Ercole Ronco (Torino, 16 aprile 18901967) è stato un militare italiano, generale di corpo d'armata e Capo di Stato Maggiore del Regio Esercito.

Ercole Ronco
NascitaTorino, 16 aprile 1890
Morte1967
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Italia
Forza armataRegio Esercito
ArmaFanteria
CorpoAlpini
Anni di servizio1911-1946
GradoGenerale di brigata
GuerreGuerra italo-turca
Prima guerra mondiale
Seconda guerra mondiale
CampagneGuerra di liberazione
Comandante di184ª Divisione paracadutisti "Nembo"
30ª Divisione di sicurezza interna Sabauda
Decorazionivedi qui
Studi militariRegia Accademia Militare di Modena
dati tratti da Gli Ordini militari di Savoia e d'Italia[1]
voci di militari presenti su Wikipedia

Biografia modifica

Nacque a Torino il 16 aprile 1890, figlio di Attilio e Apollonia Vercellino.[1] Frequentò la Regia Accademia Militare di Modena da cui uscì con il grado di sottotenente il 17 settembre 1911, assegnato al 2º Reggimento alpini,[1] partecipando poi alla Guerra italo-turca dove fu decorato con una Medaglia d’argento al valor militare per il coraggio dimostrato nel combattimento di Bu Mafer, l’8 ottobre 1912.[1]

Con il grado di capitano, e poi di maggiore, prese parte alla prima guerra mondiale, dove ricoprì incarichi in seno allo Stato maggiore della 36ª Divisione, venendo decorato con due Croci di guerra al valor militare. Negli anni 1919-1921 frequentò la Scuola di guerra dell'esercito, operando in seno al Regio corpo truppe coloniali della Cirenaica negli anni dal 1929 al 1931, partecipando alle operazioni di polizia coloniale. Assolse vari incarichi allo Stato maggiore del Regio Esercito a Roma.[1]

Promosso colonnello, comandò il 94º Reggimento fanteria "Messina" di stanza a Fano, e quindi la Scuola allievi ufficiali di complemento. Durante la seconda guerra mondiale fu Capo di stato maggiore del Comando Superiore delle forze armate dell'Egeo (EGEOMIL) a Rodi, venendo decorato con la Croce di Cavaliere dell’Ordine militare di Savoia. Nel 1942, con il grado di generale di brigata, assunse il comando della 184ª Divisione paracadutisti "Nembo", operante dapprima in Toscana e poi in Sardegna,[2] regione quest'ultima, in cui si trovava nei giorni dell'armistizio con gli Alleati dell’8 settembre 1943.[2]

All’interno della sua divisione si verificarono alcuni episodi di ammutinamento dei reparti,[3] il più grave dei quali fu quello del XII Battaglione del 184º Reggimento, al comando del maggiore Mario Rizzatti,[N 1] che decise di continuare a combattere a fianco degli ex alleati tedeschi.[4] Nel tentativo di sedare tale ammutinamento perse la vita il colonnello Alberto Bechi Luserna,[4] che fu poi decorato con la Medaglia d'oro al valor militare alla memoria.[5]

Sostituito dal generale Giorgio Morigi[4] al comando della divisione, nel dicembre 1944 assunse il comando della 30ª Divisione di sicurezza interna "Sabauda" che operò in Sicilia contro i moti insurrezionali separatisti.

Nel febbraio 1945 divenne Capo di stato maggiore del Regio Esercito al posto del generale Paolo Berardi, carica che lasciò nel luglio successivo, per ragioni di opportunità politica, al generale Raffaele Cadorna. Il 27 gennaio 1945 il Gruppo di Combattimento "Piceno" del Corpo Italiano di Liberazione assunse la denominazione di Comando Divisione Piceno - C.A.C.F.I.C. (Centro Addestramento Complementi per Forze Italiane di Combattimento) e per assolvere a tali funzioni venne trasferito nella zona di Cesano di Roma. Comandante era il generale di brigata Emanuele Beraudo di Pralormo, sostituito a fine febbraio dal parigrado Ezio Vegni a sua volta sostituito a sua volta dal parigrado Ercole Ronco nel maggio 1945.[N 2]

Onorificenze modifica

«Capo di Stato Maggiore del Comando Superiore delle Forze Armate dell’Egeo, in oltre un anno di dura e rischiosa guerra, ha dato opera entusiasta, infaticabile e preziosa, coordinando con passione e maestria l’impiego armonico di forze di terra, del cielo e del mare. Le spedizioni per la rioccupazione di Castelrosso, per la conquista delle Cicladi, di Samo, Vicaria, Furni e di parte di Creta lo dimostrano con i loro brillanti successi. Bella tempra di soldato, ha compiuto rischiosi e utilissimi voli di osservazione strategica, e ha fuso negli elementi del Comando e nelle truppe una sola volontà: quella della vittoria. Isole italiane dell’Egeo, luglio 1940-aprile 1941.»
— Regio Decreto n.254 del 3 ottobre 1941
«Comandante di plotone di avanguardia, attaccava il nemico in posizione, dimostrando grande slancio, capacità ed ardimento. Bu Mafer, 8 ottobre 1912.»
«Capo di stato maggiore delle forze armate dell’Egeo, per meglio rendersi conto dell’attrezzatura bellica di una base aeronavale nemica, si recava in volo su di essa e malgrado la violenta reazione avversaria che colpiva gravemente l’apparecchio, conduceva a termine la sua missione, fornendo al comando preziose e sicure informazioni. Esempio di dedizione al dovere e di sprezzo del pericolo. Cielo di creta, 6 gennaio 1941.»
— Decreto Luogotenenziale 22 luglio 1916
«Capitano a disposizione in servizio presso il comando di una divisione, durante dieci giorni consecutivi di aspri combattimenti, spiegò coraggiosa attività, tenacia e zelo nell’adempimento del suo servizio, sollecitando di essere inviato, e portandosi ripetutamente dove maggiore era il pericolo per assicurarsi della esatta esecuzione degli ordini del comando e per rendersi maggiormente utile con l’efficace opera sua, prendendo anche parte personalmente, con le truppe di attacco, alla riconquista di una località occupata dal nemico. Val Fella-Pielungo Stretta di Forno, ottobre-novembre 1917.»
— Regio Decreto 7 gennaio 1938[6]

Note modifica

Annotazioni modifica

  1. ^ Caduto in combattimento durante la difesa di Roma nel giugno 1944, e decorato di Medaglia d’oro al valor militare alla memoria dal governo della Repubblica Sociale Italiana.
  2. ^ Il 1 dicembre 1945 la divisione cessò di esistere e il personale andò a costituire il Comando Scuole Centrali Militari di Cesano.

Fonti modifica

  1. ^ a b c d e Bianchi 2012, p. 225.
  2. ^ a b Bassetti 2009, p. 110.
  3. ^ Bassetti 2009, p. 111.
  4. ^ a b c Bianchi 2012, p. 226.
  5. ^ Bassetti 2009, p. 112.
  6. ^ Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n.228, del 5 ottobre 1938 Supplemento, pag.5.

Bibliografia modifica

  • Sandro Bassetti, Terni. Tre lager per Fascisti, Milano, Lampi di Stampa, 2009, ISBN 88-488-0926-X.
  • Andrea Bianchi, Gli Ordini militari di Savoia e d'Italia, Associazione Nazionale Alpini, 2012, ISBN 978-88-902153-3-9.
  • Rino Messina, La strage negata, Istituto Poligrafico Europeo, 2015, ISBN 978-8-89625-153-9.

Voci correlate modifica

Collegamenti esterni modifica