Trasvalutazione dei valori

La trasvalutazione di tutti i valori (in tedesco: Umwertung aller Werte)[1] è un concetto filosofico ideato e sviluppato dal pensatore e scrittore tedesco Friedrich Nietzsche che, ritenendo che nella storia si fosse verificata quella che egli chiama la vittoria della "morale degli schiavi", la vittoria del "gregge" sulla morale aristocratica, sostiene che sia giunto il tempo di un capovolgimento di quei valori generati dal giudaismo, per cui:

Friedrich Nietzsche (circa 1875)

«Sono stati gli Ebrei che hanno osato ribaltare e mantenere, stringendo i denti dell'odio più abissale (l'odio dell'impotenza), l'equazione aristocratica di valore (buono-aristocratico-potente-bello-felice-caro agli dei), cioè i "miserabili solo sono i buoni, i poveri, gli impotenti, gli umili solo sono buoni, i sofferenti, gli indigenti, i malati, i brutti sono anche gli unici a essere pii, beati in dio, solo a loro è concessa la beatitudine - là dove voi, al contrario, - voi nobili e potenti, voi sarete per l'eternità, i malvagi, i crudeli, i corrotti, gli insaziabili, gli empî, e sarete anche per l'eternità infelici, dannati e maledetti!"[2]»

Il ritorno allo spirito dionisiaco preparerà l'avvento dell'oltreuomo, depositario di virtù "al di là del bene e del male".

Lo spirito di risentimento del Cristianesimo modifica

Secondo Nietzsche, l'esaltazione delle virtù dei deboli contro quelle dei forti è avvenuta per quel senso di ostilità rivolto contro ciò che ciascuno identifica quale causa della propria frustrazione. Il senso di debolezza o inferiorità, e il sentimento di invidia, fanno nascere una moralità, che attacca e cerca di rimuovere la fonte percepita della frustrazione del soggetto. L'ego crea un nemico, per evitare il senso di colpa.

Il giudaismo e il cristianesimo hanno fomentato questo spirito di risentimento, «unico grande istinto di vendetta»[3] dei deboli contro i forti elevandolo a valore di uguaglianza:

«Il veleno della dottrina dei «diritti uguali per tutti» – è stato diffuso dal cristianesimo nel modo più sistematico; procedendo dagli angoli più segreti degli istinti cattivi, il cristianesimo ha fatto una guerra mortale ad ogni senso di venerazione e di distanza fra uomo e uomo, cioè al presupposto di ogni elevazione, di ogni sviluppo della cultura – con il risentimento delle masse si è fabbricato la sua arma principale contro di noi, contro tutto quanto v'è di nobile, di lieto, di magnanimo sulla terra, contro la nostra felicità sulla terra … Concedere l'«immortalità» a ogni Pietro e Paolo, è stato fino a oggi il più grande e il più maligno attentato all'umanità nobile. – E non sottovalutiamo la sorte funesta che dal cristianesimo si è insinuata fin nella politica! Nessuno oggi ha più il coraggio di vantare diritti particolari, diritti di supremazia, un sentimento di rispetto dinanzi a sé e ai suoi pari – un pathos della distanza … La nostra politica è malata di questa mancanza di coraggio! – L'aristocraticità del modo di sentire venne scalzata dalle più sotterranee fondamenta mercé questa menzogna dell'eguaglianza delle anime; e se la credenza nel «privilegio del maggior numero» fa e farà rivoluzioni, – è il cristianesimo, non dubitiamone, sono gli apprezzamenti cristiani di valore quel che ogni rivoluzione ha semplicemente tradotto nel sangue e nel crimine! Il cristianesimo è una rivolta di tutto quanto striscia sul terreno contro ciò che possiede un'altezza: il Vangelo degli «umili» rende umili e bassi ...[4]»

Buoni e malvagi modifica

Elaborando il concetto in L'Anticristo, Nietzsche afferma che il Cristianesimo, non solo come religione, ma anche come sistema morale predominante del mondo occidentale, è "ostile alla vita".[5] Allo stesso modo, Nietzsche contrappone la morale europea del XIX secolo a quella pre-cristiana e a quella della civiltà greca. Come "religione della pietà", il cristianesimo eleva il debole sul forte (in natura invece prevale il più forte sul più debole), esaltando colui che è "mal costituito e debole" a scapito di colui che è pieno di vita, salute, bellezza.

Secondo Nietzsche, si può anche capire, seppur non condividere, l'invidia del più debole nei confronti del più forte, ma perché definire buono il primo e malvagio il secondo?

«Ma torniamo indietro: il problema dell'altra origine del "buono", del buono come lo ha concepito del ressentiment, esige la sua soluzione. — Che gli agnelli nutrano avversione per i grandi uccelli rapaci, è un fatto che non sorprende: solo che non v'è in ciò alcun motivo per rimproverare ai grandi uccelli rapaci di impadronirsi degli agnellini. E se gli agnelli si vanno dicendo fra loro: "Questi rapaci sono malvagi; e chi è il meno possibile uccello rapace, anzi il suo opposto, un agnello — non dovrebbe forse essere buono?" su questa maniera di erigere un ideale non ci sarebbe nulla da ridire, salvo il fatto che gli uccelli rapaci guarderanno a tutto ciò con un certo scherno e si diranno forse: "Noi non li odiamo affatto, questi buoni agnelli, anzi li amiamo: nulla è più squisito di un tenero agnello."[6]»

Il crepuscolo degli idoli modifica

Nietzsche ritiene che sia giunto il momento di operare la trasvalutazione di tutti i valori tradizionali, ma non semplicemente per sostituirli con altri, bensì per liberare l'uomo da tutte quelle morali che pretendano d'imporgli una condotta che indebolisce la vita ed esalta la morte: l'uomo , vivendo in modo gioioso la propria esistenza terrena deve farsi "creatore di valori":

«Giunto nella città vicina, sita presso le foreste, Zarathustra vi trovò radunata sul mercato una gran massa di popolo: era stata promessa infatti l'esibizione di un funambolo. E Zarathustra parlò così alla folla: Io vi insegno il superuomo. L'uomo è qualcosa che deve essere superato. Che avete fatto per superarlo? Tutti gli esseri hanno creato qualcosa al di sopra di sé: e voi volete essere il riflusso in questa grande marea e retrocedere alla bestia piuttosto che superare l'uomo? Che cos'è per l'uomo la scimmia? Un ghigno o una vergogna dolorosa. E questo appunto ha da essere l'uomo per il superuomo: un ghigno o una dolorosa vergogna[7]»

Non occorre abbattere con violenza e odio gli antichi valori morali e religiosi, questo accade con il "nichilismo passivo" di chi ancora porta il segno del collare da schiavo sul collo, e percepisce quei principi ancora come forti al punto da esserne ancora dominato, ma ormai è giunto il "crepuscolo degli idoli"[8] i quali si stanno sgretolando da soli, preparando l'avvento dell'oltreuomo:

«E il grande meriggio è: quando l'uomo sta al centro del suo cammino tra l'animale e il superuomo, e celebra il suo avviarsi alla sera come la sua speranza più elevata: giacché quella è la via verso un nuovo mattino. Allora colui che tramonta benedirà se stesso, come uno che passa all'altra sponda; e il sole della sua conoscenza starà per lui nel meriggio. Morti sono tutti gli dèi: ora vogliamo che il superuomo viva - questa sia un giorno, nel grande meriggio, la nostra ultima volontà![9]»

Relativismo e trasvalutazione dei valori modifica

La trasvalutazione dei valori è un'esigenza che riguarda non solo l'ambito della morale ma anche tutti quei principi della conoscenza in cui l'uomo ha finora creduto come se fossero verità oggettive. È il positivismo che ha preteso di assegnare ai fatti studiati dalla scienza valutazioni oggettive in grado di trascendere la formazione culturale o le credenze soggettive. In realtà non ci sono fatti oggettivi e non è possibile la comprensione o la conoscenza di una cosa in sé. Non esiste l'assolutismo gnoseologico o etico, e occorre pertanto una costante trasvalutazione dei valori filosofici e scientifici, che tengano conto delle prospettive individuali.

«Contro il positivismo, che si ferma ai fenomeni: 'ci sono soltanto i fatti', direi: no, proprio i fatti non ci sono, bensì solo interpretazioni. Noi non possiamo constatare nessun fatto "in sé"[10]»

«Se io formulo la definizione del mammifero, e in seguito vedendo un cammello, dichiaro: 'ecco un mammifero' in tal caso viene portata alla luce senza dubbio una verità, ma quest’ultima ha un valore limitato, a mio avviso; è completamente antropomorfica e non contiene neppure un solo elemento che sia "vero in sé" reale ed universalmente valido, a prescindere dall'uomo[11]

La verità, fatta "da" e "per" l'individuo e la società, è quindi una totalità che ha incorporato, per trarne vantaggio, differenti punti di vista e prospettive:

«Che cos'è dunque la verità? Un esercito mobile di metafore, metonimie, antropomorfismi, in breve una somma di relazioni umane che sono state sublimate, tradotte, abbellite, poeticamente e retoricamente, e che dopo un lungo uso sembrano a un popolo solide, canoniche e vincolanti: le verità sono illusioni delle quali si è dimenticato che appunto non sono che illusioni (...)[12]

Note modifica

  1. ^ Verso una trasvalutazione di tutta la morale, era anche il titolo provvisorio di una serie di quattro libri che Friedrich Nietzsche stava pianificando di scrivere, ma solo il primo, L'Anticristo, per la sopravvenuta follia, riuscì a completare. Tuttavia, uno dei suoi progetti per il suo ultimo libro, intitolato La volontà di potenza, era quello di usare "La trasvalutazione di tutti i valori" come sottotitolo, che sua sorella Elisabeth Förster-Nietzsche utilizzò per assemblare le sue note nel finale del libro, che ella pubblicò dopo la morte del fratello.
  2. ^ Friedrich Nietzsche, Genealogia della morale, Newton Compton, 1977, p. 55.
  3. ^ F. Nietzsche, da Conclusioni, in L'Anticristo
  4. ^ F. Nietzsche, L'Anticristo. Maledizione del Cristianesimo, trad. Ferruccio Masini, Adelphi, Milano, 2010, p. 43
  5. ^ Per Nietzsche, mentre il cristianesimo è "la lotta contro il peccato" e perciò ostacola l'umanità dall'esprimere i suoi istinti naturali, il Buddhismo è "la lotta contro la sofferenza". Il Cristianesimo del Giudizio Universale è pieno di "vendetta" e "antipatia" mentre il buddhismo promuove la "benevolenza, l'essere gentili, come promozione della salute". Il Buddhismo è la religione "onesta" tra le due, per il suo essere rigorosamente "fenomenistica" e "perché il cristianesimo fa mille promesse, ma non ne mantiene nessuna". (in Dario Antiseri, Giovanni Reale, Storia della filosofia -: Da Nietzsche al Neoidealismo, Vol. 9, Bompiani 2008)
  6. ^ F. Nietzsche, Genealogia della morale, Saggio I: "Buono e malvagio", "Buono e cattivo"; §13.
  7. ^ F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, Adelphi, 1976, "Proemio di Zarathustra": §3, pp. 5-6.
  8. ^ Friedrich Nietzsche, Crepuscolo degli idoli, a cura e traduzione di Sossio Giametta, BUR, 1998
  9. ^ Friedrich Nietzsche, Così parlò Zarathustra, Milano, Adelphi, p. 93.
  10. ^ F. Nietzsche, Frammenti Postumi, (1885-1887)
  11. ^ F. Nietzsche, Su verità e menzogna in senso extra morale in La Filosofia nell’epoca tragica dei greci e scritti 1870-1873, Piccola Biblioteca Adelphi, 2003, p. 236.
  12. ^ F. Nietzsche, op.cit. p. 233
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