Teatro Dino Buzzati

teatro di Belluno, Italia

Il Teatro Dino Buzzati, già Teatro Comunale, è un teatro storico situato nel cuore della città di Belluno, in Veneto. Sito in Piazza Vittorio Emanuele II, adiacente a Piazza dei Martiri, è il principale teatro della città e dell'intera Provincia di Belluno.

Teatro Dino Buzzati
Ubicazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
LocalitàBelluno
IndirizzoPiazza Vittorio Emanuele II
Dati tecnici
TipoSala a ferro di cavallo con due gallerie a balconata
FossaPresente
Capienza645 posti
Realizzazione
Costruzione1833-1835
Inaugurazione26 settembre 1835
ArchitettoGiuseppe Segusini
IngegnereEmilio Bovio (interni)
ProprietarioComune di Belluno

Storia modifica

Le origini modifica

 
Piazza Duomo, stampa di Tommaso Salmon del 1750, in cui si può notare l'antico palazzo del governo cittadino detto la Caminada, oggi perduto

Già nel Seicento esisteva a Belluno un teatro di ridotte proporzioni; era situato al secondo piano del Palazzo del Consiglio dei Nobili, detto la Caminada, nella Piazza Duomo, in una sala destinata, nei primi tempi, al deposito delle armi.

Nel XVIII secolo ne fu ampliata la capienza, tanto che nel 1756 il numero dei posti era considerato ragguardevole per il suo tempo.

Nel 1816, poiché le autorità austriache avevano progettato di abbattere la Caminada per costruire al suo posto la nuova sede degli uffici giudiziari, prese corpo l'idea di un teatro più grande e adeguato ai bisogni della città. Il Comune decise quindi di trasferire l'amministrazione alla società dei proprietari delle logge.[1]

La nascita del teatro modifica

 
Giovanni Pividor. Stampa in occasione dell'inaugurazione del nuovo Teatro Sociale di Belluno. Si noti sulla sinistra l'indicazione di Piazza del Papa al posto di Campitello (1835)

Nel gennaio del 1833 furono incaricate tre persone per individuare il posto su cui insediare la struttura teatrale e stimare i costi. I nobili Andrea Miari, Cesare Pagani Cesa e Giuseppe Agosti riferirono al Comune le loro considerazioni.

L'area fu individuata a ridosso di Porta Dojona, all'estremità est di Piazza Campitello, ove sorgeva il vecchio Fondaco delle Biade, fin dal medioevo il più grande magazzino della città. Da tempo in condizioni precarie, ne fu decretata la demolizione per lasciar posto all'edificio da destinarsi a teatro. Inoltre, la decisione di erigere il nuovo teatro in Piazza Campitello fu determinata anche dalla crescente importanza che, proprio in quegli anni, la piazza andava assumendo per la popolazione. Non più quindi solo un luogo di mercato del bestiame, al di fuori delle mura medievali. Ma salotto buono della città, punto di ritrovo della buona borghesia, luogo di aggregazione, di passeggiate, sempre più spesso sfondo di eventi e manifestazioni pubbliche. Non a caso, proprio in quegli anni, sorsero in piazza i due più importanti caffè storici della città, tuttora esistenti. La decisione di creare un nuovo, maestoso teatro in tale luogo manifestava quindi la sempre più convinta volontà dei cittadini di dare importanza e prestigio a quella parte della città considerata da sempre periferica, in quanto esterna alle antiche mura, e priva di opere o monumenti di rilievo, al contrario delle ben più importanti ed antiche Piazza Duomo e Piazza delle Erbe. In questo modo si andava delineando una sorta di "divisione" in due parti della città che, per certi versi, persiste tuttora: la parte antica, racchiusa nelle mura medievali, sede delle autorità governative, giudiziarie ed ecclesiastiche; e la parte esterna ad esse, con Piazza Campitello che diventava sempre più il cuore pulsante della vita sociale bellunese.[1]

I lavori per il nuovo teatro cominciarono il 12 giugno 1833, su disegno dell'architetto Giuseppe Segusini, noto per aver progettato una serie di importanti edifici non solo a Belluno ma anche in altre città del Veneto e all'estero: il 26 settembre 1835 il teatro era già aperto al pubblico.[2]

 
Giovanni Pividor. Stampa in occasione dell'inaugurazione del nuovo Teatro Sociale di Belluno (1835)

La decorazione del teatro venne affidata ad un altro artista allora famoso, Francesco Bagnara, che preparò anche la scena per la prima della Norma di Vincenzo Bellini, che il 26 settembre 1835 inaugurava una serie di attività teatrali più o meno fortunate, ma sicuramente centrali nel panorama culturale bellunese dell'Ottocento.[3]

Il sipario venne realizzato da Sebastiano Santi. All'esterno, i due leoni in pietra ai lati della gradinata, raffiguranti la Poesia e la Musica, sono di Pietro Zandomeneghi (un tempo protetti durante l'inverno ed ora continuamente esposti alle intemperie).

Tre giorni dopo l'inaugurazione, il 29 settembre, venne organizzata una sontuosa festa da ballo. Fin dall'inizio il teatro diventava così il contenitore ideale per i passatempi della buona società bellunese. L'inserimento di una struttura vistosa e importante fuori le mura della città, diede ulteriore importanza all'attigua Piazza Campitello, ormai diventata a tutti gli effetti il fulcro dello svago e della vita mondana e culturale cittadina. Durante il regime austriaco, le stagioni liriche si susseguirono con alterno successo fino al 1858 per riprendere dieci anni dopo, quando Belluno faceva ormai parte del Regno d'Italia. In gran parte la gestione del teatro era affidata alla presidenza, coadiuvata da un cassiere e un custode stipendiato, con compiti di vigilanza e di custodia dello stabile e del suo arredo.

XIX secolo modifica

 
Belluno, veduta di Piazza Campitello in un dipinto del 1866 di Alessandro Seffer. Al centro della scena spicca l'imponente edificio del teatro

Le rappresentazioni operistiche costituivano uno dei maggiori appuntamenti annuali, e la fruibilità del teatro faceva lievitare molte iniziative locali sia nel campo filodrammatico che musicale. Il teatro serviva inoltre per rilevanti iniziative pubbliche come incontri politici e comizi elettorali. Era inoltre lo sfondo per le manifestazioni pubbliche, quando nella piazza Vittorio Emanuele si addensava la gente e sulla gradinata si sistemavano le autorità. Un esempio memorabile, ad esempio, fu la cerimonia funebre per commemorare Garibaldi il 17 giugno 1882.[1]

Un colpo duro al funzionamento del teatro fu senza dubbio inferto dal terremoto dell'Alpago del 1873 che provocò gravi danni alla città di Belluno. Crepe nel terreno si apersero in Piazza Campitello e a Borgo Garibaldi; una parte della cattedrale crollò, altri edifici pubblici furono gravemente lesionati. Fortunatamente il teatro resse bene al sisma.

Scattò la solidarietà fra la popolazione, ma certo non fu facile per la misera economia locale superare questa emergenza. C'erano altre priorità da mettere nell'elenco dei restauri, cosicché l'edificio segusiniano tenne le porte sbarrate per tutto il 1874.

Via via l'attività riprese. Ulteriori restauri furono intrapresi nel 1886: le pitture e decorazioni furono assegnate a Francesco Bettio e Isidoro Sommavilla, le dorature ad Antonio Case sotto la direzione dell'ing. Giorgio Pagani Cesa.[4]

XX secolo modifica

 
Il teatro convertito a deposito di munizioni, nel 1917

Nel teatro continuarono a susseguirsi le stagioni liriche, alternate ad incontri patriottici e politici. Nelle memorie storiche del teatro si annoverano due stagioni operistiche più ricche rispetto alle altre: si tratta di quelle degli anni 1911 e 1914; poi lo stabile rimase chiuso durante la prima guerra mondiale e l'occupazione austriaca. Riapri le attività per il Carnevale del 1921. Durante il periodo fascista il teatro fu spesso usato per sottolineare i fasti del regime.[1]

Il 18 luglio la società dei proprietari dei palchi venne sciolta a causa di gravi problemi finanziari, e affidò la proprietà e la gestione del teatro al Comune di Belluno.

Nel frattempo, il 18 ottobre 1936 si verificò un altro terremoto, meno grave di quello del 1873, ma sufficiente per danneggiare il palcoscenico e il loggione. Il teatro, limitando l'accesso alla platea e alle prime tre file di palchi, ebbe l'agibilità solo per proiezioni cinematografiche.[1]

 
Vista laterale del teatro

Durante la seconda guerra mondiale, il teatro, ormai comunale, fu utilizzato come deposito di munizioni e vettovaglie per l'esercito, lasciando che l'edificio, già gravemente danneggiato, cadesse definitivamente in rovina. Le manifestazioni e gli spettacoli, persino sportivi, che si tennero nell'immediato dopoguerra preoccuparono le autorità locali, che ne decretarono la chiusura. Sorse un'associazione fra i cittadini che spinse in direzione di un completo rifacimento interno dello stabile. Il Comune accolse il progetto dell'ing. Emilio Bovio, predisposto già nel 1938, ed in base a questo progetto i lavori iniziarono nel marzo del 1948 per concludersi nel settembre dell'anno successivo.[5] Il progetto prevedeva il totale rifacimento degli ambienti interni, la sostituzione dei quattro ordini di palchi a favore di due ampie gallerie, sorrette da colonne scanalate in stile dorico, e di un'ampia platea. L'originaria veste neoclassica esterna fu invece preservata.[1]

La riapertura ufficiale del teatro avvenne il 29 ottobre 1949 con la rappresentazione della Traviata di Giuseppe Verdi.

Per gran parte del secondo dopoguerra, fino agli anni Ottanta, il teatro fu usato molto spesso anche come cinematografo.

Ulteriori restauri si ebbero nel 1982, con il rifacimento degli intonaci esterni, e infine nel biennio 1991-1992 con la sostituzione delle poltrone, delle tappezzerie, del sipario e dell'illuminazione della sala e del foyer.[6]

Dagli anni ottanta in poi il teatro ha abbandonato definitivamente la sua doppia funzione di teatro-cinematografo, tornando così ad essere esclusivamente sede di spettacoli, opere, concerti ed eventi pubblici di grande importanza. Ogni anno dal 1972, proprio nel Teatro Buzzati, si svolge la cerimonia di consegna del Premio San Martino, la più importante onorificenza che la città di Belluno conferisce a cittadini particolarmente meritevoli.[7]

XXI secolo modifica

Tra il 2022 e il 2023 l'amministrazione comunale, insieme a molte associazioni culturali locali e nazionali che si occupano di studiare, divulgare e valorizzare l'opera di Dino Buzzati, ha avviato le procedure per intitolare il teatro al celebre scrittore bellunese.[8]

Il 7 novembre 2023, alla presenza dalle autorità cittadine, il teatro è stato così dedicato a uno dei più celebri figli della città di Belluno: lo scrittore, giornalista, drammaturgo, poeta Dino Buzzati.[9]

Descrizione modifica

Interno modifica

 
L'interno del teatro nella sua veste attuale

Il teatro fu originariamente costruito su modello del teatro all'italiana, con 91 palchi in quattro ordini per complessivi 750 posti (compresi i 300 in platea). In seguito al rifacimento degli interni, nel 1948, i quattro ordini di palchi vennero sostituiti con due ampie gallerie a balconata, ciascuna sorretta da otto colonne scanalate in stile dorico. I parapetti delle due gallerie sono ornati da fregi in stucco bianco raffiguranti le maschere del teatro greco, a simboleggiare la commedia e la tragedia del teatro di prosa, e vari strumenti musicali come la cetra, il liuto e il violino, a rappresentare invece la musica.

Attualmente, la capienza del teatro è di 350 posti in platea, 156 in prima galleria e 139 in loggione, per un totale di 645 posti a sedere. La sala è illuminata da un grande lampadario circolare "a rosone", posto al centro del soffitto.

Al di sopra dell'arco scenico è raffigurato il grande stemma in foglia oro della provincia di Belluno, fiancheggiato da due cavalli alati in stucco bianco. Il palcoscenico presenta una larghezza di 20 metri, un'altezza di 11 metri e una profondità di 12 metri. La buca sottostante può arrivare ad ospitare un'orchestra di più di venticinque elementi

 
L'interno visto dal loggione

Esterno modifica

La facciata neoclassica è opera dell'architetto Giuseppe Segusini. È impostata su quattro imponenti colonne corinzie, reggenti la parte alta dell'edificio come fosse un grande architrave. Lo zoccolo di base è avanzato con una gradinata marmorea poco pronunciata ma che facilita l'approccio all'atrio, con una soluzione che richiama molte ville venete.[6]

 
La facciata neoclassica. Sulla sinistra Porta Dojona

Ai due lati della gradinata sono poste le statue in pietra di due leoni accovacciati, uno raffigurato con una maschera tra le zampe e l'altro raffigurato con una cetra. Sono opera di Pietro Zandomeneghi, e rappresentano rispettivamente la Poesia e la Musica. Dello stesso scultore sono i bassorilievi di Orfeo ed Euridice nell'atrio. Le quattro statue dell'attico, evidente riferimento alla classicità antica, sono del Settecento e furono acquistate dai bellunesi dagli eredi di Antonio Canova. Rappresentano Ercole, Diana, Adone ed Onfale. Nelle nicchie ovali presenti sulla facciata e sulle pareti laterali sono collocati busti di rettori veneti, qui collocati da altri luoghi per dar loro una sistemazione.[10]

Note modifica

  1. ^ a b c d e f Vendramini 1993.
  2. ^ Teatro Comunale | Archivio Storico, su archivio.comune.belluno.it. URL consultato il 6 novembre 2022.
  3. ^ Teatro Comunale di Belluno, su www.culturaveneto.it. URL consultato il 6 novembre 2022.
  4. ^ Paolo Vendramini, L'esigenza di un teatro bellunese: rappresentazioni «in» teatro ed a cielo aperto, in Ivano Alfarè, Stefano De Vecchi e Ferruccio Vendramini (a cura di), Piazza dei Martiri-Campedel La storia le quinte le scene, Belluno, Comune di Belluno – Istituto Storico Bellunese della Resistenza e dell'età contemporanea, 1993. (fonte).
  5. ^ Archivio della Società del teatro di Belluno, su archivio.comune.belluno.it. URL consultato il 6 novembre 2022.
  6. ^ a b De Bortoli, Moro e Vizzutti 1984.
  7. ^ myPortal, su www.comune.belluno.it. URL consultato il 12 novembre 2023.
  8. ^ Il Teatro Comunale cambia nome: sarà intitolato a Dino Buzzati - News In Quota, su www.newsinquota.it, 30 dicembre 2022. URL consultato il 19 novembre 2023.
  9. ^ Dino Buzzati, un alieno nella sua città, Belluno recupera un rapporto difficile, su Corriere delle Alpi, 7 novembre 2023. URL consultato il 12 novembre 2023.
  10. ^ Monitoraggio Spettacolo Veneto, su www.osservatoriospettacoloveneto.it. URL consultato il 6 novembre 2022.

Bibliografia modifica

  • Franco Mancini, Maria Teresa Muraro e Elena Povoledo, I teatri del Veneto, 1985.
  • Gigetto De Bortoli, Andrea Moro e Flavio Vizzutti, Belluno, storia architettura arte, Istituto Bellunese di Ricerche Sociali e Culturali, 1984. (fonte)
  • Paolo Vendramini, L'esigenza di un teatro bellunese: rappresentazioni «in» teatro ed a cielo aperto, in Ivano Alfarè, Stefano De Vecchi e Ferruccio Vendramini (a cura di), Piazza dei Martiri - Campedel. La storia, le quinte, le scene, Belluno, Comune di Belluno – Istituto Storico Bellunese della Resistenza e dell'età contemporanea, 1993. (fonte)

Altri progetti modifica

Collegamenti esterni modifica

  • Teatro comunale, su belluno-turismo.it. URL consultato il 29 ottobre 2022.
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