Vivigolia
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Il pavimento marmoreo della navata è un progetto del Fanzago. L'architetto non riuscì a portarlo a termine a causa di una violenta controversia con i certosini, verificatasi nel 1656, che lo spinse ad interrompere ogni rapporto con loro e quindi a lasciare incompiuti molti progetti, che furono però ultimati da Bonaventura Presti, che assunse la direzione dei lavori in tutto il complesso, e al quale si deve l'assetto definitivo della chiesa. Il pavimento fu realizzato dal Presti nel 1664-1665 in preziosi marmi policromi, costituendo un grande esempio dell'arte dell'intaglio e della commissione dei marmi; si tratta di una soluzione decorativa che produce un'apparente tridimensionalità e uno straordinario impatto visivo per chi visita la chiesa. Il pavimento, attualmente, versa in un cattivo stato di conservazione a causa della frantumazione, della perdita di adesione e del conseguente distacco degli intagli marmorei su gran parte della navata, del coro e del presbiterio, che stanno provocando la perdita di parti decorative, quindi il suo restauro è oggetto di una raccolta fondi Art Bonus.

http://artbonus.gov.it/il-pavimento-di-cosimo-fanzago-nella-certosa-di-s.-martino.html


In questa sala sono ospitate le carrozze reali: la carrozza degli Eletti, la più antica della Città, e la carrozza di Maria Cristina di Savoia.

La carrozza degli Eletti fu realizzata tra la fine del XVII e l'inizio del XVIII secolo per volere del Tribunale di San Lorenzo per trasportare gli Eletti della Città. Essa è probabilmente di fabbrica inglese, poiché fu rinvenuto un suo antico disegno con indicazioni in lingua inglese, e riveste un ruolo molto importante e emblematico per il popolo partenopeo in quanto è stata impiegata nelle più significative parate di Napoli, tra cui quella di Piedigrotta e la Processione del Corpus Domini. Tutte le decorazioni esterne sono nei toni dell'oro e alludono alla tradizione popolare: sulle portiere sono applicati dei vasi in lamina metallica decorata e degli scudi di rame su cui sono dipinte delle figure allegoriche. Il dipinto sullo scudo a destra raffigura la giustizia disposta tra due puttini, invece l'immagine sullo scudo a sinistra non è più leggibile. Sul retro della carrozza vi è un'altra raffigurazione con una donna avente ai piedi un leone e a destra un angelo che sorregge uno stemma. Sul fregio superiore, sia avanti che indietro, si trova lo stemma di Napoli, giallo e rosso, con una C che indica la parola comune, due angeli reggono il sedile del cocchiere, molto ampio e in velluto rosso, come tutti gli interni della carrozza, che sono stati rifatti, probabilmente, alla fine del 700 e poi agli inizi dell' 800. Nel 1865 la carrozza fu chiesta da Giuseppe Fiorelli al sindaco della Città per poterla esporre al pubblico e da allora si trova nel museo di San Martino.

Lo stato di conservazione della carrozza degli eletti presenta diverse problematiche: la stratificazione di polvere, vernici e dorature alterate non consente la lettura di tutte le superfici decorate, gli insetti xilofagi hanno rovinato gran parte della carrozza, anche gli elementi strutturali e decorativi in metallo sono molto rovinati a causa della grave ossidazione dei materiali e la presenza di ruggine nelle parti in ferro, i tessuti e i cuoi necessitano di un intervento di restauro e le parti scolpite versano in gravi condizioni, poiché ai vecchi danni si associano nuove lesioni. La carrozza è oggetto di una campagna di restauro su artbonus: http://artbonus.gov.it/carrozze-del-museo-di-s.-martino-la-carrozza-degli-eletti.html

La carrozza di Maria Cristina di Savoia fu realizzata nel 1806 per Ferdinando I di Borbone, ma fu quasi certamente utilizzata anche da Gioacchino Murat nel periodo 1808-1815, quando fu nominato reggente del Regno di Napoli. Dopo la sua morte fu impiegata dal re Ferdinando II delle Due Sicilie e dalla sua prima moglie, Maria Cristina di Savoia, per partecipare alle feste civili e religiose; fu quindi costruita per i Borbone e da loro utilizzata fino alla fine del Regno delle Due Sicilie, e poi con l'unità d'Italia passò in uso ai Savoia. Presenta delle caratteristiche tipiche della grande tradizione napoletana, la cassa è ricoperta da una lamina di bronzo dorato e tutte le decorazioni e i tessuti sono nei toni dell'oro, le superfici sono adornate con intagli lignei che raffigurano dei motivi allegorici e i simboli del Regno Borbonico, sulla sommità c'è una statua lignea che riproduce i simboli della corona, sostenuta da due angeli.

Entrambe le carrozze versano in un cattivo stato di conservazione, la carrozza di Maria Cristina presenta diversi problemi nei rivestimenti: la lamina di bronzo dorato si è ossidata, le parti dorate e le parti dipinte in celeste sono molto rovinate a causa dell'impoverimento degli strati preparatori e delle superfici, tutti gli elementi in ferro risultano sporchi e ossidati e anche i tessuti di rivestimento sono sporchi di polvere, usurati e sfibrati. L'attacco degli insetti xilofagi ha notevolmente indebolito varie sezioni della carrozza, ma il problema più grave è costituito dal cedimento e dalla consequenziale perdita delle quattro cinghie di sospensione della cassa. La carrozza è oggetto di una campagna di restauro su artbonus: http://artbonus.gov.it/la-berlina-cosiddetta-di-maria-cristina-di-savoia.html

Nella sala sono affissi alle pareti anche gli stemmi reali e vicereali in marmo.


All'interno del Complesso Museale di San Martino sono conservati tre orologi solari molto antichi, che scandivano il tempo dei certosini e favorivano le attività di preghiera contemplate dalla regola.

Nel Quarto del Priore, all'interno della biblioteca, si vede una pavimentazione del 1771 di Leonardo Chiaiese decorata in maiolica, con la rappresentazione della meridiana a camera oscura di Rocco Bovi. Questo sofisticato strumento di misurazione del tempo è composto da tre fasce in bronzo, su cui sono intagliate alcune informazioni calendariali, astronomiche e geometriche molto precise, incorniciate da lastre di marmo e riggiole. Il foro gnomonico è collocato sulla piattabanda del finestrone, e da esso entrano i raggi solari, che indicano il mezzogiorno in ogni giorno dell'anno e la cui direzione si modifica costantemente; essi costituiscono una piccola ellissi, la cui forma varia in base al periodo dell'anno: è più piccola e stretta quando c'è il solstizio estivo e più grande e lunga con il solstizio invernale. La striscia centrale inizia con una punta arrotondata e sotto la finestra della sala si trova un gradino in pietra su cui è incisa la scritta CAR, simbolo delle certose e termine che proviene da Carthusia, poi vi è la scritta PERPENDICULI PARTES DECEM MILLESIMI che concerne la scala ticonica inferiore che è stata suddivisa in cento parti uguali. La meridiana è affiancata da due rose dei venti e su di essa sono rappresentati alcuni pianeti, in ordine partendo da sud: Mercurio, Luna, Venere, Saturno, Marte, Giove; inoltre sono incise anche sette ellissi che raffigurano il sole in specifici momenti dell'anno e sulla fascia centrale si leggono delle piccole scritte che si riferiscono a località geografiche, cioè villaggi, paesi e fiumi che sono situati lungo il meridiano terrestre che attraversa la Città, infine vi sono rappresentate le costellazioni che passano per il meridiano di Napoli e un calendario ispirato a quello Gregoriano.


All'esterno dell'appartamento del priore, vicino alla scala dello gnomone, si trova un orologio solare a quadrante multiplo, si tratta di un oggetto molto particolare destinato alla misura del tempo attraverso il confronto delle ombre di due o più gnomoni, ognuno collocato in uno degli otto quadranti. È scolpito in marmo e ha forma quadrangolare, i lati sono orientati verso nord-sud ed est-ovest così che i quadranti orizzontali e verticali siano esposti a sud. L'orologio fu probabilmente realizzato nel XVII secolo poiché consente la misurazione del tempo secondo i più comuni sistemi temporali utilizzati in quel periodo. Le linee del tempo sono molto visibili grazie alla profondità dell'incisione, invece gli gnomoni sono andati completamente perduti, però si sono conservati i fori di alloggiamento, e complessivamente l'orologio versa in un cattivo stato di conservazione perché il blocco di pietra presenta numerose inflorescenze.


Nel chiostro grande, lungo la facciata est, sono collocati anche due quadranti di forma circolare, un orologio meccanico e un orologio solare: si tratta di un abbinamento che era molto frequente nella parte esterna di torri municipali, campanili e monasteri. Sul lato destro della facciata si trova un orologio meccanico a sei ore, con una sola lancetta a forma di chiocciola, che suggerisce le ore dalla I alla VI, e ha la funzione di indicare le ore italiche, il cui calcolo comincia al tramonto e si conteggiano ventiquattro ore fino al seguente crepuscolo. Sul lato sinistro è situato un quadrante solare verticale di cui si è conservato unicamente l'ortostilo, poiché le linee delle ore sono state cancellate dagli agenti atmosferici. La punta dello gnomone è esposta ai raggi provenienti da est, sud-est e sud quindi l'ortostilo può proiettare la sua ombra dall'alba a mezzogiorno e resta inoperoso nelle ore pomeridiane, però non è possibile decretare con sicurezza se il sistema orario fosse quello italico oppure quello ad usum campanae. L'orologio aveva l'importante scopo di aiutare i certosini nelle loro attività e controllare il simmetrico orologio a sei ore.


Questi tre orologi necessitano di essere restaurati poiché nel corso del tempo si sono notevolmente danneggiati, perciò sono oggetto di una raccolta fondi Art Bonus. La meridiana a camera oscura ha subito dei lavori di manutenzione e consolidamento che hanno causato lo spostamento del foro gnomonico che ostacola l'ingresso dei raggi solari in autunno e in inverno, alla bussola incastonata nel pavimento manca l'ago magnetico e una delle due rose dei venti presenta un'errata orientazione rispetto ai punti cardinali. L'orologio solare a quadrante multiplo non ha più gli gnomoni e la superficie è stata rovinata dalle intemperie, invece il quadrante solare verticale è stato cancellato dalla stesura di un nuovo intonaco dopo un lavoro di manutenzione, quindi le antiche linee orarie non sono più visibili.


http://artbonus.gov.it/tre-antichi-orologi-solari-nella-certosa-di-san-martino-a-napoli.html