SANDBOX di Emilio48 modifica

sto cercando di ampliare (con l'aiuto di Ub: sembriamo Dante e Virgilio anche se wiki non è l'inferno) la voce Stretto di Messina scrivendo alcune considerazioni sulle correnti, le acque e gli organismi che vivono o transitano in questo ambiente unico, cercando di mettere in evidenza proprio questa unicità. speriamo bene.

Me ne accorgo adesso... diciamo Purgatorio? --Ub Bla bla 20:23, 19 ago 2007 (CEST)

RIFERIMENTO WEB PARTE STORICA

http://it.wikipedia.org/wiki/Faro_di_Messina

RIFERIMENTO FOTO DA INSERIRE IN APERTURA

Fig. 00: Stretto di Messina dal satellite

LO STRETTO DI MESSINA E LE SUE MERAVIGLIE modifica

Fig. 1: Visione dello Stretto di Messina da satellite (sono evidenti i colori delle differenti masse d’acqua presenti ed i traghetti in transito tra Messina e Villa S. Giovanni)


Fig. 1A: Stretto di Messina da "Dinnammare" (Monti Peloritani); i colori mostrano chiaramente le differenti masse d’acqua presenti.
Fig. 1B: Stretto di Messina da "Dinnammare" (Monti Peloritani) al tramonto; i colori mostrano chiaramente le differenti masse d’acqua presenti.

Morfologia e batimetria modifica

Lo Stretto di Messina, per gli aspetti morfologici, può essere rappresentato come un imbuto con la parte meno ampia verso nord, in corrispondenza della congiungente ideale Capo Peloro (Sicilia) - Torre Cavallo (Calabria); verso sud, invece, questo imbuto si apre gradualmente fino al traverso di Capo dell'Armi (Calabria). Il limite settentrionale è nettamente identificabile, mentre quello meridionale può avere un significato geografico (ad esempio la carta nautica n° 138 dell’Istituto Idrografico della Marina (I.I.M.) si ferma poco prima di Punta Pellaro in Calabria), o idrologico; quest’ultimo può essere considerato la linea ideale che congiunge Capo Taormina (Sicilia) con Capo d'Armi (Calabria). Come area idrologica, anche il confine settentrionale è ben più ampio di quello geografico e comprende l'area del Mar Tirreno compresa tra Capo Milazzo, l'arco delle Isole Eolie e le coste del Golfo di Gioia in Calabria (Figura 2).

Per quanto si riferisce al profilo sottomarino dello Stretto, esso può essere paragonato ad un monte, il cui culmine è la "sella" (lungo la congiungente Ganzirri-Punta Pezzo), i cui opposti versanti hanno pendenze decisamente differenti. Nel Mar Tirreno, infatti, il fondo marino degrada lentamente fino a raggiungere i 1.000 m nell’area di Milazzo e, per trovare la batimetrica dei 2.000 m, si deve oltrepassare l’Isola di Stromboli. Nella parte meridionale (Mare Ionio), invece, il pendio è molto ripido ed a pochi chilometri dalla "sella" è possibile registrare la profondità di 500 m tra le città di Messina e Reggio Calabria, oltrepassare ampiamente i 1.200 m poco più a Sud (Punta Pellaro), per raggiungere i 2.000 m al centro della congiungente ideale Capo Taormina - Capo d'Armi.

Fig. 2: Batimetria dell’area idrologica dello Stretto di Messina

[1].

La minore ampiezza (di poco superiore a 3 km) si riscontra lungo la congiungente Ganzirri-Punta Pezzo cui corrisponde a livello del fondo una "sella" sottomarina ove si riscontrano le minori profondità (80-120 m). In questo tratto i fondali marini (Fig. 4) presentano un solco mediano irregolare, con profondità massima di 115 m, che divide una zona occidentale (in prossimità di Ganzirri) caratterizzata da profonde incisioni, da quella orientale di Punta Pezzo, più profonda e pianeggiante (Fig. 18). Caratteristica del settore settentrionale dello Stretto è l'ampia Valle di Scilla, con una parte più profonda e ripida (circa 200 m). La valle comincia poi ad appiattirsi e ad essere meno acclive verso il Mar Tirreno dove prende il nome di Bacino di Palmi. Le pareti laterali della valle, profonde e scoscese, si elevano bruscamente conferendo alla sezione trasversale una forma ad "U". Un'ampia ed irregolare depressione, meno incisa (Valle di Messina), avente anch’essa sezione ad "U", si riscontra nella parte meridionale. A profondità superiori ai 500 m, la Valle di Messina si stringe divenendo più profonda e dando origine ad un ripido canyon sottomarino (Canyon di Messina) che si protende fino alla piana batiale dello Ionio.

Le correnti modifica

Generalità modifica

Tralasciando gli aspetti mitologici, la cui influenza ha permeato per secoli anche la visione artistica dello Stretto di Messina (Fig. 3),

Fig. 3: Antica stampa dello Stretto di Messina ove sono evidenziate le correnti

i primi studi di carattere scientifico sulle correnti dello Stretto di Messina si devono a Ribaud, vice-Console francese a Messina, che nel 1825 pubblica un compendio di quanto noto all'epoca su tale argomento. Le sue osservazioni hanno rappresentato un punto fermo per quasi un secolo. Da segnalare anche la pubblicazione nel 1882 di un “manuale pratico” molto dettagliato da parte di F. Longo, comandante di navi mercantili particolarmente esperto dello Stretto di Messina.

Finalmente, a distanza di quasi un secolo dalle osservazioni di Ribaud, il particolare regime delle correnti dello Stretto di Messina fu studiato per la prima volta con grande dettaglio scientifico mediante la raccolta sistematica di dati mirati ad una conoscenza completa dei fenomeni, durante le campagne di studio della Nave Marsigli della Marina Militare Italiana, svolte durante gli anni 1922 e 1923 sotto la direzione del Prof. Vercelli (Fisico, Direttore dell’Istituto Geofisico di Trieste); furono indagate anche le caratteristiche fisico-chimiche di quelle acque grazie alle analisi condotte da Picotti (Chimico dello stesso Istituto). Dall’insieme dei risultati raccolti vennero costruite le "Tavole di Marea" dello Stretto, tuttora edite dall’Istituto Idrografico della Marina (I.I.M. Pubbl. n° 3133), dalla cui lettura è possibile conoscere le previsioni della corrente (velocità e direzione) in due punti (Punta Pezzo in Calabria e Ganzirri in Sicilia); è inoltre possibile calcolare, grazie a formule molto semplici, le previsioni di corrente in altri 9 punti. Nel corso degli anni sono state effettuate periodiche verifiche di tali misure, con strumenti sempre più sofisticati, che hanno di fatto confermato l’ottimo lavoro svolto nel 1922-1923. Anche le ulteriori elaborazioni di Defant (1940) hanno contribuito all’aumento delle nostre conoscenze ed alla migliore comprensione dei fenomeni dinamici dello Stretto di Messina. Nel 1980, al fine di valutare la possibilità di uno sfruttamento delle correnti dello Stretto di Messina per la produzione di energia, è stata condotta dall’OGS (Osservatorio Geofisico Sperimentale) di Trieste una campagna di misure su lungo periodo per conto dell’ENEL, con il posizionamento in 9 punti dello Stretto, nell’area di minore ampiezza compresa tra le congiungenti Ganzirri-Punta Pezzo e Capo Peloro-Scilla, di una serie di catene correntometriche con 3 moderni correntometri ciascuna, per un totale di 27 strumenti di misura operativi in situ per un periodo di 4-6 mesi.

Qualche dettaglio modifica

Lo Stretto di Messina è il punto di separazione tra due bacini (Ionio e Tirreno) contigui ma distinti fisiograficamente, aventi acque con caratteristiche fisico-chimiche ed oscillatorie diverse. Per tale ragione, correnti stazionarie e di marea, anche in funzione della particolare geomorfologia dell’intera area, determinano l’insorgenza di peculiari fenomeni idrodinamici. Per rappresentare in modo molto semplice quanto avviene nello Stretto si pensi che quando il Mar Tirreno presenta bassa marea al confine settentrionale dello Stretto, il contiguo Mar Ionio si trova in fase di alta marea ed il contrario avviene al successivo cambio di marea. Il dislivello che si viene a creare (fino a 27 cm) determina che periodicamente le acque dell’uno e dell’altro bacino si riversino in quello contiguo. Più in particolare, in fase di “corrente scendente” (Nord-Sud) le acque tirreniche più leggere (a minore densità) scorrono sulle ioniche più pesanti (a maggiore densità) fino a che l’intera parte centrale dello Stretto è riempita da queste acque fluenti verso Sud. All’opposto, con il predominio della “corrente montante” (Sud-Nord), acque ioniche più pesanti interesseranno il centro del bacino affondando sulle acque tirreniche più leggere che, in precedenza, occupavano lo Stretto per versarsi quindi nel Tirreno una volta oltrepassata la sella Ganzirri – Punta Pezzo dove si riscontra la minore profondità (80-120 m) e la minore ampiezza (circa 3,4 km) dello Stretto di Messina.

Fig. 4: Divisione dello Stretto di Messina in sezioni secondo Defant (1940)
Fig. 5: Modello schematico (Sud-Nord) del movimento delle acque al variare delle correnti nello Stretto di Messina secondo Defant (1940)

La "pendenza" che si viene così a creare fra le contigue superfici marine è in media di 1,7 cm per chilometro di distanza, con un massimo in corrispondenza della linea ideale di congiunzione fra Ganzirri in Sicilia e Punta Pezzo in Calabria (Figure 4 e 5). L’incontro delle due masse d’acqua (ionica e tirrenica) determina l’insorgenza di una serie di fenomeni che sono ascrivibili all’instabilità dinamica che si viene a creare e che si disperde nelle ben note spettacolari manifestazioni di turbolenza; questi “disturbi” della corrente possono presentarsi con sviluppo in senso orizzontale (nel caso dei tagli e delle scale di mare) oppure verticale (nel caso di garofali, bastardi e macchie d’olio.

Per il primo gruppo (Figure 6Ae 6B) si tratta di fenomeni che producono vere e proprie onde (simili a quelle presenti negli estuari al cambio di marea) che si sviluppano quando, nel caso della montante, le acque più pesanti del Mar Ionio si precipitano contro le più leggere acque tirreniche in fase di recessione o quando, nel caso della scendente, le acque tirreniche scivolano rapidamente su quelle ioniche più pesanti, già presenti nello Stretto. Queste onde di discontinuità si svilupperanno in determinati punti (Ganzirri, Torre Faro e Punta Pezzo) estendendosi nella parte centrale dello Stretto, a volte ampliandosi ed intensificandosi per l’azione dei forti venti che spingono un tipo d’acqua su un altro. Per quanto concerne i fenomeni a sviluppo verticale si tratta di veri e propri gorghi formati dall'incontro di correnti opposte e favoriti dall'irregolarità del fondo. I principali gorghi comunque si formano in punti specifici. Con corrente montante si tratta dei mitologici Scilla e Cariddi: il primo si forma sulla costa calabra, e l'altro a sud di Capo Peloro (Figure 7A e 67B). Un grosso garofalo formato invece dalla corrente scendente si forma periodicamente davanti Punta S. Raineri, all’imboccatura del porto di Messina.

Le correnti stazionarie a livello della sella sottomarina fluiscono verso sud dalla superficie a 30 m ed in senso inverso da questa profondità fino al fondo, con velocità che possono raggiungere, in particolari situazioni meteo-marine, anche i 50 cm/sec. La co-oscillazione delle masse d’acqua dello Stretto con le maree dei mari adiacenti origina le correnti di marea che, con fase pressoché opposta e con uguale ampiezza, si sommano a quelle stazionarie prima descritte. Le velocità relative raggiungono, lungo la sezione corrispondente alla sella Ganzirri-Punta Pezzo, valori massimi di oltre 200 cm/s sia nel flusso verso nord (corrente montante), sia in quello verso sud (corrente scendente), interessando all’incirca con la stessa intensità la massa d’acqua nella sua interezza. Secondo le ultime pubblicazioni di Mosetti (1988 e 1995), la velocità di spostamento delle acque, in particolari momenti e grazie alla coincidenza di numerose componenti, può arrivare fino ad un massimo di 20 km/h (cfr. Tabella 1).

Velocità delle correnti nello Stretto
(da Mosetti F., 1995)
  cm/s km/h
Corrente totale di marea 300 10,80
Massima corrente di deriva 80 2,88
Corrente di densità permanente 30 1,08
Eventuali ingorghi 100 3,60
Turbolenza 50 1,80
Totale 560 20,16
Acqua in transito sulla "sella" Ganzirri - Punta Pezzo
(da Tomasino M., 1995)
Velocità corrente Volume stimato
200 cm/s > 750.000 m3/s
300 cm/s > 1.000.000 m3/s

Tali notevoli velocità e gli enormi volumi d’acqua in gioco (oltre 750.000 m3 al secondo per una corrente di 200 cm/s secondo Tomasino, 1995), se rapportati ai mezzi di navigazione dei tempi omerici, indicano chiaramente perché lo Stretto venisse considerato abitato da mostri in grado di ingoiare le imbarcazioni o farle naufragare nel volgere di poco tempo.

Possibile produzione di energia modifica

La consistente energia delle correnti dello Stretto di Messina e l’enorme volume di acqua in transito, non potevano non destare interesse ai fini della produzione di energia elettrica pulita ed a basso costo. Così a partire dal 1980 vennero compiute misure in loco ed elaborati studi di fattibilità da parte di strutture dell’ENEL o ad esso collegate. Tale programma venne però abbandonato dopo una valutazione del rapporto costi/benefici per la posa in opera e per la gestione di turbine ubicate sul fondo dello Stretto di Messina.

A partire dalla metà degli anni 80, la Ponte di Archimede SpA inizia ad interessarsi del problema con un diverso approccio (posizionamento in superficie su struttura galleggiante ed asse verticale) e con la collaborazione di una ditta specializzata in propulsori per la navigazione ad asse verticale (VOITH GmbH).

I primi esperimenti iniziano nel 1986, passano dal brevetto per la turbina idraulica ad asse verticale KOBOLD nel 1998, per giungere all’impianto pilota ENERMAR posto in attività nello Stretto nel marzo 2002 e collegato alla rete elettrica nazionale nel mese di marzo 2006 (Figure 8, 9, 10).

La piattaforma, ancorata 150 m al largo di Ganzirri (Sicilia), ha un diametro di 10 m, è dotata di elica a tre lame alta 5 m ed è in grado di erogare 100 kW con una velocità della corrente di 3 m/s. I risultati sperimentali indicano in circa 22.000 kWh l'energia utile estraibile annualmente. In questo sito, considerata l'area interessata dalle correnti, l'energia totale estraibile dallo Stretto di Messina sarebbe pari a 538 GW [2].

Le acque modifica

Caratteristiche del Mar Ionio e del Mar Tirreno modifica

In aree marine lontane dallo Stretto di Messina il Mar Tirreno è mediamente più freddo e meno salato dello Ionio ma invece, lungo tutta la costa siciliana compresa tra Capo Taormina e Messina, i fenomeni di upwelling portando in superficie acque di profondità, determinano che le acque ioniche presenti negli strati superficiali dello Stretto siano sensibilmente più fredde di quelle riscontrabili alla medesima quota in altre zone del Mar Ionio. Per le acque di superficie estive le temperature nello Stretto sono mediamente più basse di 4 - 10°C. Delle masse d’acqua superficiali, intermedie, profonde del Mar Mediterraneo, e quindi dei mari Ionio e Tirreno, soltanto quelle superficiali e levantine intermedie sembrano entrare in gioco nello Stretto di Messina, come confermato dalle misure di salinità nell’arco di 24 ore effettuate davanti Ganzirri (Figura 11).

Fig. 11: Distribuzione delle differenti acque nell’arco di 24 ore di fronte Ganzirri (Sicilia)

Dall’esame di questi dati si può osservare che acque sottostanti la Levantine Intermediate Water (LIW) non raggiungono lo Stretto, infatti l’isoalina di 38,7 e sporadici valori di 38,8 indicano nella LIW il confine inferiore delle acque che possono rimontare dallo Ionio. E’ possibile affermare, inoltre, che dal Mar Tirreno provengono esclusivamente acque superficiali.

Secondo Defant (1940), solo metà dell’acqua ionica risalita nello Stretto passerebbe nel Mar Tirreno ove, in accordo ai dati di Vercelli e Picotti (1925), sarebbe condizionata nel suo movimento (orizzontale verso NW e verticale verso il fondo) sia dalla maggiore densità, rispetto a quella delle acque tirreniche, sia dalle stesse acque che da tale bacino fluiscono a sud parallelamente alla costa calabrese sia, infine, da un vortice stabile a rotazione ciclonica centrato a nord dell’ingresso settentrionale dello Stretto. Il transito nello Stretto di Messina delle diverse masse d’acqua, in funzione del regime di correnti, determina quindi l’incontro di acque tra di loro non immediatamente miscibili. Poiché solo una parte delle acque che si presentano sulla sella riesce a passare nel bacino contiguo e di queste una parte cospicua, perdendo velocità, staziona ai confini dello Stretto per ritornarvi nuovamente con il successivo flusso, è possibile riscontrare con frequenza corpi d’acqua che, cambiando bacino, vanno ad occupare quote diverse da quelle originarie in funzione di un nuovo equilibrio dinamico negli strati d’acqua del bacino ricevente.

Questo continuo spostamento e lento mescolamento di acque è un fattore ulteriore di vivificazione dell’area dello Stretto di Messina. Infatti, i sali di azoto e fosforo trasportati negli strati superficiali dalle acque profonde ioniche non riescono ad essere utilizzati immediatamente dal fitoplancton nelle zone di grande turbolenza, mentre ciò può avvenire ai margini dello Stretto, ove la velocità della corrente si riduce notevolmente.

Fig. 12: Stretto di Messina: distribuzione dei principali parametri chimici e biologici come valore medio integrato (media ponderata) sulla colonna d'acqua di 100 m


Il modello semplificato risultante (Figura 12) può essere così riassunto: arricchimento nell’area della "sella"; massimo di clorofilla e produzione di sostanza organica qualche chilometro a sud (Punta Pellaro), degradazione e mineralizzazione della sostanza organica (prima prodotta a nord) nella parte più meridionale dello Stretto (Capo dell’Armi).

Gli organismi viventi modifica

Gli organismi bentonici modifica

Le condizioni idrologiche dello Stretto di Messina sono straordinarie, e del tutto peculiari e speciali sono i popolamenti che esso ospita. Infatti, l’intenso idrodinamismo e le caratteristiche chimiche delle acque dello Stretto sono in grado di condizionare gli organismi che in esso vivono e, anzi, riescono ad influenzare l’intero assetto biologico dell’ambiente determinando uno straordinario ecosistema, unico nel Mar Mediterraneo per biocenosi ed abbondanza di specie; lo Stretto di Messina, quindi, costituisce un fondamentale serbatoio di biodiversità. Le intense ed alterne correnti, la bassa temperatura e l’abbondanza di sali di azoto e fosforo trasportati in superficie dalle acque profonde determinano la disponibilità di una grande quantità di sostanza organica utilizzata sia dagli organismi pelagici sia, soprattutto, dai popolamenti bentonici costieri. Tutto ciò, insieme ai fenomeni associati, determina un vero e proprio riarrangiamento ecologico che nelle specie a prevalente distribuzione occidentale tende a simulare una condizione di tipo atlantico. Infatti, numerose specie prettamente atlantiche, come ad esempio le laminarie (grandi alghe brune), pur se presenti in qualche altra zona del Mar Mediterraneo solo nello Stretto di Messina (Figura 13) riescono a formare comunità ben strutturate formando delle vere foreste sottomarine a riprova delle ottimali condizioni ambientali.

Fig. 13: Laminaria dello Stretto di Messina (Foto: G. Iaria)

E’ importante segnalare a questo proposito che sia le laminarie di bassa profondità (Sacchoryza polyschides), sia i popolamenti profondi a Laminaria ochroleuca, e le comunità vegetali associate, sono strettamente dipendenti dalle caratteristiche fisiche e biologiche del substrato. Come è noto, infatti, per completare il loro ciclo vitale, questi organismi richiedono un substrato solido già colonizzato da rodoficee calcaree, in assenza delle quali l’insediamento non può avere luogo.

Lo Stretto di Messina, confine fra i due bacini occidentale ed orientale del Mediterraneo, è un punto importante di osservazione dei flussi migratori delle specie che si trovano nei due bacini. In quest’area pervengono o transitano comunità planctoniche, anche di lontana origine sia orientale sia atlantica. Fra le specie bentoniche, di particolare rilevanza è la presenza di Pilumnus inermis (Figura 14), in precedenza considerato esclusivamente atlantico, che rappresenta una delle specie più rilevanti nell’associazione a Errina aspera (idrozoo), noto endemismo dello Stretto di Messina, su cui vive un Mollusco cipreide (Pedicularia sicula), riscontrabile a livello della sella (Figura 18) fra 80 e 110 m, ove sono presenti numerose altre specie fra cui l’ofiura Ophiactis balli ed i crostacei Parthenope expansa e Portunus pelagicus.

Sembra doveroso evidenziare la presenza di Albunea carabus (Figura 15) e di cospicui insediamenti di Pinna nobilis (Figure 16 e 18). Da segnalare ancora il dente di cane gigante (Pachylasma giganteum).

Fig. 17: Tracciato ecoscandaglio lungo la sella Ganzirri-Punta Pezzo (S. Giacobbe, 2005)
Fig. 18: Pinna nobilis, frequente lungo la costa siciliana dello Stretto (Foto: S. Giacobbe)


Grande importanza biologica ed ecologica è anche da ascrivere alle già citate Laminariales dello Stretto (Sacchoryza polyschides e Laminaria ochroleuca) ed agli altri popolamenti vegetali presenti, costituiti da Rodoficee calcaree e da vaste praterie di Posidonia oceanica (Figura 16), ampiamente distribuite per areale e per profondità. Degna di nota, sempre per gli organismi vegetali, è anche la presenza di Phyllariopsis brevipes, Phyllariopsis purpurascens, Desmarestia dresnayi, Desmarestia ligulata, Cryptopleura ramosa specie che sono da ritenersi di estrema importanza perchè presenti solo in quest’area o in poche altre aree molto ristrette del Mar Mediterraneo.

Dal punto di vista faunistico lo Stretto è considerato da sempre il "Paradiso degli Zoologi", per l’enorme biodiversità che lo caratterizza. Le specie di invertebrati bentonici sono quelle che destano maggiore interesse. Il fondale è arricchito da una grande varietà di forme e colori dovute all’abbondanza di celenterati (attinie, madrepore e coralli).

Un chiaro esempio sono le “foreste” di gorgonie gialle e rosse (Paramuricea clavata) dei fondali di Scilla (Figura 23). Queste, aderendo al substrato, creano un vero e proprio bosco, ambiente ideale ad ospitare numerose altre specie bentoniche.

Le specie ittiche sono ben rappresentate da cernie, saraghi, dentici, castagnole, ricciole ed in periodo invernale dagli splendidi Zeus faber conosciuti anche come pesce San Pietro (Figura 24).

Migratori modifica

Indubbiamente lo Stretto di Messina, trovandosi lungo una delle principali direttrici migratorie del Mar Mediterraneo, è un punto fondamentale di transito per la migrazione di numerose specie. Certamente le più conosciute e rilevanti, da un punto di vista economico ed ambientale, sono i grandi pelagici, cioè tonno (Thunnus thynnus), alalunga (Thunnus alalunga), palamita (Sarda sarda), aguglia imperiale (Tetrapturus belone) ed il pescespada (Xiphias gladius). Le caratteristiche idrodinamiche e la “ricchezza” dello Stretto determinano il transito in acque superficiali di questi pesci che possono essere catturati con le particolari barche chiamate feluche o passerelle, attive solo in questa parte del Mediterraneo. Inoltre, solo nello Stretto, pur se con attrezzi diversi, è possibile catturare il tonno in tutto l’arco dell’anno e di tutte le classi d’età (dalle forme giovanili agli organismi adulti) perché sarebbe presente una popolazione stanziale che periodicamente si muove tra i due mari limitrofi: il Tirreno e lo Ionio.

Fig. 25 : Esemplare di Hexancus griseus (Squalo capopiatto) nello Stretto di Messina (Foto: G. Iaria) (http://www.oloturiasub.it/)

Da considerare ancora che lo Stretto è un punto di passaggio obbligato per le migrazioni dei cetacei, probabilmente il più importante nel Mediterraneo in termini di diversità di specie. Degni di segnalazione, oltre a tutte le specie di delfini presenti in Mediterraneo, sono le balenottere e particolarmente i capodogli che attraversano lo Stretto per andare nell’area delle Isole Eolie probabilmente a fini riproduttivi. Infine, è da evidenziare la presenza di alcuni importanti selacei che migrano attraverso lo Stretto di Messina, quali Carcharodon carcharias (squalo bianco) ed Hexanchus griseus, conosciuto come squalo capopiatto (Figura 25).

Organismi batiali modifica

Altra peculiarità dello Stretto di Messina è la presenza di una varia e numerosa fauna batipelagica (comunemente chiamata anche fauna abissale) che, trasportata in superficie dalla corrente proveniente da Sud (corrente montante), può essere facilmente catturata ancora in condizioni vitali nei punti di maggiore turbolenza (vortici o scale di marea), o spiaggiata lungo la riva in particolari condizioni meteo-marine. Esempi classici da menzionare sono Chauliodus sloani (pesce vipera), Argyropelecus hemigymnus (pesce accetta o ascia d’argento) e Myctophum punctatum (pesce diavolo), rispettivamente Figure 26, 27 e 28.

Tali organismi batipelagici, che vivono in grandi quantità nelle profondità del Mar Mediterraneo (tra i 300 ed i 1.000 m ed anche oltre), pur non avendo alcun valore commerciale sono una fondamentale risorsa trofica per l’ecosistema marino in genere e per lo Stretto in particolare. Alcune specie non vengono trasportate in superficie dalle correnti in maniera totalmente passiva, ma effettuano ben definiti movimenti verticali, risalendo in superficie soprattutto durante la notte (migrazioni nictimerali).

Fig. 29: Esemplare di Maurolicus muelleri con fotofori "attivati"

La gran parte di questi pesci dall’aspetto mostruoso, in maggioranza dotata di particolari organi luminosi chiamati fotofori (Fig. 29), è facilmente reperibile nello Stretto di Messina.

La loro abbondante presenza, segnalata in ambito scientifico dall’ittiologo messinese Anastasio Cocco, richiamò in questa città tra la seconda metà del 1800 e l’inizio del 1900 Scienziati provenienti da tutta Europa che potevano trovare, in modo relativamente semplice, il materiale più vario ed abbondante per i loro studi. Krohn, per primo definì lo Stretto di Messina “Paradiso degli zoologi”. Per ricordare i più importanti tra questi Studiosi, furono presenti a Messina per svolgere ricerche di zoologia, anatomia ed embriologia il già ricordato Krohn, Ruppel, Muller, Claus, Kolliker, Gegenbaur, Keferstein, Metschnikoff, Hertwig, Foll, ed Anton Dohrn, che in quegli anni fondò la Stazione Zoologica di Napoli, ancora oggi prestigioso centro di ricerca di livello internazionale.

Beach Rock modifica

Lungo le coste siciliane dello Stretto (Figg. 30-33) è presente un biotopo costiero di notevole interesse, costituito da un complesso biocenotico che, per la sua particolare origine e struttura, non può passare inosservato (infatti rientra nei confini della Riserva Naturale Lagune di Capo Peloro). Si tratta di un tratto esteso di costa compreso tra Capo Peloro e S. Agata, interessato dalla presenza di una panchina rocciosa che, dalla linea di spiaggia, si porta fino ad alcuni metri di profondità (Fig. 34).

Questa formazione, interpretabile come una beach rock, si situa in una posizione di raccordo tra il piano mesolitorale e la frangia superiore dell’infralitorale. Tale struttura rappresenta l’unico substrato duro naturale per le comunità bentoniche all’interno di questa fascia batimetrica, lungo il versante siciliano dello Stretto. Inoltre, per la sua particolare morfologia, per la distribuzione topografica, ed in funzione dei particolari condizionamenti determinati dal regime idrodinamico dello Stretto, la struttura ospita comunità bentoniche del tutto originali, rispetto a quanto noto per la generalità dei biotopi mediterranei affini. Oltre al suo rilevante interesse in termini di documentazione geologica (testimonianza di età tirreniana) e antropologica (anticamente utilizzata come cava per macine da mulino), la struttura è di grande importanza in quanto ospita estese formazioni a Vermetus, cioè un biotopo formalmente protetto a livello comunitario. Tali formazioni rappresentano inoltre un caso unico nel Mediterraneo, in quanto ubicate sulla superficie del conglomerato, anziché disposte nella tipica formazione a trottoir.

Commenti e interviste modifica

Ho aggiunto la foto satellitare - probabilmente era rimasta nel mouse. Ho anche aggiunto un link alla tua Sandbox. E adesso vado al compleanno della suocera. Ciao--Ub 12:17, 26 nov 2006 (CET)

Ub, i paragrafi Organismi Batiali e Beach Rock sono revisionati per testo, didascalie figure, numeri figure e loro richiamo nel testo. Sono quindi definitivi!!!!! Il resto del testo necessita ancora di una veloce revisione e dell'inserimwento del numero figure nel testo. La soluzione galery è ottima per le figure piccole ma alcune devono avere un formato grande per rendere visibili alcuni particolari (è il caso dei fotofori "accesi"). Domani potrei anche finire la revisione.Emilio48

Ub, mi restano da verificare solo i paragrafi Gli organismi e Migratori.
Le altre parti sono revisionate per testo, didascalie e formato figure, numeri figure e loro richiamo nel testo. Forse domani notte riesco veramente a completare.
grazie per i chiarimenti sul msg per i fotofori, che ho avuto difficoltà a trovare. Meglio perchè così ho imparato altri modi di visitare wiki.
Adesso smetto perchè il mio pc (o la linea di casa) continua a dare problemi ed impiego il doppio del tempo per ogni operazione. Per essere sicuro che tu vedo questo msg lo copia anche sulla tua sandbox.A presto.Emilio48
Ub, avrei finito la revisione. Vorrei che procedessi ad una tua ultima revisione e che poi mi fornissi le istruzioni per inserire in rete il nostro lavoro. Fatto questo potremo, come tu chiedi da tempo, dedicarci a scivere le singole vosi richiamate nel testo. Inoltre vorrei trovare una bella foto "panoramica" dello stretto su commons da mettere prima della foto da satellite. Scrivo questo msg sia nella mia che nella tua sandbox per essere sicuro che tu lo legga. Un cordiale saluto ed a presto (spero) per poter concludere. A proposito come si "legherà" graficamente questa parte alla pagina già presente sulla voce "stretto di Messina"?? Bisognerà fare un link, modificare un box indice già presente, cosa dovremo fare???. Ancora un saluto.Emilio48

Ub, ti scrivo qui perchè non ho trovato più il sito abituale dei nostri collegamenti. ho letto il tuo msg del 25 e ci sono una serie di problemi.

ho continuato a lavorare sulla MIA sandbox ed il testo quasi definitivo si trova lì.
ho riscontrato miei errori di numerazione nelle figure che devo rivedere.
non concordo con te sulla foto da satellite; quella presente alla voce è più "romantica" con le nuvole ma quella che io preferisco mette in evidenza le differenti masse d'acqua, è senza nuvole e si vedono anche i traghetti.
seguirò le tue istruzioni per la pubblicazione su wiki tra qualche giorno (presumo il 29), dopo avere sistemato le ultime cose.
copio questo testo anche sulla MIA sandbox che ti invito ad andare a visitare.
un cordiale saluto ed a presto.Emilio48

NB per Ub modifica

il paragrafo beach rock non può essere 8.1, si tratta di argomento diverso e deve diventare 9.0. non sono in grado di entrare nell'indice; come devo fare??? ancora grazie ed ancora a presto (spero il 29 sera).Emilio48

  1. ^ (Figura sviluppata con software Ocean Data View. Schlitzer, R., http://www.awi-bremerhaven.de/GEO/ODV, 2004)
  2. ^ (dati e documentazione tratti da: http://www.pontediarchimede.it)