Operazione Archery

L'operazione Archery (italiano: "Tiro con l'arco") fu un'operazione speciale condotta dalle forze britanniche e norvegesi libere sull'isola di Vågsøy, in Norvegia, durante la seconda guerra mondiale.

Operazione Archery
parte della seconda guerra mondiale
Commando britannici durante il raid su Vågsøy. L'uomo a sinistra impugna un Thompson M1928, arma apprezzata da questi reparti per la sua potenza.
Data27 dicembre 1941
LuogoVågsøy, Norvegia
EsitoVittoria alleata
Schieramenti
Comandanti
Effettivi
7 cacciatorpediniere
576 commando
200 uomini
100 lavoratori
1 carro
Perdite
20 Commando, 1 fante norvegese
2 marinai
31 piloti
65 feriti
10 aerei
~ 150 morti
98 prigionieri
4 aerei
9 navi
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Obiettivi e schieramenti modifica

 
Mappa dell'angolo sud-orientale dell'isola di Vågsøy, teatro dell'incursione

Le forze britanniche e norvegesi incaricate del compimento del raid comprendevano 51 ufficiali e 525 uomini di truppa e sottufficiali.[1] Essi facevano parte del No. 3 Commando, di due Troop del No. 2 Commando, esperti in demolizioni e medici rispettivamente del No. 6 e No. 4 Commando e una dozzina di soldati della Kompani Linge norvegese con compiti di interpreti e guide.[1][2] Come forza di supporto agli incursori, la Royal Navy mise in campo una task force formata dall'incrociatore HMS Kenya, i caccia HMS Onslow, Oribi, Offa e Chiddingfold, il sottomarino HMS Tuna e le due navi trasporto truppe HMS Prince Charles e Prince Leopold.[1] Supporto aereo era fornito da aerei Hampden, Blenheim e Beaufighter della Royal Air Force.[3]

La forza di incursori per l'operazione fu scissa in cinque gruppi, ognuno con un determinato obiettivo:[3][4]

  • Gruppo n. 1, tenente Clement: sbarcare presso Holvik e ripulire l'area di Halnoesvik. In seguito si sarebbe dovuto muovere sulla strada costiera verso nord e fungere da riserva per il Gruppo no 2;
  • Gruppo n. 2, tenente colonnello Durnford-Slater: sbarcare a sudovest di Sør-Vågsøy, presso la fabbrica di conserve, ed attaccare la città di Måløy;
  • Gruppo n. 3, maggiore Churchill: assaltare e ripulire l'isola di Moldøen;
  • Gruppo n. 4, capitano Hooper: servire da riserva galleggiante;
  • Gruppo n. 5, capitano Birney: sbarcare nella costa occidentale dell'Ulvesund e tagliare le comunicazioni tra Nord-Vågsøy e Sør-Vågsøy.

Come forza di occupazione di Vågsøy erano presenti alcuni reparti della 181. Infanterie-Division del tenente generale Kurt Woytasch.[5] In particolare si trattava di 200 uomini (che i britannici credevano fossero 150), assieme ad altri 100 lavoratori e di un carro armato. Sulle coste erano presenti vari tipi di fortificazioni. Nelle zone circostanti si trovavano quattro squadriglie di caccia e bombardieri tedeschi, per un totale di 37 apparecchi.[5]

Operazione modifica

La task force navale salpò dalla base di Scapa Flow la vigilia di Natale del 1941 alle 22:15[3][6] e alle 13:30 del 25 dicembre arrivò alle isole Shetland,[3] a metà strada tra Scapa Flow e le coste della Norvegia. Tuttavia, a causa di condizioni meteo proibitive, le due navi da trasporto ebbero dei danni e la traversata dovette essere posticipata di 24 ore. Riparati i guasti, l'unità navale riprese la navigazione il 26 dicembre ed il giorno successivo giunse dinanzi alle coste norvegesi.

Il bombardamento di copertura da parte delle navi iniziò alle 08:48[5] e pochi minuti più tardi bombardieri sganciarono bombe fumogene al fosforo per nascondere l'avanzata dei mezzi da sbarco con all'interno i commando.[3] Il Gruppo n. 1 toccò terra come previsto e ripulì l'area a lui assegnata e, come pianificato, gli venne ordinato di congiungersi al Gruppo n. 2. Il Gruppo n. 3 sbarcò, in una ventina di minuti distrusse i quattro cannoni ed eliminò la guarnigione dell'isoletta di Moldøen quasi senza opposizione, dal momento che il bombardamento pre-sbarco aveva già fatto la maggior parte del lavoro.[7]

Il nucleo principale della forza d'incursione, quello del tenente colonnello Durnford-Slater, trovò invece notevole osticità nel liberare la città di Sør-Vågsøy. Questa difatti era difesa da 50 esperti fanti tedeschi appena giunti in licenza, che combatterono fino all'ultimo uomo casa per casa e causarono gravi perdite tra gli ufficiali.[8] Alle 10:20 il Gruppo n. 5 sbarcò a Nord-Vågsøy e creò un blocco per intralciare eventuali rinforzi nemici in manovra verso sud. Nel frattempo, parte del Gruppo n. 3 si diresse a Mornenes dove distrusse una fabbrica di olio d'aringa. Completati gli obiettivi originari della missione, tutte le truppe si ritrovarono a bordo delle navi trasporto per le 14:34 del 27 dicembre.[8]

Conseguenze modifica

 
Alcuni dei tedeschi catturati vengono scortati dai commando

Nel corso del raid 20 commando britannici furono uccisi e 57 feriti.[9] Il comandante della Kompani Linge norvegese, il capitano Martin Linge, rimase anch'egli ucciso.[10] Nel tentativo di supportare l'operazione 7 Bristol Blenheim, 2 Handley Page HP.52 Hampden e 2 Bristol Beaufighter vennero abbattuti dai tedeschi, causando la morte di 31 piloti.[5] La Royal Navy ebbe perdite relativamente leggere, costituite da due caduti e sei feriti.[9]

Circa 15.630 tonnellate di naviglio fu distrutto, 4 bombardieri abbattuti così come una batteria costiera, fabbriche d'olio e pesci, baraccamenti, uffici e serbatoi di benzina, oltre ad un carro leggero. Le perdite tedesche furono di circa 150 caduti, un centinaio di prigionieri e 4 collaborazionisti norvegesi. Assieme alle truppe alleate, nel Regno Unito tornarono 77 nuove reclute per le forze norvegesi libere.[9] Come sperato, il raid indusse Hitler a dirottare 30 000 uomini e varie navi in Norvegia a scapito di altri fronti fino ad arrivare alla fine della guerra a un numero totale di 400 000 uomini dislocati là.[11]

Note modifica

  1. ^ a b c Moreman, p. 61
  2. ^ Dunstan, p. 28
  3. ^ a b c d e London Gazette No. 38342, su ibiblio.org.
  4. ^ Moreman, p. 60
  5. ^ a b c d OPERATION ARCHERY - VAAGSO, su combinedops.com.
  6. ^ Moreman, p. 63
  7. ^ Moreman, p. 64
  8. ^ a b Moreman, p. 65
  9. ^ a b c Moreman, p. 66
  10. ^ The Linge memorial at Måløy, su northseatrail.org (archiviato dall'url originale il 20 aprile 2011).
  11. ^ Dunstan, p. 30

Bibliografia modifica

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