Scontri di Genova del 1993

Gli scontri di Genova del 1993 furono una sommossa cittadina nel centro storico di Genova del luglio 1993. Per alcune notti si consumarono aggressioni del tutto simili a pogrom operate da cittadini italiani nei confronti degli immigrati, accusati di degradare la città tra spaccio di droga, criminalità e povertà. Fu una delle prime sommosse di carattere razziale e xenofobo della storia contemporanea italiana[1][2].

Antefatti modifica

La società italiana fino agli anni novanta era una dei pochi casi dell'Europa occidentale a presentare una straordinaria uniformità etnica e a non aver mai vissuto conflitti causati dalla convivenza tra etnie (fatta eccezione per la questione meridionale o le leggi razziali), paragonabili a quelli accaduti negli Stati Uniti o in altri grandi paesi europei[3]. In termini razziali gli italiani erano profondamente conservatori, nonché del tutto ostili all'idea di un paese multietnico[4].

Genova, un tempo madre della storia portuale, industriale e cantieristica italiana col boom economico, e bacino elettorale piuttosto importante del Partito comunista, fin dagli anni ottanta attraversava dei processi di deindustrializzazione che stavano colpendo tutta l'economia dopo la caduta del Muro di Berlino, unita alla difficile integrazione coi primi immigrati giunti dai paesi del Terzo e Quarto mondo. Nonostante i tentativi delle amministrazioni locali di proiettare il più importante porto italiano verso le sfide del futuro con una ristrutturazione del comparto industriale e un rinnovamento di immagine con l'Expo 1992 (con la conseguente militarizzazione del centro cittadino per renderlo sicuro e fruibile ai visitatori), alcuni problemi sociali e strutturali restarono, primo fra tutti il declino demografico (nei precedenti vent'anni la città aveva perso 200mila abitanti, il centro storico circa 50mila)[5], in parte sanato dall'arrivo degli stranieri extracomunitari, alcuni regolarizzati con la Legge Martelli e che avevano trovato una casa proprio in alcuni vicoli del centro storico, ancora poco riqualificato, nelle aree più degradate e con numerosi edifici fatiscenti[6], con l'inevitabile arruolamento nella microcriminalità, legata soprattutto alla prostituzione e allo spaccio di droga, già presente storicamente in questi luoghi. Nel 1988 si ebbe la notizia di madri di Piazza Sarzano che chiedevano il porto d'armi per contrastare la droga e di ronde di vigilanti anti-droga in alcuni quartieri della città[7]. Ciò portò ad un innalzamento delle prime tensioni etniche poi facilitate dal successo elettorale di quegli anni di partiti in ascesa storicamente ostili all'immigrazione come la Lega Nord.

Gli scontri modifica

Tra il 20 e il 21 luglio 1993 numerosi giovani armati di spranghe di ferro, sassi e bastoni scatenarono, tra i carruggi genovesi, una guerriglia urbana e una "caccia di immigrati", in particolare maghrebini, con scontri diretti anche con le forze dell'ordine. In una delle notti più movimentate, gli scontri durarono fino all'alba per poi ricominciare la notte successiva, attaccando sempre poliziotti ed extracomunitari. Nel corso della guerriglia vennero sparati anche tre colpi di arma da fuoco dall'interno dell'area dell'Expo per disperdere gli assalitori. La battaglia non si limitò a Piazza Cavour, epicentro principale di questa "rivolta", ma si propagò nei vicoli circostanti, mandando alcuni stranieri in ospedale. Secondo alcuni testimoni sarebbero state decine le persone ferite (tra cui molti poliziotti stessi) per probabile opera di ambienti vicini all'estrema destra locale e alla criminalità italiana legata allo spaccio che vedeva negli immigrati una possibile concorrenza[6]. In risposta, la polizia locale organizzò cordoni di sicurezza nel centro storico e un considerevole numero di pattuglie vennero dislocate nei vicoli più interni dell'angiporto.

Il procuratore della Repubblica Giovanni Virdis, nel vuoto legislativo lasciato dal referendum abrogativo sulle droghe dello stesso anno, emanò una circolare in cui fissava i limiti di possesso delle sostanze stupefacenti entro i quali si sconsigliava l'arresto del consumatore, ma non dello spacciatore, che doveva invece essere arrestato anche con mezzo grammo. Il provvedimento si attirò numerose critiche dagli abitanti e dai comitati del centro storico che si sentirono traditi dalla "direttiva Virdis", che fu criticata anche da alcuni preti di strada, mentre il sindacato di polizia SIULP rivendicava una "solidarietà nella legalità"[1].

Note modifica

  1. ^ a b Rossella Michienzi, Genova, spietata caccia all'immigrato, in l'Unità, 22 luglio 1993.
  2. ^ A. Petrillo, La città delle paure. Per un'archeologia dell'insicurezza urbana, Napoli, Elio Sellino Editore, 2003, p. 246.
  3. ^ Umberto Melotti, Immigrazione e conflitti urbani in Europa, su journals.openedition.org.
  4. ^ Paul Ginsborg, Storia d'Italia dal dopoguerra a oggi, Milano, Einaudi, 1996, p. 317.
  5. ^ Fabrizio Ferrari, Genova, città a due volti, su journals.openedition.org.
  6. ^ a b Genova. Dopo l'attacco agli immigrati la loro cacciata. Intervista a Saleh Zaghloul. Una Città n° 28 / 1993 Dicembre, su unacitta.it.
  7. ^ R. Michienzi, cit., in l'Unità.

Bibliografia modifica