Malattia di Pott

sindrome che colpisce la colonna vertebrale
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Le informazioni riportate non sono consigli medici e potrebbero non essere accurate. I contenuti hanno solo fine illustrativo e non sostituiscono il parere medico: leggi le avvertenze.

La malattia di Pott o morbo di Pott[1], chiamata anche spondilite tubercolare, è una forma di tubercolosi extrapolmonare; si tratta della sindrome generata dalla localizzazione dei micobatteri (il bacillo di Koch), responsabili della malattia, nelle vertebre della colonna.

Malattia di Pott
Tubercolosi ossea nella radiografia di una mummia dell'Antico Egitto
Specialitàreumatologia
Eziologiatubercolosi
Classificazione e risorse esterne (EN)
ICD-9-CM015.0
ICD-10A18.0 e M49.0
MeSHD014399
Sinonimi
Spondilite tubercolare
Eponimi
Percivall Pott

Eziologia modifica

La malattia deriva dal danno causato dal micobatterio ai tessuti intervertebrali, che vengono progressivamente distrutti; essa inizia a svilupparsi in una specifica vertebra per poi diffondersi anche ad altre; nel suo progredire la distanza delle vertebre si riduce sempre di più fino a collassare, e per questo è necessario un rapido intervento.[2]

Sintomatologia modifica

La triade di Pott è costituita da: dolore, gibbo e paraplegia (quest'ultima non sempre presente).[2]

Sintomi muscolo-scheletrici modifica

Tra essi vi sono: ascessi, gonfiore, artrite, artrosi, spasmi muscolari e sensazione generalizzata di debolezza (soprattutto alle gambe), mancata crescita[2], la deviazione della colonna vertebrale, che provoca bassa statura (se il soggetto ne è colpito durante l'adolescenza) e la cosiddetta "gobba" (spesso nel passato si pensava erroneamente alla scoliosi)[2].

Sintomi cardiaci, circolatori e respiratori modifica

Può causare cardiopatia, pericardite, idrotorace, danni ad organi interni, edema polmonare acuto (idropisia), pleurite e asma, a causa della compressione dello spazio polmonare e toracico, ipotensione (causata dalle lesioni midollari).[2] [3]

Sintomi neurologici modifica

Fra i sintomi neurologici (dovuti alla compromissione dei nervi cranici e spinali, e al collasso vertebrale causato dalla distruzione dei dischi intervertebrali) vi sono: dolore da compressione nervosa (alla schiena, alle gambe e alle braccia), paraplegia, annebbiamento della vista e difficoltà visive, parestesie (specialmente sensazione anomala di freddo o di caldo, formicolii, ecc.), iperestesia e/o ipoestesia, sudorazione notturna, paralisi, rigidità, talvolta anoressia, perdita di peso, disturbi dell'equilibrio e della postura e altri deficit vari e variabili.[2]

Sintomi immunitari modifica

Si ha febbre durante la fase acuta di infezione.[2]

 
Ragazza dell'Oklahoma affetta da tubercolosi ossea, 1935

Esami modifica

La diagnosi viene effettuata tramite radiografia, test del sangue e test tubercolinico. Tramite esami radiologici si riscontrano ascesso paravertebrale da cui può formarsi un edema e distruzione del disco intervertebrale. Successivamente si procede a rachicentesi e biopsia ossea.[2]

Terapia modifica

Consiste nell'eliminare il bacillo con terapia antibiotica anti-tubercolare, se esso è ancora presente, e nel correggere i danni con la fisioterapia ed eventualmente con la chirurgia ortopedica e neurologica. Si usano inoltre gli antidolorifici nel trattamento sintomatico[2]

Storia modifica

Si tratta di una malattia molto diffusa in passato e spesso non diagnosticata (è stata ritrovata negli scheletri delle mummie egizie). Ne soffrirono, tra gli altri, Vincenzo Cardarelli, il mafioso Luciano Liggio, Alberto Moravia, Santa Gemma Galgani, Santa Bernadette Soubirous, Alexander Pope, Jane Addams, Mario Scalesi, Antonio Gramsci, la principessa ottomana Nermin Sultan e il principe Luigi Giuseppe di Borbone-Francia. Alcuni ritengono che ne fossero affetti anche Giacomo Leopardi e Søren Kierkegaard, ma la diagnosi in questi casi è dibattuta.

Oggi è molto rara nei paesi sviluppati, come la tubercolosi polmonare alla cui diffusione è strettamente legata, condividendone l'agente patogeno.

Note modifica

  1. ^ Il termine morbo, dal latino Mòrbus, "malattia che conduce a morte", è stato storicamente utilizzato per indicare le malattie a decorso fatale, soprattutto perché sconosciute e quindi incurabili. Attualmente è un vocabolo in via di abbandono sia per rispetto del malato, sia perché di molte malattie è stata trovata l'origine e la cura.
  2. ^ a b c d e f g h i Pott's disease Archiviato il 13 dicembre 2014 in Internet Archive.
  3. ^ Sindromi midollari, su progettoasco.it. URL consultato il 5 dicembre 2014 (archiviato dall'url originale l'8 dicembre 2014).

Bibliografia modifica

  • Gaetano Filice, Malattie infettive, 2ª edizione, Milano, McGraw-Hill, 1998, ISBN 88-386-2362-7.
  • Research Laboratories Merck, The Merck Manual quinta edizione, Milano, Springer-Verlag, 2008, ISBN 978-88-470-0707-9.

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Collegamenti esterni modifica

Controllo di autoritàThesaurus BNCF 57746 · LCCN (ENsh85105886 · BNE (ESXX4963736 (data) · BNF (FRcb124431181 (data) · J9U (ENHE987007531400505171
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