Discussione:Società Sportiva Lazio/Tifo e politica/draft

Dagli anni settanta ad oggi

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La comprensione di questa ultima fase storica è necessaria per inquadrare gli avvenimenti degli anni settanta. La rabbiosa fame di riscatto del bistrattato tifoso laziale trovò soddisfazione non già in una squadra solo tecnicamente forte, elemento già di per sé bastevole nei suoi desideri, ma in una squadra che oltre ad essere forte era stata composta dal caso con elementi dal carattere quantomeno dirompente, fuori dagli schemi classici della figura del calciatore e decisamente inclini ad atteggiamenti esaltanti. Gli eccessi di alcuni di loro, i diversi aneddoti intorno a "pistole e palloni" che li riguardavano[senza fonte], con lo sfondo del contesto sociale di quegli anni, contraddistinti da una forte tendenza alla facile esasperazione della divisione in fazioni politiche avverse[senza fonte], trovarono eco e si amplificarono soprattutto negli ambienti di una parte più politicamente orientata della tifoseria. Tutto ciò contribui a condensare intorno alla Lazio un alone di squadra violenta e genericamente etichettata come "fascista", anche se questi aspetti, poi, non trovavano effettivo riscontro nelle convinzioni politiche dei calciatori e di altra parte della tifoseria, affatto allineate ed omogenee[1], e rimasero del tutto marginali rispetto alle vicende calcistiche.[2]

Negli ultimi anni, una parte della tifoseria organizzata, ha cercato di alimentare l'accostamento tra la Lazio e l'estremismo di destra, ma nel tempo si è evidenziato come in realtà lo stadio sia più che altro un mezzo per ottenere comoda visibilità, e come gli interessi del tifo organizzato siano ormai trasmigrati su un versante prettamente economico[senza fonte]. I tifosi appassionati solamente alle vicende calcistiche, che restano la stragrande maggioranza, hanno manifestato sempre maggiore insofferenza per qualsiasi esternazione che non riguardi strettamente il sostegno alla squadra.

Una svolta avvenne nel 1972, quando diversi giocatori, sia per vera fede politica, sia per provocazione, sia per compiacere le tifoserie ultras, dichiararono pubblicamente che avrebbero votato per l'MSI[senza fonte], un movimento allora al centro di una bufera politica per le sue ideologie ispirate al partito fascista, e quindi anticostituzionale. Tra i giocatori che espressero questa fede politica vi furono: Sergio Petrelli, Giuseppe Wilson, Luigi Martini e Giorgio Chinaglia[senza fonte]; quest'ultimo prese la medesima posizione dei colleghi, pur non essendo propriamente un militante, quanto più un ammiratore di Giorgio Almirante. Il giornalista David Grieco definì Chinaglia un anarchico di destra[senza fonte].

La squadra in sé, nonostante le azioni e le parole dei suoi giocatori di punta, rimase sempre e comunque neutrale.

Le parole di Chinaglia, più di quelle dei compagni, contribuirono ad identificare i giocatori con l'ala violenta e rozza dei movimenti neofascisti. "Kinaglia" (come era chiamato da alcuni avversari) arrivò ad essere ripetutamente insultato nelle trasferte di Firenze e Perugia, guadagnandosi l'odio di Pier Paolo Pasolini e la definizione di uno dei personaggi più squallidi e negativi del nostro calcio [3]. Chinaglia sconfessò in seguito la sua presunta fede fascista, partecipando alle elezioni regionali con la Democrazia Cristiana nel 1990, per poi passare al Partito Popolare.

Negli anni settanta all'interno della squadra si formò un nutrito gruppo di giocatori appassionati di paracadutismo, un'attività allora vista ancora dal grande pubblico come militarista. All'interno della squadra si erano formate anche due fazioni opposte, talmente in conflitto da arrivare a risse ed atti di violenza[senza fonte]: nelle partitelle di allenamento si scatenava la competitività di queste due fazioni, tanto che gli incontri proseguivano per ore e spesso causavano più infortuni rispetto ai match regolari. Queste avversità però scomparivano quasi sempre sul campo grazie alla sapiente opera di mediazione dell'allenatore Tommaso Maestrelli e al carisma di Chinaglia o Re Cecconi; ovviamente ci fu qualche eccezione, come quando Chinaglia si vendicò di Vincenzo d'Amico, suo compagno di squadra, con un forte calcio nel sedere durante una partita ufficiale a Milano[senza fonte].

Nella stagione 1973-1974 tutti i giocatori (con l'eccezione di Luciano Re Cecconi) fuori dal campo portavano un'arma da fuoco, fatto che unito alle intemperanze dei giocatori costituiva un mix pericoloso. Stando alle autobiografie di diversi calciatori dell'epoca lo facevano per sentirsi "come gli ispettori dei polizieschi americani" (Felice Pulici), o "per divertimento" (G. Chinaglia)[senza fonte]

Lo storico John Foot afferma che durante una trasferta un pilota si rifiutò di decollare per via della quantità di armi nelle mani dei giocatori. Chinaglia prese l'abitudine di raccogliere le armi in una borsa prima del decollo per evitare problemi. Durante i ritiri i giocatori indulgevano spesso in esibizioni di bravura di tiro e in sbruffonate. Franco Nanni affermò che durante un ritiro per combattere la noia spararono ad uccelli, bidoni e pali della luce, contro dei compagni e persino contro un gruppo di tifosi della Roma, fortunatamente senza conseguenze. Sergio Petrelli durante un ritiro sparò ripetutamente al lampadario solo per spegnere la luce[senza fonte].

Questa fama di "cattivi ragazzi", di neofascisti, di esaltati violenti veniva ripresa ad arte dalla stampa dell'epoca, e contribuì da una parte a consolidare l'immagine politica negli ultrà dei gruppi più estremisti, dall'altra a catalizzare intorno a quei gruppi un pubblico di esaltati attratti dall'ideale trasmesso dai giocatori stessi.

L'aura intorno alla squadra degli anni settanta venne rafforzata dalle frequenti risse tra i giocatori e le tifoserie laziali, e le squadre e i supporter avversari, i cui episodi principali sono quelli con le squadre inglesi dell'Arsenal e dell'Ipswich Town, nel 1973, quest'ultimo noto col nome di Battaglia di Roma in cui fu aggredito anche David Best e fu necessario l'intervento della polizia per proteggere i giocatori inglesi. La "battaglia" si sarebbe conclusa con tre anni di squalifica dalle competizioni internazionali per la squadra italiana.

Va però ricordato come anche la politica di sinistra creò non pochi problemi alla Lazio di quel periodo. Nell'ottobre 1975, agli sgoccioli dell'epoca franchista in Spagna, il rischio di incidenti, minacciati dall'estrema sinistra, impedì lo svolgimento del match di andata di Coppa UEFA contro il Barcellona. Di conseguenza la UEFA comminò alla Lazio uno 0-3 a tavolino. Al ritorno, per evitare lunghe squalifica, ma anche per evitare problemi in patria, la società invio la squadra Primavera, che fu sconfitta dal Barcellona di Johann Cruyff e Johan Neeskens per 4-0. La scelta della Lazio fece scalpore in Spagna, oltre che in Italia, anche perché il Barcellona era uno dei simboli dell'anti-franchismo [senza fonte].

Al di là di quest'ultimo episodio, negli anni settanta si è confermata una certa ideologia legata alla squadra, che è poi stata rilanciata anche nel periodo 2004-2006 con le esibizioni e i saluti romani di Paolo Di Canio. Alcune frange delle tifoseria, in un rapporto di mutua complicità con i giocatori, si sono sempre più orientate verso destra. [4]

A partire dall'ottobre 2006, a seguito dell'arresto di alcuni capi della tifoseria laziale, e anche per le strette misure anti-violenza decise dal Governo italiano, il comportamento della parte più estrema, e comunque minoritaria, della tifoseria sembra aver preso un orientamento di più basso profilo dal punto di vista politico, lasciando il passo all'area più moderata dei sostenitori della società calcistica.

Bisogna comunque ribadire che la squadra, intesa come società calcistica, come polisportiva e che come dirigenza, non si è maischierata dal punto di vista politico.

Le tifoserie destrorse, pur avendo svolto un ruolo non ignorabile negli settanta, ottanta e novanta, non sono state le uniche né le più numericamente rilevanti: esistevano anche movimenti di sinistra (i Tupamaros) e non schierati (Eagles' Supporters, ed altri), oltre ad una vasta fascia di tifosi "moderati" e non riconducibili ai gruppi ultras.

Inoltre, le tifoserie moderate, negli anni più recenti, si sono distinte per la partecipazioni ad iniziative contro la violenza, come i mondiali antirazzisti e vari memorial legati alle vittime del calcio violento o ad associazioni benefiche.

  1. ^ Guy Chiappaventi - Pistole e Palloni - Limina
  2. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore r1
  3. ^ calcio nero: fatti e misfatti dello sport più popolare d'Italia, di G. Arpino e A., Caruso, p.34
  4. ^ Le informazioni di questo paragrafo sono tratte da Calcio. 1898-2007 Storia dello sport che ha fatto l'Italia, di J. Foot, Rizzoli Storica, 2007
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