Pietro Scalvini

pittore e decoratore italiano

Pietro Scalvini (Brescia, 1718Brescia, 1792) è stato un pittore e decoratore italiano.

Pietro Scalvini, Pala di sant'Apollonia, 1761, chiesa di San Giuseppe, Brescia.
Pietro Scalvini, San Luigi Gonzaga adora il Crocifisso, 1753 (?), chiesa di San Giacomo, Brescia.

Biografia modifica

La sua formazione è concordemente riferita, dalle biografie dei commentatori dell'epoca, alla scuola di Ferdinando del Cairo[1]. L'avvio del suo iter artistico sembra doversi collocare a Bovegno con gli affreschi del santuario di San Bartolomeo e una tela nella chiesa della frazione Magno. Altre opere giovanili si collocano entro il 1747, quando firma e data l'Adorazione della Croce con i santi Pietro Regalato e Giacomo della Marca per la chiesa di San Giuseppe[2].

Negli anni cinquanta arrivano commissioni di imprese di grande respiro come la decorazione della chiesa di San Gaetano, a partire dalla quale, per più di un trentennio, diventa uno dei protagonisti del panorama artistico locale, principalmente grazie alla sua foga e al suo estro decorativo[2].

Lo Scalvini lavorerà anche come ritrattista, ma questo settore della sua attività è poco noto a causa delle poche opere individuate. Ben documentato, invece, è il suo impiego come disegnatore per l'incisore veneziano di Francesco Zucchi[2].

Stile modifica

Federico Nicoli Cristiani (1807) scrive, riguardo al suo maestro Ferdinando del Cairo, che "non avendo potuto insegnargli quella simmetria, né quella esattezza ch'egli stesso non conosceva, fatalmente [Pietro Scalvini] anneghittì quel gentile virgulto in terra sterile e ingrata"[3]. Esplorando la vasta produzione dello Scalvini, però, non sembra che egli abbia avuto molto da soffrire a causa dell'ambiente poco stimolante del maestro. Risulta evidente, infatti, che abbia imparato da sé, e ben presto, a guardare con attenzione ciò che avveniva nel panorama della cultura pittorica del suo tempo, senza affezionarsi a nessun maestro ma facendo a tutti sistematicamente ricorso nei momenti di bassa inventiva, non prendendosi cura di correggere eventuali problemi di anacronismo o di moda[1].

La sua produzione, fortunatamente in gran parte firmata e datata, non è caratterizzata da una definita linea evolutiva e, anche se mancassero le date come riferimenti cronologici, non imporrebbe comunque complesse analisi critiche per stabilire il taglio delle sue scelte e le sue momentanee predilezioni[1].

Similmente, la stessa bottega di Francesco del Cairo sembra aver avuto poche influenze sulla sua arte, compresa quella giovanile[1]: unico carattere riscontrabile in questo senso, secondo Bruno Passamani (1964), è "quella versione della bellezza fragile e un poco manierata per la quale i volti ed i corpi delle sue figure hanno il profumo d'una delicata giovinezza muliebre e le espressioni sono addolcite in teneri sottintesi"[4].

L'inventario delle sue fonti artistiche, sommariamente catalogato nei pochi studi che sono stati condotti sullo Scalvini, contiene i nomi di Sebastiano Ricci, Giambattista Tiepolo, Giovanni Battista Pittoni, Carlo Innocenzo Carloni, il Quaglia, Francesco Fontebasso e Pietro Longhi. Soprattutto verso quest'ultimo dimostrerà un deciso orientamento nei cicli decorativi profani eseguiti negli ultimi anni della sua vita[2].

 
P. Scalvini, Apoteosi di San Lorenzo Martire e quattro evangelisti, cupola centrale e pennacchi, 1786, chiesa di San Lorenzo Martire, Nuvolera.

Curiosamente, la grande quantità di commissioni per dipinti su san Luigi Gonzaga e aspetti della sua vita consentono di affermare che lo Scalvini contribuì in modo determinante a fornire schemi iconografici per la devozione di questo santo, canonizzato nel 1726 e dichiarato patrono della gioventù studentesca nel 1729[5].

Opere modifica

La sua produzione è praticamente sterminata e comprende cicli decorativi ad affresco in numerosissimi edifici civili e religiosi della Lombardia e del Veneto, concentrate principalmente nella provincia di Brescia e nel capoluogo[1].

Note modifica

  1. ^ a b c d e Begni Redona 1981, p. 174
  2. ^ a b c d Begni Redona 1981, p. 175
  3. ^ Nicoli Cristiani, p. 187
  4. ^ Passamani, p. 655
  5. ^ Begni Redona 1999, pag. 226

Bibliografia modifica

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