Utente:Vinyadan/Publio Cornelio Dolabella

Nota disambigua - Questo articolo tratta dell'alleato di Giulio Cesare. Per altri personaggi di nome Publio Cornelio Dolabella, si veda Publio Cornelio Dolabella (disambigua).

Publio Cornelio Dolabella (latino Publius Cornelius Dolabella, più tardi Publius Lentulus Cornelianus; Roma, 69 a.C.Laodicea (Siria), 43 a.C.) è stato un politico e generale romano del I secolo a.C. Fu alleato di Cesare fino alla sua morte, poi, per un breve periodo, dei cesaricidi e infine di Antonio. Genero di Cicerone e appartenente alla Gens Cornelia, si fece adottare da una famiglia plebea per poter diventare tribuno della plebe[1], come già aveva fatto Clodio.


Non potendo rifiutare, Marco Antonio piombò su Roma con la X Legione e uccise i primi cinquanta cittadini che trovò nel foro.

Biografia modifica

Prime esperienze politiche (51-49 a.C.) modifica

Già in giovinezza divenne celebre per la sua ferocia e per la sua sensualità e, prima del 51, si trovò due volte in tribunale, accusato di reati capitali, dove fu difeso da Cicerone.[2] Nel 51 divenne membro del collegio dei quindicemviri[3]. Nel 49 a.C. accusò Appio Claudio Pulcro di aver violato la sovranità del popolo. Durante il processo, che si concluse con l'assoluzione di Appio Claudio, fu abbandonato dalla sua prima moglie, Fabia, da cui aveva avuto un figlio. Si trattava di una donna più vecchia di lui, che aveva sposato per motivi di denaro; proprio il bisogno di denaro, dovuto ai debiti che aveva contratto per mantenere il suo tenore di vita, finì, con ogni probabilità, per influenzare la gran parte delle scelte di Dolabella. Nel 49 si sposò con Tullia, figlia di Cicerone; Cicerone desiderava, in realtà, mantenersi in buone relazioni con Appio Claudio ed era, in ogni caso, contrario al matrimonio, data la pessima opinione che aveva di Dolabella. Tullia avrebbe abbandonato Dolabella due anni dopo, dopo avergli dato un figlio e in attesa del secondo, per morire poco dopo la sua nascita. A Tullia sopravvisse uno dei figli, Lentulo[4].

Sotto la dittatura di Cesare (49-44 a.C.) modifica

Durante la guerra civile (49-45 a.C.), Dolabella si schierò inizialmente con Pompeo, ma nel gennaio del 49 a.C. fu tra i primi a recarsi nel campo di Giulio Cesare, appena tornato in Italia, per passare dalla sua parte.

Cesare gli affidò il comando di una flotta di almeno 40 navi e la sorveglianza dell'Adriatico durante la sua spedizione in Spagna contro i legati di Pompeo. Dolabella ebbe scarsa fortuna: si ritrovò bloccato nel golfo del Quarnaro dalla flotta dei pompeiani Marco Ottavio e Lucio Scribonio Libone e anche il tentativo di operare con lui di Gaio Antonio, comandante dell'esercito di terra lasciato da Cesare in Illiria, fu vano. Antonio fu infatti circondato e le navi catturate dal nemico. Dolabella sembra essere comunque sfuggito, dato che fu presente alla vittoria di Cesare a Farsalo nel 48 a.C..[5]

Tornato a Roma (forse a causa di una malattia), lo stesso anno si fece adottare dalla famiglia del plebeo Gneo Lentulo, così da divenire plebeo egli stesso e poter concorrere per il tribunato. Come tribuno della plebe per il 47 a.C., Dolabella cercò di apportare cambiamenti costituzionali, fra cui una proposta di cancellazione per tutti i debiti (tabulae novae: si confrontino le proposte di Catilina e Celio) e di una parte dei costi d'affitto; era infatti assillato dalle pressanti richieste dei sui creditori. Questa era una linea di azione che proseguiva lungo quella già percorsa da Celio e che cozzava direttamente contro la volontà del Senato, che aveva deliberato di non varare alcuna riforma fino al rientro di Cesare. Dolabella tentò di ottenere il supporto di Marco Antonio, ma altri due tribuni, Gaio Asinio Pollione e Lucio Trebellio, consigliarono Antonio di non appoggiare questa misura, cui avevano già opposto il veto. Antonio sospettava, inoltre, una relazione fra Dolabella e la propria moglie, Antonia, che scacciò di casa. Trebellio, dal canto suo, si opponeva a Dolabella non solo attraverso le vie politiche, il veto e le sue controproposte, ma anche nella lotta armata. La proposta di legge avveniva inoltre in un momento di grave instabilità politica, con Cesare in grave difficoltà ad Alessandria e le legioni di stanza in Italia che davano segni di grave malcontento. Di fatto, lo scontro fra i due tribuni finì per degenerare in una serie di tumulti. Quando Dolabella occupò il foro, nel tentativo di far passare la sua proposta attraverso l'uso della forza, il Senato proclamò il Senatus consultum ultimum e incaricò Antonio, all'epoca magister equitum, di intervenire contro entrambi i tribuni per ristabilire l'ordine. All'ingresso di Antonio nella città, Dolabella fece barricare il foro, perché la sua proposta di legge fosse comunque votata. Antonio riuscì tuttavia a sfondare e, negli scontri che seguirono, vi fu un grande spargimento di sangue e entrambi i lati subirono perdite.[6]. La legge non poté dunque passare, ma i tumulti continuarono fino al ritorno di Cesare a Roma.

Cesare, di ritorno da Alessandria nel settembre del 47 a.C., da un lato punì Antonio per la maniera sanguinaria in cui aveva agito, negandogli il consolato promessogli per l'anno seguente e scegliendo al posto suo Lepido, dall'altro ritenne urgente rimuovere Dolabella da Roma. Per questo, dopo averlo perdonato, lo portò con sé in qualità di generale durante la spedizione contro i pomepiani in Nordafrica, dove furono sconfitti e morirono Giuba e Catone; Tito Labieno e i figli di Pompeo fuggirono invece in Spagna, dove furono definitivamente sconfitti. Proprio in Spagna Dolabella fu ferito.[7][8] Nel 46 a.C. si separò da Tullia, che morì nel 45.

Quando Cesare fu tornato a Roma ed eletto console per il 44 a.C., propose al Senato di trasferire il suo consolato a Dolabella, come console suffetto. Dolabella aveva allora venticinque anni e non aveva ancora coperto la pretura. Antonio, a sua volta scelto console per il 44 a.C. protestò, causando un clamore che portò Cesare a revocare la mozione. Il primo gennaio del 44 a.C., Cesare esercitò tuttavia il suo potere come dittatore e proclamò direttamente Dolabella console.[9] Antonio copriva all'epoca la carica di augure e affermò che i presagi non erano favorevoli.[10] Antonio aveva in realtà annunciato in Senato già diversi mesi prima la sua volontà di opporsi ad un consolato di Dolabella attraverso l'uso degli auspici.[11] Il problema doveva essere discusso in Senato alle idi di marzo del 44 a.C. Quello stesso giorno Cesare fu assassinato e, negli sconvolgimenti che ne seguirono, Dolabella si appropriò delle insegne consolari. [12]

Dopo la morte di Cesare (44-43 a.C.) modifica

Per ottenere la conferma del suo ufficio di console, Dolabella si unì a Marco Giunio Bruto e agli altri cesaricidi, al punto di fare distruggere l'altare e la colonna eretti in onore di Cesare nel foro e fare uccidere chi vi si avvicinava per offrire onori divini a Cesare; tuttavia, quando Antonio gli offrì, oltre al denaro, il comando della spedizione militare contro i Parti e il proconsolato per la provincia di Siria, passò immediatamente dalla sua parte. Questo segnò anche il momento della rottura definitiva con Cicerone, che inizialmente aveva gioito della sua effimera alleanza ai liberatores[13]. Dolabella partì da Roma prima di aver esaurito il suo mandato di console, per precedere il cesaricida Gaio Cassio Longino, che aveva a sua volta ricevuto, prima della morte di Cesare, un mandato per il governo della Siria. Il viaggio di Dolabella attraverso Grecia, Macedonia, Tracia e Asia Minore fu marcato da saccheggi ed estorsioni e dall'uccisione, nel febbraio del 43 a.C., di Gaio Trebonio, cesaricida proconsole d'Asia, che gli aveva negato l'accesso alla città di Smirne. Da questo momento in poi, Dolabella ricorse a qualsiasi mezzo per raccogliere truppe e denaro dalle città dell'Asia Minore.

Quando la morte di Trebonio divenne nota a Roma assieme alle sue altre imprese, Dolabella fu dichiarato nemico pubblico e sostituito da Cassio, che lo attaccò a Laodicea. Quando le truppe di Cassio ottennero il controllo della zona (43 a.C.), Dolabella ordinò a uno dei propri soldati di ucciderlo.

Chiavi di lettura della figura storica di Dolabella modifica

Il rapporto con Cicerone modifica

A causa del matrimonio con la figlia Tullia, Cicerone è la fonte principale di informazioni su Dolabella. L'epistolario e le filippiche sono particolarmente ricche da questo punto di vista e offrono numerose informazioni non solo sulla vita di Dolabella, ma anche sul suo rapporto col suocero. Come detto sopra, Cicerone era stato avvocato di Dolabella in due processi, prima ancora che questi iniziasse la propria attività politica.

Nonostante l'antipatia personale verso Appio Claudio (privatamente, descrive ad Attico la sua attività in Cilicia come quella di «un qualche genere di bestia mostruosa, non di un uomo»), Cicerone aveva tutte le intenzioni di averlo come alleato politico. Proprio dalla lettera che scrive ad Appio Claudio quando sa delle accuse di Dolabella sappiamo di questi precedenti rapporti tra Dolabella e Cicerone. Dopo il matrimonio, tentò di mostrarsi affettuoso nei confronti del genero. Anche dopo la separazione dei due, cercò di mantenere un rapporto positivo con Dolabella, forse anche a causa dell'utilità di un uomo legato a Cesare. Dopo la morte di Cesare, il cambio di bandiera di Dolabella, con i suoi eclatanti atti di anticesarismo, risvegliarono un fortissimo affetto per il giovane. Quando però Dolabella si unì ad Antonio, Cicerone prese a parlarne con amarezza. Cicerone sarebbe poi morto proprio a causa di Antonio.

Gli eventi del 47 e l'eredità politica di Clodio modifica

In un saggio pubblicato nel 1995[14], Kathryn E. Welch propone di interpretare gli eventi del 47 a.C. nell'ottica di una lotta per imporsi come eredi politici di Clodio.

Cesare aveva avviato la propria politica dichiarandosi membro dei populares, il ramo politico che si appoggiava alla plebe, in opposizione agli optimates, che, invece, puntavano al mantenimento e al rafforzamento dei privilegi e del potere dell'aristocrazia senatoria. A loro tempo, Gaio Mario era stato un rappresentante dei populares e Silla degli optimates; la guerra civile che li aveva visti contrapposti aveva dunque rappresentato anche uno scontro fra i due partiti. Cesare aveva legami stretti con Mario: sua zia, Giulia Maggiore, era stata la moglie di Mario; Cesare sposò poi Cornelia Cinna, figlia di Cinna, che era stato console assieme a Mario e suo stretto collaboratore.

La figura guida della fazione più violenta dei populares in tempi recenti era stato Clodio. Questi era riuscito a creare un rapporto privilegiato con la plebe e a mettersene effettivamente a capo, sfruttando da un lato delle bande armate, dall'altro potendo usufruire di una ampissima clientela. Nel 52 fu tuttavia assassinato e lasciò dunque un vuoto di potere all'interno della sua corrente. Negli anni successivi, diverse figure prominenti del mondo romano cercarono di appropriarsi della sua figura e di imporsi come suo erede. Il modo più immediato per farlo era il matrimonio con Fulvia, la vedova di Clodio. Un esempio della sua importanza era dato dall'ascesa di Gaio Scribonio Curione, il suo nuovo marito, che tuttavia morì in guerra nel 49 a.C.

Già nel 48 c'era stato un tentativo di rivolta da parte di Celio e Milone, che, approfittando della distanza di Cesare, si erano appoggiati alla popolazione cittadina, con l'intento di estendersi poi al resto d'Italia e di togliere il terreno sotto i piedi di Cesare. Il loro tentativo fu tuttavia fatto fallire dal collega al consolato di Cesare, Isaurico, che era rimasto a Roma. Questo episodio spinse Cesare a riprendere la carica di dittatore e ad assegnare quella di magister equitum ad Antonio, che, oltre ad essere fidato, aveva l'appoggio dei soldati e la simpatia della plebe. Antonio, in questo periodo, rispondeva solo a Cesare e risiedeva nel territorio cittadino con le sue legioni.

Gli interessi di Antonio e Dolabella si scontrarono ora violentemente, perché entrambi desideravano diventare il nuovo Clodio. Entrambi cercarono di indicare la propria vicinanza a lui, specialmente attraverso le scelte matrimoniali. Dolabella avviò il divorzio da Tullia, così da separare la propria immagine da quella dell'ottimate Cicerone, nemico di Clodio e di Catilina; inoltre, è possibile che abbia onorato Clodio con una statua. Antonio divorziò da Antonia, figlia di Gaio Antonio (suo zio), che aveva guidato la spedizione militare contro Catilina e che, anche in precedenza, non aveva richiamato dall'esilio perché parente scomodo. Catilina era visto positivamente dalla plebe per la radicalità dei suoi piani antisenatori. Antonia fu sostituita proprio da Fulvia, che sposò Antonio nel 47 o nel 46 a.C.

Significativo è il fatto che Cesare non poté mettere fuori gioco né Dolabella, né Antonio dopo gli episodi del 47, perché, nonostante la propria autorità, non era in grado di contrastare l'appoggio di cui godevano a Roma a diversi livelli, mentre la loro influenza era aumentata grazie alla sua assenza dalla città.

I discendenti di Dolabella modifica

Cariche coperte modifica

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Bibliografia modifica

Fonti primarie modifica

  • Plutarch, Lives, with an English translation by Bernadotte Perrin. Published by W. Heinemann, The Macmillan Co. in London, New York, 1914, vol. IX
  • M. TVLLI CICERONIS EPISTVLARVM AD FAMILIARES LIBER TERTIVS [8]
  • M. TULLI CICERONIS EPISTVLARVM AD ATTICUM [9]
  • Dio Roman history. With an English translation by Earnest Cary, on the basis of the version of Herbert Baldwin Foster. Published 1914 by W. Heinemann, Macmillan in London, New York .

Fonti secondarie modifica

  • Real-Encyclopädie der classischen Altertumswissenschaft, herausgegeben von August Pauly, 1842, Stuttgart, Verlag der J. B. Metzler'schen Buchhandlung, zweiter Band
  • Paulys Real-Encyclopädie der classischen Altertumswissenschaft. Neue Bearbeitung, herausgegeben von Georg Wissowa, 1900, Stuttgart, J. B. Metzlerscher Verlag, siebenter Halbband.
  • (EN) Hugh Chisholm (a cura di), Enciclopedia Britannica, XI, Cambridge University Press, 1911.
  • David F. Epstein, Personal Enmity in Roman Politics, 218-43 B.C., London, published by Routledge, 1987
  • Oxford Classical Dictionary. (3rd ed., 1996)

Note modifica

  1. ^ Oxford Classical Dictionary. (3rd ed., 1996) p. 394; Cassius Dio. Roman History. bk. xlii.29.1. [1]
  2. ^ Cicero, Ad familiares, III, X, 5[2]
  3. ^ Sir William Smith, Dictionary of Greek and Roman antiquities. Ed. by William Smith. Illustrated by numerous engravings on wood. Boston, [London, stampato], C. Little, and J. Brown, 1870. [3]
  4. ^ Il nome del padre adottivo di Dolabella è dedotto dal nome del figlio, citato talvolta da Cicerone e qualche volta utilizzato dalle fonti per indicare Dolabella stesso.
  5. ^ Cicerone, Filippica II, 75[4]
  6. ^ Plutarco: Antonio, c. 9, in Plutarch, Roman Lives ISBN 978-0-19-282502-5
  7. ^ Antony, c. 10, ibid.
  8. ^ Cicerone, Filippica II, 75[5]
  9. ^ Dio 43.51.8.
  10. ^ Antonio, 11.3, meno chiaramente in Dio.
  11. ^ Cicerone, Filippica II, 80, 81 [6]
  12. ^ Sir William Smith, Dictionary of Greek and Roman antiquities. Ed. by William Smith. Illustrated by numerous engravings on wood. Boston, [London, stampato], C. Little, and J. Brown, 1870. [7]
  13. ^ Così erano chiamati i cesaricidi dai loro alleati
  14. ^ Kathryn E. Welch (1995). Antony, Fulvia, and the Ghost of Clodius in 47 B.C.. Greece & Rome (Second Series), 42, pp 182-201

Voci correlate modifica

[[Categoria:Consoli repubblicani romani|Dolabella]]
[[Categoria:Cornelii|Dolabella, Publio]]