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Cucina futurista modifica

La locuzione cucina futurista è stata applicata ad una delle forme espressive del futurismo, ovviamente riguardante la sperimentazione delle linee concettuali del movimento sul campo della gastronomia. Discussa e non longeva, la cucina futurista intese misurare le idee e la filosofia propugnate dal gruppo sul piano della rivisitazione della gastronomia tradizionale, proponendo piatti ed interpretazioni innovative dei riti e delle forme del mangiare.

Cibi moderni modifica

Se già nell'Ottocento vi erano stati tentativi di innovazione culturale nell'ambito della "cultura del cibo", nel 1913 Apollinaire aveva sperimentato ipotesi di cucina cubista ne Le cubisme culinaire; quasi contemporaneamente Marinetti cominciava a considerare che l'argomento potesse ricevere l'attenzione del suo movimento, già avviato verso una analisi generale della cultura e della società in tutte le sue articolazioni, e già prodigo di pubblicazioni e studi su argomenti dei più vari.

Nello stesso 1913, a firma dello chef Jules Maincave, usciva "La cuisine futuriste", primo tentativo di razionalizzazione di alcune idee che dal movimento andavano elaborandosi sino ad allora in via episodica.

Fu nel 1920, con la pubblicazione di "Culinaria futurista", che l'avanguardia italiana, allora nella sua fase di massima attenzione internazionale, iniziò ad occuparsi di alimentazione, con la misteriosa firma di Irba futurista, in cui "irba" è la parola francese "abri", scudo, scritta al contrario; ma si dovette attendere sino al 1930 perché il movimento rilasciasse il suo "Manifesto della cucina futurista".

Il manifesto della cucina futurista modifica

Il manifesto, dopo l'enunciazione di diversi principii originali, passando per un drastico "Invito alla chimica", delineava alcune linee guida da seguire per la trasformazione dell'antico e mediocre "ingozzarsi", in una "masticazione" suppostamente moderna e più degna dell'uomo competitivo: partendo dalla "abolizione della pastasciutta, assurda religione gastronomica italiana", i Futuristi incitavano con questo documento alla "abolizione del quotidianismo mediocrista nei piaceri del palato", incitazione che per toni e per momento storico (si era nella fase di consolidamento del regime fascista che andava illustrando i suoi obiettivi sociali) ebbe vasta risonanza trovandosi in analogia con alcuni principi cari al regime. L'uomo "mangiante" del manifesto abbandonava anche al desco, in questa visione, rozzezza e passività.

Molte affermazioni, in questo come in testi successivi, avrebbero con buona chiarezza autonomamente spiegato questa "campagna" culturale: se intanto si ammetteva che fra gli interessi coinvolti vi fosse quello, organico alla generale economia dell'attività futurista, di "inventare ad ogni costo un «nuovo» giudicato da tutti «pazzesco»", il riflesso pratico si esplicitava nella statuizione del "nutrimento adatto ad una vita sempre più aerea e veloce" quale i tempi richiedevano (e, con la ventilazione di ipotesi di guerra, sempre più avrebbero richiesto).

L'uomo futurista sarebbe stato, in questa idea, un uomo forte, virile, marziale, forse guerresco, anche quando (incidentalmente, potrebbe leggersi) desinante. Ed obiettivo di prima attenzione in questo campo sarebbe allora stato "strappare l'uomo al suo cocciuto conservatorismo gastronomico", dal quale derivavano "fiacchezza, pessimismo, inattività nostalgica e neutralismo". Non mancò, a latere, una ghiotta dissertazione Marinettiana circa lo spreco di sapore causato dall'uso delle posate, che privavano il degustatore del suo diritto al "piacere tattile prelabiale".

Piatti contro il piattume modifica

L'anno successivo le proposte del manifesto presero corpo, ed uno dei momenti più significativi della campagna futurista sul fronte dello stile di nutrizione, si ebbe con l'apertura della "Taverna Futurista del Santopalato". La Taverna era un ristorante di Torino, ubicato alla via Vanchiglia n. 2, che fu in attività dall'8 marzo 1931.

Aperta da Angelo Gioachino, finanziata da un industrale ligure, e così eccentricamente intitolata proprio da Marinetti, la taverna divenne una sorta di centro-pilota per le sperimentazioni alimentari, oltre che un punto d'incontro per tutti gli interessati alla nuova dietologia del futuro.

Nulla era stato lasciato al caso: dalle decorazioni degli ambienti (le cui pareti erano state rivestite di metallo quando non pitturate ad aerografo da Fillìa), a quelle dei menu (che riproducevano opere d'arte – ed erano stati autarchicamente rinominati in "listavivande"), tutto doveva conformarsi alle nuove idee, culinarie e non. Nel pranzo inaugurale (14 portate) vennero preparate e servite ricette totalmente nuove, alcune delle quali già riportate nel manifesto. I nomi delle portate rendevano ragione della ricerca di non convenzionalità: fra gli altri, l'Antipasto intuitivo, il Brodo solare, il Mare d'Italia, il Pollofiat, il famoso Carneplastico.

Il pranzo venne organizzato tenendo conto di un'altra precisa prescizione del manifesto:

Il pranzo perfetto esige:
  1. Un'armonia originale della tavola (cristalleria vasellame addobbo) coi sapori e colori delle vivande.
  2. L'originalità assoluta delle vivande.

Teorie indigeste modifica

Per le dette ragioni di contingenza storica, la sortita di Marinetti fu seguita con attenzione dalla stampa ed ebbe pronta notorietà nazionale (ma qualche eco anche all'estero), non senza provocare qualche sconcerto.

Con l'uscita de "La cucina futurista" (1932), la cucina futurista completò la sua fase di lancio, accompagnata da una inevitabile animazione. Dato il tipo di àmbito, infatti, non sorprendentemente le iniziative in questo settore destarono grande curiosità ed anzi proprio "le but de scandale" poteva ben essere una delle ragioni che indussero i Futuristi ad impegnare molte energie su questo versante. Era infatti ben prevedibile che un attacco così violento, e tanto amplificato, ad usi di profondissimo, anzi imo radicamento, comportasse polemiche di anche scottante temperatura. Naturalmente ciò era stato correttamente messo in conto: "Il Futurismo italiano affronta ancora l'impopolarità con un programma di rinnovamento totale della cucina. Fra tutti i movimenti artistici letterari è il solo che abbia per essenza l'audacia temeraria." recitava, facile presago, il manifesto.

Principalmente, però, Marinetti fu oggetto di numerosissime vignette caricaturali nelle quali spesso lo si raffigurava intento (più o meno furtivamente) alla degustazione di assai comuni maccheroni che, nella visione di molti lazzi, potessero rinfrancarlo delle privazioni che la sua "cucina" imponeva. Ma non fu solo scontro di ironie, registrandosi più casi di perplesse manifestazioni e di allarmate iniziative spontanee "in difesa" della gastronomia tradizionale.

Col tempo, insieme alla intrapresa della discesa della parabola futurista, gli interventi in argomento si fecero sempre meno frequenti, sino al maggio del 1938, quando uscì di Marinetti l'articolo "Verso una imperiale arte cucinaria", in cui la propugnata virilizzazione del gourmet futurista non pareva contrastare con un tempestivo ossequio istituzionale. Poco dopo chiuse la Taverna del Santopalato, in luogo della quale oggi è in esercizio un'assai meno avanguardistica trattoria.

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