Tito Labieno

militare romano
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Tito Labieno (in latino: Titus Labienus; Cingoli, 100 a.C. circa – Munda, 17 marzo 45 a.C.) è stato un comandante militare della Repubblica romana, tribuno della plebe e comandante di cavalleria, luogotenente di Gaio Giulio Cesare in Gallia.

Tito Labieno
Pretore della Repubblica romana
Testa elmata di Tito Labieno - nel contorno “TITVS LABIENVS”
Nome originaleTitus Labienus
Nascita100 a.C. circa
Cingoli
Morte17 marzo 45 a.C.
Munda
FigliQuinto Labieno
GensGens Atia (?)
Tribunato della plebe63 a.C.
Pretura59 a.C.
Legatus legionis58 a.C. - 50 a.C.
Propretura50 a.C.

BiografiaModifica

Tito Labieno, padre di Quinto, combatté insieme a Giulio Cesare, nel 78 a.C., nella campagna navale di Publio Servilio Vatia Isaurico (proconsole in Cilicia dal 78 al 75) contro i pirati cilici.

Dopo aver rivestito la carica di tribuno della plebe nel 63 a.C.; con la pretesa di vendicare la morte dello zio, accusò Gaio Rabirio di perduellio. La ragione vera di questa presa di posizione era quella di favorire Gaio Giulio Cesare. Fu molto probabilmente su suggerimento di Cesare, ansioso di dimostrare la propria riconoscenza verso Pompeo, che Labieno e il suo collega Tito Ampio Balbo proposero di riservare tali onori a Pompeo.

In base a questa nuova legge per Cesare fu facile farsi eleggere ed ottenere la dignità di pontefice massimo quello stesso anno. Nel 59 a.C. fu pretore, durante il consolato di Cesare.

Labieno fu legato di Giulio Cesare in Gallia e seppe mostrare le sue doti di abile comandante durante i sette anni della campagna gallica; riportò importanti vittorie contro le popolazioni dei Tigurini (58 a.C.), dei Belgi, degli Atrebati, dei Morini, dei Treveri (54 a.C.) in più di un'occasione, dei Belgi (53 a.C.); si dimostrò particolarmente abile nel sedare una rivolta scoppiata nella regione di Lutezia nel 52 a.C. Cesare riponeva in lui grande fiducia e regolarmente gli lasciava il comando ogni qualvolta doveva assentarsi dalla Gallia.

Nel 51 a.C. Cesare gli affidò il governo della Gallia Cisalpina, in qualità di propretore. Prima che Cesare attraversasse il Rubicone, Labieno, fedele alla tradizione della Res Publica romana, abbandonò Cesare e si unì a Pompeo portando con sé numerosi cavalieri gallici e germanici. Pompeo lo ricompensò nominandolo comandante della cavalleria.

Dopo FarsaloModifica

Dopo la sconfitta di Pompeo a Farsalo, Labieno fuggì a Dyrrhachium, dove trovò Cicerone e lo informò della disfatta[1], ma allo stesso tempo, per incoraggiare la fazione pompeiana, sostenne che Cesare fosse stato severamente ferito nella battaglia[2]. Da Dyrrhachium riparò con Lucio Afranio prima a Corcira e poi a Cirene in Africa per incontrarsi con Catone, ma questi si rifiutò d'incontrarlo[3]. Alla fine riuscì a riunirsi con i resti dell'esercito pompeiano in Africa; qui Scipione e Catone, due dei maggiori comandanti rimasti della parte pompeiana, avevano costituito un nuovo esercito e riorganizzato la resistenza repubblicana. A Labieno fu affidato il comando di un'armata nei pressi di Ruspina e riportò una prima vittoria contro lo stesso Cesare presso la stessa città nel 46 a.C., ma alla lunga dovette ritirarsi. Poco dopo Labieno unì le proprie forze con quelle di Scipione, sotto il quale servì come legato per il resto della campagna africana[4][5].

Fu sconfitto tre mesi dopo nella battaglia di Tapso e nuovamente costretto a fuggire, rifugiandosi presso Gneo Pompeo il Giovane in Spagna.

Morì durante la battaglia di Munda il 17 marzo del 45 a.C.; secondo Appiano la sua testa mozzata fu portata a Cesare[6].

GensModifica

Lo studioso veneziano Paolo Manuzio nel suo Antiquitatum Romanarum Liber de Legibus si fece sostenitore di una tesi per cui Labieno, non essendo mai citato con un gentilizio, sarebbe appartenuto alla Gens Atia; in conseguenza di ciò, nel corso del Rinascimento venne fatto sempre più spesso riferimento a Labieno col nome completo di Tito Azio Labieno, in latino Titus Atius Labienus.[7] Non essendo però mai stato attestato il cognomen Labienus negli esponenti della gens Atia, si è pensato che si trattasse di un'altra famiglia.[8][9]

NoteModifica

  1. ^ Cicerone, De divinatione, I, 32
  2. ^ Frontino, Strategemata, II, 7
  3. ^ Plutarco, Catone minore, 56
  4. ^ Dione Cassio, XLII, 10, XLIII, 2
  5. ^ Appiano di Alessandria, Storia Romana, De bellis civilibus, II, 95
  6. ^ Appiano di Alessandria, Storia Romana, De bellis civilibus, II, 105
  7. ^ Giovanni Rotondi, Leges publicae populi romani: elenco cronologico con una introduzione sull'attività legislativa dei comizi romani, in Enciclopedia Giuridica Italiana, 1ª ed., Milano, Società editrice libraria, 1912 [1912].
  8. ^ Tito Labieno luogotenente di Cesare in Gallia,comandante della cavalleria pompeiana durante la guerra civile,Cingulum,Cingoli,gens labiena, su antiqui.it. URL consultato il 20 aprile 2021.
  9. ^ GENS ATIA O AZIA | romanoimpero.com, su romanoimpero.com. URL consultato il 20 aprile 2021.

Collegamenti esterniModifica

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