Tragelaphus scriptus

specie di animali della famiglia Bovidae

Il tragelafo striato (Tragelaphus scriptus Pallas, 1766) è un mammifero artiodattilo della famiglia dei Bovidi.

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Tragelafo striato[1]


Maschio (sopra) e femmina (sotto) di tragelafo striato

Stato di conservazione
Rischio minimo[2]
Classificazione scientifica
Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Phylum Chordata
Classe Mammalia
Ordine Artiodactyla
Famiglia Bovidae
Sottofamiglia Bovinae
Genere Tragelaphus
Specie T. scriptus
Nomenclatura binomiale
Tragelaphus scriptus
(Pallas, 1766)
Areale

Descrizione modifica

Il tragelafo striato è l'antilope più piccola del genere Tragelaphus al quale appartengono, fra l'altro, i nyala, i cudù ed i sitatunga[3]. È alto all'incirca 70–76 cm e pesa dai 50 agli 80 kg. Il colore del dorso e dei fianchi va da fulvo chiaro nelle femmine al marrone scuro nei maschi, che sono anche più scuri nelle parti inferiori. Il corpo è abbondantemente macchiettato e striato di bianco; vi sono svariate macchie di bianco sulla gola, due macchie sulle guance al disotto degli occhi e tracce di bianco attorno alle labbra e al mento. Inoltre, strisce bianche sono presenti nella parte interna delle zampe, invece sul corpo vi sono varie macchie e strisce in tutte le direzioni. Il disegno di queste, infatti, varia notevolmente nelle 8 sottospecie esistenti.

I maschi sono notevolmente più grandi delle femmine; possiedono una folta «criniera», presente lungo tutto il dorso, che erigono ogni qualvolta sono in preda ad inquietudine, nonché un paio di corna aguzze, la cui lunghezza può raggiungere i 55 cm. A volte, ma molto raramente, anche le femmine sono dotate di corna. Nei maschi, ad ogni modo, esse si attorcigliano più di una volta e sono dotate di «carena» sia sulla parte anteriore che su quella posteriore. Spesso i vecchi maschi hanno chiazze spelate attorno al collo, dovute allo sfregamento delle punte di dette lunghe corna contro il pelo ogni volta che volgono la testa all'indietro per passare nel fitto sottobosco.

Tassonomia modifica

Il tragelafo striato viene suddiviso in otto sottospecie:[senza fonte]

  • T. s. scriptus Pallas, 1766;
  • T. s. bor Heuglin, 1877;
  • T. s. decula Rüppell, 1835;
  • T. s. fasciatus Pocock, 1900;
  • T. s. knutsoni Lönnberg, 1905;
  • T. s. meneliki Neumann, 1902;
  • T. s. ornatus Pocock, 1900;
  • T. s. sylvaticus Sparrman, 1780.

Distribuzione e habitat modifica

A differenza della maggior parte delle antilopi, i tragelafi striati conducono vita solitaria eccetto che nella stagione degli amori e della riproduzione, quando il maschio si unisce al gruppo di una o più femmine e dei rispettivi piccoli. Ma anche allora è raro poterli vedere, poiché, di solito, escono dai loro nascondigli al calar del sole o al mattino presto per riscaldarsi ai suoi raggi. Hanno udito e vista molto ben sviluppati e, specie nelle zone dove sono spesso disturbati, è pressoché impossibile scorgerli se non dopo cauti e prolungati appostamenti. Sono infatti estremamente abili nell'aprirsi un cammino nel folto del sottobosco o a servirsi di bassi passaggi presenti nella fitta vegetazione della giungla. D'altronde, sono capaci di notevoli salti e non temono affatto di gettarsi in acqua per sfuggire agli inseguitori.

 
Primo piano di un tragelafo striato del Parco Nazionale di Kruger (Sudafrica).

Il tragelafo striato vive in tutta l'Africa, dalle sponde del Mar Rosso, in Somalia ed in Etiopia, verso ovest, attraverso i confini meridionali del deserto del Sahara fino al Senegal, nonché fino alla parte meridionale della provincia del Capo, nell'Africa meridionale. Le foreste e le zone cespugliose costituiscono l'habitat dei tragelafi, i quali sono assenti soltanto nelle aperte pianure, nei deserti e nelle zone al disopra dei 3000 m d'altitudine. Non si allontanano mai troppo da un luogo ove sia presente l'acqua, perché hanno bisogno di abbeverarsi una volta al giorno[4].

Biologia modifica

Alimentazione modifica

I tragelafi striati brucano le foglie, le cime dei ramoscelli e si nutrono anche di frutta selvatica, nonché di olive e baccelli di acacia. Occasionalmente brucano anche l'erba.

Riproduzione modifica

I piccoli vengono partoriti in qualsiasi periodo dell'anno dopo una gestazione di otto mesi, anche se la punta massima la si ha da metà ottobre a metà novembre.

Nemici modifica

Il tragelafo striato abbaia come un cane quando è minacciato o scorge un pericolo. I suoi nemici principali sono i leopardi i licaoni e gli scimpanzé ma non tanto i leoni, i quali preferiscono, infatti, cacciare su terreno aperto. Anche i coccodrilli costituiscono per i tragelafi una seria minaccia, poiché non si accontentano di trascinarli verso il fondo quando stanno abbeverandosi, ma si spingono altresì ad azzannarli mentre brucano. Va sottolineato, però, che il tragelafo non è una preda facile, perché sa difendersi con coraggio e risolutezza e riesce spesso ad uccidere i suoi aggressori, quali leopardi e cani selvatici, trafiggendoli con le corna[4].

Rapporti con l'uomo modifica

Anche se considerevolmente più piccoli di statura degli altri membri del genere Tragelaphus, i tragelafi striati si sono guadagnati la reputazione di essere effettivamente pericolosi, specie se feriti. La loro abilità nello spostarsi rapidamente nel fitto della vegetazione li avvantaggia di molto sui cacciatori, i quali devono aprirsi faticosamente la strada nella vegetazione, cosicché capita spesso che le parti si invertano e che il cacciatore si trovi ad essere cacciato da un animale per nulla rinunciatario.

Si ricorre spesso all'uso dei cani per stanare i tragelafi, i quali sono però molto restii ad uscire dai loro nascondigli. I maschi, in particolar modo, evitano di esporsi allo scoperto e preferiscono farsi mettere in sacco lasciando in tal modo il tempo alle femmine ed ai piccoli di porsi in salvo. È infatti una caratteristica dei bovidi maschi di interporsi fra il nemico e le femmine ed i piccoli per poterli salvare. Ciò non significa però che i tragelafi maschi accettino passivamente il loro destino. Al contrario: affrontano l'avversario e, valendosi delle loro aguzze corna, riescono spesso ad uccidere i cani. Da notare che, a volte, specie se feriti, riescono a mettere in fuga o uccidere anche gli uomini.

Pure le femmine, però, sono battagliere. Ce lo conferma una voce autorevole: quella di Theodore Roosevelt, già presidente statunitense, famoso cacciatore e viaggiatore, il quale riferì che una volta uno dei suoi battitori fu gettato a terra da una femmina inferocita[5].

Note modifica

  1. ^ (EN) D.E. Wilson e D.M. Reeder, Tragelaphus scriptus, in Mammal Species of the World. A Taxonomic and Geographic Reference, 3ª ed., Johns Hopkins University Press, 2005, ISBN 0-8018-8221-4.
  2. ^ (EN) IUCN SSC Antelope Specialist Group 2008, Tragelaphus scriptus, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020.
  3. ^ Moodley et al. Analysis of mitochondrial DNA data reveals non-monophyly in the bushbuck (Tragelaphus scriptus) complex. 2008
  4. ^ a b Wronski T, Moodley Y. (2009) Bushbuck, harnessed antelope or both? Archiviato l'8 luglio 2011 in Internet Archive. Gnusletter, 28(1):18-19.
  5. ^ African Wildlife Foundation, Retrieved on June 28, 2008

Altri progetti modifica

Collegamenti esterni modifica

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