Legge elettorale italiana del 1953

Legge elettorale italiana del 1953
(Reindirizzamento da Legge-truffa)

La legge 31 marzo 1953, n. 148 (meglio nota come legge truffa dall'appellativo usato durante la campagna elettorale di quell'anno),[1] fu una legge che modificò la legge elettorale italiana del 1946 introducendo un premio di maggioranza consistente nell'assegnazione del 65% dei seggi della Camera dei deputati alla lista o al gruppo di liste collegate che avesse superato il 50% dei voti validi.[2]

Legge elettorale italiana del 1953
Mario Scelba, relatore della legge
Titolo estesoLegge 31 marzo 1953, n. 148 "Modifiche al testo unico delle leggi per l'elezione della Camera dei deputati approvato con decreto presidenziale 5 febbraio 1948, n. 26."
StatoItalia (bandiera) Italia
Tipo leggeLegge ordinaria
LegislaturaI
ProponenteMario Scelba
SchieramentoDC, PSDI, PRI, PLI
Promulgazione31 marzo 1953
A firma diLuigi Einaudi
Abrogazione31 luglio 1954
Testo
Legge 31 marzo 1953, n. 148

La legge, promulgata il 31 marzo 1953 e in vigore per le elezioni politiche del 7 giugno di quello stesso anno sia pure senza averne dato effetti, fu abrogata con la legge 31 luglio 1954, n. 615[3].

Voluta dal governo di Alcide De Gasperi, venne proposta al Parlamento e fu approvata con i soli voti della maggioranza, dopo lunghe discussioni e con voto di fiducia,[1] nonostante i forti dissensi manifestati dalle formazioni politiche di opposizione e anche da personalità appartenenti all'area della maggioranza.

Vi furono grandi proteste contro la legge, sia per la procedura di approvazione sia nel merito.

Il passaggio parlamentare della legge vide un lungo dibattito alla Camera dei deputati, dove la maratona oratoria dell'ostruzionismo delle opposizioni[4] si concluse il 21 gennaio 1953 con l'approvazione della questione di fiducia.[5] Dopo l'esame in sede referente della Commissione, la lettura d'Assemblea al Senato della Repubblica fu più celere: l'8 marzo 1953 De Gasperi pose la questione di fiducia ed il 23 marzo il presidente del Senato Paratore si dimise (e Luigi Gasparotto in sequenza rinunciò a sostituirlo) quando capì che la maggioranza aveva intenzione di forzare la mano[6] per ottenere la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale in tempo per svolgere le elezioni in primavera con la nuova legge.

Il nuovo Presidente del Senato, Meuccio Ruini, approfittò della sospensione domenicale dei lavori per la domenica delle Palme del 1953 per riaprire la seduta e votare l'articolo unico della legge: ne scaturì un tumulto d'aula,[7] che secondo Roberto Lucifero produsse l'uscita dall'aula del segretario generale Domenico Galante alla testa dei funzionari parlamentari.[8] Il gruppo del PCI contestò la regolarità della seduta, preannunciando che non avrebbe mai votato a favore del processo verbale di quella seduta:[9] non ve ne fu bisogno[10] perché il giorno dopo il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi firmò il decreto di scioglimento delle Camere e il Senato si riconvocò solo nella nuova legislatura.

Genesi dell'espressione

modifica

Varia è l'attribuzione della genesi del nome, prevalentemente ascritta agli oppositori della legge[11] e attinta dalla espressione "loi scélérate" utilizzata nella polemica pubblica francese contro la legge elettorale del 1951.[12]

Secondo Indro Montanelli, invece, il primo utilizzo della parola «truffa» andrebbe attribuito al suo stesso proponente, il ministro dell'interno Mario Scelba, che, in primissima battuta, respinse l'idea della presentazione della legge quando si accorse che il margine di successo era troppo risicato, prevedendo una forte reazione delle opposizioni[13] affermando, quando ancora si valutava se il governo avesse dovuto proporla: «L'idea è buona, ma se noi proponiamo una simile legge questa legge sarà chiamata "truffa" e noi saremo chiamati "truffatori"».[14]

Le reazioni alla legge

modifica

Nel tentativo di ottenere il premio di maggioranza, per le elezioni politiche di giugno, effettuarono l'apparentamento tra loro la Democrazia Cristiana, il Partito Socialista Democratico Italiano, il Partito Liberale Italiano, il Partito Repubblicano Italiano, la Südtiroler Volkspartei e il Partito Sardo d'Azione.

Con l'obiettivo contrario si mossero importanti uomini politici,[15] tra i quali Ferruccio Parri, proveniente dal Partito Repubblicano che, insieme a Piero Calamandrei e Tristano Codignola, provenienti dal Partito Socialista Democratico, partecipò alla fondazione di Unità Popolare: tale movimento aveva lo scopo dichiarato di avversare la nuova legge elettorale.[16] Anche all'interno dei partiti che appoggiarono la nuova norma non mancarono forti contrarietà: da una scissione nel Partito Liberale si costituì Alleanza Democratica Nazionale.

Le forze apparentate ottennero il 49,8% dei voti: il meccanismo previsto dalla legge non scattò per circa 54.000 voti,[17] ovvero circa lo 0,2% dei suffragi.

Unità Popolare e Alleanza Democratica Nazionale raggiunsero l'1% dei voti, non eleggendo alcun parlamentare ma riuscendo entrambe nel loro principale proposito. Rispetto alle elezioni del 1948 si constatò una riduzione dei voti verso i partiti che avevano voluto e approvato la legge: la DC perse l'8,4%; i repubblicani arretrarono dello 0,86% (più di 200.000 voti); il Partito Sardo d'Azione perse circa 34.000 voti e più che dimezzò il suo consenso; anche liberali e socialdemocratici dovettero registrare perdite. Viceversa, crebbero le opposizioni di sinistra e di destra: il Partito Comunista Italiano e il Partito Socialista Italiano aumentarono i consensi, ottenendo 35 seggi in più; il Partito Nazionale Monarchico aumentò da 14 a 40 deputati e il Movimento Sociale Italiano aumentò da 6 a 29 deputati.

Il 31 luglio dell'anno successivo la legge fu abrogata.[3]

Il giudizio storico

modifica

Quanto al merito, la polemica s'è riaperta sul finire del XX secolo.[18] Secondo i suoi oppositori, l'applicazione della riforma elettorale avrebbe introdotto un'inaccettabile distorsione del responso elettorale.[19] I suoi fautori, invece, vedevano la possibilità di assicurare al Paese dei governi stabili, non ritenendo praticabili alleanze più ampie né con i partiti di sinistra né con i monarchici e i missini.

Si noti che la legge andava a innovare una materia che, almeno nell'Europa di diritto latino, era tradizionalmente regolata secondo le elaborazioni di alcuni giuristi, principalmente Hans Kelsen, che vedevano in un sistema elettorale strettamente proporzionale (con pochi correttivi o aggiustamenti) la corretta rappresentatività politica in democrazia. Se anche appare scorretto sostenere che la Costituzione del 1948 recepisse un favore per il proporzionale, è però vero che già allora il sistema del premio di maggioranza era considerato da buona parte della dottrina politologica un meccanismo assai rudimentale per conseguire le esigenze di governabilità delle democrazie moderne.[20]

Queste critiche riemersero, a cinquant'anni di distanza, nei confronti della legge elettorale italiana del 2005 (legge n. 270 del 2005), cosiddetto «Porcellum», dall'epiteto denigratorio "porcata" rivoltole dal suo stesso proponente, il ministro Roberto Calderoli, che conteneva al suo interno un premio di maggioranza nazionale alla Camera e regionale al Senato e regolò le elezioni del 2006, del 2008 e del 2013 prima di essere dichiarato parzialmente incostituzionale proprio nel suo premio di maggioranza.

  1. ^ a b Elezione. Elezioni politiche, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  2. ^ Alessandro Chiaramonte, Il premio di maggioranza: cosa è, come varia, dove è (stato) applicato (PDF), Società Italiana di Scienza Politica (SISP) - convegno annuale 17-19 settembre 2009, LUISS Guido Carli, Roma, p. 3 (archiviato dall'url originale il 5 luglio 2016).
  3. ^ a b Legge 31 luglio 1954, n. 615
  4. ^ La situazione fu infervorata dall'esistenza di un cordone di questurini nei pressi di largo Chigi: Pietro Ingrao fu tra coloro che entrarono nell'Aula di Montecitorio con i segni delle manganellate, come raccontò al Manifesto del 30 marzo 2015.
  5. ^ I legislatura, Camera dei deputati, Assemblea, Discussioni, p. 45906.
  6. ^ Carla Rodotà, Storia della "legge truffa", introduzione di Paolo Barile, Roma, Edizioni associate, 1992.
  7. ^ Pierluigi Battista, Quando De Gasperi parlò di fiducia e scoppiò la guerra sulla legge truffa, in La Stampa, 17 aprile 2015.
    «Il giovane sottosegretario Giulio Andreotti, in piedi sui banchi del governo, si mise addirittura un cestino sulla testa per difendersi dalla pioggia di oggetti che gli venivano scaraventati da sinistra e da destra nell'austera aula del Senato
  8. ^ Atti parlamentari, III legislatura, Camera dei deputati, Assemblea, resoconto stenografico della seduta pomeridiana del 7 agosto 1962, p. 32646.
  9. ^ Nella quale l'assenza dei funzionari parlamentari aveva prodotto l'incredibile errore di dare per favorevole alla fiducia ed alla legge stessa il senatore comunista Mauro Scoccimarro (Senato della Repubblica, I legislatura, Assemblea, Discussioni, p. 40782), che "al contrario era stato uno dei più duri in aula e aveva addirittura guidato l'assalto alla presidenza" (v. D. Romoli, Pertini gridò a Ruini: sei un porco! e fu rissa, in Il Riformista, 21 agosto 2020, p. 6).
  10. ^ Giampiero Buonomo, Come il Senato si scoprì vaso di coccio, in L'Ago e il filo, 2014. Ospitato su academia.edu.
  11. ^ Nel corso del seminario sul tema: "Dal voto del cittadino alla formazione del parlamento: quale legge elettorale?", svoltosi a Pisa il 20 marzo 2009, il professor Andrea Pertici ascrisse la nascita dell'espressione a Piero Calamandrei; secondo CORDES, Quel "truffa" l'invento' Pajetta', in Corriere della Sera, 25 giugno 1997, la genesi invece va ascritta a Gian Carlo Pajetta.
  12. ^ Fulco Lanchester, La rappresentanza in campo politico e le sue trasformazioni, Giuffrè Editore, 2006, ISBN 978-88-14-13109-7. URL consultato il 18 ottobre 2023.
  13. ^ Indro Montanelli, C'era una volta, in il Giornale, 30 ottobre 1991.
  14. ^   La Storia d'Italia di Indro Montanelli – 03 – Dalla proclamazione della Repubblica al Trattato di pace, su dailymotion. URL consultato il 28 ottobre 2015.
  15. ^ Pietro Nenni, Legge truffa e costituzione; ragioni dell'ostruzionismo socialista, Milano, [Avanti], 1953.
  16. ^ Roberto Colozza, Ferruccio Parri, la 'legge truffa' e la nascita di Unità popolare 1952 - 1953, Roma, Italia contemporanea / Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia, 2011, pp. 217-238.
  17. ^ Secondo Bruno Vespa (L'Italia spezzata. Un paese a metà tra Prodi e Berlusconi, Milano, Mondadori, 2006) «i voti non validi furono una valanga: 1.317.583, il 4,6% dei votanti, il doppio delle elezioni del 1948», in particolare c'erano «436.534 bianche e 881.049 nulle». (Il sito ufficiale del Ministero dell'Interno riporta 1.318.778 schede non valide, incluse le bianche [1].) Vespa citò poi una dichiarazione che Vincenzo Longi, ai tempi funzionario della Camera, avrebbe reso nel 1995 a Giancarlo Loquenzi: «Se fossi interrogato nel tribunale della Storia, direi in piena coscienza che delle circa 800.000 schede contestate, moltissime erano più che valide e che, quindi, il quorum del 50% più uno si sarebbe abbondantemente superato»(Andreotti con il cestino della carta straccia in testa, Corriere della Sera, 2 novembre 2006). In effetti, secondo Quagliariello, p. 130, «Vincenzo Longi, allora giovane funzionario della Camera dei deputati, della quale sarebbe poi divenuto il Segretario generale, alcuni anni più tardi, nel 1957, condusse un'inchiesta privata sulle schede annullate e sui verbali delle elezioni».
  18. ^ Orlando.
  19. ^ Cfr. Lucio Lombardo Radice, La matematica non è un'opinione, in l'Unità, 10 maggio 1953.
  20. ^ Maria Serena Piretti, Tra legittimità e coazione. Il caso della "legge truffa", in Scienza & Politica: Per una storia delle dottrine, n. 30, 2004.

Bibliografia

modifica
  • Giulio Andreotti, 1953. Fu legge truffa?, Milano, Rizzoli, 2007.
  • Paul Ginsborg, Storia d'Italia dal dopoguerra ad oggi, Torino, Einaudi, 1989.
  • Federico Orlando, Ma non fu una legge truffa, Roma, Edizioni Cinque Lune, 1989.
  • Gaetano Quagliariello, La legge elettorale del 1953, Bologna, il Mulino, 2003.
  • Maria Serena Piretti, La legge truffa, Bologna, il Mulino, 2003.

Voci correlate

modifica

Altri progetti

modifica

Collegamenti esterni

modifica