Cecropia pachystachya

specie di pianta

Cecropia pachystachya Trécul, 1847 è una pianta della famiglia delle Urticacee, originaria del Sud America.[1][2]

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Cecropia pachystachya
Cecropia pachystachya
Stato di conservazione
Specie non valutata
Classificazione APG IV
DominioEukaryota
RegnoPlantae
(clade)Angiosperme
(clade)Mesangiosperme
(clade)Eudicotiledoni
(clade)Eudicotiledoni centrali
(clade)Superrosidi
(clade)Rosidi
(clade)Eurosidi
(clade)Eurosidi I
OrdineRosales
FamigliaUrticaceae
GenereCecropia
SpecieC. pachystachya
Classificazione Cronquist
DominioEukaryota
RegnoPlantae
DivisioneMagnoliophyta
ClasseMagnoliopsida
OrdineUrticales
FamigliaCecropiaceae
GenereCecropia
SpecieC. pachystachya
Nomenclatura binomiale
Cecropia pachystachya
Trécul, 1847
Sinonimi

Cecropia adenopus
Mart. ex Miq.

Descrizione

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Foglie

È una pianta a portamento arborescente, con fusto sottile, molto ramificato, che può raggiungere i 15 m di altezza.[3]
I rami hanno un midollo composto da capsule cave grossolanamente cilindriche.
Le foglie, sorrette da un picciolo lungo sino a 50 cm, si sviluppano a grappoli all'apice delle ramificazioni, con disposizione alternata; sono tondeggianti e profondamente lobate, con 9-11 (raramente 13) lobi; la pagina superiore è di colore verde brillante, quella inferiore verde-grigiastro.
È una specie dioica che presenta infiorescenze spiciformi: quelle maschili, sono giallo chiare, lunghe circa 12 cm, quelle femminili, verde chiaro, lunghe circa 7 cm.
Il frutto è sottile, ovoidale, lungo circa 3 mm e largo 1 mm, contenente un unico seme.

Biologia

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È una pianta mirmecofila che contrae rapporti di simbiosi mutualistica con la formica Azteca muelleri (Dolichoderinae).[4]

Le cavità cilindriche presenti nel midollo degli internodi del fusto fungono da domazia per le colonie di formiche: la regina fondatrice vi penetra perforando lo sclerenchima esterno, vi depone le uova e dà vita alla prima generazione di operaie.[3]
Oltre a fornire ospitalità la pianta offre anche nutrimento, sotto forma di corpuscoli glicolipidici (corpuscoli del Muller e pearl bodies), generati alla base delle foglie e attivamente raccolti dalle operaie.[5][6].

Le formiche, da parte loro, contribuiscono allo sviluppo della pianta proteggendola dalle piante rampicanti e dagli insetti fitofagi.[6][7] In particolare risultano essere un efficace mezzo di difesa della pianta contro i coleotteri folivori della specie Coelomera ruficornis (Chrysomelidae), nei confronti dei quali hanno un comportamento estremamente aggressivo.[4]

Distribuzione e habitat

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La specie è diffusa in Sud America (Brasile, Argentina e Paraguay).[8]

È stata introdotta dall'uomo, e si è naturalizzata, nelle isole Cook (Nuova Zelanda).[3]

  1. ^ (EN) The Angiosperm Phylogeny Group, An update of the Angiosperm Phylogeny Group classification for the ordines and families of flowering plants: APG IV, in Botanical Journal of the Linnean Society, vol. 181, n. 1, 2016, pp. 1–20.
  2. ^ (EN) Cecropia pachystachya, su Plants of the World Online, Royal Botanic Gardens, Kew. URL consultato il 23/5/2022.
  3. ^ a b c Cecropia pachystachya, in Cook Islands Biodiversity Database. URL consultato l'8 febbraio 2012.
  4. ^ a b Duarte Rocha CF & Bergallo HG, Bigger ant colonies reduce herbivory and herbivore residence time on leaves of an ant-plant: Azteca muelleri vs. Coelomera ruficornis on Cecropia pachystachya (PDF), in Oecologia 1992; 91: 249-252. URL consultato il 7 febbraio 2012 (archiviato dall'url originale l'8 agosto 2017).
  5. ^ Rickson FR, Glycogen plastids in Mullerian body cells of Cecropia peltata - a higher green plant, in Science 1971; 173: 344-347.
  6. ^ a b Schupp EW, Azteca protection of Cecropia: ant occupation benefits juvenile trees, in Oecologia 1986; 70: 379-385.
  7. ^ Janzen DH, Allelopathy by myrmecophytes: the ant Azteca as an allelopathic agent of Cecropia, in Ecology 1969; 50: 147-153.
  8. ^ (EN) Taxon: Cecropia pachystachya Trécul, in Germplasm Resources Information Network (GRIN), United States Department of Agriculture. URL consultato il 18 aprile 2021 (archiviato dall'url originale il 18 luglio 2012).

Voci correlate

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