Poliuto Penzo

carabiniere italiano

Poliuto Penzo (Chioggia, 23 marzo 1907Chioggia, 28 dicembre 1977) è stato un militare italiano, insignito della Medaglia d'oro al valor militare[2] a vivente nel corso della seconda guerra mondiale per l’eroico comportamento tenuto durante la difesa del passo di Culqualber.

Poliuto Penzo
NascitaChioggia, 23 marzo 1907
MorteChioggia, 28 dicembre 1977
Luogo di sepolturaChioggia
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Italia
Forza armataRegio Esercito
ArmaCarabinieri
Anni di servizio1926-1941
GradoCarabiniere
GuerreSeconda guerra mondiale
BattaglieBattaglia di Culqualber
Decorazionivedi qui
dati tratti da Carabinieri eroici[1]
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Biografia modifica

Nacque a Chioggia il 23 marzo 1907[1] figlio di Innocente e Vicenza Villan. Dopo aver frequentato le scuole medie iniziò a lavorare come muratore, ma nel giugno 1926[1] si arruolò nell’Arma dei Carabinieri assegnato, come allievo, alla Legione di Torino e poi, divenuto carabiniere[2] effettivo, passò in forza alla Legione di Milano nel gennaio 1927,[1] e a quella di Palermo nell’ottobre dello stesso anno.[1] Congedato il 21 giugno 1929, andò a lavorare presso il cantiere navale del Lloyd Triestino, ma rientrò in servizio attivo nel giugno 1930, prestando servizio a Padova fino al 1933, poi a Trieste e quindi a Fiume.[1] Assegnato alla Stazione carabinieri de l’Asmara, in Eritrea, si imbarcò a Napoli il 27 marzo 1937,[1] e all’atto dell’entrata in guerra dell’Italia, avvenuta il 10 giugno 1940, fu mobilitato ed assegnato al I Gruppo Carabinieri[1] di Gondar.[3] Meritò la Medaglia di bronzo al valor militare il 10 gennaio 1941 mentre si trovava al fronte tra Matemma e Gallabar. L'eroe si gettò tra le fiamme causate da un colpo di artiglieria nemico, trasse in salvo due compagni feriti e recuperò una mitragliatrice e preziose munizioni, riportando però ustioni alle mani e al volto. Fu anche portaordini alle linee avanzate, passando noncurante dei pericoli tra il fuoco nemico. Tra il 13 e il 21 novembre 1941 combatte al passo di Culqualber[4] al comando di una pattuglia del 3º Gruppo Carabinieri,[3] trovandosi privo di rifornimenti e con armi leggere, a tenere testa a soverchiati reparti inglesi e abissini. Per non sguarnire il caposaldo, compiva ripetute azioni notturne contro le linee nemiche, rimanendo ferito più volte, ma continuando sempre a combattere.[2] Immobilizzato al suolo durante l’azione del 21 novembre fu ferito gravemente, ma rifiutando i soccorsi, continuò a combattere venendo crivellato di colpi e rimanendo parzialmente cieco.[1] Recuperato dal campo di battaglia,[1] fu preso prigioniero, rientrando in Italia nel maggio 1943 durante uno scambio di prigionieri rimasti gravemente feriti.[1] Ricoverato lungamente in ospedale, rimase completamente cieco, venendo congedato ed iscritto al Ruolo d’onore,[1] e per l’eroico comportamento tenuto in combattimento fu poi insignito della Medaglia d'oro al valor militare[2] che gli fu consegnata nel corso di un’apposita cerimonia tenutasi a Roma il 7 settembre 1949. Si spense a Chioggia il 28 dicembre 1977, e la sua città natale gli intitolò una piazza del quartiere della Tombola ed una scuola elementare nella frazione di Sant’Anna. Inoltre gli è stato intitolato il 142º Corso Allievi Carabinieri Ausiliari di Fossano (1988).

Onorificenze modifica

«Carabiniere di indomito ardimento, al comando di pattuglia, irrompeva ripetutamente nelle linee avversarie con audaci azioni notturne, infliggendo perdite e catturando materiali. Durante sanguinosissimo combattimento, per l'integrità di importante caposaldo, era a tutti esempio insuperabile di valore, lanciandosi, con assoluto sprezzo del pericolo, nelle zone più minacciate e maggiormente battute dall'intenso fuoco avversario. Ferito, continuava a combattere, incitando i compagni a strenua resistenza. Colpito una seconda volta, balzava oltre le prime linee persistendo nell'impari cruenta azione. Ferito gravemente una terza volta, respingeva ogni soccorso e, immobilizzato al suolo stringendo ancora l'arma in pugno, rifiutava il trasporto al posto di medicazione per non sottrarsi alla lotta. Salvato a stento da una furibonda mischia, consapevole di cecità quasi certa, crivellato di colpi, articolava parole di incitamento, che elettrizzavano i superstiti. Figura di eroe purissimo che irradia fulgida luce ed arricchisce di nuovo eroismo le nobili tradizioni dell'Arma. Africa Orientale, 13-21 novembre 1941.»
— Decreto Presidente della Repubblica 18 giugno 1949[5]
«Valoroso carabiniere di un reparto mobilitato in A.O. dava continue prove di ardimento, di sentimento, di abnegazione, di alto senso del dovere. Animato da ardente spirito combattivo, disimpegnava ripetuti rischiosi servizi di pattuglia, incurante del pericolo, offrendosi sempre volontariamente in zone particolarmente infide e spingendosi oltre le linee per raccogliervi notizie sulla dislocazione e attività di reparti avversari, fronteggianti le nostre difese. Nel corso di aspri sanguinosi combattimenti, si offriva quale porta ordini per il recapito di comunicazioni a reparti avanzati attraversando zone intensamente battute dal fuoco, affrontando con serenità e audacia difficoltà e rischi di ogni genere, compiendo missioni delicate e di grande rendimento, per i reparti impegnati. Esempio mirabile di disciplina, slancio, coraggio, dedizione, degni delle nobili tradizioni dell’Arma. Africa Orientale, 17-19 maggio 1941.»
— Decreto 13 aprile 1949[6]

Note modifica

  1. ^ a b c d e f g h i j k l Castellano 2012, p. 10.
  2. ^ a b c d Cuomo 1994, p. 17.
  3. ^ a b Cuomo 1994, p. 16.
  4. ^ Cuomo 1994, p. 14.
  5. ^ Registrato alla Corte dei conti il 19 luglio 1949, Esercito registro 21, foglio 359.
  6. ^ Bollettino Ufficiale MDE 1949, disp. 11ª, pag.1698.

Bibliografia modifica

Periodici modifica

  • Andrea Castellano, Carabinieri eroici, in Le Fiamme d’Argento, n. 1, Roma, Associazione Nazionale Carabinieri, gennaio-febbraio 2012, p. 10.
  • Vittorio Cuomo, La battaglia del passo di Culqualber, in Storia Militare, n. 11, Parma, Ermanno Albertelli Editore, agosto 1994, p. 14-18.
  • Carlo Maria Magnani, I Carabinieri: “Usi obbedir tacendo”, in Il Nastro Azzurro, n. 5, Roma, Istituto del Nastro Azzurro, settembre-ottobre 2010, p. 3.

Collegamenti esterni modifica