Veglio della Montagna
Il Vecchio della Montagna o Veglio della Montagna è l'espressione utilizzata da Marco Polo in un brano de Il Milione, per indicare al-Hasan ibn as-Sabbah, maestro della cosiddetta setta degli "ismailiyyah". Il vocabolo "assassini", per indicare i suoi fanatici seguaci sanguinari, venne usato in Occidente fin dal XII secolo, ma nel generico significato di omicida, "assassino" è utilizzato già da Dante nell'Inferno[1].
Fonti storicheModifica
Fonti arabe, persiane e perfino cinesi illustrano la storicità della vicenda[2]. Il persiano al-Hasan ibn as-Sabbah fu iniziatore della diramazione eretica musulmana sciita detta degli ismailiti; dopo esserne diventato gran maestro nel 1107, nel 1109 s'impadronì della fortezza di Alamūt, che diventò centro del suo potere.
Fra le denominazioni usate dagli autori musulmani per i seguaci di al-Hasan quella di "hashishiyyah" risulta rarissima, tuttavia è quella che allude all'hashish e che dovette predominare nell'uso popolare così da dar origine al vocabolo europeo "assassino". Le stesse fonti asiatiche riferiscono dell'inebriamento e testimoniano del potere assoluto esercitato dal capo: la dottrina ismailitica ammetteva del resto l'omicidio politico, con una spregiudicatezza che consentì di allearsi persino con i crociati.[2] Nel 1256, sotto il regno del gran maestro Alaaddin, terzo successore di al-Hasan, i mongoli di Hulagu espugnarono la fortezza ritenuta imprendibile.
Marco PoloModifica
Il racconto del Polo descrive un luogo protetto da un castello fra le montagne in cui il capo (Ḥasan-i Ṣabbāḥ) aveva creato un paradiso terrestre con cibo e divertimenti come quelli descritti da Maometto, con vino, latte e miele e dove i giovani da lui selezionati provavano tutti i piaceri della vita. Da questo luogo i predestinati potevano entrare e uscire solo profondamente addormentati.
Quando il Vecchio aveva bisogno di un assassino, faceva cadere in un sonno profondo tramite hashish (da cui il termine "assassini") oppure oppio un adepto e lo faceva svegliare fuori dal "paradiso". Il malcapitato disperato e confuso, sarebbe potuto rientrare solo dopo aver portato a termine la propria missione e quindi avrebbe fatto tutto quanto richiestogli.
«Quando lo Veglio ne facea mettere nel giardino a 4, a 10, a 20, egli gli facea dare oppio a bere, e quelli dormía bene 3 dí; e faceali portare nel giardino e là entro gli facea isvegliare. Quando li giovani si svegliavano e si trovavano là entro e vedeano tutte queste cose, veramente credeano essere in paradiso.» |
(Marco Polo, Il Milione, capitolo 40 e segg.) |
NoteModifica
- ^ Dante Alighieri, La divina Commedia, Inferno, XIX, 50
- ^ a b Ettore Camesasca, Il milione, Milano, 1977, nota
BibliografiaModifica
- Marco Polo. Il Milione, a cura di Luigi Foscolo Benedetto, Firenze, 1928.
- Il Milione. Versione toscana trecentesca, a cura di Valeria Bertolucci PIzzorusso, Milano, Adeplhi, 1975.
- Storia dei Musulmani di Sicilia, Michele Amari, Le Monnier, 1868, pag. 647
Voci correlateModifica
Altri progettiModifica
- Wikisource contiene Capitolo 40 - Del Veglio de la Montagna e come fece il paradiso, e li assessini al Veglio della Montagna