Neostigmina

farmaco

La neostigmina è un farmaco parasimpaticomimetico con funzione di inibitore dell'acetilcolinesterasi reversibile.

Neostigmina
Caratteristiche generali
Formula bruta o molecolareC12H19N2O2
Massa molecolare (u)223,294
Numero CAS59-99-4
Codice ATCN07AA01
PubChem5824
DrugBankDB01400
SMILES
CN(C)C(=O)OC1=CC=CC(=C1)[N+](C)(C)C
Dati farmacocinetici
MetabolismoIdrolisi del carbammato e N-demetlazione cui segue glucuronidazione.[1]
Emivita50-90 minuti
Indicazioni di sicurezza
Simboli di rischio chimico
tossicità acuta tossico a lungo termine
pericolo
Frasi H300 - 310 - 315 - 317 - 319 - 330 - 334 - 335
Consigli P260 - 264 - 280 - 284 - 301+310 - 302+350 [2]

Chimica modifica

La neostigmina fu sintetizzata per la prima volta nel 1931 da Aeschlimann e Reinert.[3] È sintetizzata a partire dal 3-dimetilamminofenolo che, fatto reagire con l'N-dimetilcarbamoil cloruro, forma il relativo dimetil-carbammato. Il prodotto è successivamente metilato con dimetilsolfato a dare la neostigmina come sale metilsolfato, approvato per uso parenterale mentre per via orale viene impiegato il bromuro.[4]

Strutturalmente è un derivato di semplificazione molecolare della fisostigmina, un alcaloide con la stessa attività caratterizzato da un gruppo aril-carbammato.[1] In particolare la distanza fra la testa ammonica quaternaria e l'estere è simile a quella di acetilcolina e fisostigmina.

Farmacocinetica modifica

La neostigmina è priva di attività a livello centrale in quanto avendo un atomo di azoto che forma un sale d'ammonio è permanentemente carica e non può superare la barriera emato-encefalica.

La biodisponibilità orale è bassa a causa dello scarso assorbimento a livello gastrointestinale, e pertanto quando la neostigmina è somministrata per via orale sono richieste dosi significativamente maggiori rispetto alla somministrazione parenterale (15–30 mg o più per via orale contro gli 0,5-2 per via parenterale).[5]

Inoltre a causa del rapido metabolismo per idrolisi del carbammato, l'emività plasmatica è breve e conseguentemente l'intervallo tra le somministrazioni è generalmente di 2-4 ore.

Farmacodinamica modifica

La neostigmina è un inibitore reversibile dell'acetilcolinesterasi (AChE) della classe degli arilcarbammati. L'acetilcolinesterasi è l'enzima che catalizza l'idrolisi del legame estereo dell'acetilcolina a dare colina e acetato. L'inibizione dell'AChE da parte degli anticolinesterasici impedisce o riduce la degradazione dell'acetilcolina, aumentandone quindi le concentrazioni a livello sinaptico. Poiché nell'ambito della trasmissione colinergica la degradazione del neurotrasmettitore è il principale meccanismo d'interruzione della trasmissione del segnale, l'inibizione dell'AChE provoca effetti di agonismo colinergico.

In particolare la neostigmina agisce a livello del sito attivo dell'AChE dove l'idrolisi del carbammato va a transesterificare un residuo di serina della tasca catalitica. Si ottiene così l'enzima carbammoilato dal quale la rigenerazione della forma attiva è molto più lenta (nell'ordine di grandezza dei minuti) rispetto al ritorno alla forma attiva in seguito ad acetilazione (meccanismo fisiologico che avviene in seguito all'idrolisi del legame estereo dell'acetilcolina), che richiede meno di un millisecondo.[1] L'acetilcolina, avendo il suo sito recettoriale occupato, non viene degradata e perciò ne vengono aumentate le concentrazioni sinaptiche. Poiché nell'ambito della trasmissione colinergica il fattore principale che determina l'interruzione del segnale non è il riassorbimento del neurotrasmettitore ma la sua degradazione ad opera dell'AChE, l'inibizione di tale enzima consente un'aumentata attività colinergica.

Usi modifica

Viene usata abitudinariamente in anestesia al termine degli interventi chirurgici per invertire gli effetti dei rilassanti neuromuscolari quali il vecuronio. La neostigmina può trovare applicazioni nella ritenzione urinaria post-chirurgica derivante dagli anestetici generali e per trattare la tossicità dei curari.

Viene utilizzata come terapia palliativa nella cura della Miastenia gravis.

Un'altra indicazione per l'uso è la gestione conservativa della pseudo-ostruzione colica acuta, o sindrome di Ogilvie, in cui i pazienti ottengono una dilatazione del colon massiccia in assenza di una vera ostruzione meccanica.[6]

Gli ospedali a volte somministrano una soluzione contenente neostigmina per via endovenosa per ritardare gli effetti dell'avvelenamento da morso di serpente. Alcuni risultati di ricerca promettenti sono stati riportati anche per la somministrazione nasale del farmaco come trattamento per il morso di serpente.[7]

Effetti avversi modifica

La neostigmina può indurre effetti collaterali oculari generici tra cui: mal di testa, dolore alla fronte, visione offuscata, facododesi, iniezione pericorneale, irite congestizia, varie reazioni allergiche e, raramente, distacco della retina. [8]

La neostigmina causa un rallentamento della frequenza cardiaca (bradicardia); per questo motivo viene generalmente somministrato insieme a un farmaco parasimpaticolitico come atropina o glicopirrolato. [9]

I sintomi gastrointestinali si verificano subito dopo l'ingestione e includono anoressia, nausea, vomito, crampi addominali e diarrea.

Note modifica

  1. ^ a b c Foye, p. 413.
  2. ^ Sigma Aldrich; rev. del 26.07.2012 riferita al bromuro di neostigmina (CAS 114-80-7)
  3. ^ David M. Whitacre, Reviews of Environmental Contamination and Toxicology, Springer, 2008, p. 298, ISBN 978-0-387-73162-9.
  4. ^ GandG.
  5. ^ GandG, cap. 10.
  6. ^ Nell Maloney e H. David Vargas, Acute Intestinal Pseudo-Obstruction (Ogilvie's Syndrome), in Clinics in Colon and Rectal Surgery, vol. 18, n. 2, 2005-5, pp. 96–101, DOI:10.1055/s-2005-870890. URL consultato il 24 aprile 2020.
  7. ^ Tommaso C. Bulfone, Stephen P. Samuel e Philip E. Bickler, Developing Small Molecule Therapeutics for the Initial and Adjunctive Treatment of Snakebite, in Journal of Tropical Medicine, vol. 2018, 30 luglio 2018, DOI:10.1155/2018/4320175. URL consultato il 24 aprile 2020.
  8. ^ Gilman, Goodman & Gilman 1980, p. 114..
  9. ^ Gilman, Goodman & Gilman 1980, p. 109..

Bibliografia modifica

  • (EN) Laurence Brunton, et al., Goodman and Gilman's Manual of Pharmacology and Therapeutics, McGraw-Hill Professional, 28 settembre 2007, p. 642, DOI:10.1036/0071443436, ISBN 978-0-07-144343-2.
  • William O. Foye, Thomas L. Lemke; David A. Williams, Principi di chimica farmaceutica, 5ª ed., Padova, Piccin, maggio 2011, p. 1498, ISBN 978-88-299-2034-1.

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