai suoi impegni internazionali, non desidera né può essere perturbatrice dell'ordine pubblico. Confido che la voce della ragione sia ascoltata e che i cittadini italiani che hanno violato quel diritto si porranno prontamente dietro le linee delle nostre truppe|Alfio Caruso, ''Con l'Italia mai! La storia mai raccontata dei mille del papa'', Longanesi, 2015, pp. 205-6}}</ref> in cui prese ufficialmente le distanze dalla Campagna dell'Agro romano. Se l'intenzione del re era quella di far fallire il progetto non è possibile dire. Di certo, dopo la pubblicazione del proclama oltre duemila uomini disertarono e le truppe di Garibaldi si assottigliarono a 5.000 unità.
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{{Citazione|Nel mio racconto ho dimostrato che il fucile francese a Mentana non ha fatto meraviglia alcuna. Il pregio maggiore del Chassepot era la lunga portata, quasi doppia del fucile ad ago dei prussiani; ma in terreno frastagliato di piccoli poggi e di avvallamenti la lunga portata vale molto meno della giustezza del tiro. Ora, volendo fare molti colpi al minuto, come facevano i francesi, la giustezza del tiro non può ottenersi con nessuna arma.|Augusto Mombello<ref>Augusto Mombello, ''Mentana. Ricordi di un veterano'', Mondadori, p. 233</ref>}}
 
Il 6 novembre le truppe franco-pontificie rientravano vittoriose a Roma. Alcuni prigionieri furono condotti a Roma, altri scortati al confine dai gendarmi francesi e presi in consegna dall'esercito italiano. Gli arrestati furono smistati fra [[Terni]], [[Spoleto]] e [[Foligno]] e i feriti presi in consegna e ricoverati<ref >{{cita| A. Battaglia|p.108}}.</ref>.
 
==Conseguenze==
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Mentana sancì, inoltre, il definitivo allontanamento di [[Napoleone III]] dalle simpatie del movimento nazionale italiano, ad esito di un processo già iniziato con l'[[Armistizio di Villafranca]]. Era facile, in quei giorni, ricordarlo come l'uomo che mise fine alla [[Repubblica Romana (Risorgimento)|Repubblica Romana]] (1849). La storiografia contemporanea tende, con maggiore gratitudine, a ricordarlo come colui che permise ai Piemontesi di cacciare gli Austriaci dalla [[Lombardia]], il vero alleato del Conte di Cavour.
 
Argomentando che il governo italiano non era stato in grado di garantire la sicurezza dello Stato Pontificio e dunque, secondo i francesi, aveva violato la Convenzione di Settembre (1864) Napoleone III inviò nuovamente a Roma le sue truppe. Con questo pretesto, il Secondo Impero aveva rimesso nuovamente piede nell'Urbe annullando l'efficacia di quanto sancito negli accordi del 1864<ref >{{cita| A. Battaglia|p.109}}.</ref>.
 
Garibaldi, anche se ormai vecchio (era nato il 4 luglio 1807), regolò i propri personali conti con Napoleone III a seguito della sconfitta di quest'ultimo alla [[battaglia di Sedan]], nel corso della guerra franco-prussiana: raggiunta la Francia nell'ottobre del 1870, ottenne uno dei rari successi francesi della campagna in difesa della neonata Repubblica Francese ([[battaglia di Digione]]) contro i prussiani.
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{{div col end}}
 
Tutti o quasi (salvo i caduti sepolti nelle tombe di famiglia dei paesi d'origine) sono tumulati nell'Ara-Ossario di Mentana realizzata nel 1877 e chiusa nel 1937.
 
===Soldati pontifici e francesi===
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* G. Locatelli (G. Battista Zitti), ''Monterotondo e Mentana. Ricordi di un garibaldino'', Bergamo 1896; una ristampa anastatica è in ''Materiali garibaldini nelle collezioni dell'Accademia Tadini. I'', a cura di M. Albertario, Milano 2008.
* {{Cita libro|autore = Antonello Battaglia|titolo = L'Italia senza Roma. Manovre diplomatiche e strategie militari (1865-1870) |anno =2015|editore =Aracne|città =Roma|isbn= 978-88-548-8300-0|cid =A. Battaglia}}
 
* A. Sconocchia, ''Le camicie rosse alle porte di Roma'', ed. Gangemi, Roma 2011
*{{cita libro | nome= Alfio| cognome= Caruso|wkautore =Alfio Caruso| titolo= Con l'Italia mai! La storia mai raccontata dei mille del papa| url=https://books.google.it/books?id=j_L0CQAAQBAJ&pg=0 | anno= 2015| editore= Longanesi| città= Milano| cid=Caruso, 2015|isbn=978-88-304-2821-8}}