Macroglobulinemia di Waldenström

neoplasia monoclonale caratterizzata dalla proliferazione di cellule B
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La macroglobulinemia di Waldenström è una neoplasia monoclonale caratterizzata dalla proliferazione di cellule B, corrispondente all'entità clinica del linfoma linfoplasmocitico.

Macroglobulinemia di Waldenström
Specialitàoncologia, ematologia, immunologia, cardiologia e angiologia
Classificazione e risorse esterne (EN)
ICD-O9761/3
ICD-9-CM273.3
ICD-10C88.0
OMIM153600 e 610430
MeSHD008258
MedlinePlus000588
eMedicine207097

Come nel caso del mieloma multiplo vi è la presenza di un infiltrato plasmacellulare a livello del midollo osseo e, nel plasma, la presenza di una "componente M" (ovvero monoclonale) dovuta alla iperproduzione di una gammaglobulina, che in questo caso appartiene alla classe IgM. A differenza del mieloma, tuttavia, mancano le lesioni osteolitiche e la manifestazione clinica preponderante è la sindrome da iperviscosità.

A causa delle analogie con il mieloma, per lungo tempo la macroglobulinemia di Waldenström è stata ritenuta una sua variante. Attualmente l'Organizzazione mondiale della sanità la classifica tra i linfomi a basso grado di malignità.[1]

Storia modifica

La malattia fu descritta per la prima volta dal medico svedese Jan G. Waldenström (1906–1996) nel 1944[2], in due pazienti che presentavano emorragie, anemia, ipofibrinogenemia, linfoadenopatia, presenza di abnorme quantità di plasmacellule nel midollo osseo e aumento della viscosità del sangue a causa della presenza di una proteina ad alto peso molecolare, che egli chiamò macroglobulina.

Epidemiologia modifica

Colpisce prevalentemente i maschi sopra i 60 anni.

Eziologia modifica

L'eziologia della macroglobulinemia è sconosciuta, ma sono stati individuati alcuni fattori di rischio come la presenza nell'anamnesi di malattie autoimmuni, epatite, infezione da HIV e da Rickettsie.[3] Alcuni studi hanno dimostrato maggior frequenza di casi entro certe famiglie, il che ha fatto ipotizzare anche una componente genetica della malattia.[4]

Clinica modifica

Sintomatologia modifica

Nella maggior parte dei casi la malattia non mostra alcun sintomo per molti anni durante il suo progredire; di solito esordisce tardivamente con astenia, cefalea, disturbi visivi, vertigini, tutti sintomi causati dalla iperviscosità del sangue e dalla formazione di aggregati di eritrociti (rouleaux) all'interno dei vasi. Possono inoltre comparire emorragia, epatomegalia, linfoadenomegalia, o sintomi che fanno sospettare una neuropatia periferica.[5]. Spesso il soggetto colpito si dimostra più suscettibile alle infezioni, fino alla setticemia.

Diagnostica modifica

La diagnosi viene sospettata ogni volta che si ritrova una sindrome da iperviscosità del sangue, ma molto spesso la macroglobulinemia viene diagnosticata incidentalmente, attraverso un controllo dei valori ematochimici che rivela la presenza di un picco monoclonale all'elettroforesi sierica.

Terapia modifica

Il trattamento, solitamente palliativo, è farmacologico: si somministrano clorambucile, fludarabina e rituximab.[6]

Per migliorare la iperviscosità è utile la plasmaferesi, che consente di rimuovere dal plasma una quota rilevante di macroglobulina.

Prognosi modifica

La sopravvivenza media varia da 5 a 7-10 anni a seconda dell'età del paziente e della gravità dei sintomi (fattori sfavorevoli: età sopra i 60 anni e presenza di anemia grave).

Note modifica

  1. ^ Harris NL, Jaffe ES, Diebold J, Flandrin G, Muller-Hermelink HK, Vardiman J, Lister TA, Bloomfield CD, The World Health Organization classification of neoplastic diseases of the haematopoietic and lymphoid tissues: Report of the Clinical Advisory Committee Meeting, Airlie House, Virginia, November 1997, in Histopathology, vol. 36, n. 1, 2000, pp. 69–86, DOI:10.1046/j.1365-2559.2000.00895.x, PMID 10632755.
  2. ^ Waldenstrom J, Incipient myelomatosis or "essential" hyperglobulinemia with fibrinognenopenia-a new syndrome?, in Acta Med Scand, vol. 117, 1944, pp. 216–247.
  3. ^ J. Koshiol, G. Gridley, E. Engels, M. McMaster e O. Landgren, Chronic immune stimulation and subsequent Waldenström macroglobulinemia, in Archives of internal medicine, vol. 168, n. 17, 2008, pp. 1903–1909, DOI:10.1001/archinternmed.2008.4, PMC 2670401, PMID 18809818.
  4. ^ M. McMaster, Familial Waldenstrom's macroglobulinemia, in Seminars in oncology, vol. 30, n. 2, 2003, pp. 146–152, DOI:10.1053/sonc.2003.50063, PMID 12720125.
  5. ^ Dimopoulos MA, Gertz MA, Kastritis E, Garcia-Sanz R, Kimby EK, Leblond V, Fermand JP, Merlini G, Morel P, Morra E, Ocio EM, Owen R, Ghobrial IM, Seymour J, Kyle RA, Treon SP., Update on treatment recommendations from the Fourth International Workshop on Waldenstrom's Macroglobulinemia., in J Clin Oncol., vol. 120-126., gennaio 2009.
  6. ^ Treon SP, Branagan AR, Ioakimidis L, Soumerai JD, Patterson CJ, Turnbull B, Wasi P, Emmanouilides C, Frankel SR, Lister A, Morel P, Matous J, Gregory SA, Kimby E., Long term outcomes to fludarabine and rituximab in Waldenstrom macroglobulinemia., in Blood., novembre 2008.

Bibliografia modifica

  • Joseph C. Segen, Dizionario di medicina moderna, Milano, McGraw-Hill, 2006, ISBN 978-88-386-3917-3.
  • Douglas M. Anderson, A. Elliot Michelle, Mosby’s medical, nursing, & Allied Health Dictionary sesta edizione, New York, Piccin, 2004, ISBN 88-299-1716-8.
  • Research Laboratories Merck, The Merck Manual quinta edizione, Milano, Springer-Verlag, 2008, ISBN 978-88-470-0707-9.

Voci correlate modifica

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