Streghe orientali

soprannome della squadra femminile di pallavolo del Giappone

Streghe orientali o Streghe d'Oriente (Tōyō no Majo in lingua giapponese (jpn. 東洋の魔女) e Oriental Witches in inglese) fu il soprannome della nazionale di pallavolo femminile del Giappone che tra il 1962 e il 1964 vinse la medaglia d'oro al campionato mondiale 1962 e ai Giochi della XVIII Olimpiade di Tokyo.

Le Streghe orientali durante la premiazione dei Giochi olimpici del 1964. Sul podio si trova la capitana Masae Kasai
(FR)

«Elles font partie d'une génération dont l'unique ambition sportive était l'honneur, la médaille. Pas de quête de célébrité, de sponsoring ni d'argent à cette époque. Elles voulaient simplement être les meilleures joueuses de volley au monde et porter haut les couleurs de leur pays»

(IT)

«Fanno parte di una generazione la cui unica ambizione sportiva era l'onore, la medaglia. Nessuna ricerca di fama, sponsorizzazione o denaro a quel tempo. Volevano solo essere le migliori giocatrici di pallavolo del mondo e indossare i colori del loro paese»

In quegli anni la nazionale giapponese fu composta nella sua quasi totalità dalle giocatrici e dall'allenatore della Nichibo Kaizuka, società pallavolistica femminile con sede a Kaizuka di proprietà della fabbrica tessile Dai Nippon Spinning, successivamente denominata Nichibo e poi ancora Unitika

Il tipo di allenamento e di gioco effettuato dalle giocatrici e dall'allenatore hanno ispirato l'anime Mimì e la nazionale di pallavolo e il manga Mila e Shiro - Due cuori nella pallavolo[2].

Storia modifica

Origini (1953-1958) modifica

Il 27 novembre 1953, Dai Nippon Spinning Co., Ltd. (in seguito Unitika) decise di fondare una squadra di pallavolo femminile nella sua fabbrica tessile di Kaizuka, vicino ad Osaka[3]. Venne scelto come allenatore Hirofumi Daimatsu, un ex militare che allenava a livello universitario.[4] Il 15 marzo 1954 la squadra di pallavolo femminile, comunemente chiamata in quel periodo Nichibo Kaizuka, fu fondata nello stabilimento di Kaizuka, in base all'obiettivo di Daimatsu, che era quello di "diventare in 2 anni la squadra n. 1 in Giappone"[3]. Al momento della costituzione, la squadra poteva rendere solo in piccoli tornei, riuscendo a malapena ad arrivare all'ottavo posto nelle competizioni nazionali.

Il durissimo allenamento giornaliero (fino a mezzanotte per sei giorni a settimana, dopo la fine dei turni di fabbrica[5]) iniziò a dare i suoi frutti, e nel 1955, la squadra ottenne la prima vittoria nel campionato di pallavolo aziendale a 9 giocatrici dell'All-Japan e poi la vittoria nel National Sports Festival of Japan. In totale la squadra vinse 3 titoli.

Campionati mondiali (1958-1962) modifica

Nel 1958 la squadra risultò vincitrice in 5 tornei, cosa che nessun'altra squadra aveva realizzato in precedenza. A quel punto Daimatsu (ex comandante di plotone dell’esercito imperiale giapponese, soprannominato "demone" per i suoi metodi brutali di addestramento[6]), che dominava nei tornei nazionali, rivolse lo sguardo verso le competizioni internazionali, con l'obbiettivo di dare vita ad una nazionale femminile di pallavolo. Si presentava però un grosso problema: la differenza tra il sistema a 9 giocatori adottato dal Giappone e il sistema a 6 giocatori, richiesto dalle regole internazionali. Nel 1958, la Nichibo Kaizuka passò dal sistema a 9 a quello a 6, e la squadra nazionale, allenandosi faticosamente in vista del campionato mondiale di pallavolo femminile del 1960, arrivò al secondo posto dietro l'Unione Sovietica.[7][8]

Nei tornei in Europa del 1961, la squadra giapponese ottenne 24 vittorie consecutive contro altre squadre nazionali. I media europei riconobbero il successo della squadra, iniziarono a chiamare le giocatrici "eroine nazionali"[1] e il team venne soprannominato Streghe orientali.

Il secondo posto del precedente campionato non aveva soddisfatto l'allenatore Daimatsu, e al Campionato mondiale di pallavolo femminile del 1962, la squadra delle Streghe orientali, composta per la quasi totalità dalle giocatrici della Nichibo Kaizuka raggiunse l'obiettivo di vincere contro l'Unione Sovietica.[9][8]. Usando il kaiten reshību, metodo di rotazione sul campo e ricezione della palla, il Giappone vinse la medaglia d'oro.[9]

«Guidata dal Capitano Masae Kasai, 31 anni, che ha rotto il suo fidanzamento per allenarsi per le Olimpiadi, la squadra femminile giapponese, punteggiando ogni colpo con cori banzai di ‘Hai! Ehi!’, ha battuto così male la Russia in finale che le donne moscovite si sono chiuse negli spogliatoi per un bel pianto.[2]»

Come ricompensa per la vittoria, la squadra viaggiò in tutto il mondo, ma poiché la maggior parte delle componenti della squadra si voleva finalmente riappropriare della propria vita, sia loro che Daimatsu, stavano pensando al ritiro[9].

Olimpiadi di Tokyo (1962-1964) modifica

Dopo che la pallavolo diventò disciplina ufficiale a partire dalle Olimpiadi estive del 1964, la Federazione pallavolistica del Giappone chiese alle giocatrici di continuare, anche in seguito alle numerose lettere che i fan inviarono a Hirofumi Daimatsu. Visto che mancavano 2 anni alle Olimpiadi di Tokyo del 1964 e prendendo in prestito l'incoraggiamento usato da Daimatsu Ore ni tsuite koi (Follow me!/Seguitemi!)[10], la caposquadra Masae Kasai e le altre presero la decisione di continuare a gareggiare.[11] Da allora in poi, per 2 anni si impegnarono al massimo, lavorando in azienda tutta la mattina ed esercitandosi poi dalle 15 fino alle 24. Lo stesso Daimatsu lavorava fino alle 16 e si univa all'allenamento.[12].

Il 23 ottobre 1964, il Giappone affrontò l'Unione Sovietica alle Olimpiadi di Tokyo. Il Giappone vinse i primi due set senza problemi; l'Unione Sovietica cercò di resistere nel terzo set, annullando per 5 volte il match point del Giappone, ma alla fine, per un fallo di invasione dell'Unione Sovietica, fu decisa la vittoria della nazionale nipponica.[11] La finale, svolta allo stadio Komazawa Gymnasium di Tokyo, portò ad un'audience televisiva sulla tv nazionale NHK del 66,8% (intorno all'80% secondo altri[13]), un record ancora imbattuto come trasmissione sportiva[14]

Delle 12 giocatrici che rappresentarono il Giappone alle Olimpiadi di Tokyo del 1964, dieci appartenevano alla Nichibo Kaizuka:[15]

Cultura di massa modifica

La storia delle Streghe Orientali ha ispirato i manga e anime giapponesi conosciuti in Italia come Mimì e la nazionale di pallavolo (dove alcune scene dell'anime sono state create proprio sulla base di veri video degli allenamenti delle pallavoliste) e Mila e Shiro - Due cuori nella pallavolo.[2][16]

Nel 1964 il corto Le Prix De La Victoire della regista Nobuko Shibuya sulla squadra delle Streghe orientali vinse il Grand Prix al Festival di Cannes nella categoria cortometraggi.[17] Le riprese erano state fatte cinque mesi prima delle Olimpiadi ed la regista, nell'intento di descrivere il potenziale dell'essere umano e per conoscere il vero aspetto della squadra, aveva girato le scene con le giocatrici dal vivo[14].

Nel 2021 è uscito il documentario francese Les sorcières de l’Orient, diretto da Julien Faraut, che racconta la storia delle Streghe Orientali. Il documentario, che alterna filmati di archivio e testimonianze dalle atlete, oggi anziane[16] è stato presentato in anteprima all'International Film Festival Rotterdam a febbraio 2021.[16][18][19] e al Pesaro Film Festival a giugno dello stesso anno[20].

Note modifica

  1. ^ a b (FR) Stéphanie O'Brien, "Les Sorcières de l'Orient" : l'incroyable histoire de ces volleyeuses japonaises devenues des stars aux JO de Tokyo en 1964, in Le Figaro, 21 luglio 2021. URL consultato il 10 agosto 2021.
  2. ^ a b c Annalisa Lo Monaco, Le Streghe Orientali: la squadra giapponese che ispirò “Mila e Shiro” e “Mimì”, in Vanilla Magazine. URL consultato il 9 agosto 2021.
  3. ^ a b (JA) 日紡貝塚チームの誕生, su Osaka Kaizuka City.
  4. ^ (JA) Hirofumi Daimatsu|Kotobank, accesso 9 agosto 2021
  5. ^ (EN) Jeff Z. Klein, Remembering Volleyball’s ‘Oriental Witches’, in The New York Times, 23 maggio 2008.
  6. ^ Tommaso Dotta, Le Streghe d’Oriente: quando il Giappone dominava la pallavolo, su Problemi di volley, 13 febbraio 13 2021. URL consultato il 10 agosto 2021.
  7. ^ (JA) 日紡貝塚チームの誕生, accesso 9 agosto 2021
  8. ^ a b Hirofumi Daimatsu - il coach demonio, accesso 17 agosto 2021
  9. ^ a b c (EN) Robert Whitting, 'Witches of the Orient' symbolized Japan's fortitude, in The Japan Times, 21 ottobre 2014. URL consultato l'8 agosto 2021 (archiviato il 1º febbraio 2016).
  10. ^ Andreas Niehaus e Christian Tagsold, Sport, Memory and Nationhood in Japan: Remembering the Glory Days, Routledge, 2013, ISBN 9781135712235.
  11. ^ a b (JA) どんな方だった? 東洋の魔女 磯サタさん(72歳)逝去, accesso 9 agosto 2021
  12. ^ (JA) [月刊バレーボール 2010年7月号 117ページ [Mensile di pallavolo, p117 (luglio, 2010)], accesso 9 agosto 2021
  13. ^ Giulia Pompili, Sotto lo stesso cielo, Arnoldo Mondadori Editore, 2021, ISBN 9788835710745.
  14. ^ a b (JA) 伝説の体育館 大阪 貝塚市, su sports.nhk.or.jp, 6 dicembre 2017. URL consultato il 9 agosto 2021 (archiviato dall'url originale l'8 agosto 2021).
  15. ^ Formazione nazionale partecipante alle olimpiadi del 1964, su sports.nhk.or.jp. URL consultato il 18 agosto 2021.
  16. ^ a b c Julien Faraut, le ragazze che andarono a Tokio sicure di vincere, in il manifesto. URL consultato il 9 agosto 2021.
  17. ^ (FR) Le Prix De La Victoire, su Festival di Cannes. URL consultato l'11 agosto 2021.
  18. ^ (EN) The Witches of the Orient review – very strange but true sports history, in The Guardian. URL consultato il 9 agosto 2021.
  19. ^ (EN) Like a well-oiled machine, su iffr.com, 7 febbraio 2021. URL consultato il 9 agosto 2021.
  20. ^ (EN) Volleyball: The Witches of the East, 1964 Olympic gold medal, become a film, in Italy24news. URL consultato il 10 agosto 2021 (archiviato dall'url originale il 10 agosto 2021).

Bibliografia modifica

Voci correlate modifica

Collegamenti esterni modifica

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