Ines Donati

attivista italiana

Ines Donati (San Severino Marche, 8 giugno 1900Matelica, 3 novembre 1924) è stata un'attivista italiana, tra le figure femminili più note e discusse della prima era fascista.[1] Soprannominata "La Capitana", aderì all'ideologia nazionalista fin dalla prima guerra mondiale, facendo poi parte di alcune associazioni come il Corpo nazionale giovani esploratrici e l'Associazione Nazionalista Italiana. Dopo aver ricevuto il "battesimo del fuoco" nel 1921, partecipò alla marcia su Roma nel 1922, anno in cui si ammalò di tubercolosi; nonostante la malattia, fece parte della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale.

Ines Donati

Biografia modifica

Dai primi anni al "battesimo di fuoco" modifica

Nata da David Donati, un calzolaio e da Ludmilla Bertolli, un'orologiaia,[2] Ines, che viene descritta come una ragazza di piccola statura con i capelli scuri,[3] fu una nazionalista della prima ora, attratta dalla propaganda patriottica durante la prima guerra mondiale e distinguendosi fin dall'infanzia per l'acceso "amor di patria",[4] motivo per cui venne soprannominata "La Capitana" e "La Patriottica".[5][6] A diciotto anni si trasferì a Roma,[7] presso un collegio di suore in Trastevere[8], dove era giunta per studiare all'Istituto di belle arti,[9] militando attivamente in alcune associazioni dell'epoca, in particolare facendo parte dell'Unione Nazionale Giovani Esploratrici Italiane [ramo femminile del Corpo Nazionale Giovani Esploratori Italiani - CNGEI - associazione scout fondata nel 1912) , dell'Associazione Nazionalista Italiana e del "Gruppo Giovanile Ruggero Fauro", risultando inoltre l'unica donna iscritta nella squadra d'azione nazionalista romana dei "Sempre Pronti".[1][10] Durante lo sciopero degli spazzini nel maggio 1920 a Roma, la Donati fu una delle due donne, insieme a Maria Rygier, che si distinsero tra gli uomini nella pulizia delle strade; la ragazza inoltre si adoperò come portalettere ed elettricista.[10][11]

Amica di Piera Fondelli l'anno successivo, partecipò al volontariato civile e fece propaganda per le liste nazionali fasciste alle elezioni politiche.[4] Il 18 febbraio 1921 aggredì, appena fuori dal Caffè Aragno di Roma,[12] nei pressi di Montecitorio, il deputato del PSI Alceste Della Seta, schiaffegiandolo prima che alcuni squadristi prendessero a bastonarlo;[13], tuttavia l'obiettivo iniziale programmato per quell'attacco dalla Donati, per cui venne arrestata e posta in carcere per un mese,[8] era Nicola Bombacci, uno dei fondatori del Partito Comunista d'Italia.[4]. Il 31 luglio dello stesso anno fu schiaffeggiata per ritorsione all'atto compiuto contro Della Seta da alcuni antifascisti di Trastevere[14].

Lo squadrismo e la morte modifica

 
Il monumento dedicato a Ines Donati a San Severino Marche, abbattuto nel 1943.

Nel 1922 si ammalò di tubercolosi. Proclamato lo sciopero legalitario da parte dell'Alleanza del Lavoro anche ad Ancona, i manifestanti presero di mira in particolar modo il servizio ferroviario, fino a quando, il 2 agosto, la sbullonatura delle rotaie causò il deragliamento di un treno presso Osimo, che portò alla morte del fuochista Attilio Forlani e al ferimento di alcuni passeggeri.[15][16] La Donati, pur malata, prese parte agli scontri del 5 agosto del capoluogo marchigiano contro gli scioperanti, nel corso dei quali le squadre d'azione e i nazionalisti, provenienti perlopiù dal centro Italia, riuscirono ad occupare la città. Negli scontri vennero uccisi due antifascisti, Amilcare Biancheria e Giuseppe Morelli.[17]

 
L'inumazione delle spoglie di Ines Donati nella Cappella degli Eroi al Cimitero Monumentale del Verano.

Il 28 settembre Donati prese parte alle operazioni di soccorso a seguito dell'esplosione della polveriera di Falconara, che causò ingenti danni alle case di Pitelli.[5] Fu inoltre una delle poche donne che presero parte alla marcia su Roma;[18] Dopo aver raggiunto Ancona, portando con sé due pistole,[19] prese un treno per la capitale, dove conobbe personalmente Mussolini.[5] Nel 1923 chiese di far parte della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, creata nello stesso anno. Nel 1924 le sue condizioni di salute peggiorarono notevolmente e alle 8:20 del 3 novembre morì di tubercolosi a Matelica, a soli 24 anni, acclamata come martire fascista.

La sua figura venne utilizzata nella propaganda fascista: per volontà di Achille Starace, il suo corpo venne riesumato il 23 marzo 1933 per dei funerali solenni che la innalzarono a icona della gioventù femminile dell'epoca;[7] la sua salma venne collocata nella Cappella degli Eroi nel cimitero monumentale del Verano a Roma.[5] Precedentemente, nel 1926, è stata intitolata a lei una colonia elioterapica a Matelica.[20] Il 17 ottobre 1937, davanti a 25.000 persone, le venne intitolata una statua bronzea, opera dell'architetto Rutilio Ceccolini e dello scultore Luigi Gabrielli nelle vicinanze della piazza principale di San Severino Marche; il discorso di presentazione venne pronunciato da Wanda Bruschi, moglie di Raffaele Gorjux ed importante ispettrice fascista.[21] L'opera fu sbullonata e abbattuta da alcuni settempedani il 25 luglio 1943[22] e venne riconvertita come monumento ai caduti di tutte le guerre.[5]

Galleria d'immagini modifica

Note modifica

  1. ^ a b (EN) Ines Donati: the making of a fascist martyr., in Wantedineurope.com, 26 maggio 2008. URL consultato il 22 luglio 2011.
  2. ^ D'Agostino, 1940, p. 22.
  3. ^ De Grazia, 1993, p. 33.
  4. ^ a b c Colonnelli, 2008, p. 482.
  5. ^ a b c d e Colonnelli, 2008, p. 481.
  6. ^ Maria Rosa Cutrufelli, Piccole italiane - un raggiro durato vent'anni, Anabasi, 1994, p. 27, ISBN 88-417-7029-5.
  7. ^ a b De Grazia, 1993, p. 34.
  8. ^ a b Pigliucci, 1991, p. 41.
  9. ^ Patrizia Dogliani, Il fascismo degli italiani - una storia sociale, UTET, 2008, p. 78, ISBN 88-02-07946-3..
  10. ^ a b Domenico Mario Leva, Cronache del Fascismo romano, Istituto dei "Panorami di realizzazioni del fascismo, 1943, p. 215, ISBN non esistente..
  11. ^ Pino Cacucci, Oltretorrente, Universale economica Feltrinelli, 2005, p. 50, ISBN 88-07-81869-8.
  12. ^ De Grazia, 1993, pp. 33-34.
  13. ^ Percosso a Roma un deputato socialista, in Corriere della Sera, 21 febbraio 1921. URL consultato il 22 luglio 2011 (archiviato dall'url originale il 16 ottobre 2013).
  14. ^ Franzinelli, p. 210.
  15. ^ L’offensiva delle camicie nere, su cinquantamila.corriere.it, Corriere della Sera. URL consultato il 25 luglio 2011 (archiviato dall'url originale il 4 giugno 2015). "Il fuochista Attilio Forlani muore in un deragliamento causato dalla sbullonatura delle rotaie da parte degli scioperanti, nei pressi di Osimo (An)"
  16. ^ Chiurco, 1929, p. 222: "Nella notte presso Aspio, fra Varano e Osimo, è fatto deragliare il direttissimo proveniente da Bari: il fuochista Forlani Attilio muore, volontario, ex combattente, del Fascio di Castellamare Adriatico, muore; il macchinista, un ingegnere delle ferrovie e un viaggiatore sono feriti."
  17. ^ 5 agosto 1922 - 5 agosto 2006, su bibliotecaliberopensiero.it. URL consultato il 24 luglio 2011 (archiviato dall'url originale il 19 luglio 2012)..
  18. ^ Chiurco, 1929, p. 235.
  19. ^ Pellegrino, 1986, p. 44.
  20. ^ Colonnelli, 2008, p. 484.
  21. ^ Repertorio di Libri e Pubblicazioni, in Adamoli.org. URL consultato il 15 settembre 2011.
  22. ^ Paciaroni, 2014, p. 18.

Bibliografia modifica

  • Giorgio Alberto Chiurco, Storia della Rivoluzione Fascista, IV, Firenze, Vallecchi editore, 1929, ISBN non esistente.
  • Igino Colonnelli, Giuseppe Moscatelli «Moschino», Halley Editrice, 2008, ISBN 88-7589-333-0.
  • Alfonso D'Agostino, Carlo Pocci Sanguigni (a cura di), Ines Donati (Memorie raccolte coordinate e pubblicate), Tip. delle Mantellate, 1926, ISBN non esistente.
  • Alfonso D'Agostino, Una martire in camicia nera, Milano, 1940, ISBN non esistente.
  • Piero Meldini, Sposa e madre esemplare - Ideologia e politica della donna e della famiglia durante il fascismo, Guaraldi, 1975, ISBN non esistente.
  • (EN) Victoria De Grazia, How Fascism Ruled Women: Italy, 1922-1945, University of California Press, 1993, ISBN 0-520-07457-2.
  • Raoul Paciaroni, Una lunga scia di sangue. La guerra e le sue vittime nel Sanseverinate (1943-1944), San Severino Marche, Hexagon Edizioni, 2014, ISBN 978-88-97838-02-9.
  • Alberto Pellegrino, I Bellabarba. Cento anni in tipografia. 1884-1984, a cura di Raoul Paciaroni, Antonella Bellabarba, San Severino Marche, Bellabarba, 1986, ISBN non esistente.
  • Germana Pigliucci, Gli angeli e la rivoluzione, a cura di Centro Studi Futura, Roma, Settimo sigillo, 1991, ISBN non esistente.

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