Teleutelogio

opera di Ubaldo di Sebastiano da Gubbio

Il Teleutelogio è un trattato morale in forma dialogica scritto in latino da Ubaldo di Bastiano da Gubbio tra il 1326 e il 1327.

Teleutelogio
AutoreUbaldo di Bastiano da Gubbio
Periodo1326-1327
GenereTrattato in prosimetro
Lingua originalelatino

L'opera inscena un dialogo tra l'autore stesso e la Morte, la quale mette in guardia circa la caducità della vita, la tentazione dei vizi da rifuggire e l'importanza di un percorso personale nella grazia di Dio.[1]

Descrizione modifica

Il trattato morale-didascalico è suddiviso in tre libri, rispettivamente ordinati in dieci, sei e otto collationes con carme finale. La struttura ha evidenti analogie con il De consolatione philosophiae di Severino Boezio, mentre la sesta collazione del libro II sembrerebbe debitrice di Bonaventura da Bagnoregio.[1]

All'interno, le citazioni e le tematiche rientrano nei canoni della trattatistica medievale coeva, con riferimenti chiari principalmente ad Aristotele, Virgilio e la Bibbia. Si riconosce un'intenzione dell'autore chiaramente filopapale e filoangioina.[1] Il primo libro è infatti dedicato a Carlo d'Angiò, duca di Calabria.[2]

Manoscritti modifica

Il testo è stato tramandato da due manoscritti: il Laurenziano XIII.16 del XV secolo e il Marciano lat. VI.167, che venne probabilmente copiato sotto la direzione dello stesso Ubaldo come copia di dedica al vescovo di Firenze Francesco Silvestri.[1][3]

Fortuna critica modifica

Il Teleutelogio ebbe una certa fortuna critica a partire dalla seconda metà del XIX secolo, per il fatto di contenere nella terza collazione del libro III quella che era considerata la più antica notizia biografica su Dante Alighieri.[2] L'autore afferma di avere avuto Dante come preceptor «a teneris annis adolescentie» (libro III, 3, 71-72), ma tale notizia, priva di riscontri, sarebbe da considerarsi in senso metaforico.[1] Ubaldo taccia inoltre il poeta fiorentino di lussuria: «inter humana ingenia naturae dotibus coruscantem et omnium morum habitibus rutilantem, adulterinis amplexibus venenavit»; e riserva critiche verso l'ultimo libro della Monarchia (libro III, 8).[1][2]

Note modifica

  1. ^ a b c d e f Emiliano Bertin, UBALDO di Bastiano da Gubbio, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 97, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2020.
  2. ^ a b c Attilio Bartoli Langeli, Ubaldi di Bastiano da Gubbio, in Enciclopedia dantesca, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1970.
  3. ^ Emiliano Bertin, Nuovi argomenti per l'idiografia di un testimone del Teleutelogio di Ubaldo di Bastiano da Gubbio, in Filologia italiana, IV (2007), pp. 79-87.

Bibliografia modifica

  • Ubaldo da Gubbio, Teleutelogio, a cura di Mauro Donnini, Scandicci, La Nuova Italia, 1983.
  • Emiliano Bertin, Nuovi argomenti per l'idiografia di un testimone del Teleutelogio di Ubaldo di Bastiano da Gubbio, in Filologia italiana, IV (2007), pp. 79-87.
  • Claudio Leonardi (a cura di), Letteratura latina medievale. Un manuale, Impruneta, Sismel - Edizioni del Galluzzo, 2012.
  • Giuseppe Mazzatinti, Il "Teleutelogio" di Ubaldo di Sebastiano da Gubbio. Opera inedita del secolo XIV, in Archivio storico italiano, 4, VII, 1881, pp. 263-276.
  • Nicola Zingarelli, La data del "Teleutelogio" (per la biografia di Dante), in Studi di letteratura italiana, I, 1899, pp. 180-193.