Con l'espressione "rivoluzione copernicana" si indica il radicale riassestamento delle concezioni scientifiche legate all'astronomia planetaria, alla struttura del sistema solare e all'architettura dello stesso universo che si accompagnò al superamento dell'ipotesi geocentrica in favore di quella eliocentrica, detta appunto "copernicana", tra il XVI e il XVII secolo.

La svolta fondamentale da cui scaturì la rivoluzione copernicana fu dovuta all'eponimo astronomo polacco Niccolò Copernico, con la pubblicazione nel 1543 del saggio De revolutionibus orbium coelestium. Esso, nonostante avanzasse l'innovativa proposta di una Terra mobile, era tuttavia un testo relativamente conservatore sotto diversi punti di vista, e comunque era ancora lontano dal dare all'ipotesi eliocentrica la coerenza interna e l'aderenza ai fenomeni osservati necessaria a risolvere il problema del moto dei pianeti meglio di quanto all'epoca poteva fare la tradizionale visione aristotelico-tolemaica. Fu il tedesco Giovanni Keplero che, avvalendosi anche dei risultati del danese Tycho Brahe, compì un primo passo avanti in questo senso introducendo le orbite ellittiche al posto di quelle circolari e dando al sistema una prima sistemazione plausibile dal punto di vista non solo geometrico-astronomico, ma anche fisico-cosmologico. Galileo Galilei diede importanti conferme della teoria eliocentrica con le sue osservazioni astronomiche, effettuate per la prima volta per mezzo di un telescopio, e inoltre contribuì a gettare le basi della trattazione matematica della dinamica di cui si sarebbe avvalsa la successiva generazione di fisici. Il compimento definitivo della rivoluzione copernicana è di solito fatto coincidere con la sintesi di meccanica celeste e meccanica terrestre che Isaac Newton offrì con i suoi Philosophiae naturalis principia mathematica, del 1687; in questo testo il nuovo assetto eliocentrico veniva inquadrato in un sistema teorico su base matematica organico e completo.[1]

La rivoluzione copernicana – parte della più ampia rivoluzione scientifica che a cavallo tra i due secoli vide una fioritura di nuove scoperte e, soprattutto, una rifondazione delle metodologie della ricerca – è considerata un momento di importanza capitale nello sviluppo del pensiero occidentale;[2] modificando significativamente la percezione che l'uomo aveva della sua posizione nel mondo, essa ebbe ripercussioni culturali anche al di fuori dell'ambito strettamente scientifico,[2] le quali avendo investito la religione e la filosofia spiegano la resistenza che il copernicanesimo dovette superare, specialmente da parte delle istituzioni ecclesiastiche e specialmente nel XVII secolo, prima di affermarsi.[3][4]

L'universo pre-copernicano modifica

La teoria astronomico-cosmologica accettata quasi universalmente all'epoca della pubblicazione del De revolutionibus era basata sulla fisica sviluppata da Aristotele nel IV secolo a.C. e sul modello geometrico del moto dei pianeti messo a punto da Claudio Tolomeo nel II secolo d.C.[5]

 
L'universo geocentrico in un'illustrazione dell'Harmonia Macrocosmica di Andreas Cellarius, pubblicata ad Amsterdam nel 1660.

Fisica e cosmologia aristotelica modifica

Aristotele concepiva l'universo come un'unità sferica finita, all'esterno della quale non esisteva nulla, né materiaspazio:[6] come egli scriveva nel suo De caelo, infatti, l'universo deve essere composto dalla totalità della materia esistente e dunque, al di fuori di esso, non può rimanere alcun ente corporeo; al di fuori dell'universo non può sussistere d'altronde nemmeno lo spazio, il quale è considerato inconcepibile senza materia come la materia senza spazio. Per lo stesso motivo, il vuoto è escluso dall'universo aristotelico, ogni parte del quale è riempita da materia.[6]

Al centro dell'universo sferico così delineato, il limite esterno del quale è costituito dalla sfera delle stelle fisse, è collocata, ferma, la Terra; è posta una divisione rigida tra la sfera terrestre e sublunare, considerata come dominata dal divenire, dalla generazione e della corruzione, e la sfera celeste, a cui è attribuito un carattere di immutabilità e incorruttibilità. La sfera terrestre è composta di quattro elementi (terra, acqua, aria e fuoco) i quali sono caratterizzati dalla tendenza, intrinseca alla loro natura, a spostarsi lungo moti rettilinei verso i rispettivi "luoghi naturali": cosicché la terra, per esempio, per via del suo peso tende verso il centro dell'universo, che viene dunque a coincidere con il centro della Terra; l'acqua tende pure verso il basso, ma essendo meno pesante della terra tende a disporsi sopra di essa; l'aria e, ancora di più, il fuoco tendono per natura verso l'alto, come si nota osservando che la fiamma cerca di salire nell'aria. In questo universo anisotropo, in cui cioè le relazioni dei corpi non dipendono unicamente dalle loro posizioni relative, ma anche dalla loro posizione assoluta rispetto al centro del mondo, è evidentemente garantita l'unicità del pianeta Terra (poiché qualunque altro pianeta composto dei quattro elementi dovrebbe precipitare sulla Terra e fondersi con essa). La sfera celeste è invece composta di etere, un elemento pure materiale ma incorruttibile e più perfetto dei materiali sublunari: esso infatti si muove di moto circolare uniforme (dunque chiuso), il quale è a sua volta maggiormente vicino alla perfezione propria della quiete rispetto ai moti rettilinei (dunque aperti) dei quattro elementi. I sette pianeti[7] (la Luna, Mercurio, Venere, il Sole, Marte, Giove, Saturno) sono mossi intorno alla Terra da altrettante sfere solide, pure composte di etere, le quali ricevono il loro moto (trasmettendolo meccanicamente le più alte alle più basse) dalla sfera delle stelle fisse, mossa a sua volta da un motore immobile.[8]

 
Moto retrogrado apparente di Marte visto dalla Terra. Rispetto alle stelle fisse, e in particolare rispetto alle costellazioni dell'Acquario e del Toro, il pianeta Marte (rappresentato dai cerchi rossi negli istanti successivi 1, 2, 3, ... , 7 a intervalli di un mese) sembra muoversi lungo una traiettoria "annodata" (rappresentata dalla linea nera continua): dopo essersi spostato regolarmente verso est tra 1 e 3, sembra retrocedere verso ovest fino a oltre 5 e poi ricominciare a muoversi normalmente passando per 6, 7, 8. A questo moto si aggiungono deviazioni nella latitudine, misurabili con la distanza angolare del pianeta dall'eclittica (la linea tratteggiata, che indica il percorso annuale del Sole).

Dal punto di vista astronomico, tuttavia, non è sufficiente attribuire ai corpi celesti un moto circolare uniforme intorno alla Terra per spiegare le osservazioni: infatti (se si escludono il Sole e la Luna, che si muovono in cielo in modo quasi del tutto uniforme) i pianeti presentano delle irregolarità incompatibili con semplici moti circolari. Benché il loro moto medio annuale sia effettivamente caratterizzato da una direzione costante, essi periodicamente sembrano fermarsi, retrocedere e fermarsi di nuovo prima di riprendere il moto normale: è il cosiddetto moto retrogrado.[9]

Le sfere di Aristotele vennero quindi disposte, originariamente, secondo il modello delle sfere omocentriche proposto da Eudosso di Cnido e perfezionato da Callippo di Cizico: a ogni pianeta viene fatta corrispondere non una singola sfera, ma un gruppo di sfere; ogni gruppo di sfere è indipendente dagli altri, anche se riceve il movimento rotatorio dal gruppo superiore e lo comunica a quello inferiore; all'interno di ciascun gruppo, tuttavia, le sfere sono vincolate tra loro (gli assi di rotazione delle più interne sono fissati obliquamente alla superficie delle più esterne) in modo tale da produrre i moti apparenti dei pianeti, incluse le loro stazioni e retrogradazioni.[10]

Tolomeo e la geometria dei moti planetari modifica

Il modello a sfere omocentriche di Eudosso era gravato tuttavia da un significativo difetto: benché esso preveda che i corpi celesti si mantengano a una distanza costante dalla Terra, infatti, l'osservazione mostra (e mostrava anche agli astronomi che, nell'antichità, osservavano il cielo a occhio nudo) che la luminosità dei pianeti aumenta e diminuisce periodicamente; ciò suggerisce che sia la loro distanza dalla Terra a variare causando fluttuazioni della luminosità apparente.[11]

 
Modello epiciclo-deferente qualitativo. Il piccolo cerchio vuoto al centro rappresenta la Terra; il cerchio più ampio, centrato nella Terra, è il deferente; il cerchio più piccolo, centrato su un punto del deferente, è l'epiciclo (il suo centro è evidenziato con un punto nero nel disegno, ma ad esso non corrispondeva alcun oggetto fisico nelle concezioni astronomiche degli antichi); il cerchio rosso pieno è il pianeta, che è centrato su un punto dell'epiciclo; la linea nera spessa rappresenta il moto effettivo del pianeta, che risulta dalla composizione della doppia rivoluzione del deferente intorno alla Terra e dell'epiciclo intorno a un punto del deferente; i punti rossi vuoti rappresentano le successive posizioni del pianeta: visto dalla Terra, esso sembra muoversi in avanti (in direzione est) da 1 a 2, fermarsi in 2, muoversi di moto retrogrado da 2 a 3, fermarsi di nuovo in 3 e poi riprendere il suo moto normale.

Per ovviare a questa incongruenza due altri astronomi greci, Apollonio di Perga (vissuto nel III secolo a.C.) e Ipparco di Nicea (vissuto nel II secolo a.C.), svilupparono una teoria geocentrica alternativa a quella di Eudosso per la spiegazione dei moti apparenti dei pianeti con l'introdzione delle nozioni di epiciclo e deferente.[12] Un epiciclo è un cerchio, sul quale è collocato un pianeta; il centro dell'epiciclo è a sua volta collocato su un cerchio più grande – il deferente – il centro del quale coincide con il centro della Terra. La composizione dei due moti, del pianeta sull'epiciclo e dell'epiciclo sul deferente, riesce a rendere conto qualitativamente sia del fatto che i pianeti periodicamente arrestino il loro moto rispetto alle stelle fisse e addirittura lo invertano, sia del fatto che lo facciano sempre nei momenti di loro massima luminosità, che corrispondono alla loro minima distanza dalla Terra.[13]

La sistemazione rigorosa e l'adattamento quantitativo del sistema basato su epicicli e deferenti fu dovuta a Claudio Tolomeo, vissuto nel II secolo d.C. Egli, grazie a un notevole impianto matematico e grazie a un gran numero di dati astronomici relativamente precisi (raccolti sia dai suoi predecessori sia da osservazioni che egli svolse in prima persona) riuscì per primo a costruire un modello coerente e preciso capace di dare conto di tutti i fenomeni allora riscontrati. Non introdusse rispetto alla teoria di Ipparco innovazioni sostanziali, salvo considerare gli epicicli come delle sfere anziché come dei cerchi.[14] Già Apollonio aveva introdotto nel sistema cerchi eccentrici per spiegare alcune irregolarità minori del comportamento dei pianeti, e Ipparco vi aveva aggiunto epicicli minori allo stesso scopo; Tolomeo stesso inventò l'equante, e dopo di lui molti astronomi combinarono questi elementi complicando enormemente il sistema degli orbi celesti nel tentativo di migliorare la sua precisione rispetto alle osservazioni.[15]

Da un punto di vista più fisico che strettamente matematico, l'attribuzione a epicicli e deferenti di un carattere materiale simile a quello delle sfere di Aristotele avrebbe generato gravi problemi, poiché la possibilità delle loro continue intersezioni sarebbe allora risultata incomprensibile.[16] Quindi, benché a suo tempo Tolomeo avesse fornito delle giustificazioni fisiche, oltreché matematiche, a favore della sua teoria (argomentando per esempio l'impossibilità del moto terrestre),[17] dopo la sua morte il tentativo di armonizzare la spiegazione geometrico-astronomica con una plausibilità fisico-cosmologica passò spesso in secondo piano.[16]

Ipotesi eliocentriche pre-copernicane modifica

Molto prima di Copernico vennero formulate almeno due rilevanti teorie cosmologiche alternative a quella tolemaica: quella di Eraclide Pontico e quella di Aristarco di Samo. Il primo, sulla base dell'osservazione del fatto che l'elongazione (cioè la distanza angolare massima rispetto al Sole) di Mercurio e di Venere era limitata, dedusse che almeno quei due pianeti devono ruotare intorno al Sole e non intorno alla Terra, la quale però restava il centro dell'orbita del Sole. Il suo sistema precorreva, per alcuni aspetti, quello che sarebbe stato teorizzato da Tycho Brahe alla fine del XVI secolo.[18][19]

La teoria di Aristarco invece prevede un sistema propriamente eliocentrico, in cui tutti i pianeti (inclusa la Terra ed esclusa la Luna, che gira intorno alla Terra) ruotano intorno a un Sole statico. Non è noto con quali argomenti Aristarco sostenesse questa ipotesi, ma risulta in generale che le sue teorie fossero basate sull'osservazione e su rigorosi procedimenti matematici. Egli inoltre prevenne con acume l'obiezione al moto orbitale della Terra che può essere fatta derivare dalla mancanza di moto annuale delle stelle fisse (il moto parallattico non fu infatti osservato che da James Bradley nel XVIII secolo)[20] sostenendo che il raggio dell'orbita terrestre è trascurabile rispetto alla distanza della Terra della sfera delle stelle. La sua teoria comunque non ebbe seguito prima di Copernico.[21]

Niccolò Copernico: un sistema eliostatico modifica

Le fonti di Copernico modifica

Anche se nei secoli che seguirono alla morte di Tolomeo il progresso dell'astronomia non si fermò del tutto, Copernico può essere considerato l'erede diretto della cosmologia aristotelica e dell'astronomia tolemaica, le quali non variarono in modo sostanziale tra il III e il XV secolo.[5] La cultura araba, durante quello che nel mondo occidentale fu il Medioevo, conservò e trasmise il patrimonio di conoscenze della Grecia antica, arricchendolo sia di suggestioni provenienti per esempio dall'India, sia di innovazioni sviluppate dagli stessi intellettuali musulmani; in astronomia in particolare, oltre a tradurre molte importanti opere greche (tra cui il Mathematiké sýntaxis di Tolomeo, noto come Almagesto dal titolo arabo), gli arabi introdussero nuovi strumenti matematici e nuovi mezzi per l'osservazione del cielo, anche se non modificarono sostanzialmente le nozioni principali dell'astronomia tolemaica.[22][23] Quando i testi arabi cominciarono a circolare in occidente, dal X secolo in poi, e a venire tradotti in latino, essi influenzarono notevolmente la cultura europea; quanto alle scienze, in particolare, esse determinarono la ripresa della concezione aristotelica della filosofia naturale e resero possibili le critiche che, sporadicamente, cominciarono a venir mosse contro di essa da studiosi come Giovanni Buridano e Nicola d'Oresme.[24] Soprattuto del secondo di costoro si ritiene probabile che Copernico avesse avuto qualche notizia, almeno indiretta.[25]

L'innovazione di Copernico fu resa possibile anche da un altro aspetto del clima culturale che si era andato formando con l'avvento dell'Umanesimo, ovvero la diffusione di un atteggiamento di pensiero platonizzante che, se da un lato portò con sé istanze antiscientifiche,[26] dall'altro stimolò negli scienziati del XVI secolo una nuova sensibilità per l'armonia matematica nello sviluppo di teorie sulla realtà naturale. È sulla base di una tale sensibilità che lo storico della scienza Thomas Kuhn spiega il fatto che il sistema tolemaico, pur essendo rimasto invariato nella sua essenza da milletrecento anni, cominciò nel XVI secolo a sembrare inutilmente complicato, farraginoso e addirittura «abnorme»:[27] le stesse strutture geometriche, invero complesse, che a Tolomeo e ai suoi successori erano sembrate necessarie per spiegare il moto dei pianeti e legittime nella misura in cui riuscivano a farlo relativamente bene (epicicli, deferenti, eccentrici, equanti e tutte le loro combinazioni), sembravano a Copernico di gran lunga troppo complicate per corrispondere alla semplicità dell'ordine divino che, in un'ottica platonizzante, egli riteneva di dover attribuire all'universo.[28]

 
Frontispizio di un'edizione del 1566 del De revolutionibus orbium coelestium di Copernico.

Il De revolutionibus modifica

All'epoca di Copernico esistevano diverse versioni del sistema tolemaico, caratterizzate da diverse possibili combinazioni di epicicli, deferenti, eccentrici ed equanti.[29] L'aderenza delle previsioni di questi sistemi alle osservazioni non era mai perfetta e, dopo diversi secoli di tentativi infruttuosi di far combaciare il sistema tolemaico e i fenomeni, alcuni astronomi cominciavano a credere che ci fosse qualcosa di radicalmente sbagliato nell'impostazione stessa che era stata data fino ad allora alla soluzione del problema dei pianeti.[30]

Fu per queste ragioni, a cui si aggiungeva l'esigenza pratica di rifondare l'astronomia su basi teoriche capaci di fornirle la precisione necessaria per rendere finalmente possibile l'urgente riforma del calendario, che Copernico si mise al lavoro su un sistema eliocentrico.[31] Egli iniziò a compiere i suoi studi in questo senso nel 1505-1506[32] e dopo il 1510 fece circolare un suo breve manoscritto, il Commentariolus, che sintetizzava i punti esenziali della sua teoria; ma la sua opera definitiva, il De revolutionibus orbium coelestium, non fu pubblicata che nel 1543, lo stesso anno in cui Copernico morì.[33]

Il De revolutionibus si compone di sei libri. Il primo di essi ha carattere introduttivo ed è scritto in forma discorsiva; gli ultimi cinque contengono invece la trattazione matematica che avvalora l'ipotesi eliocentrica di Copernico. È stato fatto notare che gli argomenti del primo libro, l'unico accessibile a un pubblico ampio di lettori non specializzati,[34] non sono particolarmente convincenti se presi in considerazione indipendentemente dal fondamento matematico su cui riposano, e che dal testo nel suo complesso dunque non traspare tanto un atteggiamento rivoluzionario quanto piuttosto un sostanziale conservatorismo.[35] Copernico era intenzionato a risolvere nel modo più elegante possibile un problema di astronomia matematica, non a sovvertire una visione del mondo: Kuhn ha affermato che «nell'opera di Copernico la concezione rivoluzionaria del moto della Terra costituisce inizialmente un risultato collaterale e anomalo del tentativo [...] di riformare le tecniche usate nel calcolo della posizione dei pianeti.»[36]

Il modello astronomico di Copernico modifica

Nel sistema di Copernico, il Sole è collocato al centro dell'universo. Intorno a esso ruotano tutti gli altri pianeti, eccetto la Luna che ruota intorno alla Terra. Un primo, notevole punto di forza dell'ipotesi eliocentrica è che in tal modo i tempi orbitali dei pianeti risultano già fissati e di conseguenza è noto l'esatto ordine in cui essi sono disposti intorno al Sole:[33] l'intervallo tra due successive retrocessioni di un certo pianeta infatti, confrontato con il periodo orbitale della Terra (un anno) consente di calcolare il periodo orbitale di quel pianeta; dopodiché, assumendo che il tempo orbitale sia tanto maggiore quanto più è lunga l'orbita (cioè quanto è maggiore il suo raggio), diventa possibile per la prima volta mettere in ordine i pianeti dal più vicino al più lontano dal Sole.[37] Questo è particolarmente rilevante per quanto riguarda quelli che in un modello eliocentrico sono i pianeti inferiori: il sistema tolemaico infatti, dovendo collocare i centri degli epicicli di Mercurio e di Venere sulla linea ideale passante per la Terra e per il Sole per spiegare il fatto che l'elongazione di quei pianeti è limitata (cioè che essi non si allontanano mai più di tanto dal Sole, e per esempio non sono mai in opposizione ad esso) aveva dovuto attribuire ai deferenti di quei due pianeti un periodo orbitale uguale a quello del Sole (un anno) e quindi non aveva avuto alcun modo di valutare la loro distanza dal centro dell'universo.[38][N 1] Con la sua ipotesi eliocentrica Copernico spiegava la limitata elongazione di Mercurio e Venere senza bisogno dell'ipotesi ad hoc dell'allineamento dei due pianeti con il Sole;[38] e inoltre consentiva di calcolare le loro distanze relative, e quelle di tutti gli altri pianeti, sulla base di ragionamenti e misure legate alle quadrature, traendone poi i valori delle distanze assolute confrontando quelle relative con la distanza Terra-Sole, nota per altre vie. In tal modo la struttura dell'universo risultava completamente determinata, mentre nel modello tolemaico non c'era modo di fissare i valori dei raggi delle orbite planetarie.[39]

 
Spiegazione qualitativa, in un sistema eliocentrico, del moto retrogrado apparente di Marte visto dalla Terra. Il punto nero al centro dei cerchi concentrici (contrassegnato con S) è il Sole; i punti blu (contrassegnati con T1, T2, ... , T7) sono sette successive posizioni della Terra a intervalli regolari di tempo; i punti rossi (contrassegnati con M1, M2, ... , M7) sono sette successive posizioni di Marte negli istanti corrispondenti; il fatto che l'orbita della Terra abbia un raggio minore di quella di Marte implica che periodicamente la Terra "supera" Marte (nel disegno, qualitativo, la Terra copre circa tre quinti della sua orbita nel tempo che Marte impiega a coprire solo un quarto della sua); dunque la proiezione di Marte contro le stelle fisse, che ne determina la posizione apparente (indicata dai numeri 1, 2, 3, ... , 7 e riprodotta in cima al disegno con l'aggiunta delle variazioni di latitudine), si muove in modo irregolare: il pianeta sembra avanzare normalmente, in direzione est, tra 1 e 2 e tra 2 e 3, poi retrocedere muovendosi in direzione ovest passando per 4 fino a 5, e infine riprendere il suo regolare cammino passante per 6 e 7.

Un altro fondamentale vantaggio della teoria eliocentrica consiste nella spiegazione semplice e naturale della macroscopica irregolarità rappresentata dalle stazioni e dai moti retrogradi dei pianeti, che essa è in grado di ricondurre interamente alla composizione dei moti di quei pianeti con il moto della Terra, che periodicamente li supera o ne viene superata – il che accade esattamente nei momenti di minima distanza tra la il pianeta in questione e la Terra.[40]

Un'altra irregolarità minore, ma comunque significativa, di cui Copernico riesce a dare una spiegazione convincente senza ricorrere a soluzioni ad hoc sono gli scarti dei periodi che i pianeti impiegano a compiere un giro completo dell'eclittica rispetto al tempo medio della loro orbita; questo fenomeno dipende semplicemente dal fatto che, trascorso il tempo che un pianeta qualsiasi impiega a tornare in un certo punto della sua orbita dopo un giro completo, la Terra in generale si troverà in una posizione diversa da quella in cui era l'ultima volta che il pianeta si trovava in quel punto della sua orbita, e dunque la posizione apparente del pianeta rispetto alle stelle fisse sarà diversa.[41]

La teoria di Copernico, comunque, non era priva di difetti. Egli conservava, in ciò mantenendosi perfettamente in linea con la tradizione, il principio (enunciato già da Platone) secondo cui i moti dei corpi celesti devono essere circolari e uniformi, o composti da più moti circolari uniformi. Tuttavia un modello composto da tanti cerchi quanti sono i pianeti, tutti centrati nel Sole e mossi con velocità uniforme, non consente di per sé di ottenere una descrizione quantitativamente accurata dei dati sperimentali né buone previsioni dei comportamenti osservati dei pianeti; fornisce anzi un accordo della teoria con l'esperienza peggiore di quello che fornivano i sistemi tolemaici.[42] Copernico fu dunque costretto a reintrodurre nel suo sistema eliocentrico due di quegli artifici che avevano caratterizzato il complicato sistema tolemaico: gli epicicli minori e gli eccentrici.[42] Gli epicicli minori hanno un funzionamento qualitativamente identico a quello dei normali epicicli (si tratta di cerchi che ruotano intorno a un centro che a sua volta ruota lungo un cerchio più grande) che però, avendo un raggio molto minore di quello del relativo deferente, non provocano moti retrogradi, ma solo piccole variazioni del moto apparente le quali possono spiegare, per esempio, perché la metà dell'orbita terrestre compresa tra l'equinozio di primavera e l'equinozio d'autunno è percorso dal pianeta in pù tempo rispetto alla metà compresa tra l'equinozio d'autunno e l'equinozio di primavera.[43] Gli eccentrici erano invece un espediente, pure destinato a rendere conto di variazioni minori dei moti planetari, per cui per esempio il centro dell'orbita della Terra era distinto dal centro del Sole e si muoveva intorno ad esso.[44] Alla fine dei conti il sistema di Copernico era eliostatico, ma non propriamente eliocentrico: il Sole era infatti fermo mentre il moto orbitale era attribuito alla Terra, ma non era collocato nel centro delle orbite dei pianeti.[44]

L'eredità di Copernico modifica

Insomma il sistema eliocentrico di Copernico, almeno per quanto riguardava questioni quantitative, era poco più semplice dei vari sistemi tolemaici e non più preciso.[42] Copernico si era fatto un punto d'onore di non fare ricorso a equanti, che considerava artifici illegittimi per negare surrettiziamente l'effettiva uniformità dei moti circolari dei pianeti,[45] ma aveva impiegato epicicli ed eccentrici, e ad altri espedienti per spiegare le variazioni della latitudine dei pianeti (cioè la loro distanza angolare dall'eclittica).[46]

La teoria delineata nel De revolutionibus era, cionondimeno, destinata ad avere importantissime ripercussioni sulle successive ricerche astronomiche. I suoi meriti si potevano interamente ricondurre a una maggiore armonia complessiva del modello rispetto a quello tolemaico, per via della necessità di un minor numero di ipotesi ad hoc. Come scrive Kuhn, «per gli astronomi, inizialmente, la scelta fra il sistema di Copernico e quello di Tolomeo poté essere soltanto un fatto di gusto estetico»;[47] esso fu inizialmente abbracciato solo da «astronomi che attribuivano maggior importanza all'eleganza qualitativa che alla precisione quantitativa (e ve ne furono alcuni, tra cui Galileo)».[48]

L'opera di Copernico, introducendo l'idea di una Terra mobile e mostrando le principali semplificazioni qualitative che questa idea consentiva di apportare alla teoria, avviò rivoluzione detta, per questo, "copernicana"; ma in Copernico la rivoluzione era appena abbozzata, e sarebbe stata portata a compimento dagli astronomi che iniziarono a lavorare da dove Copernico si era fermato.[49]

 
Schema del sistema ticonico tratto da un volume del XVII secolo. Intorno alla Terra, collocata al centro dell'universo, ruotano la Luna e il Sole; intorno al Sole ruotano con un raggio orbitale minore della distanza Terra-Sole Mercurio e Venere, e con un raggio maggiore Marte, Giove e Saturno.

Il compromesso di Tycho Brahe e le sue osservazioni modifica

Il danese Tycho Brahe, considerato il più grande astronomo della seconda metà del XVI secolo, fu sostanzialmente un oppositore del sistema copernicano. Egli era caratterizzato da una mentalità sostanzialmente conservatrice:[50] riteneva intrinsecamente problematica l'ipotesi di una Terra mobile (si tenga presente che una sistemazione della dinamica capace di rivelare l'inconsistenza delle obiezioni intuitive al moto della Terra non sarà messa a punto che da Galilei) e inoltre considerava l'assenza di una parallasse osservabile delle stelle fisse una prova del fatto che la Terra si trova al centro della sfera che esse formano.[51]

Brahe diede comunque un fondamentale contributo allo sviluppo dell'astronomia grazie all'immensa mole di dati osservativi, peraltro straordinariamente precisi, che accumulò.[4] Egli perfezionò gli strumenti di misura disponibili e ne costruì di nuovi, eseguendo poi grazie a essi le più precise osservazioni astronomiche mai effettuate a occhio nudo.[52] I dati che Copernico aveva avuto, a suo tempo, a sua disposizione erano viziati da gravi imprecisioni (per via di cattive osservazioni o della cattiva trasmissione di osservazioni buone),[53] tanto che era impossibile che il suo modello astronomico (o qualunque altro) riuscisse a spiegarle coerentemente.[54] La nuova messe di dati che Brahe raccolse fu un'acquisizione molto importante per rendere possibile un nuovo approccio, e una migliore soluzione, al problema dei pianeti.[51]

Egli sviluppò anche un modello astronomico, in qualche modo intermedio tra quello di Tolomeo e quello di Copernico, che divenne noto come sistema ticonico. Secondo Brahe la Terra è ferma al centro dell'universo: questo in particolare perché egli non aveva potuto riscontrare alcun moto parallattico delle stelle fisse, pur con i suoi precisi strumenti.[N 2] Intorno alla Terra ruotano la Luna e il Sole. Intorno al Sole ruotano, con un raggio orbitale minore della distanza Terra-Sole, Mercurio e Venere, e con un raggio maggiore Marte, Giove e Saturno.[55]

Il sistema ticonico, oltre a salvaguardare l'ortodossia religiosa, era al riparo da tutti gli argomenti contro il moto della Terra e inoltre aveva tutti i pregi del sistema copernicano, al quale da un punto di vista strettamente geometrico-astronomico era perfettamente equivalente (limitandosi a prendere in considerazione le posizioni relative dei corpi celesti per come sono visti dalla Terra infatti i due sistemi sono strutturati in modo matematicamente identico).[56]

Keplero e la sistemazione dei moti planetari modifica

Le osservazioni di Galilei modifica

La sintesi newtoniana modifica

Conseguenze della rivoluzione copernicana modifica

Note modifica

Annotazioni modifica

  1. ^ Scriveva Copernico nel De revolutionibus: «Su Venere poi e su Mercurio si riscontrano opinioni diverse, in quanto non si allontanano di molto dal SOle, come gli altri. Per la qual cosa alcuni li pongono al di sopra del Sole, come il Timeo di Platone; altri sotto il Sole, come Tolomeo e buona parte dei moderni. Alpetragio colloca Venere al di sopra del Sole e Mercurio al di sotto». Si veda Kuhn, p. 226.
  2. ^ Il valore molto piccolo, non osservabile a occhio nudo, della parallasse poteva essere spiegato anche (come in effetti facevano i copernicani) attribuendo al raggio della sfera delle stelle fisse un valore molto maggiore di quanto si era precendentemente pensato. Tycho rifiutava questa possibilità sulla base della sua valutazione, sempre svolta a occhio nudo, del diametro angolare delle stelle: se infatti stelle con quel diametro angolare si fossero trovate alla distanza a cui si trovavano secondo i copernicani avrebbero dovuto avere un diametro reale enormemente maggiore di quello del Sole, il che Brahe considerava impossibile. La questione fu in seguito risolta a favore dei copernicani grazie alle osservazioni al telescopio di Galilei, che mostrò che Brahe aveva ampiamente sopravvalutato il diametro angolare delle stelle osservandole a occhio nudo. Si veda Kuhn, pp. 282-283.

Fonti modifica

  1. ^ Thomas S. Kuhn, La rivoluzione copernicana – L'astronomia planetaria nello sviluppo del pensiero occidentale, 2ª ed., Torino, Einaudi, 2000, pp. 3-4, 333, ISBN 978-88-06-15655-8.
  2. ^ a b Kuhn, p. 3.
  3. ^ Kuhn, p. 251.
  4. ^ a b Geymonat, p. 87 v. 2.
  5. ^ a b Kuhn, p. 128.
  6. ^ a b Kuhn, p. 101.
  7. ^ Kuhn, p. 59.
  8. ^ Giorgio Luppi, Aristotele. In Fabio Cioffi, Giorgio Luppi, Stefano O'Brien, Amedeo Vigorelli, Emilio Zanette, Diálogos – La filosofia antica e medievale, Bruno Mondadori, 2000, pp. 132-135, ISBN 88-424-5259-9.
  9. ^ Kuhn, pp. 59-66.
  10. ^ Kuhn, p. 102.
  11. ^ Kuhn, pp. 72-77.
  12. ^ Kuhn, p. 77.
  13. ^ Ludovico Geymonat, Storia del pensiero filosofico e scientifico, Milano, Aldo Garzanti, 1970-71, pp. 248-249 v. 1, ISBN non esistente.
  14. ^ Geymonat, p. 354 v. 1.
  15. ^ Kuhn, pp. 92-93.
  16. ^ a b Kuhn, p. 103.
  17. ^ Geymonat, pp. 355-356 v. 1.
  18. ^ Geymonat, pp. 209 v. 1, 87 v. 2.
  19. ^ Kuhn, p. 260.
  20. ^ Geymonat, p. 202 v. 3.
  21. ^ Geymonat, p. 248 v. 1.
  22. ^ Kuhn, p. 130.
  23. ^ Geymonat, p. 496 v. 1.
  24. ^ Kuhn, pp. 131, 146-157.
  25. ^ Kuhn, pp. 150-151.
  26. ^ Kuhn, pp. 162-164.
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  56. ^ Kuhn, p. 260.

Bibliografia modifica

  • Ludovico Geymonat, Storia del pensiero filosofico e scientifico, Milano, Aldo Garzanti, 1970-71, ISBN non esistente.
  • Thomas S. Kuhn, La rivoluzione copernicana – L'astronomia planetaria nello sviluppo del pensiero occidentale, 2ª ed., Torino, Einaudi, 2000, ISBN 978-88-06-15655-8.
  • Alexandre Koyré, La rivoluzione astronomica – Copernico, Keplero, Borelli, Milano, Feltrinelli, 1966, ISBN non esistente.

Voci correlate modifica

Collegamenti esterni modifica


http://www.fordham.edu/halsall/basis/anselm-critics.asp