Le due elezioni del 2015

modifica

Partito dal retroterra fortemente connotato di riferimenti etnici - in quanto espressione del movimento politico curdo - e di sinistra, il HDP introdusse in occasione delle elezioni del giugno 2015 un discorso innovativo. De-enfatizzando il suo carattere etnico e regionale, il partito si presentò con un'immagine inclusiva, puntando a posizionarsi come rappresentante di tutti "i popoli e le identità oppresse della Turchia", dalle donne, alle minoranze etniche e religiose, ai lavoratori e alla comunità LGBTI.[1] La strategia consentì al partito di ottenere i voti di tre segmenti chiave dell'elettorato: la parte conservatrice dell'elettorato curdo, i curdi residenti nelle aree metropolitane della Turchia e una sezione dell'elettorato liberale e secolare.[1] Il partito ottenne il 13,1% delle preferenze, portando in parlamento 80 deputati.

Dopo le elezioni l'AKP di Recep Tayyip Erdoğan e i media vicini alle posizioni della maggioranza batterono fortemente sulla vicinanza tra il HDP e il Partito dei Lavoratori del Kurdistan, accusando il partito di essere di fatto una marionetta del gruppo della guerriglia curda, considerato dalle autorità turche un'organizzazione terroristica. Questo aspetto, insieme a rinnovati scontri con il PKK nelle province orientali del Paese e a una serie di gravi attentati terroristici, contribuì a una crescente polarizzazione che finì per pesare sulla successiva performance elettorale del HDP. Nel novembre 2015 nuove elezioni furono convocate per l'impossibilità di formare una coalizione di governo. Il partito in quell'occasione riuscì comunque a mantenersi al di sopra dell'alta soglia di sbarramento prevista, ma con il 10,8% delle preferenze confermò soltanto 59 degli 80 seggi ottenuti a giugno.[2]

Il processo contro il partito

modifica

Il 17 marzo 2021, il procuratore capo turco Bekir Şahin presentò alla Corte Costituzionale un fascicolo che chiedeva la chiusura del partito. Accusato di attività contrarie all'integrità dello Stato, il partito era sostanzialmente presentato come l'ala politica del Partito dei Lavoratori del Kurdistan. Se questa caratterizzazione era da un lato semplicistica e non imparziale, esistevano tuttavia forti legami ideologici tra HDP e PKK e quella che Kaya e Whiting definirono una relazione ambivalente, che minava la credibilità politica del partito.[3]

Partito dell'Unità Socialista
StatoBandiera della Turchia Turchia
AbbreviazioneSBP




Il Partito dell'Unità Socialista (Sosyalist Birlik Partisi, SBP) è stato un partito politico socialista turco, fondato il 15 gennaio 1991 dall'unione di esponenti del Partito Comunista Unito di Turchia, del Partito dei Lavoratori Socialisti della Turchia e del Partito Socialista.[4] Il SBP è stato messo al bando il 19 luglio 1995 su sentenza della Corte Costituzionale turca.

La fondazione del Partito dell'Unità Socialista fu decisa ad Ankara nel gennaio 1991, durante il I Congresso Generale del Partito Comunista Unito di Turchia. La decisione fu presa allo scopo di anticipare una sentenza imminente della Corte Costituzionale turca, che avrebbe messo fuorilegge il partito. Alla guida della nuova formazione fu chiamato il professor Sadun Aren, esponente di spicco del movimento socialista e già nei primi anni Sessanta a capo di una delle correnti del Partito dei Lavoratori della Turchia (Türkiye İşçi Partisi, TİP).[5] Al partito si unirono anche quattro parlamentari del Partito social-democratico popolare (Sosyaldemokrat Halkçı Parti, SHP): Kemal Anadol, Hüsnü Okçuoğlu, Kamil Ateşoğullari ed Ekin Dikmen.[5]

Tra le prime posizioni prese dal SBP ci fu una netta opposizione alla Guerra del Golfo, contro cui la dirigenza del partito si espresse fin da subito.[6]

Nel 1995, il partito fu messo al bando da una sentenza della Corte Costituzionale turca.[7]

  1. ^ a b Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore :2
  2. ^ Ioannis N. Grigoriadis, The Peoples’ Democratic Party (HDP) and the 2015 elections, in Turkish Studies, vol. 17, n. 1, 2 gennaio 2016, pp. 39–46, DOI:10.1080/14683849.2015.1136086. URL consultato il 18 gennaio 2022.
  3. ^ Zeynep N. Kaya e Matthew Whiting, The HDP, the AKP and the Battle for Turkish Democracy, in Ethnopolitics, vol. 18, n. 1, 1º gennaio 2019, pp. 92–106, DOI:10.1080/17449057.2018.1525168. URL consultato il 18 gennaio 2022.
  4. ^ (TR) Birleşik Komünist Parti'den Sosyalist Birlik Partisi'ne, in Cumhuriyet, 16 gennaio 1991, p. 9.
  5. ^ a b (TR) SBP "Resmen" Kuruluyor, in Cumhuriyet, 15 gennaio 1991, p. 5. Errore nelle note: Tag <ref> non valido; il nome ":0" è stato definito più volte con contenuti diversi
  6. ^ (TR) Irak Kışkırtılıyor, in Cumhuriyet, 24 gennaio 1991, p. 5.
  7. ^ (TR) T.C. Anayasa Mahkemesi, su siyasipartikararlar.anayasa.gov.tr. URL consultato il 15 gennaio 2022.

Bibliografia

modifica

Organi nazionali

modifica
Co-presidenti Periodo
Aysel Tuğluk e Ahmet Türk 9 novembre 2005 – 9 novembre 2007
Ahmet Türk ed Emine Ayna 20 luglio 2008 -
Nurettin Demirtaş

Congressi

modifica
  • I Congresso generale - 25 giugno 2006
  • I Congresso straordinario - Ankara, 28 febbraio 2007
  • - Diyarbakır, 26-28 ottobre 2007
  • II Congresso generale - Ankara, 20 luglio 2008



Sinistra rivoluzionaria prima e il DHKP-C poi hanno preso di mira negli anni una serie di obiettivi interni e non. Il braccio armato del gruppo ha colpito personaggi riconducibili alla destra turca o legati alle istutizioni statali a vario titolo, come anche persone e simboli della presenza dell'Occidente in Turchia. Il partito, le cui radici risalgono alla sinistra turca degli anni Sessanta, condivide con i suoi predecessori posizioni anti-imperialiste e l'opposizione alla presenza di NATO e Stati Uniti d'America sul suolo turco.[1]


fixfixfix. Disse in particolare che si poteva leggere la scelta come un passo in avanti da parte di un gruppo rivoluzionario. Aggiunse che il partito comunista non poteva non tenere conto delle proteste del giugno dell'anno precedente e di come le cose in Turchia erano cambiate da quel momento.[2]

Nell'ottobre dello stesso anno, il HTKP prese parte alla fondazione del Movimento Unito di Giugno (Birleşik Haziran Hareketi, BHH), una piattaforma politica sotto il cui ombrello vennero a ritrovarsi numerose organizzazioni non governative e partiti politici della frammentata sinistra turca.[3]



Durante il VI Congresso straordinario dell'11 novembre 2001, il Partito del Potere Socialista (Sosyalist İktidar Partisi, SİP) prese la decisione di unire le forze con il Partito Comunista (Komünist Parti, KP), fondato nel luglio dell'anno precedente da un gruppo di militanti che proprio dal SİP si erano allontanati.[4] Il nuovo partito si ribattezzò in quell'occasione come Partito Comunista di Turchia (Türkiye Komünist Partisi, TKP). Il nome e la sigla scelti ricalcavano quelli del partito comunista storico turco, fondato a Baku nel 1920 da Mustafa Suphi, e di cui il nuovo TKP intendeva raccogliere l'eredità. Il presidente del SİP, Aydemir Güler, assunse la stessa carica nel nuovo partito e Kemal Okuyan fu nominato segretario generale.

Una serie di tensioni interne al partito si risolsero nel 2014 con la decisione di smembrare il TKP in favore della fondazione di due distinti soggetti politici: il Partito Comunista (Komünist Parti, KP), nel quale trovavano posto Aydemir Güler e Kemal Okuyan, e Il Partito Comunista del Popolo di Turchia (Halkın Türkiye Komünist Partisi, HTKP), di Erkan Baş e Metin Çulhaoğlu.[5] Nel 2017 il TKP venne nuovamente rifondato.[6]


Muharrem İnce (4 maggio 1964-) è un politico turco. A lungo membro del Partito repubblicano del popolo (in lingua turca Cumhuriyet Halk Partisi, CHP), con cui è stato eletto in parlamento per quattro mandati consecutivi (2002, 2007, 2011, 2015), ne è anche stato il vicecapogruppo in parlamento per due legislature. Nel settembre 2014 e nel febbraio 2018, İnce ha sfidato l'attuale leader del partito, Kemal Kılıçdaroğlu, per il posto da segretario.[7] Nel 2018 è stato candidato dal CHP alle elezioni presidenziali, da cui è uscito sconfitto, ottenendo tuttavia più del 30 per cento delle preferenze. Ha lasciato il CHP nel 2021, con l'intenzione di fondare una nuova formazione politica.[8]

Biografia

modifica

Figlio di Şerif e Zekiye İnce, Muharrem İnce nasce il 4 maggio 1964 nel villaggio di Elmalık, nella provincia di Yalova.[9] I suoi nonni paterni sono originari di Drama, nell'odierna Macedonia greca, mentre i nonni materni sono originari di Rize, città turca sulla costa del Mar Nero. Frequenta le scuole primarie e secondarie a Yalova e si laurea poi alla facoltà di Scienze dell'Educazione Necatibey, allora legata all'Università Uludağ di Bursa, studiando per insegnare fisica e chimica.[10]

Terminati gli studi, İnce trova lavoro come insegnante di fisica, e poi come preside. Lavora a lungo come capo ufficio stampa per la squadra di calcio locale Yalovaspor ed è presidente provinciale dell'Associazione del pensiero di Atatürk, che sposa e promuove le idee del fondatore della Turchia moderna.[11] È sposato con Ülkü e ha un figlio, Salih Arda.

Politics

modifica

Nel 1998, İnce viene scelto come segretario provinciale del CHP a Yalova e nel 2002 entra in parlamento. Durante la legislatura prende parte ai lavori della Commissione per l'educazione nazionale. Viene rieletto come rappresentante della provincia di Yalova nel 2007 e nel 2011.

Nel 2010 Kemal Kılıçdaroğlu viene eletto segretario del CHP, con Hakkı Süha Okay come suo vicesegretario. İnce si candida per il posto di capogruppo e viene eletto con 58 voti, insieme ad Akif Hamzaçebi.[12] Viene rieletto nel 2011 e nel 2013.[13] Dà le dimissioni nell'agosto 2014, annunciando l'intenzione di candidarsi per il posto da segretario del partito il 18 agosto 2014.[14] Con 177 firme a suoi favore, İnce presenta la sua candidatura, ma in settembre il 18° Congresso straordinario del partito conferma Kılıçdaroğlu nel ruolo di leader.[15]

Alle elezioni locali del 30 marzo 2014, il CHP vince a Yalova, ma il margine non è sufficiente e il voto si ripete. Vefa Salman, candidato del partito, vince anche al ballottaggio, in un'elezione in cui İnce gioca un ruolo fondamentale.[16]

Nel 2016 İnce rinuncia a candidarsi nuovamente per il posto da segretario del partito.[17] Torna a sfidare Kılıçdaroğlu nel febbraio 2018. I delegati del 36° Congresso ordinario del partito esprimono 447 voti a suo favore, contro i 790 che permettono al segretario in carica di mantenere la poltrona.[18] I risultati delle elezioni del giugno 2015 e delle elezioni tenutesi nel novembre dello stesso anno, quando la Turchia torna alle urne dopo lo scioglimento anticipato del parlamento, confermano a İnce un posto da parlamentare.

La candidatura alle presidenziali

modifica

Nell'aprile 2018, il presidente in carica Recep Tayyip Erdoğan anticipa le elezioni generali dal 2019 al 24 giugno 2018. Il 3 maggio İlhan Kesici, parlamentare eletto con il CHP a Istanbul, annuncia che il partito ha raggiunto un'intesa sulla candidatura a presidente di Muharrem İnce.[19] Il segretario Kılıçdaroğlu ha già fatto un passo indietro, sostenendo che il leader di un partito non possa anche guidare il paese. La conferma della candidatura di İnce arriva il giorno successivo, quando Kılıçdaroğlu lo presenta ufficialmente come candidato durante un comizio ad Ankara.[20] La campagna elettorale inizia il 5 maggio, con un comizio a Yalova, città natale del candidato presidente.[21] Lo slogan che l'accompagnerà è “Türkiye’ye güvence Muharrem İnce” ("Muharrem İnce, una garanzia per la Turchia").[22]

La notte delle elezioni, il presidente in carica annuncia la vittoria in un discorso al quartier generale del Partito della giustizia e dello sviluppo ad Ankara. Il Chp invita i suoi sostenitori a continuare a monitorare le operazioni di scrutinio dei voti, sostenendo che sarà necessario andare al ballottaggio e poi smorzando i toni man a mano che le percentuali vengono aggiornate.[23] Con la quasi totalità delle schede elettorali ormai contate, İnce rompe il silenzio la mattina del 25 giugno, ammettendo la sconfitta.[24] I risultati definitivi attribuiscono al candidato del Partito repubblicano del popolo il 30,64% dei voti, mentre il il 52.6% va al presidente in carica.[25]

La rottura con il CHP

modifica

Dopo il 37° Congresso ordinario del CHP, nel luglio 2020, si inizia a parlare nuovamente di possibili dimissioni di İnce. La stampa turca sostiene che il politico è pronto a fondare un nuovo partito e che il nome allo studio è quello di "Partito Nazionale" (Ulusal Parti).[26] In settembre, İnce fonda la piattaforma politica Memleket Hareketi, ma rimane comunque nel CHP.[27] Nel febbraio 2021 lascia ufficialmente il partito insieme ai colleghi Mehmet Ali Çelebi, Özcan Özel e Hüseyin Aksoy.[8]

Antefatti

modifica

Nel settembre 2015 alcuni sindacati turchi (DİSK, KESK, TMMOB, TTB) indissero ad Ankara una manifestazione "per il lavoro, la pace e la democrazia" (in turco, Emek, Barış ve Demokrasi Mitingi), ottenendo una vasta adesione da parte di sigle politiche e della società civile. Accanto alle sigle sindacali scelsero di scendere in piazza il 10 ottobre diversi partiti politici di sinistra, tra i quali spiccava il Partito democratico dei popoli (HDP) e numerose associazioni, tra le quali gruppi facenti capo alla minoranza alevita.[28]

Tra le molte istanze che gli organizzatori volevano portare in piazza spiccavano la condanna al ruolo che la Turchia aveva scelto di assumere nel teatro mediorientale, specialmente in relazione alla guerra in atto in Siria, ma anche alla riapertura dello scontro aperto con i militanti del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk). Inoltre, le sigle sindacali accusarono la presidenza di stare cercando di gettare il paese nel caos, dopo che le elezioni parlamentari del giugno 2015 avevano negato al Partito della giustizia e dello sviluppo la maggioranza assoluta.[29] Con un risultato di questo tipo, Erdoğan avrebbe potuto portare avanti nell'immediato una desiderata riforma per fare della Turchia una repubblica presidenziale.

L'attacco

modifica

L'obiettivo degli organizzatori era quello di raccogliere nella capitale turca un ampio ventaglio di gruppi dell'opposizione, muovendo in corteo dalla piazza antistante la stazione a piazza Sıhhiye, dove si sarebbe infine tenuto un raduno. I manifestanti iniziarono a raccogliersi intorno alla stazione intorno alle 9:00, per poi mettersi in marcia circa un'ora dopo.

La mattina di sabato 10 ottobre, alle 10:04, due kamikaze vicini all'Isis si fecero saltare in aria nella piazza antistante la stazione. Il bilancio finale dell'attacco fu di 103 morti e oltre 245 feriti.

La risposta

modifica

Dopo gli attentati, la piazza della stazione venne ribattezzata dalla città di Ankara come piazza della Democrazia.[30]


Il Fronte Rivoluzionario di Liberazione del Popolo (in lingua turca: Devrimci Halk Kurtuluş Partisi-Cephesi o DHKP-C)[31] è un partitoMarxista-leninista fondato nel 1994 da Dursun Karataş, a seguito di una scissione interna a Sinistra rivoluzionaria (In lingua turca: Devrimci Sol, o Dev Sol), gruppo già attivo dal 1978. Negli anni il DHKP-C si è reso responsabile di attentati e omicidi di militari e influenti personaggi della politica e della società civile turca. È considerato un'organizzazione terroristica da Turchia, Stati Uniti e Unione europea.[32]

La Guerra del Golfo

modifica

Allo scoppiare della Guerra del golfo, e non senza un certo dibattito in parlamento, la Turchia sceglie di concedere l'utilizzo della base area di Incirlik agli aerei da guerra della coalizione. [33][34] Nel 1991, Sinistra rivoluzionaria dà il via a una campagna di attacchi in Turchia in contrasto a questa decisione. Militanti del gruppo uccidono due contractor dell'esercito americano e compiono attentati contro una serie obiettivi riconducibili alla NATO e agli Stati Uniti, tra i quali un'istituzione culturale turco-americana ad Izmir e il consolato ad Adana.[35] La città è poco distante dalla base da cui decollano gli aerei diretti in Iraq.

Tra il 16 e il 17 aprile 1992 le forze di polizia coordinano una serie di operazioni contro il gruppo in quattro diverse zone di Istanbul (Çiftehavuzlar, Erenköy, Üstbostancı e Sahrayı Cedit) durante la quale 11 persone rimangono uccise. L'episodio assume grande rilevanza nell'immaginario di lotta del gruppo, che ad oggi continua a commemorarlo come la "resistenza del 16 e 17 aprile" (in lingua turca: 16-17 Nisan Direnişi).

Il 27 maggio, ancora ad Adana, alcuni uomini di Sinistra rivoluzionaria sparano contro Temel Cingöz, comandante della gendarmeria distrettuale. Colpito mentre percorre in auto il tragitto dalla sua abitazione nella zona di Yenibaraj al lavoro, Cingöz muore alcuni giorni dopo all'ospedale dell'università di Çukurova.[36] Nel 1992, Sinistra rivoluzionaria uccide anche l'ammiraglio Kemal Kayacan. Ex comandante delle forze navali turche e già parlamentare, Kayacan viene colpito nella sua abitazione di Göztepe (Istanbul), il 29 luglio di quell'anno.

agosto 1992 - bayramoglu gebze operations

Da Sinistra rivoluzionaria a DHKP-C (1994-)

modifica

La storia di Sinistra rivoluzionaria giunge a una svolta tra il 1992 il 1994, quando iniziano ad acuirsi i contrasti tra due correnti interne al gruppo, l'una vicina a Dursun Karataş e l'altra a Bedri Yağan, numero due del gruppo e responsabile per ciò che concerne il Medioriente. Ricercato dopo l'evasione, Karataş ha lasciato la Turchia per l'Europa. Il 13 settembre 1992, Yağan, lo raggiunge nella sua casa in Germania insieme ad Aslan Şener Yıldırım e Ibrahim Bingöl. Karataş viene sequestrato e interrogato nella sua stessa abitazione, in quello che i membri del gruppo ricorderanno poi come un tentato 'golpe' ai vertici dell'organizzazione.[37] Dal canto suo, Yağan accusa Karataş di voler creare un "culto della personalità" attorno alla sua persona.[38] Karataş riesce infine a scappare e a informare membri del gruppo.

Il 6 marzo 1993 la polizia anti-terrorismo turca irrompe in un'abitazione a Esentepe (Kartal, Istanbul).[39] Yağan e altre quattro persone che vi si trovano (Gürcan Özgür Aydın, Menekşe Meral e i proprietari di casa Asiye e Rifat Kasap) muoiono in uno scontro a fuoco.[40] Le circostanze porteranno alcuni ad accusare Karataş di avere avuto un ruolo nel blitz. La stampa turca descriverà i fatti come un duro colpo per l'opposizione interna a Sinistra rivoluzionaria.[41]

Nel marzo del 1994, Karataş si reca a Damasco. Numerosi esponenti della sinistra radicale turca e curda hanno lasciato il paese dopo il golpe del 1980, per sfuggire alle ondate di arresti, e molti hanno scelto di riparare nel vicino Medioriente, spesso anche sfruttando legami con le organizzazioni palestinesi sviluppatisi negli anni precedenti.[42][43] A Damasco si riunisce un 'congresso' di Sinistra rivoluzionaria. I membri del gruppo a quel punto più vicini alla leadership di Karataş escono dal congresso con il nuovo nome di Partito/Fronte Rivoluzionario di Liberazione del Popolo e lo confermano come leader. Quanti non si riconoscono in lui, riprendendo il nome di una precedente esperienza della sinistra turca, continueranno a operare come Partito/Fronte popolare di liberazione della Turchia-Dev Sol (in lingua turca Türkiye Halk Kurtuluş Partisi-Cephesi-Dev Sol, o THKP-C - Dev Sol).[44] Karataş, ricercato dalla polizia turca, viene fermato il 9 settembre durante un controllo al posto di frontiera di Modane, sul confine franco-italiano. Con lui ci sono Zerrin Sarı e una terza persona. Le autorità di Parigi lo rilasciano in attesa di giudizio il 26 gennaio dell'anno successivo.[45]

  1. ^ (EN) Hamit Bozarslan, From Kemalism to the Armed Struggle: Radicalization of the Left in the 1960s (XML), in Berna Pekesen (a cura di), Turkey in Turmoil, Berlin, Boston, De Gruyter Oldenbourg, 22 giugno 2020, pp. 115–136, DOI:10.1515/9783110654509-007, ISBN 978-3-11-065450-9. URL consultato il 28 gennaio 2021.
  2. ^ (TR) DTP'li Buldan hakkında soruşturma, su Hürriyet, 24 marzo 2008. URL consultato il 7 marzo 2021.
  3. ^ (TR) 78 Kadın 472 Erkek Vekil Meclis'te, su Bianet, 13 giugno 2011. URL consultato il 7 marzo 2021.
  4. ^ (TR) Komünist Parti kuruldu, su Milliyet, 20 luglio 2000. URL consultato il 12 febbraio 2021.
  5. ^ (TR) TKP'nin yerine Komünist Parti ve Halkın Türkiye Komünist Partisi, su Radikal, 24 luglio 2014. URL consultato il 12 febbraio 2021.
  6. ^ (TR) TKP yoluna devam ediyor, su soL Haber Portalı, 22 gennaio 2017. URL consultato il 12 febbraio 2021.
  7. ^ Archived copy, su en.cihan.com.tr. URL consultato il 17 agosto 2014 (archiviato dall'url originale il 19 agosto 2014).
  8. ^ a b (EN) İnce'nin istifası cebinde: CHP'den ayrılanlar partime katılacak, su Diken, 31 gennaio 2021. URL consultato il 1º febbraio 2021.
  9. ^ (TR) Muharrem İnce - Biyografi, su muharremince.com.tr.
  10. ^ Muharrem İnce kimdir? Muharrem İnce kaç yaşında ve nereli?, su Sözcü Gazetesi, 24 novembre 2019. URL consultato il 1º febbraio 2021.
  11. ^ Muharrem İnce, 26. Dönem Yalova Milletvekili, su www.tbmm.gov.tr. URL consultato il 1º febbraio 2021.
  12. ^ (TR) CHP'nin grup başkanvekilleri belli oldu, su Hürriyet, 1º giugno 2010. URL consultato il 1º febbraio 2021.
  13. ^ (TR) CHP Grup Başkanvekilleri belli oldu, in Anadolu Ajansı, 26 giugno 2013. URL consultato il 1º febbraio 2021.
  14. ^ (TR) Levent Gök grup başkanvekili seçildi, Özçelik'in bir adımı kaldı, in Radikal, 22 ottobre 2014. URL consultato il 1º febbraio 2021.
  15. ^ (TR) CHP seçimini yaptı: Kılıçdaroğlu yeniden Genel Başkan, in BBC Türkçe, 5 settembre 2014. URL consultato il 1º febbraio 2021.
  16. ^ Yalova'da CHP'li başkanın gözyaşları, su hurriyet.com.tr.
  17. ^ (TR) Barış Gündoğan, Muharrem İnce, CHP Genel Başkanlığına aday olmayacağını açıkladı, in Anadolu Ajansı, 13 gennaio 2016.
  18. ^ (TR) CHP kurultay sonucunda yeni genel başkan belli oldu, in Sözcü. URL consultato il 1º febbraio 2021.
  19. ^ (TR) CHP’li İlhan Kesici: Adayımız Muharrem İnce, in Sözcü, 3 maggio 2018.
  20. ^ (EN) Gulsen Solaker, Turkey's main opposition nominates combative former teacher to challenge Erdogan, in Reuters, 4 maggio 2018. URL consultato il 1º febbraio 2021.
  21. ^ CHP presidential candidate İnce vows to be ‘everyone’s president’, su hurriyetdailynews.com. URL consultato il 4 May 2018.
  22. ^ (TR) İşte Muharrem İnce'nin afişi ve sloganı, in Cumhuriyet, 3 maggio 2018.
  23. ^ (EN) Karim Shaheen, Turkey election: Erdoğan strikes combative tone in victory speech, su the Guardian, 25 giugno 2018. URL consultato il 1º febbraio 2021.
  24. ^ (EN) Kareem Shaheen, Muharrem İnce concedes defeat to Erdoğan in Turkey elections, su the Guardian, 25 giugno 2018. URL consultato il 1º febbraio 2021.
  25. ^ (EN) Kareem Shaheen, Muharrem İnce concedes defeat to Erdoğan in Turkey elections, in The Guardian, 25 giugno 2018.
  26. ^ (TR) Yalçın Bayer, İnce 15 Eylül’de partisini kuruyor, in Hürriyet, 31 luglio 2020. URL consultato il 2 febbraio 2021.
  27. ^ (TR) Muharrem İnce 'Bin Günde Memleket hareketini' Sivas'ta başlattı, in BBC News Türkçe.
  28. ^ (TR) Emek, Barış, Demokrasi Mitingi Ankara’da, in Bianet, 9 ottobre 2015. URL consultato il 30 gennaio 2021.
  29. ^ (TR) “Savaşa İnat, Barış Hemen Şimdi!” Demek İçin 10 Ekim’de Ankara’da Emek, Barış, Demokrasi Mitingi’ndeyiz!, su KESK. URL consultato il 30 gennaio 2021.
  30. ^ (TR) Ankara'da katliamın yaşandığı meydana 'Demokrasi Meydanı' adı verildi, su T24, 15 ottobre 2015. URL consultato il 30 gennaio 2021.
  31. ^ (EN) Profile: Turkey's Marxist DHKP-C, su bbc.com.
  32. ^ Turchia, chi sono i terroristi del Dhkp-C: Partito-Fronte rivoluzionario di liberazione del popolo, in Il Messaggero, 31 marzo 2015. URL consultato il 29 gennaio 2021.
  33. ^ (EN) Clyde Haberman, Turkey's Role in Air Assault Sets Off Fear of Retaliation, in The New York Times, 20 gennaio 1991. URL consultato il 28 gennaio 2021.
  34. ^ (EN) Cameron S. Brown, Turkey in the Gulf Wars of 1991 and 2003, in Turkish Studies, vol. 8, n. 1, 2007-03, pp. 85–119, DOI:10.1080/14683840601162054. URL consultato il 29 gennaio 2021.
  35. ^ (EN) Suspect Arrested in Gulf-Protest Bombings in Turkey, su Los Angeles Times, 6 marzo 1991. URL consultato il 28 gennaio 2021.
  36. ^ (TR) General Cingöz Öldü, in Cumhuriyet, 28 maggio 1991, pp. 1,19.
  37. ^ Il circolo di Sinistra rivoluzionaria più vicino a Yağan è spesso ricordato dal Dhkp-C come "Darbeciler", termine traducibile dal turco come golpisti, o putschisti. I fatti del settembre 1992 sono ricordati brevemente in un articolo pubblicato dopo la morte di Yağan. Vedi: Baskında "yargızıs infaz" savı, in Cumhuriyet, 9 marzo 1993, p. 1,17.
  38. ^ Vehbi Esan, 1970’lerde Türkiye Solu, İletişim Yayınları, 2013, p. 421.
  39. ^ (TR) Kartal'da baskın: 5 ölü, in Cumhuriyet, 7 marzo 1993, p. 1.
  40. ^ (TR) Dev Sol'a darbe, in Cumhuriyet, 8 marzo 1993, p. 1.
  41. ^ (TR) Baskında "yargızıs infaz" savı, in Cumhuriyet, 9 marzo 1993, pp. 1,17.
  42. ^ (EN) Cengiz Candar, A Turk in the Palestinian Resistance, in Journal of Palestine Studies, vol. 30, n. 1, 1º ottobre 2000, pp. 68–82, DOI:10.2307/2676482. URL consultato il 29 gennaio 2021.
  43. ^ (EN) Ahmet Hamdi Akkaya, ‘The Palestinian Dream’ in the Kurdish context, in Kurdish Studies, vol. 3, n. 1, 1º maggio 2015, pp. 47–63, DOI:10.33182/ks.v3i1.391. URL consultato il 29 gennaio 2021.
  44. ^ (TR) Dursun Karataş Hollanda'da öldü, su Radikal, 12 agosto 2008. URL consultato il 28 gennaio 2021.
  45. ^ (FR) Affaire Karatas et Sari c. France, su hudoc.echr.coe.int. URL consultato il 29 gennaio 2021.